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Documenti : Al di là delle riforme legali

Dichiarazione della Bahá’í International Community – settembre 2006

Al di là delle riforme legali
Cultura e capacità nella rimozione della
violenza contro le donne e le ragazze

1. Lo stato delle donne e delle ragazze è, sotto molti aspetti, molto migliorato negli ultimi 50 anni. Esse hanno raggiunto livelli superiori di istruzione e alfabetizzazione, hanno aumentato il loro reddito pro-capite, sono arrivate ad occupare ruoli di primo piano nella sfera politica e professionale. Estese reti femminili locali, nazionali e internazionali sono inoltre riuscite a far inserire le tematiche femminili nell’agenda mondiale e a favorire la creazione di meccanismi legali e istituzionali per la trattazione di tali tematiche. Tuttavia, nonostante gli sviluppi positivi, un’implacabile epidemia di violenza contro le donne e le ragazze – perpetuata da norme sociali, dal fanatismo religioso e da condizioni economiche e politiche di sfruttamento – continua a portare distruzione in ogni angolo del mondo. Mentre la comunità internazionale lotta per la realizzazione di leggi a protezione delle donne e delle ragazze, appare evidente l’enorme divario che continua a separare l’apparato legale e il sistema culturale – cioè i valori, i comportamenti e le istituzioni – che occorrono per arginare l’epidemia.

2. L’allarmante violenza contro le donne e le ragazze si sviluppa sullo sfondo di due processi simultanei che caratterizzano l’attuale condizione mondiale. Il primo è un processo di disintegrazione che, in ogni continente e in ogni ambito della vita umana, rivela l’impotenza di istituzioni inadeguate, di dottrine obsolete e di tradizioni screditate; un processo che porta verso il caos e la decadenza dell’ordine sociale. Il deterioramento della capacità delle religioni di esercitare un’influenza morale ha lasciato dietro di sé un vuoto morale che è stato colmato da voci estremiste e da concezioni materialistiche della realtà che negano la dignità della vita umana. Un ordine economico unicamente orientato al profitto, che favorisce gli estremi della ricchezza e della povertà, ha relegato milioni di donne in una condizione di schiavitù economica negando loro il diritto alla proprietà, all’eredità, alla sicurezza fisica e a una pari partecipazione alle imprese produttive. I conflitti etnici e l’irresponsabilità degli stati sono la causa dell’aumento del numero delle donne rifugiate o costrette a emigrare, costringendole in degradanti condizioni di insicurezza fisica ed economica. Nelle case e nelle comunità, l’alta percentuale della violenza nelle famiglie, l’aumento dei trattamenti degradanti nei confronti delle donne e dei bambini e la diffusione delle violenze sessuali hanno accelerato questo declino.

3. Accanto a questo percorso di deterioramento, è visibile un secondo processo di unificazione e costruzione. Saldamente radicati nell’etica della Dichiarazione universale dei diritti umani e ravvivati da una crescente solidarietà tra i movimenti femminili in tutto il mondo, gli ultimi quindici anni sono riusciti a far inserire nell’agenda mondiale la questione della violenza contro le donne e le ragazze. L’imponente struttura legale e normativa sviluppatasi in questi anni ha portato all’attenzione di una distratta comunità internazionale la cultura dell’impunità nel cui ambito questo abuso era tollerato e spesso condonato. La Dichiarazione delle Nazioni Unite sull’eliminazione della violenza contro le donne del 1993 definisce violenza: ogni atto di violenza basata sul genere, dal quale conseguano o possano conseguire un danno o una sofferenza fisica, sessuale o psicologica per le donne, incluse le minacce di tali atti, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà, tanto nella vita pubblica quanto in quella privata. Questa definizione ha messo in discussione l’erronea nozione che la violenza contro le donne e le ragazze fosse una questione privata. La casa, la famiglia, la cultura e la tradizione personale non erano più gli arbitri finali della correttezza delle azioni riguardanti la violenza contro le ragazze o le donne. La successiva nomina di un Relatore Speciale sulla violenza contro le donne ha creato un ulteriore meccanismo per indagare e portare all’attenzione della comunità internazionale le molte dimensioni della crisi.

4. Nonostante i significativi progressi degli ultimi quindici anni, il fatto che le nazioni non siano riuscite a ridurre la violenza ha esposto i difetti di un approccio fondamentalmente «reattivo» e ha gradualmente portato al primo posto il più ampio obiettivo della prevenzione della violenza. In altri termini, la sfida che la comunità internazionale deve affrontare oggi è come creare condizioni sociali, materiali e strutturali che permettano alle donne e alle ragazze di sviluppare pienamente il loro potenziale. La creazione di tali condizioni non comprenderà soltanto tentativi intensi a cambiare le strutture politiche, legali ed economiche della società ma, altrettanto importante, richiederà la trasformazione delle persone – uomini e donne, ragazzi e ragazze – i cui valori sostengono, in modi diversi, modelli di comportamento di sfruttamento. Da un punto di vista bahá’í, ogni programma di cambiamento sociale si basa sulla comprensione del fatto che ogni persona ha una propria dimensione spirituale o morale. Questa dimensione dà forma alla comprensione dello scopo della vita, della responsabilità verso la famiglia, verso la comunità e verso il mondo. Accanto agli importanti cambiamenti dell’architettura legale, politica ed economica che stanno lentamente progredendo, un altro elemento essenziale nella ricerca ancora indefinibile di prevenire gli abusi su donne e ragazze di tutto il mondo è lo sviluppo delle capacità morali e spirituali della persona.

5. L’idea di promuovere valori morali specifici può essere controversa. Troppo spesso nel passato questi sforzi sono stati associati a pratiche religiose repressive, a ideologie politiche oppressive e a miopi visioni del bene comune. Tuttavia le capacità morali, quando siano coerentemente articolate con gli ideali della Dichiarazione universale dei diritti umani e intese a rafforzare lo sviluppo spirituale, morale e intellettuale di tutti, sono un elemento fondamentale per il tipo di trasformazione necessaria alla creazione di una società non violenta. Inoltre, queste capacità devono essere ancorate al più importante principio sociale e spirituale del nostro tempo – vale a dire l’interdipendenza e l’interconnessione dell’umanità nel suo insieme. Lo scopo dello sviluppo morale si sposta quindi dalla nozione individualistica di «salvazione» fino a comprendere il progresso collettivo dell’intera razza umana. Poiché la nostra conoscenza dei sistemi sociali e fisici del mondo è giunta a includere questo paradigma, così dobbiamo sviluppare le capacità morali necessarie per agire eticamente nell’età in cui viviamo.

6. Come si traduce tutto questo in obiettivi educativi? Diverse scuole e istituzioni di educazione superiore bahá’í hanno identificato specifiche capacità morali che aiutano i bambini e i ragazzi a sviluppare competenze razionali morali e ad assumersi la responsabilità, prevista dalla risoluzione 48/104 del 20 dicembre 1993 dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, Dichiarazione sull’eliminazione della violenza contro le donne, articolo 2, Documento ONU A/RES/48/104, di diventare partecipanti attivi al miglioramento delle loro comunità. La base di questo curriculum è la convinzione che ogni persona è un essere spirituale dotato di un illimitato potenziale per l’esecuzione di azioni nobili. Ma per potersi manifestare, questo potenziale deve essere scrupolosamente coltivato attraverso un curriculum che tenga conto di questa fondamentale dimensione umana. Tra le capacità morali identificate dalle istituzioni educative bahá’í vi sono anche le capacità di partecipare efficacemente nei processi decisionali collettivi su basi non conflittuali (questo include la trasformazione di modelli di comportamento discriminatori basati sull’uso della forza e falsamente radicati nell’idea che il conflitto sia imprescindibile nell’interazione umana), di agire con rettitudine sulla base di principi etici e morali, di coltivare il proprio senso di dignità e di valore personale, di prendere iniziative in modo creativo e disciplinato, di impegnarsi per valorizzare le attività educative, di creare la visione del futuro che si desidera sulla base di valori e principi comuni e di ispirare altri a lavorare per la sua realizzazione, di comprendere le relazioni basate sul dominio e di contribuire a trasformarle in relazioni basate sulla reciprocità e sul servizio. Lo scopo del curriculum diventa, in questo modo, lo sviluppo dell’individuo nella sua totalità – integrando lo spirituale con il materiale, la teoria con la pratica e il senso del progresso personale con il servizio alla comunità.

7. Questi valori possono essere insegnati nelle scuole, ma è soprattutto la famiglia l’ambiente in cui i bambini crescono e sviluppano la loro opinione su stessi, sul mondo e sullo scopo della vita. Se la famiglia non riesce a soddisfare i bisogni fondamentali dei bambini, la società paga le conseguenze della trascuratezza e dell’abuso e subisce gli effetti dell’apatia e della violenza. Nella famiglia, il bambino impara la natura e l’espressione del potere nelle relazioni interpersonali; è questo il primo luogo in cui impara ad accettare o a rifiutare l’imposizione autoritaria e la violenza come mezzi di espressione e di risoluzione del conflitto. In questo ambiente, la violenza epidemica perpetrata dagli uomini contro le donne e le ragazze è un attacco all’unità fondamentale della comunità e della nazione.

8. Il conseguimento dell’uguaglianza nella famiglia e nel matrimonio richiede uno sforzo sistematico inteso a integrare e unire piuttosto che a separare e distinguere. In un mondo che sta rapidamente trasformandosi, nel quale le famiglie cedono al peso del cambiamento ambientale ed economico e degli sconvolgimenti politici, la capacità di mantenere la solidità dei legami famigliari e di preparare i bambini a diventare cittadini di un mondo complesso e interconnesso è di straordinaria importanza. È quindi imperativo aiutare gli uomini a comprendere che la loro responsabilità di padri non si limita a provvedere al benessere economico ma include la capacità di dare esempio di un rapporto sano fra uomini e donne, di auto disciplina e di pari rispetto per tutti i membri della famiglia. Il loro è un ruolo complementare a quello della madre, la prima educatrice dei figli, la cui felicità e il cui senso di sicurezza e di dignità personale sono essenziali alla sua capacità di svolgere un ruolo genitoriale efficace.

9. Quello che i bambini imparano in famiglia è confermato o contraddetto dalle interazioni sociali e dai valori che incontrano nella vita comunitaria. Tutti gli adulti nella comunità – educatori, operatori sanitari, imprenditori, leader religiosi, forze dell’ordine, giornalisti eccetera – condividono la responsabilità collettiva di proteggere i bambini. Eppure, la rete protettiva della vita comunitaria appare, in molti casi, irreparabilmente lacerata. Milioni di donne e di ragazze sono vendute ogni anno, soggette a prostituzione forzata e a condizioni simili alla schiavitù; lavoratrici immigrate subiscono una doppia emarginazione come donne e come immigrate, soffrono di abusi economici e fisici per mano dei loro datori di lavoro nell’economia informale, il numero delle violenze contro donne anziane, che spesso mancano dei mezzi per proteggersi, è cresciuto enormemente, la pornografia infantile dilaga come un virus che alimenta l’appetito di un mercato globale senza regole, in molti paesi, anche il solo atto di uscire per frequentare la scuola ha esposto le ragazze a un altissimo rischio di violenza fisica e sessuale. Le condizioni ingravescenti create dagli stati più deboli e dal fallimento del sistema giuridico è il dilemma, essenzialmente morale, che costringe la comunità a chiedersi: che cosa spinge una persona a sfruttare la vita e la dignità di un altro essere umano? Quale fondamentale capacità morale, la famiglia e la comunità, non sono riuscite a coltivare?

10. Tradizionalmente, le religioni hanno avuto, in tutto il mondo, il ruolo di coltivare i valori della comunità. Ma oggi, molte delle voci che si levano in nome della religione sono il primo ostacolo allo sradicamento dei comportamenti violenti e immorali perpetrati contro le donne e le ragazze. Usando gli appelli religiosi come veicoli del proprio potere personale, i fautori delle interpretazioni religiose estremiste hanno cercato di addomesticare le donne e le ragazze limitando la loro mobilità al di fuori della sfera privata e l’accesso all’educazione, assoggettando i loro corpi a pratiche tradizionali nocive, controllando il loro abbigliamento e perfino uccidendole per atti giudicati offensivi all’onore della famiglia. È la religione stessa che ha un disperato bisogno di un rinnovamento. Un elemento centrale di questo rinnovamento è la necessità che i leader religiosi divengano, inequivocabilmente, i principali sostenitori del principio dell’uguaglianza tra uomini e donne – un principio morale e pratico non negoziabile al fine della realizzazione del progresso nella sfera sociale, politica ed economica della società. Oggi, le dottrine e le pratiche religiose che violano flagrantemente gli standard internazionali dei diritti umani devono essere sottoposte a esami e scrutini più severi tenendo conto che tutte le religioni contengono le voci di donne, che sono spesso state assenti dall’evolvente definizione di ciò che la religione è e di ciò che essa richiede.

11. L’individuo, la famiglia e l’ambiente comunitario delle donne sono, in ultima analisi, sotto la protezione dello stato. È a questo livello che abbiamo un disperato bisogno di una leadership illuminata e morale. Ma la maggior parte dei governi continua a venir meno alle proprie responsabilità internazionali di punire e prevenire la violenza e lo sfruttamento delle donne e delle ragazze. Alcuni non ne hanno la volontà politica, altri non stanziano adeguate risorse per realizzare le leggi, in molti paesi non esistono servizi specializzati che si occupino della violenza contro le donne e le ragazze, quasi dappertutto il lavoro nell’ambito della prevenzione è stato limitato ad azioni locali a breve termine. Insomma, sono pochi gli stati che possono affermare di aver avuto anche una minima diminuzione nella sua diffusione complessiva. Molti stati continuano a nascondersi dietro riserve culturali e religiose per non ratificare i trattati internazionali che condannano questa violenza, perpetuando ulteriormente un clima di impunità legale e morale che rende la violenza e le sue vittime per lo più invisibili.

12. Al tempo dello sviluppo delle strutture legali deve ora seguire una maggiore enfasi sull’attuazione e la prevenzione. Queste misure si basano su una strategia radicata nell’educazione e nella formazione dei bambini che li faccia crescere intellettualmente e moralmente, che li abitui a coltivare in se stessi un senso di dignità e di responsabilità verso il benessere della famiglia, della comunità e del mondo. Da un punto di vista economico, la prevenzione implica l’adozione intenzionale di misure specifiche basate sul genere per assicurare che un’adeguata parte delle risorse sia stanziata per la fornitura di servizi sociali accessibili e per il rafforzamento delle leggi. Questi sforzi devono essere sostenuti da una chiara definizione della violenza e da efficaci metodologie di raccolta dei dati per poter meglio valutare gli sforzi nazionali compiuti in quest’area e per creare tra gli uomini e le donne la consapevolezza della gravità e della diffusione della violenza che si verifica nelle comunità.

13. Malgrado l’indiscussa leadership su questo tema grazie alla Dichiarazione del 1993 e il suo riconoscimento che la violenza contro le donne e le ragazze è un «ostacolo al conseguimento dell’uguaglianza, dello sviluppo e della pace» e al lavoro del Relatore speciale, la comunità internazionale è stata divisa e fa fatica a fare ciò che dice. Nel 2003, l’incapacità di passare all’azione è stata messa in evidenza nelle sedute della 47a sessione della Commissione delle Nazioni Unite sullo Stato delle donne che, per la prima volta nella storia, non riuscì ad arrivare a un insieme di conclusioni condivise sulla violenza contro le donne. In quel caso, si ricorse ad argomenti basati sulle credenze culturali e religiose per aggirare gli obblighi dei paesi definiti dalla Dichiarazione del 1993. Pertanto è imperativo che, nelle future sedute della Commissione, si convenga di concerto l’adozione di un linguaggio ben preciso quanto all’eliminazione della violenza contro le donne e le ragazze, che stabilisca i toni non solo legali ma anche morali adatti a questa epidemia globale.

14. Per rispettare i numerosi impegni, la comunità internazionale deve aumentare significativamente il potere, l’autorità e le risorse destinate ai diritti umani delle donne, all’uguaglianza di genere e alla valorizzazione delle donne. La Bahá’í International Community è parte attiva del dibattito che suggerisce la creazione di un’agenzia autonoma delle Nazioni Unite con un ampio mandato che comprenda l’intera gamma dei diritti e delle problematiche femminili. Questa idea deriva dalla Piattaforma d’azione di Pechino, dal Programma d’azione del Cairo e dalla CEDAW e garantisce che la prospettiva dei diritti umani sia integrata in tutti gli aspetti del lavoro delle Nazioni Unite. Per assicurare che le donne abbiano voce ai più alti livelli dei processi decisionali delle Nazioni Unite, questa agenzia deve essere guidata da un direttore cui sia riconosciuto lo stato giuridico di Sottosegretario generale. Per svolgere efficacemente il proprio mandato, l’istituzione richiede che del suo gruppo dirigente facciano parte una presenza nazionale adeguata ed esperti di diritti delle donne indipendenti.

15. Gli sforzi per sradicare l’epidemia di violenza contro le donne e le ragazze devono partire da ogni livello della società – dalla persona alla comunità internazionale e, in tutti questi ambiti, essere rafforzati. Ma non devono limitarsi a riforme legali e istituzionali, perché queste si occupano solo del crimine manifesto e non sono in grado di generare quei solidi cambiamenti che sono essenziali per la creazione di una cultura nella quale la giustizia e l’uguaglianza prevalgono sull’impetuosità del potere autoritario e della forza fisica. Le dimensioni interiori ed esteriori della vita umana sono strettamente collegate, l’una non può formarsi senza l’altra. È la dimensione interiore, etica e morale che oggi ha bisogno di trasformarsi. In ultima analisi, essa costituisce la base più solida dei valori e dei comportamenti che innalzano le donne e le ragazze e promuovono l’avanzamento di tutta l’umanità.


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