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Bahá'u'lláh : Il Kitáb-i-Aqdas - Note
Il Kitáb-i-Aqdas - Note
1. il profumo soave della Mia veste ¶4

È un accenno alla storia di Giuseppe narrata nel Corano e nell’Antico Testamento, nella quale la veste di Giuseppe, portata dai fratelli al padre Giacobbe, permise a questi di riconoscere il diletto figlio perduto. La metafora della “veste” profumata è spesso usata negli Scritti Bahá’í per alludere al riconoscimento della Manifestazione di Dio e della Sua Rivelazione.

In una delle Sue Tavole, Bahá’u’lláh descrive Se Stesso come il “Divino Giuseppe” Che è stato “venduto” dagli incuranti “per il più vile dei prezzi”. Il Báb, nel Qayyúmu’l-Asmá’, identifica Bahá’u’lláh come il “vero Giuseppe” e preannunzia i tormenti che Egli subirà per mano dell’infido fratello (vedi nota 190). Anche Shoghi Effendi paragona la profonda gelosia che la superiorità di ‘Abdu’l-Bahá aveva suscitato nel fratellastro Mirza Muḥammad-‘Alí, e la mortale invidia “che la superiorità di Giuseppe aveva acceso nel cuore dei fratelli”.

2. con le dita della forza e del potere vi abbiamo dissuggellato il Vino prelibato. ¶5

Il consumo del vino e di altre sostanze inebrianti è proibito nel Kitáb-i-Aqdas (vedi nota 144 e nota 170).

Il riferimento all’uso del “vino” in senso allegorico, in quanto apportatore di estasi spirituale, si ritrova non solo nella Rivelazione di Bahá’u’lláh, ma anche nella Bibbia, nel Corano e nelle antiche tradizioni indù.

Per esempio, il Corano promette che i giusti riceveranno da bere “vino prelibato e sigillato”.

Nelle Sue Tavole, Bahá’u’lláh identifica il “Vino prelibato” con la Sua Rivelazione la cui “fragranza muschiata” è stata alitata “su tutte le cose create”. Egli afferma di aver “dissuggellato” questo “Vino”, svelando verità spirituali fino a quel momento sconosciute e permettendo a coloro che ne avessero bevuto di “scorgere gli splendori della luce dell’unità divina” e di “comprendere lo scopo essenziale delle Scritture di Dio”.

In una delle Sue meditazioni, Bahá’u’lláh supplica Dio di concedere ai credenti “il Vino scelto della Tua misericordia, così che esso li porti a dimenticare tutti fuor che Te, li faccia levare a servire la Tua Causa e rimanere saldi nel loro amore per Te”.

3. Vi abbiamo ingiunto la preghiera obbligatoria ¶6

Nella lingua araba vi sono molti vocaboli che significano preghiera. Il vocabolo “ṣalát”, che compare qui nell’originale, si riferisce a una particolare categoria di preghiere, che i credenti hanno l’obbligo di recitare in determinate ore del giorno. Per distinguere questa categoria di preghiere dalle altre, il vocabolo è stato tradotto “preghiera obbligatoria”.

Bahá’u’lláh afferma che “agli occhi di Dio la preghiera obbligatoria e il digiuno occupano una posizione eccelsa” (D&R 93). ‘Abdu’l-Bahá afferma che queste preghiere “apportano umiltà e sottomissione, conducono a rivolgere il viso a Dio e ad esternarGli devozione” e che per mezzo loro “l’uomo entra in comunione con Dio, cerca di accostarGlisi, conversa con il vero Amato del suo cuore e perviene a stadi spirituali”. La Preghiera Obbligatoria (vedi nota 9) cui questo versetto si riferisce è stata sostituita dalle tre Preghiere Obbligatorie rivelate successivamente da Bahá’u’lláh (D&R 63). Il testo delle tre preghiere attualmente in uso, assieme alle istruzioni per recitarle, si trova in questo volume nel capitolo Testi Integrativi del Kitáb-i-Aqdas.

Alcune voci di Domande e Risposte trattano aspetti delle tre nuove Preghiere Obbligatorie.

Bahá’u’lláh spiega che ognuno ha il permesso di sceglierne una, quale che sia (D&R 65). Altri provvedimenti sono illustrati in Domande e Risposte, nn. 66, 67, 81 e 82.

I dettagli della legge sulla preghiera obbligatoria sono riassunti nella sezione IV.A. I.-17. della Sinossi e Codificazione.

4. nove rak’ah ¶6

Un rak’ah è la recitazione di versetti appositamente rivelati accompagnata da una serie prescritta di genuflessioni e altri movimenti.

La Preghiera Obbligatoria originariamente ingiunta da Bahá’u’lláh ai Suoi seguaci consisteva di nove rak’ah. L’esatta natura di questa preghiera e le istruzioni specifiche per la sua recitazione sono sconosciute, poiché la preghiera è andata perduta (vedi nota 9).

In una Tavola nella quale commenta le Preghiere Obbligatorie attualmente vincolanti, ‘Abdu’l-Bahá indica che “ciascuna delle parole e dei gesti della Preghiera Obbligatoria contiene allusioni, misteri e saggezze che l’uomo è incapace di comprendere, né a lettere e pergamene è dato contenere”.

Shoghi Effendi spiega che le poche semplici direttive date da Bahá’u’lláh per la recitazione di certe preghiere non solo hanno un significato spirituale ma aiutano l’individuo “a concentrarsi pienamente durante la preghiera e la meditazione”.

5. a mezzogiorno e la mattina e la sera ¶6

Riguardo la definizione dei termini “mattina”, “mezzogiorno” e “sera”, gli orari in cui la Preghiera Obbligatoria media attualmente vincolante dev’essere recitata, Bahá’u’lláh ha affermato che essi coincidono con “l’aurora, il mezzogiorno e il tramonto” (D&R 83). Egli specifica che “gli orari consentiti per le Preghiere Obbligatorie sono dalla mattina fino a mezzogiorno, da mezzogiorno fino al tramonto e dal tramonto fino a due ore dopo”. ‘Abdu’l-Bahá ha affermato inoltre che la Preghiera Obbligatoria mattutina può essere detta già all’alba.

La definizione di “mezzogiorno” come il periodo “da mezzogiorno fino al tramonto” vale per la recitazione della Preghiera Obbligatoria breve e di quella media.

6. Vi abbiamo dispensati da un numero maggiore ¶6

I requisiti richiesti per la preghiera obbligatoria nelle Dispensazioni Bábí e Islamica erano molto più impegnativi di quelli richiesti per l’esecuzione della Preghiera Obbligatoria formata da nove rak’ah prescritta nel Kitáb-i-Aqdas (vedi nota 4).

Nel Bayán, il Báb prescrive una Preghiera Obbligatoria formata da diciannove rak’ah da eseguire ogni ventiquattro ore, da un mezzogiorno a quello successivo. La preghiera islamica è recitata cinque volte al giorno, cioè, la mattina presto, a mezzogiorno, il pomeriggio, la sera e la notte. Mentre il numero di rak’ah varia a seconda dell’orario della recitazione, nel corso di una giornata ne viene offerto un totale di diciassette.

7. Quando desiderate eseguire questa preghiera, volgetevi verso la Corte della Mia Santissima Presenza, questo Sito Santificato... che [Dio] ha decretato quale Punto di Adorazione per gli abitanti delle Città dell’Eternità ¶6

Il “Punto di Adorazione”, cioè il punto verso il quale il devoto deve rivolgersi mentre recita la preghiera obbligatoria, si chiama Qiblih. Il concetto di Qiblih esisteva anche in precedenti religioni.

Nel passato era stata scelta Gerusalemme. Muḥammad modificò la Qiblih scegliendo La Mecca.

Le istruzioni del Báb nel Bayán Arabo sono: In verità, la Qiblih è Colui Che Dio manifesterà; dovunque Egli Si muova, essa si muove, finché Egli non giungerà al riposo.

Bahá’u’lláh ha citato questo passo nel Kitáb-i-Aqdas (par. 137) e lo ha confermato nel versetto sopra menzionato. Egli ha inoltre indicato che volgersi in direzione della Qiblih è un “requisito specifico per la recitazione della preghiera obbligatoria” (D&R 14 e D&R 67). Ma per le altre preghiere e devozioni ciascuno può volgersi verso qualunque direzione.

8. e quando il Sole della Verità e dei Detti sarà tramontato, volgete il viso verso il Sito che vi abbiamo ordinato ¶6

Bahá’u’lláh ordina che dopo il Suo trapasso la Qiblih sia la Sua tomba. La Più Santa Tomba si trova a Bahjí, ‘Akká. ‘Abdu’l-Bahá la definisce “luminoso Mausoleo”, “il sito attorno al quale gravitano le Schiere Superne”.

In una lettera scritta a suo nome, Shoghi Effendi spiega il significato spirituale del volgersi verso la Qiblih, usando il paragone di una pianta che si protende verso il sole: ... come la pianta si protende verso la luce del sole, da cui riceve vita e sviluppo, così noi, nella preghiera, orientiamo il cuore verso la Manifestazione di Dio, Bahá’u’lláh;... rivolgiamo il viso...

verso il luogo dove le Sue ceneri riposano su questa terra, per simboleggiare l’atto interiore.

9. Abbiamo esposto i dettagli della preghiera obbligatoria in un’altra Tavola. ¶8

La Preghiera Obbligatoria originaria era stata rivelata da Bahá’u’lláh, “per motivi di saggezza”, in una Tavola separata (D&R 63). Essendo stata sostituita dalle tre Preghiere Obbligatorie attualmente in uso, essa non fu consegnata ai credenti mentre Egli era in vita.

Poco dopo l’Ascensione di Bahá’u’lláh, il testo di questa preghiera è stato rubato da Muḥammad-‘Alí, l’Arciviolatore del Suo Patto, assieme ad altre Tavole.

10. la Preghiera per i Defunti ¶8

La Preghiera per i Defunti (vedi Testi Integrativi del Kitáb-i-Aqdas) è l’unica preghiera obbligatoria bahá’í che dev’essere recitata in congregazione; dev’essere recitata da un credente mentre tutti i presenti assistono in piedi in silenzio (vedi nota 19). Bahá’u’lláh ha spiegato che la Preghiera per i Defunti è prescritta solo quando il defunto sia un adulto (D&R 70), che la sua recitazione deve precedere l’inumazione del defunto e che durante tale recitazione non è richiesto di volgersi verso la Qiblih (D&R 85).

Ulteriori dettagli riguardo la Preghiera per i Defunti sono riassunti nella Sinossi e Codificazione, sezione IV.A. 13.-14.

11. sono stati inviati da Dio, il Rivelatore dei Versetti, sei passi specifici. ¶8

I passi che fanno parte della Preghiera per i Defunti comprendono la ripetizione del saluto “Alláh-u-Abhá” (Dio è il Gloriosissimo) per sei volte, seguite ogni volta da diciannove ripetizioni di uno di sei versetti appositamente rivelati. Questi versetti sono identici a quelli della Preghiera per i Defunti rivelata dal Báb nel Bayán. Bahá’u’lláh ha aggiunto una supplica che li precede.

12. Il pelame non invalida la preghiera, né altra cosa da cui lo spirito si sia allontanato, come ossa e simili. Siete liberi di indossare pellicce di zibellino, come di castoro, scoiattolo e altri animali ¶9

In alcune precedenti Dispensazioni religiose, si riteneva che indossando la pelliccia di certi animali o portando addosso altri oggetti si invalidasse la preghiera. Qui Bahá’u’lláh conferma la dichiarazione del Báb nel Bayán Arabo, secondo la quale queste cose non invalidano la preghiera.

13. Vi abbiamo comandato di pregare e digiunare dall’inizio della maturità ¶10

Bahá’u’lláh definisce l’“età della maturità rispetto agli obblighi religiosi” a “quindici anni per uomini e donne” (D&R 20). Per i dettagli sul periodo del digiuno, vedi nota 25.

14. Ne ha dispensati coloro che sono deboli per malattia o età ¶10

La dispensa dalla recitazione delle Preghiere Obbligatorie e dal digiuno per coloro che sono deboli a causa di malattie o età avanzata è spiegata in Domande e Risposte. Bahá’u’lláh indica che nel “tempo della malattia non è permesso osservare questi obblighi” (D&R 93). In questo contesto, Egli definisce la vecchiaia a settant’anni (D&R 74). Rispondendo a una domanda, Shoghi Effendi ha spiegato che le persone che hanno compiuto settant’anni sono dispensate, siano esse deboli o no.

La dispensa dal digiuno è concessa anche ad altre categorie specifiche di persone elencate nella Sinossi e Codificazione, sezione IV.B.5. Per un’ulteriore discussione vedi nota 20, nota 30 e nota 31.

15. Dio vi ha concesso di prostrarvi su qualsiasi superficie pulita, perché abbiamo abrogato a tal proposito le limitazioni prescritte nel Libro ¶10

In precedenti Dispensazioni i requisiti della preghiera comprendevano frequentemente la prostrazione.

Nel Bayán Arabo il Báb invita i credenti a posare la fronte su superfici di cristallo mentre si prostravano. Anche nell’Islam, sono imposte alcune restrizioni quanto alla superficie sulla quale ai Musulmani è permesso prostrarsi. Bahá’u’lláh abroga tali restrizioni e specifica semplicemente “qualsiasi superficie pulita”.

16. Chi non trova acqua per le abluzioni ripeta cinque volte le parole “Nel nome di Dio, il Più Puro, il Più Puro” e poi proceda nelle devozioni. ¶10

Il credente si deve preparare a recitare la preghiera obbligatoria eseguendo le abluzioni, che consistono nel lavarsi le mani e il viso. Se non dispone di acqua, è tenuto a ripetere cinque volte il versetto appositamente rivelato. Per una discussione generale sulle abluzioni vedi nota 34.

Nel Corano e nel Bayán Arabo, fra le Dispensazioni del passato, si trovano dei precedenti relativi alla disposizione di procedure sostitutive da seguire quando manchi l’acqua.

17. Nelle regioni dove il giorno e la notte s’allungano, gli orari della preghiera siano calcolati per mezzo di orologi e altri strumenti che segnano il trascorrere delle ore. ¶10

Questo si riferisce a territori situati all’estremo nord o sud, dove la durata del giorno e della notte varia considerevolmente (D&R 64 e D&R 103). Il provvedimento vale anche per il digiuno.

18. Vi abbiamo sciolti dall’obbligo di eseguire la Preghiera dei Segni ¶11

La Preghiera dei Segni è una speciale forma di preghiera obbligatoria musulmana che era stato ordinato fosse detta in occasione di fenomeni naturali, come terremoti, eclissi e altri eventi del genere, che possono ingenerare timore e sono considerati segni o atti di Dio. L’obbligo di eseguire questa preghiera è stato abrogato. Al suo posto i Bahá’í possono dire: “Il dominio è di Dio, Signore del visibile e dell’invisibile, Signore del creato”, ma questo non è obbligatorio (D&R 52).

19. Fuorché nel caso della Preghiera per i Defunti, l’uso della preghiera in congregazione è stato abrogato. ¶12

La preghiera in congregazione, nel senso di una preghiera obbligatoria formale che dev’essere recitata secondo un rituale prescritto, come per esempio è costume nel mondo islamico nel quale la preghiera del venerdì nella moschea è guidata dall’imám, nella Dispensazione Bahá’í è stata abrogata. La Preghiera per i Defunti (vedi nota 10) è l’unica preghiera in congregazione prescritta dalla legge bahá’í. Dev’essere recitata da uno dei presenti mentre gli altri del gruppo assistono in piedi in silenzio; il lettore non ha alcuno rango speciale. La congregazione non è tenuta a volgersi verso la Qiblih (D&R 85).

Le tre Preghiere Obbligatorie devono essere recitate individualmente, non in congregazione.

Non esistono prescrizioni sul modo in cui recitare le numerose altre preghiere bahá’í e ciascuno è libero di farne l’uso che vuole durante le riunioni o individualmente. A questo riguardo, Shoghi Effendi afferma che ... gli amici, pur lasciati liberi di seguire la propria inclinazione... devono evitare con la massima cura che il loro modo di comportarsi assuma caratteri di rigidità eccessiva, sviluppandosi così in un’istituzione. È un punto che gli amici devono tenere sempre in mente, per non deviare dalla strada chiaramente indicata dagli Insegnamenti.

20. Dio ha dispensato dalla preghiera obbligatoria e dal digiuno le donne che hanno le ricorrenze mensili. ¶13

Le donne mestruate sono dispensate dalla preghiera obbligatoria e dal digiuno; esse devono invece eseguire le abluzioni (vedi nota 34) e ripetere novantacinque volte al giorno fra un mezzogiorno e l’altro il versetto “Sia glorificato Iddio, Signore dello Splendore e della Bellezza”. Questo provvedimento ha un precedente nel Bayán Arabo, dov’è concessa un’analoga dispensa.

In alcune precedenti Dispensazioni religiose, le donne erano considerate ritualmente impure durante le ricorrenze mensili e avevano il divieto di osservare gli obblighi della preghiera e del digiuno.

Il concetto di impurità rituale è stato abrogato da Bahá’u’lláh (vedi nota 106).

La Casa Universale di Giustizia ha spiegato che i provvedimenti del Kitáb-i-Aqdas che concedono dispense da certi doveri e responsabilità sono, come dice la parola, dispense e non divieti.

Perciò ogni credente è libero di avvalersi di una dispensa pertinente se così desidera. Ma la Casa di Giustizia consiglia che, nel decidere se farlo o meno, il o la credente usi saggezza e si renda conto che Bahá’u’lláh ha concesso queste dispense per buone ragioni.

La prescritta dispensa dalla preghiera obbligatoria, riferita originariamente alla Preghiera Obbligatoria formata da nove rak’ah, è ora valida per le tre Preghiere Obbligatorie che l’anno sostituita.

21. Se mentre siete in viaggio vi fermate a riposare in un luogo sicuro, eseguite, uomini e donne, un’unica prostrazione al posto di ciascuna Preghiera Obbligatoria omessa ¶14

La dispensa dalla preghiera obbligatoria è concessa a coloro che si trovano in condizioni d’insicurezza tali per cui la recitazione della Preghiera Obbligatoria non è possibile. La dispensa è valida sia in viaggio sia a casa e fornisce uno strumento grazie al quale le Preghiere Obbligatorie che non sono state dette a causa di queste circostanze di insicurezza possano essere compensate.

Bahá’u’lláh ha spiegato che la preghiera obbligatoria “non è sospesa durante i viaggi” nella misura in cui è possibile trovare un “luogo sicuro” in cui eseguirla (D&R 58).

I numeri D&R 21,D&R 58,D&R 59,D&R 60 e D&R 61 di Domande e Risposte ampliano questi provvedimenti.

22. Dopo aver completate le prostrazioni, sedetevi a gambe incrociate ¶14

L’espressione araba “haykalu’t-tawḥíd”, qui tradotta “a gambe incrociate”, significa “posizione dell’unità”. Tradizionalmente ha sempre avuto il significato di una posizione a gambe incrociate.

23. Dì: Dio ha fatto del Mio amore nascosto la chiave del Tesoro ¶15

C’è una famosa tradizione islamica su Dio e la Sua creazione che recita: Ero un Tesoro Nascosto. Desiderai farmi conoscere e perciò chiamai il creato all’esistenza per poter esser conosciuto.

Nei Testi Bahá’í si trovano riferimenti e allusioni a questa tradizione. Per esempio Bahá’u’lláh rivela in una delle Sue preghiere: Lodato sia il Tuo Nome, Signore mio Dio! Faccio testimonianza che eri un Tesoro nascosto avvolto nel Tuo Essere immemorabile e un Mistero impenetrabile racchiuso nella Tua Essenza.

Volendo rivelarTi, chiamasti all’esistenza il Mondo Maggiore e il Mondo Minore, e scegliesti l’Uomo al di sopra di tutte le Tue creature, e Ne facesti un segno di entrambi i mondi, Tu Che sei il nostro Signore, il Più Compassionevole!

Lo innalzasti a occupare il Tuo trono dinanzi a tutti i popoli della Tua creazione. Lo rendesti capace di svelare i Tuoi misteri, e di brillare con le luci della Tua ispirazione e della Tua Rivelazione, e di manifestare i Tuoi nomi e i Tuoi attributi. Per mezzo Suo adornasti il preambolo del libro della Tua creazione, Tu Che sei l’Ordinatore dell’universo che hai foggiato!

(Preghiere e Meditazioni di Bahá’u’lláh, XXXVIII) Similmente, nelle Parole Celate, afferma: O Figlio dell’Uomo! Amai crearti, perciò ti creai. AmaMi dunque così che Io possa proclamare il tuo nome e colmare l’anima tua con lo spirito della vita.

Nel Suo commento della tradizione sopra menzionata ‘Abdu’l-Bahá scrive: O viandante sul sentiero dell’Amato! Sappi che il principale scopo di questa santa tradizione è menzionare gli stadi dell’occultamento e della manifestazione di Dio nelle Personificazioni della Verità, Coloro Che sono gli Orienti del Suo Gloriosissimo Essere. Per esempio, prima che la fiamma del Fuoco imperituro sia accesa e manifesta, essa esiste da sé in sé nell’identità celata delle Manifestazioni universali e questo è lo stadio del “Tesoro Nascosto”.

E allorché l’Albero benedetto si accende da sé in sé e quel Divino Fuoco arde dalla propria essenza nella propria essenza, questo è lo stadio di “desiderai farMi conoscere”. E quando essa risplende dall’Orizzonte dell’universo sui mondi contingenti e ultraterreni con infiniti Nomi e Attributi Divini, ciò costituisce la nascita di una nuova, meravigliosa creazione che corrisponde allo stadio di “Perciò chiamai il creato all’esistenza”. E quando le anime santificate squarciano i veli di tutti gli attaccamenti terreni e le condizioni mondane e accorrono allo stadio onde mirano la beltà della Presenza Divina e hanno l’onore di riconoscere la Manifestazione e sono capaci di vedere nel proprio cuore lo splendore del Massimo Segno di Dio, allora diverrà manifesto lo scopo della creazione, che è la conoscenza di Colui Che è l’Eterno Vero.

24. O Penna dell’Altissimo! ¶16

“Penna dell’Altissimo”, “Calamo Supremo” e “Calamo Più Eccelso” sono riferimenti a Bahá’u’lláh, che evidenziano la Sua funzione di Rivelatore della Parola di Dio.

25. Vi abbiamo ingiunto di digiunare per un breve periodo ¶16

Il digiuno e la preghiera obbligatoria sono i due pilastri che sorreggono la Legge rivelata di Dio. In una delle Sue Tavole Bahá’u’lláh afferma di aver rivelato le leggi della preghiera obbligatoria e del digiuno così che per esse i credenti possano avvicinarsi a Dio.

Shoghi Effendi indica che il periodo del digiuno, che comporta la completa astensione da cibi e bevande dall’aurora al tramonto, è ... essenzialmente un periodo di meditazione e preghiera, di recupero spirituale, durante il quale il credente deve sforzarsi di fare i necessari riassetti nella propria vita interiore e di rinnovare e rinvigorire le forze spirituali latenti nella propria anima. Pertanto, il suo significato e il suo scopo sono fondamentalmente spirituali. Il digiuno è simbolico, una rimembranza dell’astinenza dall’egoismo e dai desideri della carne. Il digiuno è ingiuntivo per tutti i credenti quando abbiano compiuto i 15 anni di età e fino a che non abbiano raggiunto i 70.

Un riassunto dei provvedimenti dettagliati riguardo la legge del digiuno e delle dispense concesse a certe categorie di persone è contenuto nella Sinossi e Codificazione, sezione IV.B.I.-6. Per una discussione delle dispense dal digiuno vedi nota 14, nota 20, nota 30 e nota 31.

Il periodo di diciannove giorni del digiuno coincide con il mese bahá’í di ‘Alá’, abitualmente dal 2 al 20 Mirza, subito dopo la fine dei Giorni Intercalari (vedi nota 27 e nota 147) e sono seguiti dalla Festa di Naw-Rúz (vedi nota 26).

26. e al suo termine vi abbiamo designato come festività il Naw-Rúz ¶16

Il Báb introdusse un nuovo calendario, conosciuto ora come calendario badí‘ o bahá’í (vedi nota 27 e nota 147). Secondo questo calendario, un giorno è il periodo compreso fra un tramonto e l’altro.

Nel Bayán, il Báb ha ordinato che il mese di ‘Alá’ fosse il mese del digiuno, ha decretato che il giorno del Naw-Rúz ne segnasse la fine e ha chiamato il Naw-Rúz Giorno di Dio. Bahá’u’lláh conferma il calendario badí‘ nel quale il Naw-Rúz è designato come festa.

Il Naw-Rúz è il primo giorno dell’anno. Coincide con l’equinozio di primavera nell’emisfero boreale, che di solito cade il 21 Mirza. Bahá’u’lláh spiega che questo giorno festivo dev’essere celebrato il giorno esatto nel quale il sole entra nella costellazione dell’Ariete (cioè l’equinozio di primavera), anche se ciò si verifica un solo minuto prima del tramonto (D&R 35). Quindi il Naw-Rúz cade il 20, il 21 o il 22 Mirza, a seconda del momento dell’equinozio.

Bahá’u’lláh ha lasciato alla Casa Universale di Giustizia il compito di completare i dettagli di numerose leggi. Fra queste vi sono alcune questioni relative al calendario bahá’í. Il Custode ha affermato che l’applicazione mondiale della legge sul calcolo della data del Naw-Rúz richiederà la scelta di un particolare luogo sulla terra che serva come punto di riferimento per stabilire il momento dell’equinozio di primavera. Ha inoltre indicato che la scelta di questo luogo è stata lasciata alla decisione della Casa Universale di Giustizia.

27. I giorni eccedenti i mesi siano posti prima del mese del digiuno. ¶16

Il calendario badí’ è basato sull’anno solare di 365 giorni, 5 ore e poco più di 50 minuti.

L’anno consiste di 19 mesi di 19 giorni ciascuno (cioè 361 giorni), con l’aggiunta di altri 4 giorni supplementari (cinque negli anni bisestili). Il Báb non ha specificato la collocazione dei giorni intercalari nel nuovo calendario. Il Kitáb-i-Aqdas risolve il problema assegnando ai giorni “eccedenti”

una collocazione fissa nel calendario subito prima del mese di ‘Alá’, il periodo del digiuno. Per ulteriori dettagli vedi la sezione sul calendario bahá’í in The Bahá’í World, volume XVIII.

28. Abbiamo ordinato che questi... siano le manifestazioni della lettera Há ¶16

Conosciuti come Ayyám-i-Há (i Giorni di Há), i Giorni Intercalari hanno la peculiarità di essere associati alla “lettera Há”. Il valore numerico abjad di questa lettera araba è cinque e corrisponde al potenziale numero dei giorni intercalari.

Nelle sacre Scritture, alla lettera Há sono stati attribuiti parecchi significati spirituali, fra i quali vi è quello di essere un simbolo dell’Essenza di Dio.

29. questi giorni di donazione che precedono la stagione della restrizione ¶16

Bahá’u’lláh ha ingiunto ai Suoi seguaci di dedicare questi giorni a festeggiamenti, allegria e beneficenza. In una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi si spiega che “i giorni intercalari sono giorni appositamente dedicati all’ospitalità, alla distribuzione di doni, eccetera”.

30. I viaggiatori... non sono vincolati al Digiuno ¶16

La durata minima di un viaggio che esima il credente dal digiuno è definita da Bahá’u’lláh (D&R 22 e D&R 75). I dettagli di questo provvedimento sono riassunti nella Sinossi e Codificazione, sezione IV.B.5.a.i.-v.

Shoghi Effendi ha spiegato che, pur dispensati dal digiuno, i viaggiatori, se lo desiderano, sono liberi di digiunare. Egli ha inoltre indicato che la dispensa è valida durante tutto il periodo del viaggio, non solo nelle ore in cui si è in treno o in automobile, eccetera.

31. I viaggiatori, i sofferenti, chi aspetta un bambino o allatta non sono vincolati al Digiuno; ne sono stati dispensati da Dio in segno della Sua grazia. ¶16

La dispensa dal digiuno è concessa a coloro che sono ammalati o in età avanzata (vedi nota 14), alle donne durante le ricorrenze mensili (vedi nota 20), ai viaggiatori (vedi nota 30), alle donne incinte e a quelle che allattano. Questa dispensa è estesa anche alle persone che svolgono lavori pesanti, alle quali, nello stesso tempo, si consiglia di mangiare “frugalmente e in privato” “in segno di rispetto verso la legge di Dio e l’eccelso stadio del Digiuno” (D&R 76). Shoghi Effendi ha indicato che i tipi di lavoro che dispensano le persone dal Digiuno saranno definiti dalla Casa Universale di Giustizia.

32. Astenetevi da cibi e bevande dall’aurora al tramonto ¶17

Questo si riferisce al periodo del digiuno. In una delle Sue Tavole, ‘Abdu’l-Bahá dopo aver affermato che il digiuno consiste nell’astenersi da cibi e bevande, indica anche che il fumo è una forma di “bevanda”. In arabo il verbo “bere” si usa anche per fumare.

33. È stato ordinato che ogni credente in Dio... ripeta ogni giorno novantacinque volte “Alláhu-Abhá”. ¶18

“Alláh-u-Abhá” è una frase araba che significa “Dio il Gloriosissimo”. È una forma del Più Grande Nome di Dio (vedi nota 137). Nell’Islam esiste una tradizione secondo la quale fra i numerosi nomi di Dio uno era il più grande; ma l’identità di questo Più Grande Nome era nascosta. Bahá’u’lláh ha confermato che il Più Grande Nome è “Bahá”.

Sono considerati il Più Grande Nome anche i vari derivati della parola “Bahá”. Il segretario di Shoghi Effendi scrivendo a suo nome spiega che Il Più Grande Nome è il Nome di Bahá’u’lláh. “Yá Bahá’u’l-Abhá” è un’invocazione che significa “O Gloria delle Glorie!”. “Alláh-u-Abhá” è un saluto che significa “Dio il Gloriosissimo”.

Entrambi si riferiscono a Bahá’u’lláh. Dicendo “il Più Grande Nome” s’intende che Bahá’u’lláh è apparso nel Più Grande Nome di Dio, in altre parole che Egli è la suprema Manifestazione di Dio.

Il saluto “Alláh-u-Abhá” è stato adottato durante il periodo dell’esilio in Adrianopoli di Bahá’u’lláh.

Le novantacinque ripetizioni di “Alláh-u-Abhá” devono essere precedute dall’esecuzione delle abluzioni (vedi nota 34).

34. Eseguite le abluzioni... per la Preghiera Obbligatoria ¶18

Le abluzioni sono specificamente associate a certe preghiere. Devono precedere la recitazione delle tre Preghiere Obbligatorie, le novantacinque ripetizioni quotidiane di “Alláh-u-Abhá” e la recitazione del versetto prescritto in alternativa alla preghiera obbligatoria e al digiuno per le donne durante le ricorrenze mensili (vedi nota 20).

Le abluzioni prescritte consistono nel lavarsi le mani e il volto in preparazione alla preghiera.

Nel caso della Preghiera Obbligatoria media, sono accompagnate dalla recitazione di certi versetti (vedi Testi Rivelati da Bahá’u’lláh Integrativi del Kitáb-i-Aqdas).

Che le abluzioni abbiano un significato che trascende il lavaggio si può vedere dal fatto che anche chi abbia fatto un bagno immediatamente prima di recitare la Preghiera Obbligatoria è tuttavia tenuto a eseguire le abluzioni (D&R 18).

Quando non è disponibile acqua per le abluzioni, dev’essere ripetuto cinque volte un versetto prescritto (vedi nota 16) e il provvedimento è esteso a coloro per i quali l’uso dell’acqua sarebbe fisicamente dannoso (D&R 51).

I provvedimenti dettagliati della legge sulle abluzioni sono esposti nella Sinossi e Codificazione, sezione IV.A.10.a.-g., nonché in Domande e Risposte nn. 51, 62, 66, 77 e 86.

35. Vi è stato proibito di commettere omicidio ¶19

Bahá’u’lláh ribadisce la proibizione di togliere la vita ad altri nel paragrafo 73 del Kitáb-iAqdas.

Per l’omicidio premeditato sono prescritte alcune pene (vedi nota 86). In caso di omicidio colposo o preterintenzionale, è necessario pagare alla famiglia del defunto un’indennità specificata (vedi Kitáb-i-Aqdas, 188).

36. o adulterio ¶19

Il vocabolo arabo “ziná”, qui tradotto “adulterio”, significa sia fornicazione sia adulterio. Si usa non solo per i rapporti sessuali fra una persona sposata e un’altra che non è il suo coniuge, ma anche per i rapporti extramatrimoniali in genere. Una forma di “ziná” è lo stupro. La sola sanzione prescritta da Bahá’u’lláh è per coloro che commettono fornicazione (vedi nota 77); le sanzioni per gli altri tipi di reati sessuali sono lasciate da determinare alla Casa Universale di Giustizia.

37. maldicenza o calunnia ¶19

Bahá’u’lláh ha ripetutamente condannato la maldicenza, la diffamazione e il soffermarsi sui difetti altrui. Nelle Parole Celate Egli afferma chiaramente: “O Figlio dell’Essere! Come hai potuto dimenticare i tuoi falli e occuparti dei falli altrui? Chiunque fa ciò è da Me maledetto”. E ancora: “O Figlio dell’Uomo! Non palesare i peccati altrui, perché anche tu sei peccatore. Se dovessi trasgredire a questo comandamento, maledetto saresti, ne fo’ Io testimonianza”. Questo duro monito è ulteriormente ribadito nella Sua ultima opera, “il Libro del Mio Patto”: “In verità vi dico, la lingua serve a menzionare ciò che è buono, non contaminatela con discorsi sconvenienti. Dio ha perdonato quel che è passato. D’ora in poi dovrete tutti dire ciò che è decente e decoroso e astenervi da insulti e calunnie e da qualunque cosa ingeneri tristezza negli uomini”.

38. Abbiamo suddiviso l’eredità in sette categorie ¶20

Le leggi bahá’í sull’eredità sono applicate solo in caso di successione ab intestato, cioè, quando una persona muoia senza lasciare testamento. Nel Kitáb-i-Aqdas ( 109), Bahá’u’lláh dispone che ogni credente scriva il testamento. Altrove afferma chiaramente che ogni persona ha pieno titolo sulla propria proprietà ed è libera di stabilire come il suo patrimonio dovrà essere suddiviso e di designare nel testamento coloro che, bahá’í o no, dovranno ereditare (D&R 69). A questo proposito, una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi spiega che: ... sebbene ai Bahá’í sia permesso di disporre per testamento delle proprie ricchezze nel modo che vogliono, tuttavia, nel redigere il testamento, essi sono moralmente e scrupolosamente obbligati a ricordare sempre la necessità di sostenere il principio di Bahá’u’lláh riguardo la funzione sociale della ricchezza e la conseguente necessità di evitare un suo eccessivo accumulo e concentramento in pochi individui o gruppi di individui.

Questo versetto dell’Aqdas introduce un lungo brano nel quale Bahá’u’lláh elabora la legge bahá’í sull’eredità. Nel leggere questo passo si deve tener presente che la legge è formulata con il presupposto che il defunto sia un uomo; ma i suoi provvedimenti sono validi, mutatis mutandis, anche quando il defunto è una donna.

Il sistema di eredità che prevede la distribuzione del patrimonio del defunto fra sette categorie di eredi (prole, coniuge, padre, madre, fratelli, sorelle e insegnanti) si basa sui provvedimenti esposti dal Báb nel Bayán. I principali elementi delle leggi bahá’í sull’eredità in caso di successione ab intestato sono:

1. Se il defunto è un padre e il suo patrimonio comprende una residenza personale, questa residenza passa al figlio maggiore (D&R 34).

2. Se il defunto non ha discendenza maschile, due terzi della residenza passano alla discendenza femminile e il terzo rimanente passa alla Casa di Giustizia (D&R 41, 72). Vedi nota 42 riguardo i livelli delle istituzioni della Casa di Giustizia cui questa legge si riferisce (vedi anche nota 44).

3. Il resto del patrimonio è suddiviso fra le sette categorie di eredi. Per i dettagli sul numero delle quote che ciascun gruppo deve ricevere, vedi Domande e Risposte, n. 5, e Sinossi e Codificazione, sezione IV.C.3.a.

4. Nel caso vi sia più di un erede di una categoria la quota assegnata a quella classe dev’essere suddivisa fra loro in parti eguali, siano essi maschi o femmine.

5. Nel caso in cui non vi sia discendenza, la quota della prole è devoluta alla Casa di Giustizia (D&R 7, 41).

6. Se una persona lascia prole, ma le altre categorie sono inesistenti in toto o in parte, due terzi delle loro quote sono devoluti alla prole e un terzo alla Casa di Giustizia (D&R 7).

7. Se non esiste nessuna delle categorie specificate, due terzi del patrimonio sono devoluti ai nipoti maschi e femmine del deceduto. Se non esistono nemmeno questi, le stesse quote sono devolute alle zie e agli zii; in mancanza di questi, ai loro figli e figlie. In tutti i casi il terzo rimanente è devoluto alla Casa di Giustizia.

8. Se una persona non lascia alcuno degli eredi sopra menzionati, l’intero patrimonio è devoluto alla Casa di Giustizia.

9. Bahá’u’lláh afferma che i non bahá’í non hanno diritto di ereditare dai genitori o parenti bahá’í (D&R 34). Shoghi Effendi in una lettera scritta a suo nome indica che questa restrizione è valida “solo nei casi in cui un Bahá’í muoia senza lasciare testamento e pertanto la sua proprietà dev’essere suddivisa secondo le regole decretate nell’Aqdas. Altrimenti, ogni Bahá’í è libero di legare le sue proprietà a chiunque, a prescindere dalla religione, purché lasci un testamento, specificando le proprie volontà”. Perciò i Bahá’í hanno sempre la possibilità di provvedere al coniuge, alla prole o ai parenti non bahá’í lasciando un testamento.

Ulteriori dettagli delle leggi sull’eredità sono riassunte nella Sinossi e Codificazione, sezione IV.C.3.a.-o.

39. ai fratelli, cinque parti... alle sorelle, quattro parti ¶20

Domande e Risposte amplia i provvedimenti della legge per quanto riguarda le quote di eredità assegnate ai fratelli e alle sorelle del defunto. Se il fratello o la sorella sono dello stesso padre del defunto, ereditano l’intera quota assegnata. Ma se sono di un altro padre, ereditano solo due terzi della quota assegnata, mentre il terzo rimanente è devoluto alla Casa di Giustizia (D&R 6). Inoltre, se fra gli eredi di un defunto vi sono fratelli e sorelle dello stesso letto, fratelli e sorelle da parte di madre non ereditano (D&R 53). Naturalmente questi ultimi hanno diritto a ereditare dal patrimonio del proprio padre.

40. insegnanti ¶20

In una Tavola, ‘Abdu’l-Bahá paragona gli insegnanti che si sono occupati dell’educazione spirituale di un bambino al “padre spirituale” che “dona al proprio figlio la vita eterna”. Egli spiega che questa è la ragione per cui nella “Legge di Dio... i maestri sono elencati fra gli eredi”.

Bahá’u’lláh specifica le condizioni per cui l’insegnante eredita e la quota che riceve (D&R 33).

41. Quando udimmo il clamore della prole non ancora nata, raddoppiammo la loro quota e riducemmo quella degli altri. ¶20

Nelle leggi del Báb sull’eredità, alla prole del defunto erano state assegnate nove parti che consistono di 540 quote. Questa assegnazione rappresentava meno di un quarto dell’intero patrimonio.

Bahá’u’lláh raddoppiò la loro parte a 1080 quote e ridusse quelle assegnate alle altre sei categorie di eredi. Egli descrive inoltre il preciso intendimento di questo versetto e le sue implicazioni per la distribuzione dell’eredità (D&R 5).

42. la Casa di Giustizia ¶21

Nel Kitáb-i-Aqdas, non sempre Bahá’u’lláh, quando menziona la Casa di Giustizia, distingue esplicitamente fra la Casa Universale di Giustizia e la Casa Locale di Giustizia, che sono entrambe istituite in quel Libro. Di solito Egli Si limita a nominare “la Casa di Giustizia”, lasciando spazio a un ulteriore chiarimento circa il livello o i livelli dell’istituzione cui la singola legge si riferisce.

In una Tavola che enumera le entrate della tesoreria locale, ‘Abdu’l-Bahá include le eredità per le quali non vi sono eredi, indicando in questo modo che la Casa di Giustizia cui questi passi dell’Aqdas sull’eredità si riferiscono è quella locale.

43. Se il defunto lascia prole, ma nessuna delle altre categorie ¶22

Bahá’u’lláh spiega che “Questa regola ha applicazioni generali e specifiche, vale a dire che qualunque categoria di quest’ultima classe di eredi manchi, i due terzi della loro eredità passano alla prole e il terzo rimanente alla Casa di Giustizia” (D&R 7).

44. Abbiamo assegnato la residenza e gli indumenti personali del defunto alla discendenza maschile, non a quella femminile, o ad altri eredi. ¶25

In una Tavola, ‘Abdu’l-Bahá indica che la residenza e gli indumenti personali del defunto restano nella linea maschile. Passano al figlio maggiore e in sua assenza, al secondo e così via. Spiega che questo provvedimento è un’espressione della legge della primogenitura, che è stata invariabilmente suffragata dalla Legge di Dio. In una Tavola a un seguace della Fede in Persia Egli scrisse: “In tutte le Dispensazioni divine al figlio maggiore sono state accordate prerogative straordinarie. Anche lo stadio profetico è stato il suo diritto di nascita”. Ma ai privilegi concessi al figlio maggiore si accompagnano obblighi concomitanti. Per esempio, egli ha la responsabilità morale, per amor di Dio, di prendersi cura della madre e anche di considerare le necessità degli altri eredi.

Bahá’u’lláh spiega vari aspetti di questa parte della legge sull’eredità. Egli specifica che se c’è più di una residenza, quella principale e più importante passa alla discendenza maschile. Le altre abitazioni dovranno essere suddivise fra gli eredi assieme agli altri possedimenti del defunto (D&R 34). Egli indica inoltre che, in assenza di discendenza maschile, due terzi della residenza principale e degli indumenti personali del padre defunto sono devoluti alla discendenza femminile e un terzo alla Casa di Giustizia (D&R 72). Inoltre Bahá’u’lláh afferma che, quando il defunto è una donna, tutti i suoi indumenti usati devono essere suddivisi in parti uguali tra le figlie. Gli indumenti nuovi, i gioielli, le proprietà e, se non lascia figlie, anche gli indumenti devono essere suddivisi fra gli eredi (D&R 37).

45. Se il figlio del defunto è deceduto nei giorni del padre e ha lasciato prole, essa eredita la quota del proprio padre ¶26

Questo aspetto della legge si applica solo nel caso di un figlio che sia premorto al padre o alla madre. Se la figlia del defunto è morta e lascia prole, la sua quota dovrà essere suddivisa secondo le sette categorie specificate nel Libro Più Santo (D&R 54).

46. Se il defunto lascia prole minorenne, la sua quota di eredità dev’essere affidata a una persona di fiducia ¶27

Il vocabolo “amín”, tradotto in questo paragrafo “persona di fiducia” e “fiduciario”, trasmette in lingua araba un’ampia gamma di significati connessi principalmente con l’idea della fidatezza, ma denotanti anche qualità come affidabilità, lealtà, fedeltà, rettitudine, onestà e così via. Usato in termini legali “amín” significa, fra l’altro, fiduciario, garante, custode, guardiano e sorvegliante.

47. La suddivisione del patrimonio deve aver luogo solo dopo che sia stato pagato l’Ḥuqúqu’lláh, che siano stati saldati i debiti, detratte le spese del funerale e della sepoltura ¶28

Bahá’u’lláh specifica che nell’ordine di precedenza nel pagamento di queste spese vi sono in primo luogo le spese per il funerale e la sepoltura, poi i debiti del defunto, quindi l’Ḥuqúqu’lláh (vedi nota 125) (D&R 9). Egli specifica inoltre che nell’impiegare il patrimonio per queste spese, il pagamento dev’essere fatto attingendo dapprima dal residuo del patrimonio e poi, se questo è insufficiente, dalla residenza e dagli indumenti personali del defunto (D&R 80).

48. Questo è il recondito sapere che non cambierà mai, poiché ha inizio da nove ¶29

Nel Bayán Arabo il Báb dice che la Sua legge dell’eredità è “in accordo con un sapere nascosto nel Libro di Dio, un sapere che non cambierà mai e mai sarà sostituito”. Egli afferma anche che i numeri in base ai quali la suddivisione dell’eredità veniva espressa erano stati investiti di un significato inteso a favorire il riconoscimento di Colui Che Dio manifesterà.

Il “nove” qui menzionato è rappresentato nel testo arabo dalla lettera “Tá”, che ne è l’equivalente nella notazione abjad (vedi Glossario). È il primo elemento della suddivisione dell’eredità ordinata dal Báb, il Quale stabilisce che la quota della prole è di “nove parti”. Il significato della cifra nove dipende dal fatto che essa è l’equivalente numerico del Più Grande Nome “Bahá”, cui si allude nella successiva parte di questo versetto come “il celato e manifesto, inviolabile e inarrivabilmente eccelso Nome” (vedi anche nota 33).

49. Il Signore ha ordinato che in ogni città sia istituita una Casa di Giustizia ¶30

L’istituzione della Casa di Giustizia consiste di consigli eletti che operano a livello locale, nazionale e internazionale della società. Nel Kitáb-i-Aqdas, Bahá’u’lláh prevede la Casa Universale di Giustizia e le Case Locali di Giustizia. ‘Abdu’l-Bahá prevede nelle Sue Ultime Volontà e Testamento le Case Secondarie (Nazionali o Regionali) di Giustizia e spiega il metodo da seguire per l’elezione della Casa Universale di Giustizia.

Il versetto sopra citato si riferisce alla Casa Locale di Giustizia, un’istituzione che dev’essere eletta in ogni località ove risiedano nove o più Bahá’í adulti. A tale scopo la definizione di adulto è stata temporaneamente fissata a 21 anni dal Custode, il quale ha indicato che essa poteva essere in futuro modificata dalla Casa Universale di Giustizia.

Attualmente, le Case Locali e Secondarie di Giustizia sono conosciute come Assemblee Spirituali Locali e Nazionali. Shoghi Effendi ha indicato che questo “appellativo” è “temporaneo” e che essa, ... quando la posizione e gli scopi della Fede Bahá’í saranno meglio compresi e più profondamente conosciuti in modo più completo, sarà gradualmente sostituito dal nome definitivo e più appropriato di Casa di Giustizia. In futuro, le attuali Assemblee Spirituali saranno non solo denominate in modo diverso, ma altresì abilitate ad aggiungere alle loro presenti funzioni quei poteri, doveri e prerogative che saranno resi necessari dal riconoscimento della Fede di Bahá’u’lláh non solo come uno dei sistemi religiosi riconosciuti del mondo, ma come la Religione di Stato di una Potenza Sovrana indipendente.

50. il numero di Bahá ¶30

L’equivalente numerico abjad di “Bahá” è nove. Attualmente la Casa Universale di Giustizia e le Assemblee Spirituali Locali e Nazionali hanno nove membri ciascuna, il minimo prescritto da Bahá’u’lláh.

51. Fa d’uopo che siano i fiduciari del Misericordioso fra gli uomini ¶30

I poteri e i doveri generali dalla Casa Universale di Giustizia, delle Assemblee Spirituali Nazionali e delle Assemblee Spirituali Locali e le qualifiche per esserne membri sono enunciati negli Scritti di Bahá’u’lláh e ‘Abdu’l-Bahá, nelle lettere di Shoghi Effendi e nelle delucidazioni della Casa Universale di Giustizia. Le principali funzioni di queste istituzioni sono esposte nella Costituzione della Casa Universale di Giustizia e in quelle delle Assemblee Spirituali Locali e Nazionali.

52. di tener consiglio ¶30

Bahá’u’lláh ha istituito la consultazione come uno dei principî fondamentali della Sua Fede e ha esortato i credenti a “consultarsi su ogni cosa”. Egli descrive la consultazione come “faro di retta guida che mostra il cammino” e “dona comprensione”. Shoghi Effendi afferma che il “principio della consultazione... costituisce una delle leggi basilari” dell’Ordine Amministrativo Bahá’í.

In Domande e Risposte, n. 99, Bahá’u’lláh espone un modo di usare la consultazione e sottolinea l’importanza di ottenere l’unanimità nel prendere le decisioni, in mancanza della quale deve prevalere la decisione della maggioranza. La Casa Universale di Giustizia ha chiarito che queste istruzioni sulla consultazione sono state rivelate prima che le Assemblee Spirituali fossero istituite e sono la risposta a una domanda sugli insegnamenti bahá’í relativi alla consultazione. La Casa di Giustizia afferma che comunque la nascita delle Assemblee Spirituali, alle quali gli amici possono sempre chiedere assistenza, non vieta loro di seguire la procedura spiegata in Domande e Risposte. Gli amici possono servirsi di questa modalità, se lo desiderano, quando intendano consultarsi su problemi personali.

53. Costruite case di culto in tutte le terre ¶31

La Casa di Culto bahá’í è dedicata alla lode di Dio. Essa è l’edificio centrale del Mashriqu’lAdhkár (l’Oriente della Lode di Dio), un complesso che, sviluppandosi nel futuro, comprenderà oltre alla Casa di Culto alcune dipendenze dedicate a scopi sociali, umanitari, educativi e scientifici. ‘Abdu’l-Bahá descrive il Mashriqu’l-Adhkár come “una delle più importanti istituzioni del mondo” e Shoghi Effendi indica che esso esemplifica in forma tangibile l’integrazione fra “culto e servizio bahá’í”.

Anticipando il futuro sviluppo di questa istituzione, Shoghi Effendi prevede che la Casa di Culto e le sue dipendenze “daranno assistenza ai sofferenti, sostentamento ai poveri, asilo ai viandanti, consolazione ai bisognosi, educazione agli ignoranti”. In futuro le Case di Culto bahá’í saranno costruite in tutte le città e in tutti i villaggi.

54. Il Signore ha ordinato che chi fra voi lo possa si rechi in pellegrinaggio alla sacra Casa ¶32

Due sacre Case sono oggetto di questa ordinanza, la Casa del Báb a Shíráz e quella di Bahá’u’lláh a Bagdad. Bahá’u’lláh ha specificato che il pellegrinaggio a una qualunque di queste due Case soddisfa i requisiti di questo passo (D&R 25, D&R 29). In due Tavole separate, note come Súriy-i- Ḥajj (D&R 10), Bahá’u’lláh ha prescritto i riti specifici per ciascuno dei due pellegrinaggi. In questo senso, l’esecuzione di un pellegrinaggio è più che una semplice visita a una di queste due Case.

Dopo il trapasso di Bahá’u’lláh, ‘Abdu’l-Bahá ha designato il Mausoleo di Bahá’u’lláh a Bahjí come luogo di pellegrinaggio. In una Tavola, Egli indica che “il Più Santo Mausoleo, la Benedetta Casa a Bagdad e la venerata Casa del Báb a Shíráz” sono “consacrati al pellegrinaggio” e che è “obbligatorio” visitare questi luoghi “se uno può permetterselo e se si è in grado di farlo e se non s’incontrano ostacoli sulla propria strada”. Per il pellegrinaggio al Più Santo Mausoleo non è stato prescritto alcun rito.

55. e ne ha dispensato le donne in segno di misericordia da parte Sua ¶32

Nel Bayán, il Báb ha ingiunto l’ordinanza di fare un pellegrinaggio nel corso della vita, a quelli fra i Suoi seguaci che erano finanziariamente in grado di affrontare il viaggio. Egli afferma che l’obbligo non è vincolante per le donne, al fine di risparmiare loro i rigori del viaggio.

Anche Bahá’u’lláh dispensa le donne dagli obblighi del pellegrinaggio. La Casa Universale di Giustizia ha spiegato che questa dispensa non è una proibizione e che le donne sono libere di fare il pellegrinaggio.

56. si dedichi a un’occupazione ¶33

Per uomini e donne è obbligatorio esercitare un commercio o una professione. Bahá’u’lláh innalza l’“impiego nel lavoro” al “rango dell’adorazione” a Dio. Il significato spirituale e pratico di questa legge e le reciproche responsabilità degli individui e della società quanto alla sua applicazione sono spiegati in una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi: In riferimento al comandamento di Bahá’u’lláh che i credenti esercitino una professione, gli Insegnamenti sono ben precisi su questo tema, in particolare l’affermazione dell’Aqdas in questo senso che spiega bene che nel nuovo Ordine Mondiale non c’è posto per gli oziosi che non hanno voglia di lavorare. A corollario di questo principio, Bahá’u’lláh afferma inoltre che l’accattonaggio non dev’essere solo scoraggiato ma completamente eliminato dalla faccia della società. Coloro che sono incaricati di organizzare la società hanno il dovere di dare a ogni individuo l’opportunità di acquisire la necessaria capacità professionale nonché gli strumenti per utilizzarla, come fatto in sé e per guadagnarsi i mezzi di sostentamento. Ogni individuo, pur minorato e limitato, ha l’obbligo di svolgere un lavoro o una professione, perché secondo Bahá’u’lláh il lavoro, sopra tutto quando sia svolto nello spirito del servizio, è una forma di preghiera. Non ha solo uno scopo utilitaristico, ma ha un valore in se stesso, perché ci avvicina a Dio e ci permette di comprendere meglio il Suo scopo per noi in questo mondo. È ovvio pertanto che aver ereditato ricchezze non esime nessuno dal lavoro quotidiano.

In una delle Sue Tavole, ‘Abdu’l-Bahá afferma che “se una persona non è in grado di guadagnarsi da vivere, versa in grande miseria o diventa incapace, allora i benestanti o i Rappresentanti hanno il dovere di fornirgli un appannaggio mensile per la sussistenza... Per "Rappresentanti”

s’intendono i rappresentanti del popolo, vale a dire i membri della Casa di Giustizia” (vedi anche nota 162 sulla mendicità).

Rispondendo a una domanda se l’ingiunzione di Bahá’u’lláh obbliga le mogli o le madri a lavorare come i mariti per guadagnarsi da vivere, la Casa Universale di Giustizia ha spiegato che le direttive di Bahá’u’lláh sono che gli amici s’impegnino in un’occupazione utile a loro e gli altri e che le faccende domestiche sono un lavoro molto onorevole, di responsabilità e di fondamentale importanza per la società.

Quanto al collocamento a riposo delle persone che abbiano raggiunto una certa età, Shoghi Effendi in una lettera scritta a suo nome afferma che “è un tema sul quale la Casa Internazionale di Giustizia dovrà legiferare perché nell’Aqdas non vi sono provvedimenti a tal proposito”.

57. Il baciamano è stato proibito nel Libro. ¶34

Alcune Dispensazioni religiose del passato e certe culture prevedevano il baciamano a figure religiose o persone eminenti in segno di reverenza e deferenza verso di loro e in pegno di sottomissione alla loro autorità. Bahá’u’lláh proibisce il baciamano e, nelle Sue Tavole, condanna anche l’usanza di prostrarsi davanti ad altri e altri tipi di comportamento che umiliano una persona rispetto a un’altra (vedi nota 58).

58. A nessuno è permesso chiedere l’assoluzione a un’altra anima ¶34

Bahá’u’lláh proibisce di confessare i propri peccati e di chiederne l’assoluzione a un essere umano. Si deve invece implorare il perdono di Dio. Nella Tavola di Bishárát, Egli afferma che “la confessione innanzi a un uomo è motivo di mortificazione e umiliazione” e che Dio “non desidera l’umiliazione dei Suoi servi”.

Shoghi Effendi spiega il contesto di questa proibizione. Il suo segretario scrive a suo nome che ci è stato ... proibito di confessare peccati e mancanze a un’altra persona, come fanno i Cattolici con i loro preti, o in pubblico, come fanno alcune sètte religiose. Ma se sentiamo spontaneamente il desiderio di riconoscere che abbiamo avuto torto in qualcosa o che abbiamo qualche difetto di carattere e di chiedere perdono ad altri, siamo completamente liberi di farlo.

La Casa Universale di Giustizia ha anche spiegato che la proibizione di Bahá’u’lláh relativa alla confessione dei peccati non impedisce di ammettere una trasgressione nel corso di una consultazione che si svolga sotto l’egida di un’istituzione bahá’í. Non preclude nemmeno la possibilità di chiedere consiglio a un amico intimo o a un consulente professionale su questioni di questo genere.

59. Fra la gente v’è colui che siede fra i sandali accanto alla porta mentre in cuor suo brama il posto d’onore. ¶36

In Oriente la tradizione vuole che, prima di entrare in una riunione, ci si tolgano i sandali e le scarpe. La parte di una stanza che si trova più lontana dall’entrata è considerata il capo della stanza e il posto d’onore dove siedono le persone più importanti fra i presenti. Gli altri si sistemano in ordine decrescente in direzione della porta, accanto alla quale sono stati lasciati i sandali e le scarpe e dove stanno le persone più modeste.

60. E fra la gente v’è colui che avanza pretese di un sapere occulto ¶36

È un riferimento a persone che vantano accesso al sapere esoterico e che l’attaccamento a tale sapere separa come un velo dalla Rivelazione della Manifestazione di Dio. Altrove Bahá’u’lláh afferma: “Coloro che sono adoratori dell’idolo che la loro immaginazione ha plasmato e lo chiamano Realtà Interiore, costoro in verità sono annoverati fra gl’infedeli”.

61. Quanti uomini si sono segregati nei climi dell’India, negandosi le cose che Dio ha decretato fossero lecite, imponendosi penitenze e mortificazioni ¶36

Questi versetti costituiscono una proibizione della vita monastica e dell’ascetismo. Vedi Sinossi e Codificazione, sezione IV.D.I.y.iii.-iv. Nelle Parole del Paradiso Bahá’u’lláh sviluppa questi provvedimenti. Egli afferma: “Vivere in clausura o praticare l’ascetismo non è cosa ben accetta al cospetto di Dio” e invita gli interessati ad “attenersi a ciò che arreca gioia e radiosità”. A coloro che hanno preso “alloggio nelle caverne dei monti” o che “si sono rifugiati di notte nei cimiteri” Egli ordina di abbandonare queste usanze e ingiunge di non privarsi dei “favori” di questo mondo che sono stati creati da Dio per l’uomo. E nella Tavola di Bishárát, pur riconoscendo le “pie opere” dei monaci e dei preti, Bahá’u’lláh li invita a smettere “di vivere in clausura” e a volgere “i passi verso l’aperto mondo” e a dedicarsi “a ciò che gioverà a loro e agli altri”. Concede loro altresì “il permesso di unirsi in matrimonio, acciocché procreino chi faccia menzione di Dio”.

62. Chiunque accampi il vanto di una diretta Rivelazione da Dio, prima che spirino appieno mille anni ¶37

La Dispensazione di Bahá’u’lláh durerà fino alla venuta della prossima Manifestazione di Dio, il Cui avvento non avrà luogo prima che almeno “mille anni” siano trascorsi. Bahá’u’lláh diffida dall’attribuire a “questo versetto” altro che il suo “ovvio significato” e, in una delle Sue Tavole, specifica che “ogni anno” di questo periodo di mille anni consiste di “dodici mesi secondo il Corano e di diciannove mesi ciascuno di diciannove giorni secondo il Bayán”.

L’intimazione della Rivelazione di Bahá’u’lláh nel Síyáh-Chál di Teheran, nell’ottobre 1852, segna la nascita della Sua Missione Profetica e quindi l’inizio dei mille anni o più che dovranno trascorrere prima dell’apparizione della prossima Manifestazione di Dio.

63. Questo è ciò di cui vi preavvertimmo mentre dimoravamo in ‘Iráq, e poi nella Terra del Mistero, e ora da questo Risplendente Sito. ¶37

La “Terra del Mistero” si riferisce ad Adrianopoli e “questo Risplendente Sito” è un riferimento ad ‘Akká.

64. Fra la gente v’è colui che il sapere ha inorgoglito... che, quando sente dietro di sé lo scalpiccio dei sandali, diventa nella propria stima più grande ¶41

In Oriente, era usanza che i seguaci di un capo religioso camminassero un passo o due dietro di lui, in segno di deferenza.

65. Nimrod ¶41

Secondo la tradizione ebraica e islamica, il Nimrod menzionato in questo versetto è un Re che perseguitò Abramo e il cui nome fu assunto a simbolo di grande orgoglio.

66. Aghsán ¶42

“Aghsán” (plurale di Ghuṣn) è un vocabolo arabo che significa “Rami”. Questo termine è usato da Bahá’u’lláh per indicare la Sua discendenza maschile. Ha particolari implicazioni non solo per l’assegnazione delle donazioni ma anche per la successione nell’autorità dopo il trapasso di Bahá’u’lláh (vedi nota 145) e di ‘Abdu’l-Bahá. Nel Libro del Suo Patto, Bahá’u’lláh nominò Centro del Suo Patto e Capo della Fede il figlio maggiore, ‘Abdu’l-Bahá. Nelle Sue Ultime Volontà e Testamento, ‘Abdu’l-Bahá nominò Custode e Capo della Fede il nipote più anziano, Shoghi Effendi.

Pertanto, questo passo dell’Aqdas prevede la successione degli Aghsán prescelti e con ciò l’istituzione del Custodiato; preannunzia inoltre la possibilità di un’interruzione nella loro linea. Il trapasso di Shoghi Effendi nel 1957 determinò precisamente l’insorgere della situazione prevista in questo passo, perché la linea degli Aghsán si interruppe prima che la Casa Universale di Giustizia fosse stata istituita (vedi nota 67).

67. sono devolute alla gente di Bahá ¶42

Bahá’u’lláh prevede la possibilità che la linea degli Aghsán s’interrompa prima dell’istituzione della Casa Universale di Giustizia. Egli stabilisce che in tale situazione “le donazioni sono devolute alla gente di Bahá”. Negli Scritti Bahá’í, il termine “gente di Bahá” è usato con diversi significati. In questo caso, il termine è definito come colui “che non parla senza il Suo permesso e non giudica se non conforme a ciò che Dio ha ordinato in questa Tavola”. Dopo il trapasso di Shoghi Effendi nel 1957 le Mani della Causa di Dio diressero gli affari della Causa fino all’elezione della Casa Universale di Giustizia nel 1963 (vedi nota 183).

68. Non rasatevi il capo ¶44

Alcune tradizioni religiose consigliano di rasarsi il capo. Bahá’u’lláh lo proibisce e spiega che il provvedimento contenuto nella Sua Súriy-i-Ḥajj in base al quale i pellegrini alla Santa Casa di Shíráz dovevano rasarsi il capo è stato sostituito da questo versetto del Kitáb-i-Aqdas (D&R 10).

69. è sconveniente lasciar crescere i capelli oltre il limite delle orecchie ¶44

Shoghi Effendi ha spiegato che, diversamente dalla proibizione di rasarsi il capo, questa legge che vieta di lasciar crescere i capelli oltre il lobo dell’orecchio riguarda solo gli uomini. La sua applicazione necessita di chiarimenti da parte della Casa Universale di Giustizia.

70. Esilio e reclusione sono decretati per i ladri ¶45

Bahá’u’lláh afferma che la determinazione dell’entità della pena, in base alla gravità della trasgressione, spetta alla Casa Universale di Giustizia (D&R 49). Le punizioni per il furto sono intese per una futura condizione della società, quando saranno integrate e applicate dalla Casa Universale di Giustizia.

71. alla terza trasgressione, ponete loro un segno sulla fronte sì che, così identificati, non siano accettati nelle città e nei paesi di Dio ¶45

Il segno da porre sulla fronte del ladro serve ad avvertire gli altri delle sue inclinazioni. Tutti i dettagli concernenti la natura del segno, il modo in cui dev’essere applicato, il tempo per cui dev’essere portato, le circostanze nelle quali può essere rimosso, nonché la gravità dei vari gradi di furto sono stati lasciati da Bahá’u’lláh alla Casa Universale di Giustizia da decidere nel momento in cui la legge sarà applicata.

72. Chi desideri servirsi di vasellame d’argento e d’oro è libero di farlo ¶46

Nel Bayán il Báb ha permesso l’uso di suppellettili d’oro e d’argento, abrogando così la condanna islamica di tale uso che non scaturisce da un’esplicita ingiunzione del Corano ma dalle tradizioni musulmane. Bahá’u’lláh qui conferma la decisione del Báb.

73. Quando prendete il cibo, badate di non immergere le mani nel contenuto di coppe e vassoi. ¶46

Questa proibizione è stata definita da Shoghi Effendi “immergere le mani nel cibo”. In molte parti del mondo era costume mangiare con le mani da un contenitore comune.

74. Adottate costumanze che siano in armonia con la raffinatezza. ¶46

Questo è il primo di numerosi passi che menzionano l’importanza della raffinatezza e della pulizia. Il vocabolo originale arabo “laṭáfat”, tradotto qui “raffinatezza”, ha una vasta gamma di significati con implicazioni spirituali e materiali, come eleganza, grazia, pulizia, civiltà, buona educazione, gentilezza, delicatezza e benignità, nonché essere fine, raffinato, santificato e puro. A seconda del contesto dei vari passi del Kitáb-i-Aqdas dove esso si trova, il vocabolo è stato tradotto ora “raffinatezza”

ora “pulizia”.

75. Colui Che è l’Oriente della Causa di Dio non ha compagni nella Più Grande Infallibilità. ¶47

Nella Tavola di Ishráqát, Bahá’u’lláh afferma che la Più Grande Infallibilità è limitata alle Manifestazioni di Dio.

Il capitolo XLV delle Lezioni di San Giovanni d’Acri è dedicato da ‘Abdu’l-Bahá a una spiegazione di questo versetto dell’Aqdas. In questo capitolo ‘Abdu’l-Bahá sottolinea, fra le altre cose, l’inseparabilità dell’“infallibilità” essenziale dalle Manifestazioni di Dio e afferma che “qualunque cosa emani da Loro è identica alla verità e conforme alla realtà”, che “Esse non sono sotto l’ombra delle leggi precedenti” e “Qualsiasi cosa esse dicano è parola di Dio e qualsiasi cosa facciano è azione giusta”.

76. A ogni padre è stato ingiunto di istruire figli e figlie nell’arte del leggere e dello scrivere ¶48

‘Abdu’l-Bahá, nelle Sue Tavole, non solo richiama l’attenzione sulla responsabilità dei genitori di educare tutti i figli, ma specifica anche chiaramente che l’“educazione e la cultura delle figlie sono più necessarie di quelle dei figli”, perché le ragazze saranno un giorno madri e le madri sono le prime educatrici delle nuove generazioni. Pertanto se una famiglia non ha la possibilità di educare tutti i figli, dev’essere data la precedenza alle figlie perché, attraverso madri educate, i benefici del sapere possono molto efficacemente e rapidamente diffondersi in tutta la società.

77. Dio ha imposto agli adulteri e alle adultere una multa, da pagare alla Casa di Giustizia ¶49

Benché il vocabolo qui tradotto adulterio significhi, in senso lato, rapporti sessuali illeciti fra persone sposate o non sposate (per una definizione del termine vedi nota 36), ‘Abdu’l-Bahá ha affermato che la punizione qui prescritta riguarda i rapporti sessuali fra persone non sposate. Egli indica che spetta alla Casa Universale di Giustizia decidere la sanzione per l’adulterio commesso dalle persone sposate (vedi anche D&R 49).

In una delle Sue Tavole, ‘Abdu’l-Bahá accenna ad alcune delle implicazioni spirituali e sociali della violazione delle leggi della moralità e, riguardo la pena qui descritta, spiega che questa legge si prefigge di chiarire a tutti che quell’atto è vergognoso agli occhi di Dio e che, nei casi in cui la trasgressione possa essere comprovata e la multa imposta, lo scopo principale è la denuncia dei trasgressori, sì che siano svergognati e disonorati agli occhi della società. Egli afferma che la denuncia è di per sé la punizione più grande.

È presumibile che la Casa di Giustizia cui il versetto fa riferimento sia la Casa Locale di Giustizia, attualmente conosciuta come Assemblea Spirituale Locale.

78. nove mithqál d’oro, da raddoppiare, dovessero ripetere la trasgressione ¶49

Un mithqál è un’unità di peso. Il peso del mithqál tradizionale usato nel Medio Oriente equivale a 24 nakhud. Ma il mithqál usato dai Bahá’í consiste di 19 nakhud, “in base alla specificazione del Bayán” (D&R 23). Il peso di nove di questi mithqál equivale a 32,775 grammi o 1,05374 once troy.

Quanto all’applicazione della multa, Bahá’u’lláh specifica chiaramente che ogni multa è il doppio della precedente (D&R 23); perciò la multa imposta aumenta in progressione geometrica.

L’imposizione di questa multa è intesa per una futura condizione della società, allorché la legge sarà integrata e applicata dalla Casa Universale di Giustizia.

79. Abbiamo legittimato l’ascolto della musica e del canto. ¶51

‘Abdu’l-Bahá ha scritto che “presso certe nazioni d’oriente, la musica era considerata reprensibile”.

Sebbene il Corano non contenga istruzioni specifiche sul tema, alcuni Musulmani con- siderano illecito l’ascolto della musica, mentre altri lo tollerano ma con certi limiti e a particolari condizioni.

Negli Scritti Bahá’í vi sono alcuni passi in lode della musica. ‘Abdu’l-Bahá per esempio asserisce che “la musica, cantata o suonata, è cibo spirituale per l’anima e il cuore”.

80. O Uomini di Giustizia! ¶52

È stato illustrato negli scritti di ‘Abdu’l-Bahá e di Shoghi Effendi che, mentre solo gli uomini possono essere membri della Casa Universale di Giustizia, uomini e donne sono entrambi eleggibili nelle Case di Giustizia Secondarie e Locali (attualmente chiamate Assemblee Spirituali Nazionali e Locali).

81. Le sanzioni per aver ferito o percosso una persona dipendono dalla gravità della lesione; per ciascun grado il Signore del Giudizio ha prescritto una certa indennità. ¶56

Mentre Bahá’u’lláh ha specificato che l’entità della sanzione dipende dalla “gravità della lesione”, non è documentato che abbia enunciato i dettagli dell’entità del risarcimento in relazione ai vari gradi delle lesioni. La responsabilità di deciderlo ricade sulla Casa Universale di Giustizia.

82. In verità, vi è ingiunto di offrire una festa una volta al mese ¶57

Questa ingiunzione è divenuta la base per la celebrazione delle feste mensili bahá’í e come tale costituisce la disposizione istitutiva della Festa del Diciannovesimo Giorno. Nel Bayán Arabo il Báb ha invitato i Suoi seguaci a riunirsi una volta ogni diciannove giorni per mostrare ospitalità e amicizia. Bahá’u’lláh qui lo conferma e rileva il ruolo unificatore di tali occasioni.

Dopo di Lui ‘Abdu’l-Bahá e Shoghi Effendi hanno gradualmente spiegato il significato istituzionale di questa ingiunzione. ‘Abdu’l-Bahá ha sottolineato l’importanza del carattere spirituale e devozionale della Festa. Shoghi Effendi, oltre ad approfondirne ulteriormente gli aspetti devozionale e sociale, ne ha sviluppato l’elemento amministrativo e, nell’istituire sistematicamente la Festa, ha previsto un periodo di consultazione sugli affari della comunità bahá’í, che comprende anche la condivisione di notizie e messaggi.

Rispondendo a una domanda se questa ingiunzione è obbligatoria, Bahá’u’lláh affermò che non lo è (D&R 48). Shoghi Effendi in una lettera scritta a sua nome commenta ulteriormente: La partecipazione alla Festa del Diciannovesimo Giorno non è obbligatoria, ma molto importante e ogni credente deve considerare un dovere e un privilegio essere presente a tali occasioni.

83. Se cacciate con animali o uccelli da preda, invocate il Nome di Dio quando li mandate a inseguire la selvaggina, perché allora qualunque cosa prendano vi sarà lecita, anche se la troverete già morta. ¶60

Con questa legge, Bahá’u’lláh semplifica notevolmente le precedenti usanze e regole religiose sulla caccia. Egli ha altresì affermato che in questa regola è inclusa anche la caccia con armi come archi e frecce, fucili e simili, ma che è proibito consumare selvaggina trovata morta in una trappola o in una rete (D&R 24).

84. non eccedere nella caccia ¶60

Bahá’u’lláh non proibisce la caccia, ma ammonisce di non eccedere. La Casa Universale di Giustizia dovrà considerare a suo tempo cosa significhi eccedere nella caccia.

85. non ha conferito loro alcun diritto sulla proprietà altrui. ¶61

L’ingiunzione di mostrare gentilezza verso i congiunti di Bahá’u’lláh non rende costoro compartecipi delle proprietà altrui. Ciò è in contrasto con l’usanza musulmana sciita, secondo la quale i discendenti di Muḥammad hanno titolo a ricevere una quota di una certa tassa.

86. Chi distrugge intenzionalmente una casa con il fuoco, brucerete anche lui; chi toglie deliberatamente la vita a un altro, metterete a morte anche lui. ¶62

La legge di Bahá’u’lláh prescrive la pena di morte per l’omicidio e l’incendio doloso, con l’alternativa dell’ergastolo (vedi nota 87).

Nelle Sue Tavole ‘Abdu’l-Bahá spiega la differenza fra vendetta e punizione. Egli afferma che gli individui non hanno il diritto di vendicarsi, che la vendetta è disprezzata agli occhi di Dio e che il motivo della punizione non è la vendetta, ma l’imposizione di una pena per la trasgressione commessa. Nelle Lezioni di San Giovanni d’Acri, Egli conferma che la società ha il diritto di comminare una pena ai criminali allo scopo di proteggere i propri membri e di difendere la propria esistenza.

Quanto a questo provvedimento, Shoghi Effendi in una lettera scritta a suo nome dà la seguente spiegazione: Nell’Aqdas Bahá’u’lláh ha stabilito che l’omicidio sia punito con la morte. Ma ha permesso l’ergastolo in alternativa. Entrambe le prassi sono in accordo con le Sue Leggi. Può darsi che alcuni di noi non siano in grado di cogliere la saggezza di tutto questo, quando ciò sia in contrasto con la nostra visione limitata; ma dobbiamo accettarlo, sapendo che la Sua Saggezza, la Sua Misericordia e la Sua Giustizia sono perfette e per la salvezza del mondo intero. Se un uomo fosse condannato a morte ingiustamente, non potremmo credere che Dio Onnipotente lo ricompenserebbe mille volte tanto, nell’altro mondo, per tale ingiustizia umana? Non si può rinunziare a una legge benefica solo perché può raramente accadere che sia punito un innocente.

I dettagli della legge bahá’í sulle pene per gli omicidi e gli incendi dolosi, una legge intesa per un futuro stato della società, non sono stati specificati da Bahá’u’lláh. I vari dettagli della legge, come l’entità della trasgressione, se si debba tenere conto di eventuali circostanze attenuanti e quale delle due pene prescritte debba essere la norma, sono lasciati alla Casa Universale di Giustizia che decida alla luce delle circostanze predominanti quando la legge sarà operativa. Anche il modo in cui la pena dovrà essere applicata è lasciato alla Casa Universale di Giustizia da decidere.

Quanto all’incendio doloso, dipende da quale “casa” è stata bruciata. È ovvio che c’è un’enorme differenza nell’entità della trasgressione fra una persona che brucia un magazzino vuoto e una che mette a fuoco una scuola piena di bambini.

87. Se condannerete l’incendiario e l’omicida all’ergastolo, ciò sarà ammissibile secondo le disposizioni del Libro. ¶62

Rispondendo a una domanda su questo versetto dell’Aqdas, Shoghi Effendi affermò che la pena capitale è permessa, ma è stato previsto in alternativa “l’ergastolo... per mitigare notevolmente i rigori della condanna”. Egli afferma che “Bahá’u’lláh ci ha dato la scelta e ci ha pertanto lasciati liberi di usare la nostra discrezione entro i limiti imposti dalla Sua legge”. Mancando le istruzioni specifiche relative all’applicazione di questo aspetto della legge bahá’í, spetta alla Casa Universale di Giustizia legiferare in proposito in futuro.

88. Dio vi ha prescritto il matrimonio. ¶63

Bahá’u’lláh, in una delle Sue Tavole, afferma che Dio, nel formulare questa Legge, ha fatto del matrimonio “una fortezza di benessere e salvazione”.

La Sinossi e Codificazione, sezione IV.C.I.a.-o, riassume e sintetizza i provvedimenti del Kitáb-i-Aqdas e di Domande e Risposte riguardo il matrimonio e le condizioni nei cui limiti è permesso (D&R 3, 13, 46, 50, 84 e 92), la legge del fidanzamento (D&R 43), il pagamento della dote (D&R 12, D&R 26, D&R 39, D&R 47, D&R 87 e D&R 88), le procedure da adottare nell’eventualità di una prolungata assenza di uno dei due coniugi (D&R 4 e D&R 27) e varie altre circostanze (D&R 12 e D&R 47) (vedi anche nota 89, nota 90, nota 91, nota 92, nota 93, nota 94, nota 95, nota 96, nota 97, nota 98, nota 99).

89. Badate di non prendervi più di due mogli. Chi si accontenta di una sola compagna fra le ancelle di Dio, entrambi vivranno in pace. ¶63

Sebbene sembri che il testo del Kitáb-i-Aqdas permetta la bigamia, Bahá’u’lláh raccomanda che dalla monogamia derivano pace e appagamento. In un’altra Tavola Egli sottolinea quanto sia importante che l’individuo agisca in modo tale da “recare conforto a se stesso e al suo coniuge”.

‘Abdu’l-Bahá, l’Interprete autorizzato degli Scritti Bahá’í, afferma che in effetti nel testo dell’Aqdas è ingiunta la monogamia. Egli approfondisce questo tema in alcune Tavole, fra le quali la seguente: Sappi che la poligamia non è permessa nella legge di Dio, perché è stato chiaramente prescritto di accontentarsi di una sola moglie. Prenderne una seconda è stato condizionato al saper mantenere equità e giustizia fra le due, in tutte le circostanze. Ma è assolutamente impossibile attenersi alla giustizia e all’equità verso due mogli. Il fatto che la bigamia sia stata condizionata a una condizione impossibile è una chiara prova della sua assoluta proibizione.

Perciò non è permesso che un uomo abbia più di una moglie.

La poligamia è un’antichissima usanza fra la maggioranza degli uomini. La monogamia è stata gradualmente introdotta dalle Manifestazioni di Dio. Gesù, per esempio, non proibì la poligamia, ma proibì il divorzio, fuorché in caso di fornicazione; Muḥammad limitò il numero delle mogli a quattro, ma ne condizionò la pluralità alla giustizia e ripristinò il permesso di divorziare; Bahá’u’lláh, Che rivelò i Suoi Insegnamenti nell’ambiente di una società musulmana, introdusse il concetto della monogamia gradualmente secondo i principî della saggezza e del progressivo sviluppo del Suo scopo. L’aver lasciato ai Suoi seguaci un Interprete infallibile dei Suoi Scritti Gli consentì di permettere apparentemente due mogli nel Kitáb-i-Aqdas ma di sostenere una condizione che dette poi a ‘Abdu’l-Bahá la possibilità di spiegare che l’intenzione della legge era di far valere la monogamia.

90. chi volesse prendere a servizio una domestica può farlo appropriatamente ¶63

Bahá’u’lláh afferma che un uomo può impiegare una domestica per i lavori di casa. Ciò non era permesso nell’usanza musulmana sciita a meno che il datore di lavoro non facesse con costei un contratto matrimoniale. Bahá’u’lláh sottolinea che i “servizi” menzionati in questo versetto sono solamente quelli “svolti, in cambio di un salario, da qualunque altro tipo d’inserviente, giovane o vecchia”

(D&R 30). Il datore di lavoro non ha diritti sessuali sulla domestica. Ella è “libera di scegliere un marito quando le parrà”, perché è proibito comperare donne (D&R 30).

91. Questo è il Mio comando per voi; attenetevi strettamente ad esso come aiuto per voi stessi. ¶63

Sebbene il Kitáb-i-Aqdas ingiunga il matrimonio, Bahá’u’lláh spiega che non è obbligatorio sposarsi (D&R 46). Shoghi Effendi, in una lettera scritta a suo nome, dichiara anche che il “matrimonio non è assolutamente un obbligo” e afferma che “alla fin fine spetta all’individuo decidere se desidera avere una vita familiare o vivere nel celibato”. Se una persona deve aspettare a lungo prima di trovare un coniuge o alla fine deve rimanere solo, ciò non significa che per questo non possa realizzare lo scopo della propria vita, che è fondamentalmente spirituale.

92. abbiamo condizionato il matrimonio al consenso dei genitori ¶65

In una lettera scritta a suo nome Shoghi Effendi ha commentato questa disposizione della legge: Bahá’u’lláh ha affermato chiaramente che per il matrimonio bahá’í è richiesto il consenso di tutti i genitori viventi. Questo vale per genitori bahá’í o no, divorziati da molti anni o no. Egli ha formulato questa grande legge per rafforzare la struttura della società, per stringere vieppiù i vincoli familiari, per infondere nei cuori dei figli gratitudine e rispetto verso coloro che hanno dato loro la vita avviandone le anime nell’eterno viaggio verso il Creatore.

93. Nessun matrimonio può essere contratto senza il pagamento di una dote ¶66

La Sinossi e Codificazione, sezione IV.C.I.j.i.-v., riassume le principali disposizioni sulla dote.

Queste disposizioni hanno i loro antecedenti nel Bayán.

La dote dev’essere pagata dallo sposo alla sposa. È fissata a 19 mithqál d’oro puro per chi abita in città e a 19 mithqál d’argento per chi abita in paese (vedi nota 94). Bahá’u’lláh indica che, se, al momento del matrimonio, lo sposo non è in grado di pagare la dote per intero, gli è permesso di consegnare alla sposa un impegno scritto (D&R 39).

Con la Rivelazione di Bahá’u’lláh molte concezioni, usanze e istituzioni familiari sono ridefinite e assumono un nuovo significato. Fra questi vi è la dote. L’istituzione della dote è un’antichissima usanza di molte culture e assume varie forme. In alcuni paesi è un pagamento fatto dai genitori della sposa allo sposo; in altri è un pagamento fatto dallo sposo ai genitori della sposa, chiamato “prezzo della sposa”. In ambo i casi spesso la somma è molto considerevole. La legge di Bahá’u’lláh abolisce tutte queste varianti e trasforma la dote in un atto simbolico per cui lo sposo offre alla sposa un dono di valore limitato.

94. in diciannove mithqál d’oro puro per chi abita in città e nella stessa quantità d’argento per chi abita in paese ¶66

Bahá’u’lláh specifica che il criterio per stabilire il pagamento della dote è il luogo di residenza stabile dello sposo, non quello della sposa (D&R 87, D&R 88).

95. E chi desideri aumentare tale somma, gli è proibito superare i limite di novantacinque mithqál...

Ma se si accontenta di pagare la cifra più bassa, sarà meglio per lui secondo il Libro. ¶66 Rispondendo a una domanda sulla dote, Bahá’u’lláh afferma: Tutto quello che è rivelato nel Bayán, su coloro che abitano nelle città e in paese, è approvato e dev’essere eseguito. Ma nel Kitáb-i-Aqdas è menzionata la cifra più bassa. L’intenzione è diciannove mithqál d’argento, specificati nel Bayán per chi abita in paese. Questo è più gradito a Dio, purché le due parti acconsentano. Lo scopo è quello di promuovere il benessere di tutti e di portare concordia e unione fra la gente. Perciò, quanto maggiore la considerazione mostrata in questi casi tanto meglio... Le genti di Bahá devono stare insieme e agire reciprocamente con massimo amore e sincerità. Devono essere memori degli interessi di tutti, specialmente degli amici di Dio.

In una delle Sue Tavole, ‘Abdu’l-Bahá riassume alcune delle disposizioni per stabilire l’entità della dote. L’unità di pagamento menzionata nell’estratto sotto citato è il “váḥid”. Un váḥid equivale a diciannove mithqál. Egli afferma: Chi abita in città deve pagare in oro e chi abita in paese, in argento. Dipende dai mezzi economici a disposizione dello sposo. Se è povero, paga un váḥid; se di mezzi modesti, paga due váḥid; se è benestante, tre váḥid; se è ricco, quattro váḥid; se è ricchissimo, versa cinque váḥid. In verità, è una questione di accordi fra lo sposo, la sposa e i loro genitori. Qualunque accordo sia raggiunto deve essere rispettato.

In questa stessa Tavola, ‘Abdu’l-Bahá incoraggia i credenti a riferire i quesiti sull’applicazione di questa legge alla Casa Universale di Giustizia, che ha “l’autorità di legiferare”.

Egli sottolinea che “è questo ente che applicherà le leggi e legifererà su questioni secondarie che non sono esplicite nel Testo Sacro”.

96. se uno dei Suoi servi intende fare un viaggio, egli deve stabilire per la moglie una data in cui farà ritorno a casa ¶67

Nel caso che un marito parta senza comunicare alla moglie la data del suo ritorno ed ella non abbia notizie di lui e ne perda ogni traccia, Bahá’u’lláh ha affermato che, se il marito era a conoscenza della legge prescritta nel Kitáb-i-Aqdas, la moglie può risposarsi dopo aver atteso un anno intero.

Ma se il marito non era a conoscenza di questa legge, la moglie deve aspettare finché non le giungano notizie del marito (D&R 4).

97. è opportuno che ella attenda per un periodo di nove mesi, dopo di che non vi sarà impedimento a che ella prenda un altro marito ¶67

Nel caso che il marito non ritorni alla fine del periodo di tempo stabilito o non avverta la moglie del ritardo, la moglie deve aspettare nove mesi, dopo di che è libera di risposarsi, sebbene sia preferibile che attenda più a lungo (per il calendario bahá’í vedi nota 147).

Bahá’u’lláh afferma che, in tali circostanze, se alla moglie giunge notizia della “morte o dell’uccisione del marito”, prima di risposarsi ella deve aspettare ancora nove mesi (D&R 27). In una Tavola ‘Abdu’l-Bahá ha spiegato ulteriormente che il periodo di attesa di nove mesi dopo la notizia della morte del marito vale solo se il marito era lontano nel momento della morte, ma non se muore in casa.

98. dovrà scegliere la linea di condotta degna di lode ¶67

Bahá’u’lláh definisce “la linea di condotta degna di lode” come “l’esercizio della pazienza” (D&R 4).

99. due testimoni giusti ¶67

Bahá’u’lláh enuncia “il criterio della giustizia” riguardo ai testimoni come “una buona reputazione fra la gente”. Egli afferma che non è necessario che i testimoni siano bahá’í, perché “Davanti al Trono di Dio è accettabile la testimonianza di tutti i Suoi servitori, a qualunque credo o fede essi appartengano” (D&R 79).

100. Se fra marito e moglie insorgono risentimento o avversione, non divorzi da lei ma attenda pazientemente per la durata di un intero anno ¶68

Negli Insegnamenti Bahá’í il divorzio è duramente condannato. Ma se fra i coniugi insorgono avversione o risentimento, il divorzio è consentito dopo che sia trascorso un intero anno. Durante questo anno di pazienza, il marito è obbligato a provvedere al mantenimento economico della moglie e dei figli e la coppia è sollecitata a sforzarsi di appianare le loro divergenze. Shoghi Effendi afferma che il marito e la moglie “hanno pari diritto di chiedere il divorzio” ogni qual volta uno dei due “ritenga assolutamente essenziale farlo”.

In Domande e Risposte, Bahá’u’lláh approfondisce alcuni temi relativi all’anno di pazienza, alla sua osservanza (D&R 12), fissando la data d’inizio (D&R 19 e D&R 40), le condizioni per la riconciliazione (D&R 38) e il ruolo dei testimoni e della Casa Locale di Giustizia (D&R 73 e D&R 98). Quanto ai testimoni, la Casa Universale di Giustizia ha chiarito che in questi giorni i compiti dei testimoni nei casi di divorzio sono svolti dalle Assemblee Spirituali.

Le disposizioni dettagliate delle leggi bahá’í sul divorzio sono riassunti nella Sinossi e Codificazione, sezione IV.C.2.a.-i.

101. il Signore ha vietato l’usanza alla quale un tempo ricorrevate quando avevate divorziato per tre volte da una donna. ¶68

Questo si riferisce a una legge islamica enunciata nel Corano che decretava che in certe circostanze un uomo non potesse risposare la moglie da cui avesse divorziato a meno che ella non si fosse prima risposata con un altro e non ne avesse poi divorziato. Bahá’u’lláh afferma che è questa l’usanza vietata nel Kitáb-i-Aqdas (D&R 31).

102. Chi ha divorziato dalla moglie può scegliere, al trascorrere di ciascun mese, di risposarla quando vi siano reciproco affetto e consenso, purché ella non abbia preso un altro marito... a meno che, chiaramente, non cambino le sue circostanze. ¶68

Shoghi Effendi afferma, in una lettera scritta a suo nome, che l’intenzione della frase “al trascorrere di ciascun mese” non è quella di imporre limitazioni, e che una coppia divorziata può risposarsi in qualsiasi momento dopo il divorzio, purché nessuna delle due parti sia in quel momento sposata con un altro.

103. che il seme non sia impuro ¶74

In alcune tradizioni religiose e nell’usanza musulmana sciita il seme è stato dichiarato ritualmente impuro. Bahá’u’lláh ha qui messo al bando questo concetto. Vedi anche nota 106 infra.

104. Afferratevi alla corda della raffinatezza ¶74

‘Abdu’l-Bahá si riferisce all’effetto della “purità e santità, pulizia e raffinatezza” sull’esaltazione della “condizione dell’uomo” e sullo “sviluppo della sua intima realtà” Egli afferma: “Avere un corpo puro e immacolato esercita un’influenza sullo spirito dell’uomo” (vedi anche nota 74).

105. Lavate ogni cosa sporca con acqua che non abbia subito alterazioni in alcuno dei tre aspetti ¶74

I “tre aspetti” menzionati in questo versetto sono modificazioni di colore, sapore o odore dell’acqua. Bahá’u’lláh fornisce ulteriori istruzioni riguardo l’acqua pulita e il punto in cui essa è considerata inadatta all’uso (D&R 91).

106. Dio ha... abolito... il concetto di “impurità”, per cui diverse cose e persone erano considerate impure. ¶75

Il concetto di “impurità” rituale, come lo intendevano e lo praticavano alcune società tribali e le comunità religiose di certe antiche Dispensazioni, è stato abolito da Bahá’u’lláh. Egli afferma che con la Sua Rivelazione “tutte le cose create furono immerse nel mare della purificazione” (vedi anche nota 12, nota 20 e nota 103).

107. quel primo giorno di Riḍván ¶75

È un riferimento all’arrivo di Bahá’u’lláh e dei Suoi compagni nel Giardino di Najíbíyyih fuori della città di Bagdad, successivamente chiamato dai Bahá’í Giardino di Riḍván. Questo evento, che ebbe luogo nell’aprile 1863, trentun giorni dopo Naw-Rúz, segnò l’inizio del periodo durante il quale Bahá’u’lláh dichiarò la Sua Missione ai Suoi compagni. In una Tavola Egli fa riferimento alla Sua Dichiarazione come il “Giorno di felicità suprema” e descrive il Giardino di Riḍván come “il Sito dal quale ha diffuso sull’intera creazione gli splendori del Suo Nome, il Misericordiosissimo”.

Bahá’u’lláh trascorse dodici giorni in questo Giardino prima di partire per Istanbul, il luogo dove era stato esiliato. La Dichiarazione di Bahá’u’lláh è celebrata ogni anno nei dodici giorni festivi di Riḍván, descritti da Shoghi Effendi come “la più 140).

108. il Bayán ¶77

Il Bayán, il Libro Madre della Dispensazione Bábí, è il titolo dato dal Báb al Suo Libro delle Leggi e si riferisce anche all’insieme dei Suoi Scritti. Il Bayán Persiano è la più importante opera dottrinale del Báb e il principale depositario delle leggi da Lui prescritte. Il Bayán Arabo equivale nel contenuto, ma è più breve e meno ponderoso. Descrivendo il Bayán Persiano, Shoghi Effendi ha spiegato in Dio passa nel mondo che esso dev’essere considerato “principalmente un inno al Promesso piuttosto che un codice di leggi e ordinanze destinato a essere una guida permanente per future generazioni”.

‘Abdu’l-Bahá ha scritto: “Il Bayán è stato sostituito dal Kitáb-i-Aqdas, fuorché per quelle leggi che sono state confermate e menzionate nel Kitáb-i-Aqdas”.

109. la distruzione dei libri ¶77

Nella Tavola di Ishráqát Bahá’u’lláh, riferendoSi al fatto che il Báb ha condizionato le leggi del Bayán alla Sua sanzione, afferma che Egli ha attuato alcune delle leggi del Báb “incorporandole nel Kitáb-i-Aqdas con parole differenti”, mentre ne ha eliminate altre.

Riguardo la distruzione dei libri, il Bayán comandava ai seguaci del Báb di distruggere tutti i libri fuorché quelli scritti in difesa della Causa e della Religione di Dio. Bahá’u’lláh abroga questa specifica legge del Bayán.

Quanto alla natura e al rigore delle leggi del Bayán, Shoghi Effendi in una lettera scritta a suo nome esprime il seguente commento: Le severe leggi e ingiunzioni rivelate dal Báb possono essere valutate e comprese correttamente solo alla luce delle Sue stesse affermazioni sulla natura, sullo scopo e sul carattere della Sua Dispensazione. Come queste affermazioni rivelano chiaramente, la Dispensazione Bá- bí ha avuto essenzialmente i caratteri di una rivoluzione religiosa e, in effetti, sociale e la sua durata doveva perciò essere breve, ma piena di eventi tragici, di riforme radicali e drastiche.

Il Báb e i Suoi seguaci adottarono queste energiche misure nell’intento di scalzare le fondamenta dell’ortodossia sciita, aprendo così la strada alla venuta di Bahá’u’lláh. Per affermare l’indipendenza della nuova Dispensazione e preparare inoltre il terreno all’imminente Rivelazione di Bahá’u’lláh, il Báb doveva rivelare leggi rigorosissime, anche se molte di esse non sarebbero mai state applicate. Ma il solo fatto che Egli le abbia rivelate è di per sé una prova dell’indipendenza della Sua Dispensazione e bastò a creare un’agitazione universale e a suscitare nel clero una tale opposizione da indurlo a essere causa del Suo martirio.

110. Vi abbiamo permesso di leggere quelle scienze che vi siano di giovamento, non quelle che finiscono in oziose dispute ¶77

Gli Scritti Bahá’í ingiungono l’acquisizione del sapere e lo studio delle arti e delle scienze. I Bahá’í sono invitati a rispettare le persone di cultura e di talento e sono ammoniti a non perseguire studi che producano solo futili alterchi. Nelle Sue Tavole Bahá’u’lláh consiglia ai credenti di studiare quelle scienze e quelle arti che sono “di utilità” e promuovono il “progresso e [il] miglioramento” della società e scoraggia le scienze che “s’iniziano con parole e con parole finiscono”, il cui studio porta a “oziose dispute”. Shoghi Effendi, in una lettera scritta a suo nome, paragona le scienze che s’iniziano con parole e con parole finiscono a “sterili escursioni in cavilli metafisici” e in un’altra lettera spiega che ciò che Bahá’u’lláh sopra tutto intendeva per tali “scienze” sono “quei trattati e quei commentari teologici che ingombrano la mente umana invece di aiutarla a conseguire la verità”.

111. Colui Che ha conversato con Dio ¶80

È un titolo che la tradizione ebraica e islamica attribuiscono a Mosè. Bahá’u’lláh afferma che con la venuta della Sua Rivelazione “le orecchie umane hanno avuto il privilegio di udire quel che Colui Che conversò con Dio udì sul Sinai”.

112. Sinai ¶80
Il monte sul quale Iddio rivelò la Legge a Mosè.
113. lo Spirito di Dio ¶80

È uno dei titoli usato negli Scritti Islamici e Bahá’í per indicare Gesù Cristo.

114. Carmelo... Sion ¶80

Il Carmelo, la “Vigna di Dio”, è un monte della Terra Santa sul quale si trovano il Mausoleo del Báb e la sede del centro amministrativo mondiale della Fede.

Sion è un colle gerosolimitano, tradizionale luogo della tomba del re Davide e simbolo di Gerusalemme in quanto Città Santa.

115. l’Arca Cremisi ¶84

L’“Arca Cremisi” è un riferimento alla Causa di Bahá’u’lláh. I Suoi seguaci sono chiamati “compagni dell’Arca Cremisi”, lodati dal Báb nel Qayyúmu’l-Asmá’.

116. O Imperatore d’Austria! Colui che è l’Alba della Luce di Dio dimorava nella prigione di ‘Akká al tempo in cui ti recasti a visitare la moschea Al-Aqṣá. ¶85

Francesco Giuseppe (Franz Josef, 1830-1916), Imperatore d’Austria e Re d’Ungheria, si recò in pellegrinaggio a Gerusalemme nel 1869. Mentre si trovava in Terra Santa si lasciò sfuggire l’opportunità di informarsi su Bahá’u’lláh Che a quel tempo era prigioniero in ‘Akká (Acri).

La moschea Al-Aqṣá, alla lettera la moschea “Più Remota”, è menzionata nel Corano ed è stata identificata con il la Montagna del Tempio a Gerusalemme.

117. O Re di Berlino! ¶86

Il Kaiser Guglielmo I (Wilhelm Friedrich Ludwig, 1797-1888), settimo re di Prussia, fu acclamato primo Imperatore di Germania a Versailles in Francia nel gennaio 1871, dopo la vittoria della Germania sulla Francia nella Guerra Franco-Prussiana.

118. colui il cui potere trascendeva il tuo e il cui rango superava il tuo ¶86

È un riferimento a Napoleone III (1808-1873), Imperatore dei Francesi, considerato da molti storici il più eminente monarca occidentale dei suoi tempi.

Bahá’u’lláh indirizzò a Napoleone III due Tavole. Nella seconda profetizzò chiaramente che il regno di Napoleone sarebbe stato “gettato nel disordine”, che il suo “impero sfuggirà” dalle sue mani e che il suo popolo avrebbe sperimentato grandi “sommosse”.

Nel giro di un anno, Napoleone III subì una clamorosa sconfitta per mano del Kaiser Guglielmo I, nella battaglia di Sedan nel 1870. Andò in esilio in Inghilterra, dove morì tre anni dopo.

119. O popolo di Costantinopoli! ¶89

Il vocabolo qui tradotto “Costantinopoli” è nell’originale “Ar-Rúm” ossia “Roma”. Nel Medio Oriente questo vocabolo è stato generalmente usato per indicare dapprima Costantinopoli e l’Impero Romano d’Oriente, successivamente la città di Bisanzio e il suo impero e infine l’Impero Ottomano.

120. O Luogo situato sulle sponde dei due mari! ¶89

È un riferimento a Costantinopoli, chiamata ora Istanbul. Situata sul Bosforo, lo stretto lungo circa 31 chilometri che collega il Mar Nero e il Mare di Marmara, è la più grande città e il massimo porto della Turchia.

Costantinopoli fu capitale dell’Impero ottomano dal 1453 al 1922. Durante il soggiorno di Bahá’u’lláh nella città, era sul trono il dispotico sultano ‘Abdu’l-’Azíz. I Sultani ottomani erano anche Califfi, la suprema autorità dell’Islam Sunnita. Bahá’u’lláh previde la caduta del Califfato, che fu abrogato nel 1924.

121. O rive del Reno! ¶90

In una Tavola che scrisse prima della prima Guerra Mondiale (1914-1918), ‘Abdu’l-Bahá spiega che quando diceva di aver veduto le rive del Reno “coperte di sangue” Bahá’u’lláh Si riferiva alla Guerra Franco-Prussiana (1870-1871) e ad altre sofferenze che sarebbero sopravvenute.

In Dio passa nel mondo Shoghi Effendi afferma che “i termini di un trattato straordinariamente duro” imposto alla Germania dopo la sua disfatta nella prima Guerra Mondiale “provocarono i "lamenti

[di Berlino]
" funestamente profetizzati mezzo secolo prima”.
122. O Terra di Tá ¶91

“Tá” è la lettera iniziale di Teheran, capitale dell’Iran. Bahá’u’lláh ha spesso preferito indicare il nome di alcuni luoghi citando la loro lettera iniziale. Secondo il sistema di calcolo abjad, il valore numerico di Tá è nove, che equivale al valore numerico del nome Bahá.

123. in te nacque la Manifestazione della Sua Gloria ¶92

È un riferimento alla nascita di Bahá’u’lláh a Teheran il 12 novembre 1817.

124. O Terra di Khá! ¶94

È un riferimento alla provincia iraniana del Khurásán e alla zona circostante, che comprende la città di ‘Ishqábád (Ashkhabad).

125. Se una persona acquisisce cento mithqál d’oro, diciannove sono di Dio e a Lui devono essere resi ¶97

Questo versetto istituisce l’Ḥuqúqu’lláh, il Diritto di Dio, l’offerta di una parte fissa del valore dei possedimenti dei credenti. Questa offerta era presentata a Bahá’u’lláh, in quanto Manifestazione di Dio e poi, dopo la Sua Ascensione, ad ‘Abdu’l-Bahá, in quanto Centro del Patto. Nelle Sue Ultime Volontà e Testamento ‘Abdu’l-Bahá previde che l’Ḥuqúqu’lláh fosse offerto “tramite il Custode della Causa di Dio”. Non essendoci ora un Custode, esso è offerto tramite la Casa Universale di Giustizia nelle sue qualità di Capo della Fede. Questo fondo è usato per la promozione della Fede di Dio e dei suoi interessi nonché per vari scopi filantropici. L’offerta dell’Ḥuqúqu’lláh è un obbligo spirituale, il cui assolvimento è stato lasciato alla coscienza di ciascun Bahá’í. Mentre è possibile ricordare alla comunità gli obblighi di questa legge, non è possibile rivolgersi personalmente a un credente perché paghi l’Ḥuqúqu’lláh.

La legge è ulteriormente elaborata in alcune voci di Domande e Risposte. Il pagamento dell’Ḥuqúqu’lláh è basato sul calcolo del valore dei beni personali. Chi ha beni di valore eguale ad almeno diciannove mithqál d’oro (D&R 8) ha l’obbligo spirituale di pagare una sola volta il diciannove per cento del totale, come Ḥuqúqu’lláh (D&R 89). In seguito, ogni qual volta le sue entrate, dopo che siano state pagate tutte le spese, incrementano il valore dei suoi possedimenti di almeno diciannove mithqál d’oro, deve pagare il diciannove per cento dell’incremento, e così via per ogni ulteriore aumento (D&R 8, D&R 90).

Certe categorie di possedimenti, come la residenza, sono esenti dal pagamento dell’Ḥuqúqu’lláh (D&R 8, D&R 42, D&R 95) e sono stati formulati alcuni provvedimenti specifici che prevedono l’eventualità di perdite economiche (D&R 44, D&R 45), di investimenti infruttiferi (D&R 102) e di pagamento dell’Ḥuqúq in caso di morte (D&R 9, D&R 69, D&R 80) (per quest’ultimo caso vedi nota 47).

Ampi stralci di alcune Tavole, di Domande e Risposte e di altri Scritti riguardanti il significato spirituale dell’Ḥuqúqu’lláh e i dettagli della sua applicazione sono stati pubblicati in una compilazione intitolata Ḥuqúqu’lláh.

126. Varie petizioni sono giunte dai credenti dinanzi al Nostro trono, riguardo le leggi di Dio... Di conseguenza, abbiamo rivelato questa Santa Tavola e l’abbiamo abbigliata con il manto della Sua Legge, caso mai le genti si attengano ai comandamenti del loro Signore. ¶98

Bahá’u’lláh afferma in una Tavola: “Per alcuni anni alla Più Santa Presenza giunsero petizioni da varie terre imploranti le leggi di Dio, ma trattenemmo la Penna finché non fosse giunto il tempo stabilito”. Soltanto vent’anni dopo la nascita della Sua Missione Profetica nel Síyáh-Chál di Teheran Bahá’u’lláh rivelò il Kitáb-i-Aqdas, il Depositario delle leggi della Sua Dispensazione. E anche dopo aver rivelato l’Aqdas, prima di mandarlo agli amici in Persia, Egli lo trattenne presso di Sé per un certo periodo di tempo. Questo ritardo divinamente voluto nella rivelazione delle fondamentali leggi di Dio per questa èra e la successiva graduale applicazione delle loro disposizioni illustrano il principio della rivelazione progressiva che vale anche all’interno del ministero di ciascun Profeta.

127. Luogo cremisi ¶100

È un riferimento alla città-prigione di ‘Akká. Negli Scritti Bahá’í il termine “cremisi” è usato con parecchi significati allegorici e simbolici (vedi anche nota 115).

128. il Sadratu’l-Muntahá ¶100

Alla lettera “l’Albero di Loto dell’estremo limite”, tradotto da Shoghi Effendi “l’Albero oltre il quale non si passa”. Nell’Islam il termine è usato, per esempio nei racconti del Viaggio Notturno di Muḥammad, come simbolo per indicare il punto dei cieli oltre il quale né uomini né angeli possono andare nel loro avvicinamento a Dio e pertanto per delimitare i confini del sapere divino rivelato all’uomo. Quindi negli Scritti Bahá’í è spesso usato per indicare la Manifestazione di Dio (vedi anche nota 164).

129. il Libro Primigenio ¶103

Il termine “Libro Primigenio” è generalmente usato per indicare il Libro centrale di una Dispensazione religiosa. Nel Corano e negli Hadíth islamici, il termine è usato per descrivere il Corano.

Nella Dispensazione Bábí, il Libro Primigenio è il Bayán e nella Dispensazione Bahá’í è il Kitáb-i-Aqdas.

Inoltre, il Custode in una lettera scritta a suo nome ha affermato che questo concetto può anche essere usato come “termine collettivo per indicare il complesso degli Insegnamenti rivelati da Bahá’u’lláh”. Infine il termine è usato in senso lato per significare il Depositario Divino della Rivelazione.

130. Chi interpreta ciò che è stato inviato dal cielo della Rivelazione e ne altera l’evidente significato ¶105

In molte Tavole, Bahá’u’lláh enuncia la differenza fra versetti allegorici, che sono passibili di interpretazione, e versetti relativi a temi come leggi e ordinanze, culto e osservanze religiose, i cui significati sono evidenti e che esigono obbedienza da parte dei credenti.

Come è spiegato nelle nota 145 e nota 184, Bahá’u’lláh designò Suo Successore e Interprete dei Suoi Insegnamenti il Figlio maggiore ‘Abdu’l-Bahá. ‘Abdu’l-Bahá a Sua volta designò il nipote più anziano, Shoghi Effendi, a succederGli come interprete del Testo sacro e Custode della Causa. Le interpretazioni di ‘Abdu’l-Bahá e di Shoghi Effendi sono considerate ispirate da Dio e sono vincolanti per i Bahá’í. L’esistenza di interpretazioni autorevoli non preclude la possibilità che gli individui si dedichino allo studio degli Insegnamenti e giungano a interpretazioni o comprensioni personali. Ma negli Scritti Bahá’í si fa una netta distinzione fra interpretazioni autorevoli e la comprensione cui ogni individuo perviene studiando gli Insegnamenti. Le interpretazioni personali basate sulla comprensione individuale degli Insegnamenti costituiscono il frutto della facoltà razionale dell’uomo e possono sicuramente contribuire a una maggiore comprensione della Fede. Ma tali opinioni mancano di autorevolezza.

Nel presentare le proprie idee personali, gli individui sono invitati a non mettere da parte l’autorità delle parole rivelate, a non negare o contrastare le interpretazioni autorevoli e a non impegnarsi in controversie; devono invece offrire i loro pensieri come un contributo al sapere, spiegando che si tratta di opinioni esclusivamente personali.

131. Guardatevi dall’accostarvi alle vasche pubbliche dei bagni persiani ¶106

Bahá’u’lláh proibisce l’uso delle vasche che si trovano nei tradizionali bagni pubblici persiani.

In questi bagni era costume che molte persone si lavassero insieme nella stessa vasca e che l’acqua fosse cambiata poco frequentemente. Di conseguenza, l’acqua era torbida, sporca e malsana e aveva uno sgradevolissimo fetore.

132. Evitate altresì le maleodoranti vasche nei cortili delle case persiane ¶106

In Persia nei cortili di molte case c’era una vasca che serviva come riserva d’acqua per pulizie, lavaggi e altri usi domestici. L’acqua delle vasche, che era stagnante e non veniva cambiata per intere settimane, tendeva ad assumere un odore molto spiacevole.

133. Vi è proibito sposare la moglie di vostro padre. ¶107

Il matrimonio con la matrigna è qui categoricamente proibito Questa proibizione vale anche per il matrimonio con il patrigno. Là dove Bahá’u’lláh ha formulato una legge fra uomo e donna, questa vale mutatis mutandis anche fra donna e uomo a meno che il contesto non lo renda impossibile.

‘Abdu’l-Bahá e Shoghi Effendi confermano che, sebbene le matrigne siano l’unica categoria di familiari menzionata nel testo, ciò non significa che tutte le altre unioni in seno alla famiglia siano permesse. Bahá’u’lláh afferma che spetta alla Casa Universale di Giustizia legiferare “quanto alla legittimità o meno di sposare i propri parenti” (D&R 50). ‘Abdu’l-Bahá ha scritto che quanto meno stretto è il legame di sangue fra la coppia, tanto è meglio, poiché tali matrimoni sono la base del benessere fisico dell’umanità e apportatori di amicizia fra gli uomini.

134. il tema dei ragazzi ¶107

Nell’originale arabo, in questo contesto, il vocabolo qui tradotto “ragazzi” implica la pederastia.

Shoghi Effendi ha interpretato questo accenno come una proibizione di tutti i rapporti omosessuali.

Gli insegnamenti bahá’í sulla moralità sessuale si fondano sul matrimonio e sulla famiglia come solida base dell’intera struttura della società umana e sono designati a proteggere e rafforzare quell’istituzione divina. Perciò la legge bahá’í limita i rapporti sessuali leciti a quelli fra un uomo e la donna con la quale è sposato. In una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi, si afferma: È un errore permettere che l’amore fra persone dello stesso sesso, per quanto devoto e bello possa essere, trovi espressione in atti sessuali. Non è una giustificazione valida dire che è ideale.

Bahá’u’lláh proibisce realmente ogni genere di immoralità e tali Egli considera i rapporti omosessuali, oltre ad essere contro natura. Essere afflitti in questo modo è un grave peso per un’anima coscienziosa. Ma con il consiglio e l’aiuto dei medici, con uno sforzo vigoroso e deciso e con la preghiera un’anima può superare questa menomazione.

Bahá’u’lláh dispone che la Casa Universale di Giustizia decida, le pene dell’adulterio e della sodomia, a seconda dell’entità della trasgressione (D&R 49).

135. A nessuno è permesso borbottare versetti sacri sotto gli occhi della gente camminando per la strada o per il mercato ¶108

È un’allusione all’usanza di certi preti e capi religiosi di precedenti Dispensazioni i quali, per ipocrisia e affettazione e per ottenere il plauso dei seguaci, borbottavano ostentatamente preghiere in pubblico in segno di devozione. Bahá’u’lláh proibisce questo comportamento e sottolinea l’importanza dell’umiltà e della genuina devozione a Dio.

136. È stato ingiunto che tutti scrivano un testamento. ¶109

Secondo gli Insegnamenti di Bahá’u’lláh ogni persona ha il dovere di scrivere le ultime volontà e il testamento ed è libera di disporre del proprio patrimonio come vuole (vedi nota 38).

Bahá’u’lláh afferma che nel redigere il testamento “ognuno ha piena giurisdizione sulle proprie proprietà”, poiché Dio ha permesso agli individui di “fare qualunque cosa voglia di quanto gli ha elargito” (D&R 69). Nel Kitáb-i-Aqdas sono enunciati i provvedimenti per la distribuzione dell’asse ereditario ab intestato (vedi nota 38, nota 39, nota 40, nota 41, nota 42, nota 43, nota 44, nota 45, nota 46, nota 47, nota 48).

137. il Più Grande Nome ¶109

Come è stato spiegato nella nota 33, il Più Grande Nome di Dio può assumere varie forme, tutte basate sulla parola “Bahá”. I Bahá’í in Oriente hanno applicato questa ingiunzione dell’Aqdas aprendo i testamenti con frasi come “O Gloria del Gloriosissimo”, “Nel Nome di Dio, il Gloriosissimo” o “Egli è il Gloriosissimo” e simili.

138. Tutte le Feste hanno conseguito il loro coronamento nelle due Più Grandi Festività e nelle altre due che cadono nelle due giornate gemelle ¶110

Questo passo istituisce quattro grandi festività dell’anno bahá’í. Quelle designate da Bahá’u’lláh le “due Più Grandi Festività” sono, la prima, la Festività di Riḍván, che commemora la Dichiarazione della Missione Profetica di Bahá’u’lláh nel Giardino di Riḍván a Bagdad nel corso di dodici giorni fra aprile e maggio 1863 e da Lui definita la “Regina delle Festività” e, la seconda, la Dichiarazione del Báb che ebbe luogo a Shíráz nel maggio 1844. Il primo, il nono e il dodicesimo giorno della Festività di Riḍván sono Giorni Santi (D&R 1) come il giorno della Dichiarazione del Báb. Le “altre due Feste” sono gli anniversari della nascita di Bahá’u’lláh e di quella del Báb. Nel calendario lunare musulmano esse cadono in due giorni consecutivi, la nascita di Bahá’u’lláh il due del mese di Muḥarram 1233 A.H. (12 novembre 1817) e la nascita del Báb il 1° dello steso mese del 1235 A.H. (20 ottobre 1819). Pertanto esse sono chiamate “Genetliaci gemelli” e Bahá’u’lláh afferma che agli occhi di Dio queste due giornate sono contate come se fossero una sola (D&R 2). Egli afferma che, se cadono durante il mese del digiuno, il comandamento di digiunare non vale quel giorno (D&R 36). Dato che il calendario bahá’í è un calendario solare (vedi nota 26 e nota 147), spetta alla Casa Universale di Giustizia decidere se i Santi Genetliaci Gemelli debbano essere celebrati su base solare o lunare.

139. nel primo giorno del mese di Bahá ¶111

Nel calendario bahá’í il primo mese dell’anno e il primo giorno del mese sono chiamati “Bahá”.

Il giorno di Bahá del mese di Bahá è pertanto il Capodanno bahá’í, Naw-Rúz, che è stato ordinato dal Báb come festività e qui confermato da Bahá’u’lláh (vedi nota 26 e nota 147).

Oltre ai sette Giorni Sacri ordinati in questi passi del Kitáb-i-Aqdas, ai tempi di Bahá’u’lláh si commemorava come Giorno Sacro anche l’Anniversario del Martirio del Báb e, come corollario, ‘Abdu’l-Bahá aggiunse l’osservanza dell’Ascensione di Bahá’u’lláh, per un totale di nove Giorni Sacri. Altri due anniversari che sono osservati, ma durante i quali il lavoro non è sospeso, sono il Giorno del Patto e l’anniversario del Trapasso di ‘Abdu’l-Bahá. Vedi The Bahá’í World, vol. XVIII, sezione sul calendario bahá’í.

140. In verità, la Più Grande Festività è la regina delle Festività ¶112

È un riferimento alla Festività di Riḍván (vedi nota 107 e nota 138).

141. Dio ha precedentemente imposto a ciascuno dei credenti il dovere di offrire dinanzi al Nostro trono preziosissimi doni dai propri possedimenti. Ora... li abbiamo dispensati da questo obbligo. ¶114

Questo passo abroga un provvedimento del Bayán che decretava che tutti gli oggetti unici nel loro genere dovessero essere rimessi a Colui Che Dio manifesterà, quando fosse apparso. Il Báb spiegò che, essendo la Manifestazione di Dio incomparabile, tutte le cose uniche nel loro genere dovevano a buon diritto esserGli riservate, a meno che Egli non avesse decretato altrimenti.

142. all’alba ¶115

Quanto al partecipare alla preghiera all’alba nel Mashriqu’l-Adhkár, la Casa di Culto bahá’í, Bahá’u’lláh ha spiegato che, sebbene l’orario specificato nel Libro di Dio sia “all’alba”, qualsiasi orario è accettabile dai “primi albori del giorno, fra l’alba e l’aurora oppure fino a due ore dopo l’aurora” (D&R 15).

143. Queste Tavole sono abbellite con il suggello di Colui Che fa apparire l’aurora, Che alza la voce fra cieli e terra. ¶117

Bahá’u’lláh afferma ripetutamente l’assoluta integrità dei Suoi Scritti in quanto Parola di Dio. Inoltre alcune delle Sue Tavole portano l’impronta di uno dei Suoi sigilli. The Bahá’í World, vol. V, p. 4, riporta una fotografia di alcuni dei sigilli di Bahá’u’lláh.

144. È inammissibile che un uomo, dotato di ragione, consumi ciò che gliela carpisce. ¶119

Negli Scritti Bahá’í vi sono molti passi che proibiscono l’uso del vino e di altre bevande inebrianti e che ne descrivono gli effetti deleteri sull’individuo. In una delle Sue Tavole, Bahá’u’lláh afferma: Attenti a non barattare il Vino di Dio con il vostro, perché esso intontisce la mente e distoglie i visi dal Sembiante di Dio, il Gloriosissimo, l’Impareggiabile, l’Inaccessibile. Non accostatevi ad esso, poiché vi è stato proibito per decreto di Dio, l’Eccelso, l’Onnipotente.

‘Abdu’l-Bahá spiega che l’Aqdas proibisce “bevande leggere e forti” e afferma che la ragione per cui le bevande alcoliche sono state proibite è che “l’alcool travia la mente ed è causa di indebolimento del corpo”.

Shoghi Effendi, in alcune lettere scritte a suo nome, afferma che questa proibizione include il consumo non solo del vino ma di “tutto ciò che sconvolge la mente” e spiega che l’uso dell’alcool è permesso solo quando faccia parte di un trattamento medico somministrato “per consiglio di un medico competente e coscienzioso, che potrebbe doverlo prescrivere per curare una particolare malattia”.

145. volgete il viso verso Colui Che Dio ha designato, Colui Che è germogliato da questo Antico Ceppo. ¶121

Bahá’u’lláh qui allude al Suo Successore, ‘Abdu’l-Bahá, e invita i credenti a volgersi verso di Lui. Nel Libro del Patto, le Sue Ultime Volontà e Testamento, Bahá’u’lláh spiega il significato di questo versetto. Egli afferma: “L’oggetto di questo sacro versetto non è altri che il Più Possente Ramo”. Il “Più Possente Ramo” è uno dei titoli che Bahá’u’lláh ha conferito ad ‘Abdu’l-Bahá (vedi anche nota 66 e nota 184).

146. Nel Bayán vi è stato proibito di farCi domande. ¶126

Il Báb ha proibito ai Suoi seguaci di fare domande a Colui Che Dio manifesterà (Bahá’u’lláh), a meno che le loro domande non fossero presentate per iscritto e non vertessero su temi degni del Suo eccelso stadio. Vedi Antologia dagli Scritti del Báb.

Bahá’u’lláh abroga questa proibizione del Báb. Egli invita i credenti a “chiedere ciò che...

occorre” loro e li ammonisce ad astenersi dal fare “domande oziose” come quelle che preoccupavano “gli uomini dei tempi andati”.

147. Il numero dei mesi in un anno, stabilito nel Libro di Dio, è diciannove. ¶127

Secondo il calendario badí’, l’anno bahá’í consiste di diciannove mesi di diciannove giorni ciascuno, con l’aggiunta di alcuni giorni intercalari (quattro negli anni ordinari e cinque in quelli bisestili) fra il diciottesimo e il diciannovesimo mese per adattare il calendario all’anno solare. Il Báb diede ai mesi i nomi di alcuni attributi di Dio. Il Capodanno bahá’í, Naw-Rúz, è determinato astro- nomicamente e coincide con l’equinozio di Mirza (vedi nota 26). Per ulteriori dettagli, compresi i nomi dei giorni della settimana e dei mesi, vedi The Bahá’í World, vol. XVIII, sezione sul calendario bahá’í.

148. il primo è stato adornato con questo Nome che prende sotto la sua ombra l’intera creazione ¶127

Nel Bayán Persiano, il Báb conferì il nome “Bahá” al primo mese dell’anno (vedi nota 139).

149. Il Signore ha decretato che i defunti siano sepolti in bare ¶128

Nel Bayán, il Báb prescrisse che i defunti fossero sepolti in bare di cristallo o di pietra levigata.

Shoghi Effendi, in una lettera scritta a suo nome, spiega che il significato di questo provvedimento era di mostrare rispetto verso il corpo umano “un tempo nobilitato dall’immortale anima dell’uomo”.

In breve, la legge bahá’í sulla sepoltura dei defunti afferma che è proibito trasportare il corpo per un viaggio di oltre un’ora dal luogo della morte; che il corpo dev’essere avvolto in un sudario di seta o di cotone e che in un dito dev’essere infilato un anello che porti l’iscrizione: “Sono venuto da Dio e a Lui ritorno, distaccato da tutto tranne Lui, tenendomi stretto al Suo Nome, il Misericordioso, il Compassionevole” e che la bara sia di cristallo, pietra o legno duro di buona qualità. È predisposta una specifica Preghiera per i Defunti (vedi nota 10), da dire prima dell’inumazione. Come ‘Abdu’l-Bahá e il Custode affermano, questa legge preclude la cremazione dei defunti. La preghiera formale e l’anello devono essere usati per coloro che hanno compiuto la maggiore età, cioè i 15 anni (D&R 70).

Quanto al materiale di cui la bara dev’essere fatta, lo spirito della legge è che le bare siano fatte di un materiale quanto più resistente possibile. Quindi la Casa Universale di Giustizia ha spiegato che, oltre ai materiali specificati nell’Aqdas, non ci sono obiezioni all’uso del legno più duro disponibile o del calcestruzzo per la cassa. Per il momento, i Bahá’í sono lasciati liberi di fare le loro scelte a tal proposito.

150. il Punto del Bayán ¶129

“Punto del Bayán” è uno dei titoli con cui il Báb faceva riferimento a Se Stesso.

151. che il defunto sia avvolto in cinque teli di seta o di cotone ¶130

Nel Bayán, il Báb ha specificato che il corpo del defunto sia avvolto in cinque teli di seta o cotone. Bahá’u’lláh conferma questo provvedimento e aggiunge la clausola che per “coloro i cui mezzi sono limitati basterà un unico telo di una di tali stoffe”.

Quando Gli chiesero se i “cinque teli” menzionati nella legge si riferissero a “cinque sudari a tutta lunghezza” o alle “cinque pezze finora abitualmente usate”, Bahá’u’lláh rispose che si intendeva “l’uso di cinque pezzi” (D&R 56).

Quanto al modo in cui il corpo dev’essere avvolto, negli Scritti Bahá’í non si trova nulla che definisca il modo in cui il corpo dev’essere avvolto, né quando si utilizzino “cinque pezzi” né quan- do si utilizzi “un unico telo”. Per il momento, i Bahá’í sono lasciati liberi di usare il loro giudizio a tal proposito.

152. Vi è proibito trasportare la salma del defunto a una distanza superiore a un viaggio di un’ora dalla città ¶130

L’intenzione di questo comandamento è di limitare la durata del viaggio a un’ora di tempo, indipendentemente dal mezzo di trasporto scelto per trasferire la salma fino alla tomba. Bahá’u’lláh afferma che quanto prima il funerale avviene “tanto più la cosa è appropriata e bene accetta” (D&R 16).

Si può intendere che il luogo della morte comprenda la città o cittadina dove la persona decede e perciò l’ora di viaggio può essere calcolata dai confini della città al luogo della sepoltura. Lo spirito della legge di Bahá’u’lláh è che il defunto sia sepolto vicino al luogo del decesso.

153. Dio ha rimosso le restrizioni sui viaggi che erano state imposte nel Bayán. ¶131

Il Báb aveva decretato alcune restrizioni sui viaggi che dovevano rimanere in vigore fino all’avvento del Promesso del Bayán, momento in cui i credenti erano sollecitati a partire, anche a piedi, per incontrarLo, poiché il conseguimento della Sua presenza era il frutto e lo scopo della loro stessa esistenza.

154. Ridate lustro alle Due Case nei Due Siti Santificati e agli altri luoghi nei quali è stato insediato il trono del vostro Signore e magnificateli... ¶133

Bahá’u’lláh identifica le “due Case” come la Sua Casa a Bagdad, da Lui chiamata la “Più Grande Casa” e la Casa del Báb a Shíráz, entrambe da Lui ordinate come luoghi di pellegrinaggio (vedi D&R 29, 32 e nota 54).

Shoghi Effendi spiega che “gli altri luoghi nei quali è stato insediato il trono del vostro Signore”

si riferisce ai luoghi dove la Persona della Manifestazione di Dio ha abitato. Bahá’u’lláh afferma che “la gente delle zone dove essi si trovano può decidere di preservare ogni casa” dove Egli abitò, “oppure una sola” (D&R 32). Le istituzioni bahá’í hanno identificato, documentato e, quando è stato possibile, acquistato e restaurato alcuni dei luoghi storici associati alle Due Manifestazioni.

155. Badate che nulla di ciò che è stato registrato nel Libro v’impedisca di dare ascolto a questo che è il Libro Vivente ¶134

Il “Libro” è la registrazione della Parola rivelata dalle Manifestazioni di Dio. “Libro Vivente”

è un riferimento alla Persona della Manifestazione.

Queste parole contengono un’allusione alla frase del Bayán Persiano sul “Libro Vivente”, che il Báb identifica con Colui Che Dio manifesterà. In una Tavola Bahá’u’lláh afferma: “Il Libro di Dio è stato inviato in forma di questo Giovane”.

In questo versetto e poi nel paragrafo 168 dell’Aqdas, Bahá’u’lláh accenna a Se Stesso come “Libro Vivente”. Egli avverte i “seguaci di ogni altra Fede” di non cercare “nei loro Libri Sacri ragioni”

per rifiutare le parole del “Libro Vivente”. Ammonisce la gente di non permettere che ciò che è stato registrato nel “Libro” impedisca loro di riconoscere il Suo Stadio e di attenersi saldamente a ciò che si trova in questa nuova Rivelazione.

156. omaggio a questa Rivelazione, dalla Penna di Colui Che fu il Mio Araldo ¶135

L’“omaggio” che Bahá’u’lláh cita in questo passo è nel Bayán Arabo.

157. “In verità, la Qiblih è Colui Che Dio manifesterà; dovunque Egli Si muova, essa si muove, finché Egli non giungerà al riposo”. ¶137

Per una discussione di questo versetto vedi nota 7 e nota 8.

158. È illecito congiungersi in matrimonio con chi non sia credente nel Bayán. Se una sola delle due parti abbraccia questa Causa, i suoi possedimenti diventano illeciti all’altra ¶139

Il passo del Bayán che Bahá’u’lláh qui cita attira l’attenzione dei credenti sull’imminenza della venuta di “Colui Che Dio manifesterà”. La proibizione di sposare un non Bábí e il provvedimento in base al quale le proprietà di chi, marito o moglie, abbia abbracciato la Fede non possano passare legalmente al coniuge non Bábí sono stati esplicitamente tenuti in sospeso dal Báb e successivamente abrogati da Bahá’u’lláh prima che potessero essere messi in atto. Bahá’u’lláh nel citare questa legge fa notare che, rivelandola, il Báb aveva chiaramente previsto che la Causa di Bahá’u’lláh sarebbe giunta alla notorietà prima di quella del Báb Stesso.

In Dio passa nel mondo Shoghi Effendi fa notare che il Bayán “deve essere considerato principalmente un inno al Promesso piuttosto che un codice di leggi e ordinanze destinato a essere una guida permanente per future generazioni”. “Volutamente severo nelle leggi e nelle regole che imponeva”

egli prosegue “rivoluzionario nei principi che istillava, designato a risvegliare da un millenario torpore il clero e il popolo e a infliggere un colpo repentino e mortale a istituzioni corrotte e invecchiate, esso proclamò, con le sue drastiche leggi, l’avvento del Giorno atteso, il Giorno in cui "il Chiamante chiamerà per una dura bisogna", in cui "abbatterà qualsiasi cosa vi sia stata prima di Lui, come l’Apostolo di Dio ha abbattuto gli usi di coloro che L’anno preceduto” (vedi anche nota 109).

159. Il Punto del Bayán ¶140
Uno dei titoli del Báb.
160. In verità, non v’è altro Dio che Me ¶143

Gli Scritti Bahá’í contengono molti passi che illustrano la natura della Manifestazione e il Suo rapporto con Dio. Bahá’u’lláh evidenzia l’unicità e la trascendenza della Divinità. Egli spiega che “siccome non può esservi nessun legame di diretta comunicazione per unire l’unico vero Iddio alla Sua creazione” Dio ordina che “in ogni epoca ed in ogni dispensazione un’anima pura e senza macchia si manifesti nei regni della terra e del cielo”. Questo “Essere... misterioso ed etereo”, la Manifestazione di Dio, ha una natura umana che appartiene al “mondo della materia” e una natura spirituale “nata dalla sostanza di Dio Stesso”. Egli è anche dotato di “un doppio stadio”: Il primo stadio relativo alla Sua intima realtà Lo rappresenta come Uno la Cui voce è la voce di Dio Stesso... Il secondo stadio è quello umano, illustrato dai seguenti versetti: “Io non sono che un uomo come voi”. “Dì: Lode al mio Signore! Sono Io, un apostolo, più di un uomo?”

Bahá’u’lláh afferma anche che, nel regno dello spirito, v’è un’“essenziale unità” fra tutte le Manifestazioni di Dio. Tutte loro rivelano la “Bellezza di Dio”, manifestano i Suoi nomi e attributi e proferiscono la Sua Rivelazione. A questo proposito, afferma: Se una delle Manifestazioni universali di Dio dichiarasse: “Sono Dio”, direbbe esattamente la verità senza dare adito a dubbi. Poiché è stato ripetutamente dimostrato che con la loro Rivelazione, i loro attributi e nomi, appaiono nel mondo la Rivelazione, il nome e gli attributi di Dio.

Mentre le Manifestazioni rivelano i nomi e gli attributi di Dio e sono gli strumenti attraverso i quali l’umanità ha accesso alla conoscenza di Dio e della Sua Rivelazione, Shoghi Effendi afferma che le Manifestazioni non sono da “identificarsi... come quella invisibile Realtà, l’Essenza stessa della Divinità”. A proposito di Bahá’u’lláh, il Custode scrisse che il “tempio umano fatto veicolo di una Rivelazione così formidabile” non dev’essere identificato con la “Realtà” di Dio.

Quanto all’unicità dello stadio di Bahá’u’lláh e alla grandezza della Sua Rivelazione, Shoghi Effendi afferma che le frasi profetiche sul “Giorno di Dio” che si trovano nelle Sacre Scritture delle Dispensazioni del passato sono adempiute dall’avvento di Bahá’u’lláh: Per Israele Egli era nientemeno che l’incarnazione del “Padre Eterno”, il “Signore degli Eserciti”

sceso “con diecimila santi”, per la Cristianità Cristo ritornato “nella gloria del Padre”, per l’Islam sciita il ritorno dell’Imám Ḥusayn, per l’Islam sunnita la discesa dello “Spirito di Dio” (Gesù Cristo), per gli Zoroastriani il promesso Sháh-Bahrám, per gli Indù la reincarnazione di Krishna, per i Buddhisti il quinto Buddha.

Bahá’u’lláh descrive lo stadio della “Divinità” che Egli condivide con tutte le Manifestazioni di Dio come ... lo stadio del morire a se stessi e del vivere in Dio. Divinità, ogni qual volta la menziono, significa la mia completa e assoluta rinunzia. È lo stadio in cui non ho controllo né sulla mia felicità, né sulla mia sventura, né sulla mia vita, né sulla mia resurrezione.

E quanto al Suo rapporto con Dio attesta: Quando contemplo, o mio Dio, la relazione che mi lega a Te, sono spinto a proclamare a tutte le cose create “in verità Io sono Dio”; e quando considero il mio essere, ecco, lo trovo più grezzo della creta!

161. il pagamento dello Zakát ¶146

Lo Zakát è menzionato nel Corano come una regolare beneficenza vincolante per i Musulmani.

Nel corso del tempo il concetto si trasformò in una forma di decima che imponeva l’obbligo di versare, per l’assistenza dei poveri, per vari scopi benefici e per aiutare la Fede di Dio, una parte fissa di certe categorie di reddito, oltre determinati limiti. Il limite dell’esenzione, così come la percentuale da pagare sulla parte tassabile, variavano per differenti articoli.

Bahá’u’lláh afferma che la legge bahá’í dello Zakát segue “ciò che è stato rivelato nel Corano”

(D&R 107). La Casa Universale di Giustizia dovrà spiegare in futuro alcuni punti, come i limiti delle esenzioni, le categorie di reddito interessate, la frequenza dei pagamenti e la scala dei tassi per le varie categorie di Zakát, che non sono menzionati nel Corano. Shoghi Effendi ha indicato che in attesa di tale legislazione i credenti devono contribuire regolarmente al Fondo Bahá’í secondo i mezzi e le possibilità.

162. È illecito mendicare e proibito dare al mendicante. ¶147

In una Tavola ‘Abdu’l-Bahá spiega il significato di questo versetto. Egli afferma che la “mendicità è proibita e che è proibito anche dare l’elemosina a chi fa il mendicante di mestiere”.

Nella medesima Tavola rileva inoltre: “Lo scopo è quello di estirpare del tutto la mendicità. Ma se una persona non è in grado di guadagnarsi da vivere, versa in grande miseria o diventa incapace, allora i benestanti o i Rappresentanti hanno il dovere di fornirgli un appannaggio mensile per la sussistenza... Per "Rappresentanti" s’intendono i rappresentanti del popolo, vale a dire i membri della Casa di Giustizia”.

La proibizione di dare l’elemosina ai mendicanti non impedisce che individui e Assemblee Spirituali estendano assistenza economica ai poveri e ai bisognosi o diano loro la possibilità di acquisire talenti che permettano loro di guadagnarsi da vivere (vedi nota 56).

163. Una multa... era stata precedentemente prescritta... per chiunque sia stato causa di tristezza per un altro ¶148

Bahá’u’lláh abroga la legge del Bayán Persiano sul pagamento di una multa di riparazione per aver causato tristezza al prossimo.

164. il sacro Albero di Loto ¶148

“Sacro Albero di Loto” è un accenno al Sadratu’l-Muntahá, l’“Albero oltre il quale non si passa” (vedi nota 128). È qui usato simbolicamente per indicare Bahá’u’lláh.

165. Recitate i versetti di Dio ogni mattina e sera. ¶149

Bahá’u’lláh afferma che il “requisito” essenziale per la recitazione dei “versetti di Dio” è “la brama e l’amore” del credente di “leggere la Parola di Dio” (D&R 68).

Quanto alla definizione di “versetti di Dio”, Bahá’u’lláh afferma che significa “tutto ciò che è stato inviato dal Firmamento dei Detti Divini”. Shoghi Effendi, in una lettera scritta a uno dei credenti orientali, ha spiegato che il termine “versetti di Dio” non include gli scritti di ‘Abdu’l-Bahá; ha indicato inoltre che il termine non è applicabile ai suoi scritti.

166. Vi è stato ingiunto di rinnovare la mobilia delle vostre case ogni qual volta sian trascorsi diciannove anni ¶151

Bahá’u’lláh conferma l’ingiunzione del Bayán Arabo di rinnovare, ogni diciannove anni, la mobilia di casa, a condizione che si sia in grado di farlo. ‘Abdu’l-Bahá collega questa ordinanza con la promozione della raffinatezza e della pulizia. Egli spiega che lo scopo della legge è di far cambia- re i mobili che siano diventati vecchi, che abbiano perso lustro e suscitino ripugnanza. La legge non vale per cose come oggetti rari o preziosi, antichità o gioielleria.

167. Lavatevi i piedi ¶152

Nel Kitáb-i-Aqdas i credenti sono sollecitati a fare il bagno regolarmente, a indossare abiti puliti e in genere a essere l’essenza della pulizia e della raffinatezza. La Sinossi e Codificazione, sezione IV.D.3.y.i.-vii., sintetizza i provvedimenti relativi. Quanto a lavarsi i piedi, Bahá’u’lláh afferma che è preferibile usare acqua tiepida; ma è permesso lavarli anche con acqua fredda (D&R 97).

168. Vi è stato proibito di servirvi di pulpiti. Chi desideri recitare per voi i versetti del suo Signore sieda su una sedia posta su una predella ¶154

I precedenti di questi provvedimenti si trovano nel Bayán Persiano. Il Báb ha proibito di usare pulpiti per la pronuncia di sermoni e la lettura dei Testi. Egli ha specificato invece che per permettere a tutti di udire chiaramente la Parola di Dio si doveva sistemare la sedia dell’oratore su una piattaforma.

Commentando questa legge, ‘Abdu’l-Bahá e Shoghi Effendi hanno spiegato che nel Mashriqu’l-Adhkár (dove è proibito tenere sermoni e possono essere lette solo le parole delle Sacre Scritture) il lettore può stare in piedi o seduto e, all’occorrenza, per farsi sentire meglio può usare una bassa piattaforma mobile, ma che i pulpiti non sono ammessi. In caso di riunioni in luoghi diversi dai Mashriqu’l-Adhkár è anche permesso che il lettore o l’oratore, stando seduto o in piedi, si serva di una piattaforma. In una delle Sue Tavole, ribadendo la proibizione di usare pulpiti in qualunque luogo, ‘Abdu’l-Bahá ha sottolineato che quando i Bahá’í pronunciano un discorso durante una riunione, devono farlo in atteggiamento di massima umiltà e abnegazione.

169. gioco d’azzardo ¶155

Le attività incluse in questa proibizione non sono state descritte negli Scritti di Bahá’u’lláh.

Come sia ‘Abdu’l-Bahá sia Shoghi Effendi hanno indicato, spetta alla Casa Universale di Giustizia specificarne i dettagli. A chi chiedeva se lotterie, scommesse su cose come corse di cavalli e partite di calcio, la tombola eccetera, rientrino sotto la proibizione del gioco d’azzardo, la Casa Universale di Giustizia ha indicato che i dettagli della questione saranno esaminati in futuro. Nel frattempo, le Assemblee e i singoli sono invitati a non farne un problema e a lasciare la decisione alle coscienze degli individui.

La Casa di giustizia ha disposto che non è decoroso incrementare i fondi per la Fede per mezzo di lotterie, sorteggi e giochi d’azzardo.

170. l’uso dell’oppio... alcuna sostanza che induca pigrizia e torpore ¶155

La proibizione dell’uso dell’oppio è ribadita da Bahá’u’lláh nell’ultimo paragrafo del Kitábi-Aqdas.

A questo proposito, Shoghi Effendi afferma che fra i requisiti di una “vita casta e santa” vi è una “completa astinenza... dall’oppio e da analoghe sostanze che diano assuefazione”. Eroina, hashish e altri derivati della cannabis come la marijuana, così come fattori allucinogeni, quali l’LSD, il peyote e simili sostanze, rientrano sotto questa proibizione. ‘Abdu’l-Bahá ha scritto: Per quanto concerne l’oppio, si tratta di cosa abominevole ed esecranda e Dio ci protegga dalla punizione ch’Egli infligge a chi ne usa. Il testo del Libro Santissimo lo proibisce nettamente e ne stigmatizza l’uso, e la ragione dimostra che fumare oppio è una sorta di demenza, mentre l’esperienza è lì ad attestare che coloro che ne fanno uso sono completamente tagliati fuori dal regno umano. Possa Dio proteggere tutti dal perpetrare un’azione tanto orrenda da porre in rovina il fondamento stesso di tutto ciò che è umano e da spodestare per sempre dal suo rango chi la compie. Ché l’oppio si afferra all’anima sì che la coscienza si spegne, si distrugge la mente, vengono corrose le percezioni. Muta il vivente in morto, estingue il naturale fervore: nessun danno può immaginarsi maggiore di quel che l’oppio infligge.

Felici coloro che mai nemmeno l’anno nominato; ma pensa quanto sventurato è chi ne fa uso!

O voi che amate Dio! Per quanto in questo ciclo dell’Onnipotente Iddio violenza e forza, costrizione ed oppressione siano condannate, pure s’impone che si prevenga l’uso dell’oppio con ogni mezzo, sì che per avventura l’umana progenie si salvi da questa che è la più tremenda delle piaghe, altrimenti, calamità e tormento a chi vien meno al suo dovere verso il suo Signore!

In una Tavola ‘Abdu’l-Bahá ha affermato dell’oppio: “tutti, chi ne fa uso, chi lo compra e chi lo vende, sono privati della munificenza e della grazia di Dio”.

In un’altra Tavola ‘Abdu’l-Bahá ha scritto inoltre: Quanto all’hashish, hai detto che alcuni Persiani si sono abituati a farne uso. Benevolo Iddio!

È la peggiore di tutte le sostanze tossiche e la sua proibizione è esplicitamente rivelata.

Il suo uso produce la disintegrazione del pensiero e il completo torpore dell’anima. Com’è possibile che qualcuno cerchi il frutto dell’albero infernale e mangiandone sia portato a incarnare le qualità di un mostro? Com’è possibile che qualcuno usi questa droga proibita e si privi così delle benedizioni del Misericordiosissimo?

L’alcool logora la mente e sospinge l’uomo a commettere atti assurdi, ma quest’oppio, quest’immondo frutto dell’albero infernale, e questo lurido hashish spengono la mente, congelano lo spirito, pietrificano l’anima, devastano il corpo e lasciano l’uomo frustrato e perduto.

Si deve notare che la proibizione or ora citata di assumere certi tipi di droga non ne vieta l’uso quando esso sia prescritto da medici qualificati nel contesto di un trattamento medico.

171. il “mistero del Grande Capovolgimento nel Segno del Sovrano” ¶157

Shaykh Aḥmad-i-Aḥsá’í (1753-1831), fondatore della Scuola Shaykhí, il primo dei “due luminari che precorsero l’avvento della Fede del Báb”, profetizzò che all’apparizione del Promesso tutte le cose sarebbero state capovolte, gli ultimi sarebbero stati i primi, i primi gli ultimi. Bahá’u’lláh menziona in una delle Sue Tavole il “simbolo e [l’] allusione” del “mistero del Grande Capovolgimento nel Segno del Sovrano”. Egli afferma: “Con questo capovolgimento Egli ha umiliato chi era esaltato e esaltato chi era umiliato” e ricorda che “nei giorni di Gesù, coloro che erano illustri per il loro sapere, gli uomini di lettere e di religione Lo negarono, mentre umili pescatori si affrettarono a farsi ammettere nel Regno” (vedi anche nota 172). Per ulteriori informazioni su Shaykh Aḥmad-i-Aḥsá’í vedi Gli Araldi dell’Aurora, capitoli I e X.

172. il “Sei” suscitato in virtù di questa “Eretta Alif” ¶157

Shaykh Aḥmad-i-Aḥsá’í ha dato grande rilievo nei suoi scritti alla lettera araba “Váv”. Negli Araldi dell’Aurora, Nabíl afferma che questa lettera “simboleggiava per il Báb l’avvento di un nuovo ciclo della Rivelazione Divina; ad essa accennò poi Bahá’u’lláh nel "Kitáb-i-Aqdas" in passi come "il mistero del Grande Capovolgimento" e "il Segno del Sovrano"”.

Il nome della lettera “Váv” consiste di tre lettere: Váv, Alif, Váv. Secondo il conteggio abjad, il valore numerico di queste lettere è 6, 1 e 6 rispettivamente. Shoghi Effendi in una lettera scritta a suo nome a un credente orientale, fornisce un’interpretazione di questo versetto dell’Aqdas. Egli afferma che “eretta Alif” si riferisce all’avvento del Báb. La prima lettera che precede l’Alif, che ha un valore di sei, è il simbolo di precedenti Dispensazioni e Manifestazioni anteriori al Báb, mentre la terza lettera, il cui valore numerico è ancora sei, sta per la suprema Rivelazione di Bahá’u’lláh che fu manifestata dopo l’Alif.

173. Vi è stato proibito portare armi a meno che non sia indispensabile ¶159

Bahá’u’lláh conferma un’ingiunzione contenuta nel Bayán secondo la quale è illegale portare armi, a meno che non sia necessario farlo. Quanto alle circostanze nelle quali può essere “indispensabile”

portare armi, ‘Abdu’l-Bahá lo permette ai credenti per scopi di difesa personale in circostanze di pericolo. Shoghi Effendi in una lettera scritta a suo nome ha altresì indicato che, in casi di emergenza, quando non sia disponibile una forza legale alla quale fare appello, i Bahá’í sono giustificati a difendere la propria vita. Vi sono altre situazioni nelle quali le armi sono necessarie e possono essere legittimamente usate; per esempio, nei paesi dove si caccia per procurarsi il cibo e gli indumenti e in certi sport come il tiro con l’arco, il tiro a segno e la scherma.

A livello sociale, il principio della sicurezza collettiva enunciato da Bahá’u’lláh (vedi Spigolature dagli Scritti di Bahá’u’lláh, CXVII) ed elaborato da Shoghi Effendi (vedi le lettere del Custode in L’Ordine Mondiale di Bahá’u’lláh) non presuppone l’abolizione dell’uso della forza, ma prescrive “un sistema nel quale la Forza si faccia serva alla Giustizia” e che prevede l’esistenza di una forza internazionale di pace che “tuteli l’unità organica dell’intera confederazione”. Nella Tavola di Bishárát, Bahá’u’lláh esprime la speranza che “gli strumenti della guerra siano dappertutto trasformati in mezzi di ricostruzione e fra gli uomini ogni lotta e confitto sian rimossi”.

Nella stessa Tavola Bahá’u’lláh sottolinea l’importanza dell’amicizia con i seguaci di tutte le religioni; Egli afferma anche che “la legge della guerra santa è stata cancellata dal Libro”.

174. e permesso di vestirvi di seta ¶159

Secondo l’usanza islamica, in genere era vietato che gli uomini vestissero in seta, fuorché in tempi di guerra santa. Questa proibizione, che non era basata sui versetti del Corano, fu abrogata dal Báb.

175. Il Signore vi ha dispensati... dalle restrizioni che in passato si applicavano agli indumenti e alla foggia della barba. ¶159

Molte regole sugli indumenti ebbero origine dalle leggi e dalle usanze tradizionali delle religioni del mondo. Per esempio, il clero sciita adottò l’uso di speciali copricapi e indumenti e, nel con- tempo, vietò alla gente di usare l’abbigliamento europeo. L’usanza islamica, nel suo desiderio di emulare i costumi del Profeta, introdusse inoltre una serie di restrizioni quanto al taglio dei baffi e alla lunghezza della barba.

Bahá’u’lláh abrogò quelle limitazioni sull’abbigliamento e sulla barba. Egli lascia tali questioni alla “discrezione” personale e nello stesso tempo invita i credenti a non oltrepassare i limiti del decoro e a usare moderazione in tutto ciò che riguarda gli indumenti.

176. O Terra di Káf e di Rá! ¶164

Káf e Rá sono le due prime consonanti di Kirmán, nome di una città e di una provincia dell’Iran.

177. percepiamo ciò che segretamente e furtivamente da te promana. ¶164

Questo passo è un riferimento agli intrighi di un gruppo di Azalí, seguaci di Mirza Yaḥyá (vedi nota 190), associato alla città di Kirmán. Fra di loro vi erano Mullá Ja‘far, suo figlio Shaykh Aḥmad-i-Rúḥí e Mirza Áqá Khán-i-Kirmání (entrambi generi di Mirza Yaḥyá), nonché Mirza Aḥmad-i-Kirmání. Essi non solo cercarono di indebolire la Fede, ma si immischiarono in intrighi politici che culminarono nell’assassinio di Násiri’d-Dín Sháh.

178. Rammentate lo shaykh il cui nome era Muḥammad-Ḥásan ¶166

Shaykh Muḥammad-Ḥásan, uno dei principali esponenti dell’Islam sciita, rifiutò il Báb. Autore di voluminosi scritti di giurisprudenza sciita, si dice sia morto attorno al 1850.

Nabíl descrive negli Araldi dell’Aurora l’incontro avvenuto a Najaf fra Mullá ‘Alíy-iBastámí, una delle Lettere del Vivente, e Shaykh Muḥammad-Ḥásan. Durante quell’incontro, Mullá ‘Alí annunciò la manifestazione del Báb e magnificò la potenza della Sua Rivelazione. Per istigazione dello shaykh, Mullá ‘Alí fu immediatamente dichiarato eretico ed espulso dall’assemblea. Fu processato, trasferito a Istanbul e condannato ai lavori forzati.

179. un setacciatore di grano e orzo ¶166

È un’allusione a Mullá Muḥammad Ja’far Gandum-Pák-Kun, il primo che accettò la Fede del Báb in Iṣfáhán. Egli è menzionato nel Bayán Persiano ed elogiato come uno che “indossò il manto del discepolato”. Negli Araldi dell’Aurora, Nabíl descrive l’incondizionata accettazione del Messaggio da parte del “setacciatore di grano” e la sua fervida difesa della nuova Rivelazione. Unitosi alla schiera dei difensori del Forte di Shaykh Ṭabarsí, egli perì durante l’assedio.

180. Badate che la parola “Profeta” non vi allontani da questo Sommo Annuncio ¶167

Bahá’u’lláh ammonisce gli uomini di “intuito” di non permettere che le loro interpretazioni delle Sacre Scritture impediscano loro di riconoscere la Manifestazione di Dio. I seguaci di tutte le religioni hanno teso a consentire che la devozione al Fondatore li portasse a considerare la Sua Rivelazione come la Parola di Dio definitiva e a negare la possibilità dell’apparizione di un Profeta successivo.

Così è successo nell’Ebraismo, nel Cristianesimo e nell’Islam. Bahá’u’lláh nega la validità del concetto della definitività sia delle Dispensazioni passate sia della Propria. Quanto ai Musulmani, Egli scrive nel Kitáb-i-Íqán che “le genti del Corano... si son fatte offuscare la vista dalle parole "Suggello dei Profeti"”, “hanno lasciato che... [ciò] oscurasse la loro comprensione e li privasse della grazia di tutti i Suoi molteplici doni”. Egli afferma che “questo argomento è stato un’ardua prova per tutta l’umanità” e depreca il destino di coloro che “attaccandosi a queste parole, hanno negato fede a Colui Che ne è il vero Rivelatore”. Il Báb Si riferisce al medesimo tema quando ammonisce: “Non permettete che i nomi vi separino come un velo da Colui Che ne è il Signore, sia pure il nome Profeta, perché quel nome non è altro che una creazione della Sua parola”.

181. qualunque riferimento a “Vicariato” non vi precluda la sovranità di Colui Che è il Vicario di Dio ¶167

La parola qui tradotta “Vicariato” è nell’originale arabo “viláyat”, che ha una serie di significati che comprendono “vicariato”, “custodiato”, “protettorato” e “successione”. È usato in relazione a Dio, alla Sua Manifestazione o a coloro che sono i Successori nominati di una Manifestazione.

In questo versetto dell’Aqdas, Bahá’u’lláh ammonisce di non lasciarsi accecare da simili concetti alla “sovranità” della nuova Manifestazione Divina, il vero “Vicario di Dio”.

182. Rammentate Karím ¶170

Hájí Mirza Karím Khán-i-Kirmání (1810 - circa 1873) fu il sedicente capo della comunità Shaykhí dopo la morte di Siyyid Káẓim, il successore nominato da Shaykh Aḥmad-i-Aḥsá’í (vedi nota 171 e nota 172). Egli si dedicò alla promozione degli insegnamenti di Shaykh Aḥmad. Le opinioni da lui espresse divennero tema di controversia fra sostenitori e oppositori.

Considerato uno dei principali sapienti e dei più prolifici autori dell’epoca, compose numerosi libri ed epistole nei vari campi del sapere coltivati a quei tempi. Si oppose attivamente al Báb e a Bahá’u’lláh e usò i propri trattati per attaccare il Báb e i Suoi insegnamenti. Nel Kitáb-i-Íqán, Bahá’u’lláh condanna il tono e il contenuto dei suoi scritti e per criticarlo sceglie una delle sue opere che contiene accenni negativi nei confronti del Báb. Shoghi Effendi lo descrive come “smodatamente ambizioso e ipocrita” e racconta come “per richiesta speciale dello Scià egli avesse infamemente attaccato in un trattato la nuova Fede e le sue dottrine”.

183. o dotti di Bahá ¶173

Bahá’u’lláh elogia i dotti fra i Suoi seguaci. Nel Libro del Suo Patto, scrisse: “Benedetti i governanti e i dotti fra la gente di Bahá”. Facendo riferimento a questa frase, Shoghi Effendi ha scritto: In questo santo ciclo i “dotti” sono, da un lato, le Mani della Causa di Dio e, dall’altro, gli insegnanti e i propagatori dei Suoi Insegnamenti, che non figurano come Mani, ma che hanno conseguito un posto eminente nel lavoro di insegnamento. Quanto ai “governanti” essi sono i membri delle Case Locali, Nazionali e Internazionale di Giustizia. I compiti di ciascuna di queste anime saranno decisi in futuro.

Le Mani della Causa di Dio furono persone nominate da Bahá’u’lláh e incaricate di vari compiti, specialmente quello di proteggere e propagare la Sua Fede. In Memorials of the Faithful ‘Abdu’l-Bahá menzionò come Mani della Causa altri eminenti credenti e nelle Sue Ultime Volontà e Testamento incluse un provvedimento che invitava il Custode della Fede a nominare Mani della Causa a propria discrezione. Shoghi Effendi dapprima innalzò postumamente alcuni credenti al rango di Mano della Causa e negli ultimi anni della sua vita nominò a tale posizione un totale di 32 credenti di tutti i continenti. Nel periodo fra il trapasso di Shoghi Effendi nel 1957 e l’elezione della Casa Universale di Giustizia nel 1963, le Mani della Causa diressero gli affari della Fede in qualità di Primi Sovrintendenti dell’embrionaria Confederazione di Bahá’u’lláh (vedi nota 67). Nel novembre 1964, la Casa Universale di Giustizia stabilì che non poteva legiferare per rendere possibile la nomina di Mani della Causa. Ma nel 1968, per decisione della Casa di Giustizia, le loro funzioni di protezione e propagazione della Fede furono estese nel futuro con la creazione dei Corpi Continentali dei Consiglieri e nel 1973 con la fondazione del Centro Internazionale per l’Insegnamento, che ha sede in Terra Santa.

La Casa Universale di Giustizia nomina i Consiglieri membri del Centro Internazionale per l’Insegnamento e i Consiglieri Continentali. I Consiglieri Continentali nominano i Membri dei Consigli Ausiliari. Tutti costoro rientrano nella definizione di “dotti” data da Shoghi Effendi nella frase sopra citata.

184. per qualunque cosa non comprendiate nel Libro, rivolgetevi a Colui Che germogliò da questo Ceppo possente ¶174

Bahá’u’lláh investe ‘Abdu’l-Bahá del diritto di interpretare la Sua sacra Scrittura (vedi anche nota 145).

185. la Scuola della Trascendente Unità ¶175

In questo versetto e in quelli immediatamente successivi, Bahá’u’lláh affronta una delle ragioni per cui alcuni dei Bábí respinsero la Sua affermazione di essere il Promesso del Bayán. Questo rifiuto si basava su una Tavola indirizzata dal Báb a “Colui Che Dio manifesterà” dietro la quale il Báb aveva scritto: “Possano gli sguardi di Colui Che Dio manifesterà illuminare questa lettera alla scuola elementare”. Questa Tavola è pubblicata nell’Antologia dagli Scritti del Báb.

Questi Bábí sostenevano che, avendo Bahá’u’lláh due anni più del Báb, era impossibile che avesse ricevuto questa Tavola “alla scuola elementare”.

Bahá’u’lláh qui spiega che il riferimento è a eventi accaduti nei mondi spirituali al di sopra di questo piano dell’esistenza.

186. accettammo i versetti di Dio... che Egli Ci offrì ¶175

Nella Sua Tavola indirizzata a “Colui Che Dio manifesterà”, il Báb definisce il Bayán una Sua offerta a Bahá’u’lláh. Vedi Antologia dagli Scritti del Báb.

187. O gente del Bayán! ¶176
È un riferimento ai seguaci del Báb.

188. le lettere “S”, “I” e “I” fossero congiunte e intrecciate ¶177

Shoghi Effendi, in alcune lettere scritte a suo nome, ha spiegato il significato delle “lettere "S", "I" e "I"”. Esse formano la parola “sii” che, egli afferma, “significa il Potere creativo di Dio Che con il Suo comando porta all’esistenza tutte le cose” e “il potere della Manifestazione di Dio, la Sua grande forza creativa spirituale”.

Nell’originale arabo l’imperativo “sii” è la parola “kun”, formata dalle due lettere “káf” e “nún”. Shoghi Effendi ha tradotto come sopra. La parola “sii” è stata usata nel Corano come l’ingiunzione di Dio che chiama all’esistenza la creazione.

189. questo nuovo Ordine Mondiale ¶181

Nel Bayán Persiano, il Báb scrive: “Beato colui che fissa lo sguardo sull’Ordine di Bahá’u’lláh e rende grazie al suo Signore. Egli sarà infatti sicuramente manifestato. Iddio ha invero così irrevocabilmente preordinato nel Bayán”. Shoghi Effendi identifica questo “Ordine” con il Sistema che Bahá’u’lláh preconizza nell’Aqdas, nel quale Egli attesta la sua azione rivoluzionaria sulla vita dell’umanità e rivela le leggi e i principi che ne governano il funzionamento.

Le caratteristiche del “nuovo Ordine Mondiale” sono descritte nelle Opere di Bahá’u’lláh e di ‘Abdu’l-Bahá e nelle lettere di Shoghi Effendi e della Casa Universale di Giustizia. Le istituzioni dell’attuale Ordine Amministrativo bahá’í, che costituiscono la “base strutturale” dell’Ordine Mondiale di Bahá’u’lláh, matureranno e si evolveranno nella Confederazione Mondiale bahá’í. A questo proposito, Shoghi Effendi afferma che l’Ordine Amministrativo “allorché le sue parti costituenti, le sue organiche istituzioni cominceranno a funzionare con efficacia e vigore - rivendicherà il suo diritto e dimostrerà la sua capacità d’essere considerato non solo il nucleo, ma altresì il vero e proprio modello del Nuovo Ordine Mondiale, destinato ad abbracciare, nella pienezza dei tempi, l’intera umanità”.

Per ulteriori informazioni sull’evoluzione di questo nuovo Ordine Mondiale, vedi, per esempio, le lettere di Shoghi Effendi pubblicate in L’Ordine Mondiale di Bahá’u’lláh.

190. O sorgente di perversione! ¶184

È un riferimento a Mirza Yaḥyá, noto come Ṣubḥ-i-Azal (Mattino dell’Eternità), fratellastro minore di Bahá’u’lláh, che insorse contro di Lui e si oppose alla Sua Causa. Mirza Yaḥyá fu nominato dal Báb a servire in qualità di capo nominale della comunità Bábí in attesa dell’imminente manifestazione del Promesso. Per istigazione di Siyyid Muḥammad-i-Iṣfahání (vedi nota 192), Mirza Yaḥyá tradì la fiducia del Báb, affermò di esserNe il successore e complottò contro Bahá’u’lláh, tentando perfino di farLo assassinare. Quando Bahá’u’lláh gli dichiarò formalmente la Sua Missione in Adrianopoli, Mirza Yaḥyá rispose arrivando al punto di avanzare la pretesa di essere oggetto di una Rivelazione indipendente. Le sue pretese finirono per essere respinte da tutti tranne pochi, che divennero noti come Azalí (vedi nota 177). Shoghi Effendi lo definisce “Arciviolatore del Patto del Báb” (vedi Dio passa nel mondo, capitolo X).

191. ricorda come ti nutrimmo giorno e notte al servizio della Causa ¶184

In Dio passa nel mondo Shoghi Effendi accenna al fatto che Bahá’u’lláh, Che aveva tredici anni più di Mirza Yaḥyá, lo aveva consigliato e aveva vegliato sulla sua prima giovinezza e maturità.

192. Dio Si è impadronito di Colui Che ti ha traviato. ¶184

È un riferimento a Siyyid Muḥammad-i-Iṣfahání, descritto da Shoghi Effendi come l’“Anticristo della Rivelazione Bahá’í”. Uomo dal carattere corrotto e di grande ambizione personale, egli indusse Mirza Yaḥyá a opporsi a Bahá’u’lláh e ad arrogarsi il rango di profeta (vedi nota 190). Benché fosse uno dei seguaci di Mirza Yaḥyá, Siyyid Muḥammad fu esiliato ad ‘Akká con Bahá’u’lláh.

Continuò a sobillare e a complottare contro Bahá’u’lláh. Nel descrivere le circostanze della sua morte, Shoghi Effendi ha scritto in Dio passa nel mondo: Un nuovo pericolo minacciava ora chiaramente la vita di Bahá’u’lláh. Sebbene, in molte occasioni, Egli avesse rigorosamente proibito ai Suoi seguaci, sia verbalmente sia per iscritto, ogni atto di rappresaglia contro i loro tormentatori e avesse anche rimandato a Beirut un irresponsabile Arabo convertito, che meditava di vendicare i torti subiti dal suo Benamato Capo, sette dei compagni cercarono nascostamente e uccisero tre dei loro persecutori, fra i quali vi erano Siyyid Muḥammad e Áqá Ján.

La costernazione che si impossessò della già oppressa comunità fu indescrivibile.

L’indignazione di Bahá’u’lláh non conobbe limiti. Egli così esprime le Sue emozioni, in una Tavola rivelata poco dopo che questo atto era stato commesso: “Dovessimo Noi fare menzione di ciò che Ci è accaduto, i cieli verrebbero squarciati e i monti crollerebbero”. In un’altra circostanza scrisse: “La Mia prigionia non può nuocerMi. Ciò che può nuocerMi è la condotta di coloro che Mi amano, che pretendono di essere congiunti a Me, eppure commettono ciò che fa gemere il Mio cuore e la Mia penna”.

193. Scegliete un’unica lingua... adottate... una scrittura comune. ¶189

Bahá’u’lláh ingiunge l’adozione di una lingua e una scrittura universali. I Suoi Scritti prevedono due stadi in questo processo. Il primo stadio consiste nella scelta di una lingua esistente o inventata che dovrà poi essere insegnata in tutte le scuole del mondo come ausiliaria alla lingua madre.

I governi del mondo attraverso i loro parlamenti sono invitati a porre in atto questa importante decisione.

Il secondo stadio, in un remoto futuro, sarà l’adozione di un’unica lingua e di un’unica scrittura in tutto il mondo.

194. Abbiamo stabilito due segni dell’età della maturità della razza umana ¶189

Il primo segno della maturità della razza umana menzionato negli Scritti di Bahá’u’lláh è la nascita di una scienza descritta come quella “divina filosofia” che includerà la scoperta di un approccio radicale alla trasmutazione degli elementi. È questa un’indicazione degli splendori della futura straordinaria espansione del sapere.

Quanto al “secondo” segno che Bahá’u’lláh indica essere stato rivelato nel Kitáb-i-Aqdas, Shoghi Effendi afferma che Bahá’u’lláh “... nel Suo Libro Più Santo, ha ingiunto la scelta di un unico linguaggio e l’adozione di una scrittura comune che tutti usino sulla terra, un’ingiunzione che messa in atto, sarebbe stata, come Egli afferma in quel Libro, uno dei segni della “maturità della razza umana”.

Un’ulteriore spiegazione del processo della maturità della razza umana e dell’avanzamento verso la maturità è fornita dalla seguente frase di Bahá’u’lláh: Uno dei segni della maturità del mondo è che nessuno accetterà il peso della corona. La corona rimarrà senza che nessuno ne voglia portare da solo il peso. Quello sarà il giorno in cui la saggezza sarà palese fra gli uomini.

Shoghi Effendi associa la maturità della razza umana all’unificazione dell’intera umanità, all’instaurazione di una confederazione mondiale e a uno stimolo senza precedenti della “vita intellettuale, morale e spirituale dell’intera razza umana”.


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