Lumi di Guida Raccolta di riferimenti bahá’í Compilato da Helen Bassett Hornby Casa editrice Bahá'í 2006 © 2006 Casa Editrice Bahá'í - Ariccia Titolo originale: Lights of Guidance 1° edizione italiana 2006 (dall’edizione inglese del 1994) CASA EDITRICE BAHÁ’Í Sede legale: 00197 Roma, Via A. Stoppani, 10 Tel. 06-8079647 Deposito e amm.ne 00040 Ariccia (Roma) - Via Filippo Turati, 9 Tel. 06-9334334 ISBN 88 - 7214 - 109 - 5 INTRODUZIONE La Fede Bahá’í è una religione mondiale indipendente. “Proclama la necessità e l’inevitabilità dell’unificazione del genere umano…Impone inoltre, ai suoi aderenti, il compito principale di ricercare con determinazione la verità, condanna tutti i pregiudizi e le superstizioni, dichiara che lo scopo della religione è la promozione di concordia e amicizia, proclama la sua essenziale armonia con la scienza e la ritiene il fattore preminente della pacificazione e della crescita ordinata dell’umanità. Propugna il principio della parità dei diritti, delle opportunità e dei privilegi fra uomini e donne, sostiene fermamente l’educazione obbligatoria, elimina gli estremi di ricchezza e povertà, abolisce le istituzioni clericali, proibisce la schiavitù, l’ascetismo, il mendicare e il monachesimo, prescrive la monogamia, scoraggia il divorzio, proclama la necessità di una netta obbedienza al proprio governo, esalta qualsiasi tipo di lavoro compiuto in spirito di servizio innalzandolo al rango di culto, sollecita la creazione o la scelta di una lingua internazionale ausiliaria e configura le istituzioni da fondare per mantenere per sempre, la pace dell’umanità.”1 Questo volume contiene lettere delle Personalità centrali della Fede Bahá’í e delle sue istituzioni guida, applicando i principi spirituali della Fede, come espressi nella parola rivelata di Bahá’u’lláh, ai problemi pratici a e ai temi che i singoli credenti e le loro comunità locali devono affrontare. Come Gesù Cristo consigliò ai suoi seguaci di seguire gli insegnamenti di Mosè e Mu?ammad, a Sua volta, quelli di Cristo, la Rivelazione di Bahá’u’lláh ammette di essere la più recente di un’antica serie di religioni. Ognuna delle grandi religioni del mondo ha fatto nascere un sacro corpo di scritti che esprime principi spirituali validi in eterno applicandoli all’epoca e al luogo in cui vive il Messaggero di Dio le cui parole formano la base di quelle sacre scritture. Il Báb (la Porta), anch’Egli Messaggero di Dio, fondò la religione Bábí in Persia nel 1844. L’esemplarità della Sua vita e i Suoi insegnamenti rinvigorirono il popolo con la forza della rivoluzione spirituale. Prima del martirio avvenuto nel 1850, il Báb ordinò ai Suoi seguaci di cercare il Promesso, la cui rivelazione era stata preannunciata dalla religione Bábí. Seguì un periodo di persecuzioni durante il quale più di ventimila Bábí furono torturati ed uccisi per la loro fede incrollabile. Nel 1863, in un giardino vicino a Baghdad, Bahá’u’lláh, (la Gloria di Dio) rivelò a un gruppo di Bábí di essere il Messaggero lungamente atteso. La Fede Bahá’í è la religione fondata sulla rivelazione della parola di Dio da parte di Bahá’u’lláh per questa epoca. Bahá’u’lláh, prima della morte avvenuta nel 1892, nominò il figlio maggiore ‘Abdu’l-Bahá (il Servo della Gloria) affinché con l’esempio e le parole guidasse la comunità bahá’í, autorizzandoLo ad interpretare il testo sacro. ‘Abdu’l-Bahá così fece fino alla morte, avvenuta nel 1921, viaggiando in Africa, in America e in Europa. Le Ultime Volontà e il Testamento di ‘Abdu’l-Bahá designarono Suo nipote, Shoghi Effendi Rabbani, Custode della Causa e interprete autorizzato della Rivelazione di Bahá’u’lláh. Durante la sua vita, la Fede crebbe rapidamente e furono fondate comunità in tutto il mondo. Shoghi Effendi Rabbani guidò lo sviluppo delle istituzioni locali, nazionali e internazionali previste da Bahá’u’lláh nei Suoi insegnamenti; ciò consentì alle comunità bahá’í di essere alimentate nella loro diversità e nelle strutture adatte a promuovere l’unità. Pochi anni dopo la sua morte, la struttura amministrativa promossa con tanto amore da Shoghi Effendi Rabbani, sbocciò con l’elezione della prima Casa Universale di Giustizia, un’ istituzione ordinata dalla Rivelazione di Bahá’u’lláh. “La Casa Universale di Giustizia è la suprema istituzione governativa della Fede Bahá’í. Viene eletta ogni cinque anni durante una convenzione internazionale ed è la guida spirituale della comunità mondiale bahá’í, che conta nel 1993 più di 5 milioni di aderenti, dirigendone le attività amministrative.”2 Dawn K. Smith PREFAZIONE ALL’EDIZIONE DEL 1983 Questa compilazione vuole essere una guida rapida per le istituzioni, i pionieri, gli insegnanti, ecc. La maggior parte del materiale citato è tratta da originali o fotocopie di lettere del diletto Custode Shoghi Effendi e della Casa Universale di Giustizia e, in minor misura, da discorsi e Tavole delle tre Figure Centrali della Fede. Tutte le lettere o le citazioni tratte da “Bahá’í News” e da giornali e bollettini sono state autenticate o controllate con trascrizioni del Centro Mondiale o di vari Archivi Nazionali. Nei pochi casi in cui non si è trovato altro riferimento che nelle pubblicazioni, è stato concesso il permesso d’usarle fino al momento in cui si troverà l’originale della lettera o della citazione e, se necessario, non si apportino le dovute correzioni. Discordanze apparenti nelle annotazioni delle fonti sono dovute al fatto d’avere ricevuto dal Centro Mondiale diverse trascrizioni controllate. Le trascrizioni contenevano spesso correzioni del materiale già pubblicato e, qualche volta, una parte più lunga dello stesso libro, con il suggerimento per il compilatore di citare a suo piacere - per amore di chiarezza - l’intera lettera o un solo paragrafo. Poiché un certo numero di compilazioni della Casa Universale di Giustizia o del suo Dipartimento delle Ricerche sono state pubblicate dalle varie Case Editrici successivamente alla prima bozza di questa Compilazione, non sempre si sarebbe potuto citare la fonte. In ogni modo, tenuto conto che molti amici non avrebbero avuto accesso agli originali delle compilazioni o delle lettere, ho fatto un passo indietro, ho trovato le diverse citazioni ed ho inserito i riferimenti dalle fonti disponibili già pubblicate. Il lettore inesperto può anche trovare discordanze nell’ortografia e nei segni diacritici contenuti nella compilazione. In armonia con i modelli stabiliti dalla Casa Universale di Giustizia, non mi sembra di essermi presa alcuna libertà con le lettere scritte del Custode o a suo nome, né con i discorsi e le Tavole delle Tre Figure Centrali della Fede. Non mi sono scostata minimamente da quei modelli e solo in due o tre casi di evidenti errori ho inserito in parentesi la corretta ortografia. Desidero umilmente esprimere i miei sinceri ringraziamenti e i sensi della mia gratitudine alla Casa Universale di Giustizia e al Dipartimento di Segreteria per la guida, l’aiuto, lo stimolo e l’incoraggiamento che mi hanno fornito, la speranza ed il necessario coraggio per osare di pensare di portare a termine questa compilazione nel periodo più critico della mia vita, e per la gentilezza e la sollecitudine nello spedirmi innumerevoli trascrizioni, per verificare e autenticare materiale che non poteva essere reperito in altro luogo; ai Consiglieri dell’America meridionale (prima della formazione del Corpo Continentale dei Consiglieri per le Americhe) per il loro stimolante favore e assistenza nel corso degli anni, per l’amorevole e infinita pazienza e per aver condiviso con me tutto il materiale relativo a questo progetto. Speciali ringraziamenti vanno all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’Ecuador per il suo incessante aiuto, illimitato amore, comprensione ed assistenza senza i quali questo lavoro non avrebbe potuto essere realizzato. Sarebbe necessario un libro per citare i nomi di tutti gli amici che così gentilmente mi hanno aiutato o hanno contribuito in qualche modo al compimento di quest’opera. Un grato riconoscimento ad ognuno di voi, ovunque siate! Particolare gratitudine va agli amici di Ann Arbor e Ypsilanti (Michigan) per aver sacrificato tanto del loro tempo e delle loro energie, spesso dopo lunghe ore di studio e di lavoro, per aiutarmi a portare a termine questo progetto. Senza il loro aiuto sarebbero occorsi diversi mesi in più per completarlo. Talvolta si desidera avere il linguaggio spirituale di un altro piano per esprimere le proprie profonde emozioni. Io lo vorrei ora perché nutro un forte desiderio di esprimere il mio amore ed il mio ringraziamento al Dr. Rahmatu’lláh Muhájir, Mano della Causa di Dio, per la sua stimolante fiducia e il suo aiuto, nonché per la revisione di questa compilazione proprio la notte precedente al suo trapasso. Molti mi hanno chiesto com’è nata ed è iniziata la compilazione: l’amore per le lettere del Custode mi ha spinto a raccoglierle da vecchi Bahá’í News, riviste e bollettini, quando ero una bahá’í appena dichiarata. Poi, durante il Piano Novennale, chiesi di fare alcuni viaggi internazionali d’insegnamento e mi resi conto che gli amici si aspettano che questi insegnanti sappiano un po’ di tutto. Questo è stato l’incentivo che mi ha spinto a riunire quelle preziose “lettere soccorritrici”, che allora pensavo perdute e accatastate in polverose riviste e bollettini, per usarle proprio in quei viaggi. Successivamente un amico persiano, Consigliere?, venne a farmi visita e vide quella che era allora una piccola compilazione. Sarebbe interessante poter riferire le sue esatte parole, ma in sostanza affermò che “i Bahá’í non devono essere egoisti, e quando qualcuno fa una cosa come questa deve condividerla con gli altri, ché non è più sua.” Ora, amici, è vostra! Prefazione all’edizione rivista del 1988 Nell’aggiornare questa opera di consultazione si è cercato di fornire un numero considerevole di Tavole e lettere rivedute e tradotte nuovamente, che risulterà di grande valore per coloro che non hanno molto tempo per compiere delle ricerche e per coloro che, quando necessario, non hanno a disposizione materiale sufficiente. Considerando che i Testi Sacri comprendono più di cento volumi e Tavole di Bahá’u’lláh, il Profeta Fondatore della Fede e che a questa Rivelazione si deve aggiungere l’imponente mole degli scritti e delle interpretazioni di ‘Abdu’l-Bahá e Shoghi Effendi così come particolari messaggi e lettere della Casa Universale di Giustizia, si può facilmente comprendere come sia praticamente impossibile contenere in un libro una tale messe di istruzioni e di guida. Si è compiuto quindi un tentativo di raccogliere da quelle fonti principali, citazioni sui temi di più frequente consultazione nelle Istituzioni, fra i pionieri, insegnanti viaggianti e singoli bahá’í. Questa è un opera di consultazione e non un tentativo di fornire una disamina completa di ogni soggetto menzionato. Indicherà al lettore che il tema è stato trattato e che potrà ottenere maggiori delucidazioni rivolgendosi alle istituzioni. Ancora una volta, amici, la compilazione è vostra! Helen Bassett Hornby, compilatrice RINGRAZIAMENTI Desidero esprimere la mia sincera riconoscenza ai tanti meravigliosi amici bahá’í e non bahá’í di ogni parte del mondo per il loro incoraggiamento e le belle espressioni di gratitudine per Lumi di Guida. Un ringraziamento molto particolare a coloro che hanno fatto un’analisi critica e favorevole del lavoro, risultata molto vantaggiosa a me, ed io spero che tale beneficio si rifletterà in questa edizione riveduta. Altri ringraziamenti alle varie istituzioni della Fede per la cooperazione fornitami; alla validissima e stimata Sig.ra Mercedes Buckingham P. che ha provveduto agli indici analitici di entrambe le edizioni; al Sig. Frederick McClusky che ha dato il suo contributo a questa edizione assumendosi il compito dell’indice generale; a quelle stelle serve di Bahá’u’lláh, Sig.ra Helen McClusky, Sig.ra Mary Wolters e Sig.ra Emma Hayden, che mi hanno incoraggiato ed assistito in tanti modi che sarebbe troppo lungo riferirlo in queste righe; e infine alla comunità bahá’í di Ann Arbor e alla Scuola bahá’í Louhelen. Per me, inoltre, rappresenta una ricompensa e un privilegio ringraziare gli studenti della prima classe del Louhelen Residential College di Davison (Michigan) che, nei loro momenti liberi, hanno messo insieme alcuni capitoli di Lumi di Guida come parte della loro attività extrascolastica di fine settimana, nonché ai partecipanti di una classe di studio del libro durante la Settimana del Raduno nel settembre 1987, che hanno raccolto vari argomenti riguardanti il capitolo delle Leggi. Sono certa che i coniugi Albert e Patti Fink, già residenti a Ann Arbor (Michigan), sono consapevoli che non potrò mai dimenticare l’inestimabile servizio da loro reso nel corso degli anni aiutandomi in tutti i modi a terminare questo lavoro e darlo alle stampe. Per ultimo, ma sicuramente non meno importante, la mia gratitudine e il mio ringraziamento vanno a mio marito Charles Hornby per l’assistenza datami con una grande mole di ricerche e montaggi di testi, per avermi riempita di vitamine per mantenermi in buona salute e infine per la responsabilità assunta in relazione agli innumerevoli compiti da eseguire quotidianamente. A tutti voi ancora un grazie per avermi aiutata a servire la Sua Causa. HBH 1988 IN MEMORIA Helen Bassett Hornby, compilatrice/autrice di quest’opera monumentale, morì il 17 ottobre 1993. Ci auguriamo che questa edizione di Lumi di Guida del 1994 rifletta ancora di più il suo anelito all’eccellenza e alla perfezione, testimoniate per lei dalle pubblicazioni e dalla guida della Casa Universale di Giustizia. Gli Editori Lettera della Casa Universale di Giustizia, trasmessa via fax, e datata 20 ottobre 1993 Assemblea Spirituale Nazionale Dei Bahá’í degli Stati Uniti I nostri cuori sono rattristati dalla notizia del trapasso di Helen Hornby, risoluta e valorosa sostenitrice della Fede di Bahá’u’lláh. Le sue attività di insegnamento e pionierismo durate quasi trent’anni, hanno lasciato nelle Americhe tracce indelebili; la buona riuscita della preparazione di un’ampia compilazione su tematiche bahá’í è stata un’impresa suprema. Preghiamo alle Sacre Tombe che la sua nobile anima possa essere riccamente ricompensata nel Regno di Abhá. Estendete gentilmente, i segni del nostro affetto alla sua cara famiglia, Casa Universale di Giustizia c.c. Assemblea Spirituale Nazionale dell’Ecuador “….È chiaro che la vita in questo evanescente mondo è fugace e incostante come il vento del mattino ed essendo così, quanto sono fortunati i grandi che dietro di sé lasciano un buon nome e il ricordo di un’esistenza spesa sul sentiero del compiacimento divino. È la stessa cosa, sia trono O nuda terra sotto l’aperto cielo, Ove l’anima pura lo deponga Per morire.” (‘Abdu’l-Bahá, Il Segreto della Civiltà Divina, p. 48) INDICE I. ORDINE AMMINISTRATIVO A. Ordine amministrativo 1. Stabilito per la prima volta in America - Non è un prodotto americano 2. Non può essere identificato con i principi delle odierne democrazie B. Amministrazione Bahá’í 3. Strumento ideale per far funzionare correttamente le leggi spirituali 4. Scopo dell’Amministrazione 5. L’Ordine sociale di Bahá’u’lláh 6. Relazione della Causa con l’Amministrazione C. Assemblee Spirituali Locali Bahá’í 7. Le Assemblee sono state ordinate da Bahá’u’lláh 8. Istituita in ogni città - Nove (numero di Bahá) membri 9. Scopo delle Assemblee Spirituali 10. Il loro Difensore è ‘Abdu’l-Bahá 11. Assemblee chiamate in modo diverso in futuro 12. L’Assemblea opera ai primi livelli della società umana 13. Consolidamento delle Assemblee Spirituali Locali - Centri d’energia delle comunità 14. Scopo principale è promuovere il lavoro d’insegnamento 15. Aree sotto la giurisdizione delle Assemblee Spirituali Locali - L’Assem-blea Spirituale Nazionale deve studiare (l’argomento) 16. Assemblee Spirituali Locali - create da Bahá’u’lláh nel Kitáb-i-Aqdas D. Formazione delle Assemblee Spirituali Locali 17. Formazione delle Assemblee Spirituali Locali - Obbligo di formarle 18. Una Comunità di nove credenti adulti deve formare l’assemblea per dichiarazione congiunta 19. Il dovere di ogni Bahá’í di prender parte alla dichiarazione congiunta. 20. Il credente deve essere “residente” per partecipare alla formazione di un’Assemblea Spirituale - Casi eccezionali 21. Riformazione per elezione o dichiarazione congiunta - Il rifiuto di un credente a partecipare non impedisce la riformazione dell’Assemblea 22. Casi in cui un’Assemblea non deve essere considerata immediatamente caduta 23. Membri di Assemblee disciolte - Da notificarsi alla segreteria nazionale 24. Modifiche nella giurisdizione dell’Assemblea Spirituale - Secondo le modificazioni delle unità civili 25. In prigione non si possono formare Assemblee 26. Qualifiche dei membri dell’Assemblea soggetti alle umane limitazioni 27. Le qualifiche descritte sono applicabili a chiunque venga eletto 28. Membri del Consigli Ausiliario - Eleggibilità 29. I Membri del Consiglio Ausiliario possono servire temporaneamente in Assemblea 30. Le elezioni annuali danno l’opportunità di porre rimedio ai difetti dell’Assemblea 31. Assenza di candidatura nelle elezioni bahá’í - Una caratteristica distintiva 32. Le procedure elettorali bahá’í sviluppano il senso di responsabilità 33. Libertà di scelta dei credenti - Dovrebbero essere i migliori e più svariati elementi 34. I credenti devono diventare elettori intelligenti, bene informati e responsabili 35. La propaganda elettorale è deprecata 36. Riferimento a persone prima delle elezioni 37. Evitare intrighi 38. Giorno delle elezioni 39. Preghiere e riflessioni prima di votare 40. Procedura per votare per posta 41. Nessun quorum è richiesto per l’elezione di un’Assemblea 42. Elezioni bahá’í di Assemblee Locali - Non più né meno di nove voti 43. Il credente può votare per se stesso 44. Il voto è segreto 45. Scrutinio segreto 46. I risultati delle elezioni devono essere accettati 47. Parità di voti 48. Se un credente si ritira - e dopo è eletto nell’Assemblea Spirituale 49. Migrazioni di massa 50. Casi particolari che impediscono l’elezione della Assemblea al Ri?ván 51. Nel corso dell’anno si devono guidare i credenti verso le corrette procedure amministrative E. Convenzioni Annuali 52. Le funzioni della Convenzione Nazionale 53. Elezione dei delegati alle Convenzioni Nazionali 54. L’area di giurisdizione dell’Assemblea non dev’essere suddivisa in distretti elettorali 55. Delegati assegnati in proporzione alla forza numerica 56. L’inattività non giustifica la cancellazione del nome dalla lista dei votanti 57. Sostituzione di delegati 58. L’Assemblea Spirituale Nazionale stabilisce il momento opportuno in cui tenere le Convenzioni di area 59. Consultazione fra i delegati e l’Assemblea Spirituale Nazionale 60. Posizione dei membri dell’Assemblea Spirituale Nazionale alla Convenzione Nazionale 61. È preferibile che i delegati siano presenti alla Convenzione 62. Se un delegato non può pagarsi le spese 63. Nuova linfa accresce l’energia del gruppo 64. Elezioni di nuovi membri d’Assemblea Spirituale Nazionale - Dovere degli amici di familiarizzare con gli altri credenti 65. Consultazione fra i delegati di una regione prima della Convenzione - Nessuna obiezione, se i Bahá’í sono abbastanza maturi 66. L’Assemblea Spirituale Nazionale presenzia alla Convenzione Nazionale quale Istituzione 67. Alla Convenzione Nazionale possono votare solo i delegati 68. Ogni elettore deve votare per le nove persone più adatte - Non tradire la sacra fiducia 69. La Convenzione Nazionale dev’essere convocata durante il Ri?ván 70. L’elezione dell’Assemblea Spirituale Nazionale deve essere tenuta a metà della Convenzione 71. La Conferenza Nazionale d’Insegnamento e la Convenzione Nazionale non devono svolgersi nello stesso momento 72. Il verbale delle presenze dei membri dell’Assemblea Nazionale può essere messo a disposizione dei delegati alla Convenzione Nazionale 73. Durante la Convenzione Nazionale i seminari non sono adatti 74. I delegati hanno specifici doveri amministrativi 75. Ai non delegati può essere permesso di parlare in Convenzione - Ma di questo permesso non si deve abusare 76. Membri del Consiglio Ausiliario presenti alla Convenzione Nazionale 77. È desiderabile che i Membri del Consiglio Ausiliario siano lasciati liberi da doveri amministrativi 78. Partecipazione di Mani della Causa e di Consiglieri alla Convenzione 79. I Consiglieri non sono eleggibili come membri di Istituzioni Amministrative F. Istruzioni agli scrutatori, priorità delle minoranze, approvazione dell’Assemblea uscente 80. Occorre dare le opportune istruzioni agli scrutatori - Registrazione di nomi identici 81. Procedura della Convenzione a proposito del rapporto degli scrutatori 82. In determinate condizioni si possono annullare uno o più nomi 83. Senza dubbio bisogna accordare la priorità alla minoranza. 84. La definizione di minoranza e di maggioranza rientra nel potere discrezionale dell’Assemblea Spirituale Nazionale 85. Accettazione dei risultati da parte dell’Assemblea Nazionale ed istruzioni sulla nuova votazione 86. Nelle successive votazioni prendere in considerazione solo i nomi degli ex equo 87. Come comunicare la parità di voti 88. In primo luogo, la nuova Assemblea deve prendere in considerazione se accettare dimissioni 89. Un’elezione suppletiva può essere tenuta durante la Convenzione solo se tutti i delegati sono presenti 90. Parità di voti per il nono membro dell’Assemblea Nazionale 91. Un membro del Corpo Ausiliario ha il dovere d’informare l’Assemblea, e non i delegati, della sua intenzione di dimettersi 92. I membri del Corpo Ausiliario non devono rassegnare le dimissioni prima di un ballottaggio 93. Conservazione delle schede 94. L’Assemblea ha il diritto d’esaminare le schede 95. Ai delegati deve essere data l’opportunità di fare un rapporto alla comunità G. Cariche delle Assemblee Locali e Nazionali 96. Se sono presenti tutti i membri, si devono eleggere subito le cariche definitive 97. Membri di Assemblea o di Comitato possono tentare di evitare d’essere eletti per le cariche 98. È preferibile che una persona non ricopra più di una carica 99. I risultati completi di ogni votazione devono essere resi noti a tutti i membri presenti dell’Assemblea 100. Occorre contare sull’integrità dell’elettore 101. Per ogni carica si devono ottenere almeno cinque voti 102. Il Presidente dell’Assemblea 103. Il Vice-Presidente 104. Compiti del Segretario Nazionale 105. Il segretario dell’Assemblea Spirituale Nazionale è il suo capo esecutivo 106. Il servizio a tempo pieno del segretario può richiedere una remunerazione, che deve essere accordata e debitamente verbalizzata 107. L’assistente del segretario può non essere membro dell’Assemblea 108. Il Segretario deve essere nella capitale 109. Il Segretario Nazionale deve tenersi in stretto contatto con le Assemblee Locali 110. Contenuto dei verbali 111. Il segretario deve stare attento a trasmettere le decisioni della maggioranza 112. In tesoriere dell’Assemblea Spirituale riceve tutte le donazioni e le contribuzioni 113. Sui Fondi 114. Obblighi di un bahá’í eletto ad una carica che richieda il servizio a tempo pieno 115. Coloro che sono eletti in un’Assemblea devono considerarlo un privilegio e considerare il servizio una responsabilità 116. Procedura per le Assemblee in caso di malcontento verso membri in carica H. Amministratori Locali e Nazionali 117. Funzioni e doveri dei rappresentanti eletti 118. Devono tenere alto lo stendardo della giustizia 119. Gli amministratori della Fede sono simili a pastori 120. Coloro che hanno reale autorità si riconoscono dall’umiltà e dallo spirito di sacrificio. 121. La nota fondamentale della Causa di Dio non è l’autorità dittatoriale 122. Le Assemblee devono incoraggiare i credenti a presentare con fiducia i loro problemi 123. Abusare della fiducia dei credenti nei membri dell’Assemblea significa perderla 124. L’efficienza amministrativa deve essere accompagnata da un’egual misura d’amore 125. Gli amministratori devono considerare se stessi come semplici canali tramite i quali Dio protegge e guida la Sua Fede 126. L’Assemblea Spirituale Nazionale è l’Autorità suprema, la molla delle attività e l’unico legame con la Casa Universale di Giustizia 127. L’obbedienza all’Assemblea Spirituale Nazionale è la base dell’unità 128. L’Assemblea Nazionale è la testa e le Assemblee Locali sono i vari organi 129. Funzione vitale dell’Assemblea Spirituale Nazionale 130. L’Autorità e l’influenza delle Assemblee devono essere rafforzate 131. La “migliore” Assemblea 132. L’accentramento di autorità è espresso nel Testamento del Maestro 133. Bisogna attenersi alle regole fondamentali dell’Amministrazione bahá’í 134. Tendenza di tutte le Assemblee Nazionali a super amministrare 135. Non è necessario anticipare situazioni 136. La superamministrazione è peggiore dell’amministrazione insufficiente 137. Le Assemblee Spirituali Nazionali devono essere intransigenti nei principi, ma flessibili nelle procedure 138. Le Assemblee Nazionali sono custodi del benessere della Fede 139. Tendenza degli ultimi arrivati a sminuire il lavoro fatto 140. Ciascun credente deve poter accedere alle comunicazioni del Centro Mondiale della Fede 141. Stato giuridico delle Assemblee Spirituali 142. Le Assemblee Locali devono incoraggiare gli insegnanti 143. La coscienza di classe è contraria ai veri insegnamenti della Fede 144. Le Assemblee Spirituali Locali devono assumersi il compito di fissare le mete estensive d’insegnamento 145. I Consiglieri e i Membri del Consiglio Ausiliario devono conoscere i piani delle Assemblee 146. Rapporti delle Assemblee Spirituali Locali con i Membri del Consiglio Ausiliario 147. Tutte le Assemblee Spirituali Locali devono collaborare con i membri del Corpo Ausiliario ed i loro assistenti 148. Quando le Assemblee Spirituali Locali sono veramente efficienti 149. Un’Assemblea Spirituale Locale funzionante - I più importanti obiettivi da raggiungere 150. Promuovere cordiali rapporti con personalità eminenti 151. Personalità pubbliche 152. I membri dell’Assemblea Spirituale Locale devono approfondirsi 153. I membri delle Assemblee Spirituali devono assumersi le responsabilità I. Riunioni d’Assemblea, Presenza, Dimissioni 154. Obbligo dei membri d’Assemblea di riunirsi ed assolvere i sacri doveri 155. Essere membro di un’Assemblea o di un Comitato è un sacro impegno - Ci si deve sforzare d’essere presenti ad ogni riunione 156. Nelle sedute deve essere data precedenza all’insegnamento 157. Tutte le riunioni devono essere imperniate attorno ad un unico centro focale: Insegnare 158. Principio su cui basare il lavoro di un’Assemblea 159. Perché alcune Assemblee Locali non si riuniscono 160. Quante volte riunirsi - Deve decidere l’Assemblea 161. La promessa di Bahá’u’lláh 162. Non è possibile che ad una riunione di Assemblea Spirituale Nazionale partecipi un estraneo 163. Distribuzione dei verbali delle sedute 164. Accesso agli archivi dell’Assemblea Nazionale 165. I lavori possono essere svolti dal quorum 166. Quorum d’Assemblea 167. Doveri dei membri d’Assemblea 168. Nelle votazioni bahá’í non esiste l’astensione 169. Ai bahá’í non è richiesto di votare contro coscienza 170. Le dimissioni dall’Assemblea sono permesse solo in particolari circostanze 171. Le differenze d’opinione non devono dissuadere dal fare attività bahá’í 172. Ci deve essere un valida ragione per dimettersi 173. I membri delle Assemblee Spirituali Nazionali devono essere sollevati dal servizio nelle Assemblee Spirituali Locali? 174. Non è appropriato eleggere un membro provvisorio d’Assemblea 175. Assenza dei membri d’Assemblea - Non fissare limiti di tempo 176. Ripetute ed ingiustificate assenze causano la sospensione del diritto di voto 177. Critica, opposizione, confusione non sono motivi per dimettersi - Possono essere necessarie sanzioni J. Diritti amministrativi, sanzioni, dissimulazione 178. Condizioni per la privazione del diritto di voto 179. L’Assemblea non deve privare il credente del diritto di voto se non per questioni gravissime 180. Nessun bahá’í può giurare d’educare i figli secondo i principi di un’altra religione, né sposarsi in chiesa secondo il rito cristiano 181. Bevande alcoliche - Coloro che continuano a bere 182. Divorzio 183. Associazioni ecclesiastiche e politiche 184. Partecipazione alla politica 185. Gli atti omosessuali sono condannati da Bahá’u’lláh 186. Atti di flagrante immoralità 187. Credenti accusati di reati 188. Dev’essere data la possibilità di migliorare - Comminare una sanzione più mite 189. Non basta una sola trasgressione alla morale per incorrere in una pena grave 190. Matrimonio celebrato solo civilmente 191. Il diritto di voto dei genitori può essere sospeso se il consenso non è conforme alla legge bahá’í 192. Bahá’í appartenenti alla Massoneria, alla Società Teosofica, ai Cavalieri Rosa Croce e simili organizzazioni 193. Malattie mentali 194. Incapacità mentale 195. Privare dei diritti amministrativi un malato di mente non costituisce una sanzione 196. L’Assemblea Nazionale può proibire a una persona di servire in un’Assemblea Locale senza privarla del diritto di voto 197. Solo l’Assemblea Nazionale può privare i credenti del diritto di voto 198. Status di coloro che hanno perduto il diritto di voto 199. Non si può celebrare il matrimonio bahá’í se una delle parti è stata privata del diritto di voto - Un bahá’í in regola non può sposarne uno privato 200. La più grave sanzione che abbiamo - la privazione del diritto di voto 201. Prima di privare qualcuno del diritto di voto, occorre avvertirlo ripetutamente 202. Non è corretto sospendere il diritto di voto nel corso delle indagini 203. Il credente non può evitare l’espulsione dimettendosi al fine di violare impunemente la Legge 204. Dissimulare non significa ritirarsi 205. Ignoranza della Legge 206. Figli illegittimi 207. Perdita del diritto di voto - Equivale all’espulsione amministrativa 208. Casi in cui è stata celebrata la sola cerimonia civile 209. Privazione corretta o erronea del diritto di voto 210. Azioni disciplinari nei confronti di giovani 211. Se atti d’immoralità non sono conosciuti - Pettegolezzo 212. Comportamento della comunità verso coloro che sono privati del diritto di voto 213. Le Assemblee devono essere come il Maestro ed il “Buon Pastore” 214. I Credenti privati del diritto di voto che si sforzano di emendare i loro comportamenti devono essere aiutati 215. I bahá’í non devono mai dissimulare la loro Fede 216. Sommario delle limitazioni che la privazione del diritto di voto comporta 217. Sommario dei diritti e dei privilegi non negati a chi ha perduto il diritto di voto K. Appelli 218. Diritto di appello e sua procedura 219. Appello all’Assemblea Nazionale contro la decisione dell’Assemblea Locale 220. Violazione dei diritti bahá’í 221. Ogni bahá’í può scrivere direttamente alla Casa Universale di Giustizia, ma gli appelli devono essere proposti tramite l’Assemblea Spirituale Nazionale 222. La richiesta dell’appellante di inoltrare l’appello alla Casa Universale di Giustizia non può essere respinta 223. I Comitati devono discutere i loro problemi con l’Assemblea Spirituale Nazionale L. Regolamenti 224. Scopo dei regolamenti 225. Un bambino può essere considerato bahá’í 226. La versione di New York dei regolamenti è più corretta 227. Questione di fede in Bahá’u’lláh e non disponibilità di partecipazione 228. L’Assemblea Spirituale Nazionale deve difendere e sostenere i provvedimenti degli Ordinamenti e dello Statuto Costituzionale 229. Mantenere un’uniformità internazionale sui punti essenziali 230. Le decisioni delle Assemblee Locali e Nazionali sono passibili di revisione da parte della Suprema Istituzione - Nessuna contraddizione degli Statuti 231. Il temporaneo scioglimento dell’Assemblea Spirituale Locale non comporta l’automatica perdita del riconoscimento giuridico M. Nuovi credenti 232. Nella Causa di Dio c’è posto per tutti 233. L’esempio di ‘Abdu’l-Bahá - Incoraggiare con pazienza i nuovi credenti 234. I due estremi per portare persone nella Causa 235. Non devono essere posti ostacoli davanti a nessun’anima 236. Nuove registrazioni 237. Diventare bahá’í è un processo evolutivo 238. Ammissione nella Fede - Requisiti essenziali 239. Diventare bahá’í 240. Ammonimenti ai neofiti nella Fede 241. Non basta accettare alcuni aspetti degli Insegnamenti e rifiutarne altri 242. Nell’arruolare nuovi credenti dobbiamo essere saggi e gentili 243. Se i requisiti per l’arruolamento sono troppo rigorosi, raffredderemo l’iniziale entusiasmo 244. Un bahá’í dev’essere totalmente bahá’í; non deve essere gretto 245. Un vero bahá’í deve dar prova di esserlo veramente 246. La prima ragione per cui si diventa bahá’í 247. Arare il terreno del cuore 248. I nuovi credenti non devono essere abbandonati a se stessi 249. Approfondire la vita spirituale dei singoli credenti 250. Le Assemblea e i Comitati devono mettere i credenti in grado di diffondere il Messaggio di Dio 251. Il passato di una persona non deve costituire ostacolo alla sua accettazione nella Fede 252. Raccomandare ai convertiti di non alienarsi i genitori 253. L’Assemblea non deve ostacolare la dichiarazione di persone con una morale discutibile - Dal momento che accettano la Fede i nuovi dichiarati devono comportarsi da bahá’í 254. Possono esservi occasioni in cui la dichiarazione deve essere rimandata 255. Requisiti di un credente 256. Il processo di accettazione varia - Importante il grado di convinzione 257. Non occorre che i nuovi dichiarati conoscano tutte le prove - Scintilla di Fede 258. L’accettazione di nuovi credenti è lasciata alla discrezionalità dell’Assemblea 259. L’instabilità mentale non deve pregiudicare l’accettazione di un nuovo dichiarato 260. Taluni casi particolari impongono un approfondimento della comprensione 261. Accettare normalmente la dichiarazione di coloro che vivono in situazioni immorali o sono membri di organizzazioni vietate - Occorre dare il tempo di emendarsi 262. I fanciulli sono considerati Bahá’í a prescindere dalla loro età 263. Dichiarazione di detenuti 264. La firma delle schede serve per esigenze amministrative - Vi è differenza fra carattere e fede 265. Scheda di registrazione - Non richiesta dappertutto 266. Doveri dell’Assemblea verso i nuovi credenti N. Relazioni dei credenti con le Assemblee 267. Essere bahá’í è essenzialmente una cosa interiore 268. Dobbiamo rispettare le Assemblee Nazionali e Locali 269. Questo grande premio, questo dono di Dio - l’Assemblea Spirituale Locale 270. L’Assemblea è una nascente Casa di Giustizia - Gli individui, gli uni verso gli altri sono guidati dall’amore, dall’unità, ecc. 271. Due tipi di bahá’í 272. I figli spirituali non devono far propri i concetti errati dei loro insegnanti 273. Le Assemblee devono ispirare fiducia nei credenti 274. Un cumulo di informazioni amministrative soffoca le prime scintille 275. Cercare la guida negli Insegnamenti 276. Due principi da seguire, unità nella dottrina e nell’amministrazione 277. Amministrazione bahá’í - Strumento dello spirito della Fede 278. La comunità mondiale produce nuove cellule, nuovi organi 279. I credenti devono rivolgersi alle Assemblee per consiglio e aiuto 280. Gli amici sono i Fiduciari della Missione di Bahá’u’lláh 281. I credenti devono avere fiducia nell’Assemblea 282. Se l’Assemblea prende una decisione incauta, questa deve essere sostenuta 283. Se l’Assemblea commette un errore 284. Obbedienza, pazienza e moderazione 285. Critiche nei confronti delle Assemblee - I bahá’í possono esprimere i loro punti di vista 286. La Fede non ha protezione se gli amici non si sottomettono ai Corpi Amministrativi 287. Se i bahá’í minano l’autorità di chi li guida 288. I credenti hanno il diritto di esprimere la loro critica ad una azione dell’Assemblea, ma non in modo da sminuirne l’autorità 289. L’obbedienza alle decisioni dell’Assemblea Locale deve essere incondizionata e sincera 290. L’Assemblea Locale non deve criticare la politica dell’Assemblea Nazionale 291. Un solo rimedio - Studiare l’amministrazione 292. Il destino della comunità dipende da ogni singolo credente O. Credenti inattivi 293. Non deve essere tolto il nome dalla lista dei votanti 294. Cancellazione dei nomi dalla lista dei votanti 295. I credenti inattivi ed apatici spesso hanno bisogno d’incoraggiamento 296. Credenti inattivi - i nomi devono essere cancellati solo se affermano chiaramente di non credere più in Bahá’u’lláh 297. I motivi dell’inattività devono essere accertati 298. Le riunioni devono essere così interessanti da attrarre i vecchi credenti 299. Bisogna aiutare coloro che hanno una condotta sconveniente a modificare il loro modo di vivere 300. Se una persona non vuole essere considerata membro della Comunità 301. La situazione personale di un bahá’í può impedirne l’attività 302. Coloro che non credono più in Bahá’u’lláh... 303. Credenti di cui non si conosce l’indirizzo II. MALDICENZA, CRITICA, CRITICA PEDANTE, PETTEGOLEZZO, BUGIE, CALUNNIA, ECC. 304. Le Parole Celate di Bahá’u’lláh 305. Definizione di maldicenza 306. Astenersi dalla pedanteria e dalla maldicenza 307. Gelosia ed atteggiamento meschini si possono vincere solo con tatto e amore 308. Come comportarsi con bahá’í che agiscono in maniera nociva per la Causa 309. Imparare a non occuparsi dei difetti altrui 310. I credenti hanno bisogno, fra loro, di più costruttori di pace - Un compito per quelli più vecchi e più maturi 311. Essere tolleranti, pazienti e pietosi, piuttosto che cedere alla maldicenza e alla critica 312. La maldicenza: il più grande peccato 313. La maldicenza “spegne la luce del cuore” 314. La critica: una calamità 315. Sopprimere ogni pensiero di critica ed ogni parola dura 316. Azioni o affermazioni incaute 317. Differenze personali e piccole preoccupazioni 318. Come aratori, ciascuno ha da controllare gli animali aggiogati 319. Essere amici di tutto il genere umano 320. I bahá’í si devono distinguere 321. I credenti devono servirsi dell’amore reciproco 322. I peggiori nemici della Causa sono nella Causa 323. La maldicenza crea divisioni 324. Quando nascono la critica e le parole dure 325. Se ascoltiamo siamo colpevoli di complicità III. BAHÁ’Í A. Archivi Bahá’í 326. Bahá’u’lláh raccomanda di conservare accuratamente le Tavole 327. Tavole e Versetti da conservare negli Archivi 328. Istituzione degli Archivi Bahá’í 329. Le generazioni future apprezzeranno gli Archivi 330. Le Assemblee devono nominare un Comitato per la revisione del materiale degli archivi 331. Ogni credente ha la responsabilità di collaborare per la preservazione delle Sacre Reliquie 332. Si devono istituire Archivi Bahá’í in ogni centro amministrativo 333. I documenti di valore storico non devono essere distrutti B. Arti Bahá’í e Teatro 334. Le tre Figure Centrali non possono essere rappresentate 335. Lavori teatrali 336. I ballerini devono essere vestiti decentemente 337. La presentazione artistica della Fede attrarrà una certa categoria di persone 338. L’arte può risvegliare meglio sentimenti nobili 339. Prendere parte a lavori teatrali - Ballo 340. Case cinematografiche 341. Film 342. Adattamento scenografico di episodi storici della Fede 343. Non usare la luce come personificazione della Manifestazione 344. Proibizione di rappresentare in dipinti o disegni tutte le Manifestazioni di Dio 345. Occorre capacità per produrre un valido film sulla storia della Fede C. Autori/Scrittori Bahá’í 346. Gli autori bahá’í dovrebbero scrivere in modo da attrarre le anime 347. Gli scrittori bahá’í, prima di pubblicare le loro opere, devono ottenere l’approvazione dell’Assemblea Nazionale del paese nel quale saranno pubblicate 348. Autori e scrittori bahá’í dovrebbero accettare di buon grado la revisione delle loro opere 349. Revisione di articoli scritti da credenti per riviste 350. Comitato Revisioni 351. Dovere dei bahá’í di presentare la Fede in modo dignitoso 352. Funzione e scopo della revisione 353. Scopo della revisione 354. Nessun divieto per i bahá’í di scrivere romanzi storici 355. Giornalisti 356. Scienze che cominciano e finiscono con parole - Bahá’u’lláh non ha mai inteso includere i romanzi in questa categoria 357. La Fede ha bisogno di autori bahá’í 358. Tesi di laurea e simili 359. Nessun editore da il diritto di modificare un manoscritto D. Pubblicazioni bahá’í, traduzioni, revisioni e diritti d’autore 360. Notiziari e bollettini bahá’í - Perché la diffusione è limitata ai soli bahá’í 361. Uso degli accenti delle parole arabe e persiane nei testi spagnoli 362. Pubblicazioni del Centro Mondiale - Nessun divieto di citazione 363. Autorizzazione di copyright per le Sacre Scritture non necessaria per credenti ed Assemblee Bahá’í 364. In inglese scrivere i pronomi in maiuscolo 365. Uso, nelle altre lingue, della maiuscola per i pronomi 366. Virgolette - Dev’essere mantenuto il rigoroso modello inculcato dalla Causa 367. L’Assemblea Spirituale Nazionale autorizza le traduzioni tramite un Comitato Traduzioni - Uso del metodo di traslitterazione del Custode 368. Istruzioni per la traduzione degli Scritti sacri bahá’í 369. Incarico di traduzione affidato a singoli - Traduzioni di proprietà dell’Assemblea 370. Traduzione di letteratura bahá’í in un linguaggio semplice - Semplificazioni e parafrasi non devono essere pubblicati come Scritti 371. I traduttori devono utilizzare le edizioni più recenti dei libri E. Argomenti Vari 372. Venerdì - Giorno di riposo nel calendario bahá’í 373. Uso delle date bahá’í 374. Designazione di Fede Bahá’í 375. Simbolo della Fede Bahá’í - La stella a cinque punte IV. VITA BAHÁ’Í, EGO, SACRIFICIO, IO E SERVIZIO A. Vita Bahá’í 376. La cosa importante è “vivere la vita” 377. Distinzione 378. Necessario vivere secondo gli insegnamenti per attrarre i cuori degli altri 379. I bahá’í devono restare aggrappati alla loro Fede e gli uni agli altri 380. La Fede si proclama con amore, ospitalità, comprensione e volontà di aiutare 381. Come acquisire pace interiore 382. Non dare l’impressione di essere fanatici - Cercare d’essere versatili, normali ed equilibrati 383. Quello che conta è la vita intima dello spirito 384. Approfondendosi e vivendo la vita si diventa saldi come rocce 385. Evoluzione dell’anima B. Ego - Io 386. Il significato di io 387. L’ego è l’animale dentro di noi 388. La vita è una lotta continua contro le forze che ci circondano e il nostro ego 389. I profeti sono gli unici ad essere liberi dalla “patina dell’ego” 390. Chiave per il controllo dell’ego 391. Cercando Dio, conosciamo noi stessi 392. Acquisire consapevolezza di sé è un processo graduale 393. L’evoluzione dell’uomo è di natura individuale e collettiva 394. La Causa ha il potere spirituale di ricrearci 395. Bisogna volgere i pensieri a Dio con determinazione, intelligenza e tranquillità 396. Dovremmo concentrarsi sulla Gloria della Causa e non sulle nostre manchevolezze 397. Non bisogna soffermarsi sui pensieri e sui comportamenti altrui C. Autodifesa 398. In caso di emergenza i bahá’í hanno il diritto di difendere la propria vita 399. Autodifesa 400. Pioniere residente in una zona remota senza protezione: casi in cui un bahá’í ha tutto il diritto di difendere la propria vita D. Auto-sacrificio e Servizio 401. Il mistero del sacrificio 402. Il significato di auto sacrificio 403. Fino a che punto dobbiamo sacrificare la nostra vita per l’interesse della Causa? 404. Accettare di soffrire nell’interesse reciproco 405. Il servizio: magnete per le confermazioni divine 406. Assistenza delle schiere delle Coorti divine 407. Un irresistibile impulso di servire - Non guardare alle proprie imperfezioni 408. Non esiste alcuna regola che imponga al credente di servire in un campo piuttosto che in un altro V. ACCATTONAGGIO, BENEFICIENZA E POVERTÀ A. Accattonaggio 409. L’Accattonaggio è proibito - La Casa di Giustizia provvede agli inabili 410. Accattoni - Agli occhi di Dio gli uomini più spregevoli B. Carità 411. La carità è la vera essenza degli Insegnamenti 412. Contribuzioni per beneficenza fatte da Assemblee e singoli individui 413. Il mezzo più sicuro per sollevare una volta per tutte il peso della fame e della miseria 414. Ci sono molti modi per aiutare coloro che soffrono 415. I bahá’í posseggono il rimedio divino per i mali dell’umanità 416. Eventualità per un bahá’í di chiedere aiuto agli altri 417. Le Assemblee Spirituali Locali devono dare una mano d’aiuto ai poveri 418. Come i bahá’í possono aiutare i compagni di fede tramite le Istituzioni C. I Poveri 419. I ricchi devono avere la massima considerazione per i poveri 420. Il dono più grande che possiamo fare ai poveri 421. Non addolorarsi d’essere poveri - Alcune grandi anime furono fra i più poveri della terra VI. CALAMITÀ E CRISI 422. Il mondo è in agitazione 423. Forze potenti stanno portando al parossismo questo portentoso secolo 424. Alle genti di Bahá è assicurata la guida divina 425. Se i bahá’í falliscono sono in parte responsabili dell’agonia dell’umanità 426. Il mondo proverà dolori ed affronterà prove come mai in passato 427. Le calamità continueranno finché l’umanità non sarà purificata a sufficienza... 428. I bahá’í non devono perdere tempo congetturando sulle prossime calamità 429. È importante che i bahá’í abbiano un corretto atteggiamento in attesa di catastrofi 430. In caso di interruzione delle comunicazioni dal Centro Mondiale o gli uni dagli altri, i bahá’í saranno guidati dalle Assemblee Spirituali Nazionali dirette dai Consiglieri 431. I bahá’í possono contribuire a mitigare le sofferenze dell’umanità 432. La gente di oggi soffre per i suoi peccati di omissione e di azioni errate 433. Dobbiamo mettere la Fede innanzi a tutto per avere eterna sicurezza e felicità 434. Non sappiamo quanto durerà la catastrofe 435. L’unificazione dell’umanità 436. La crisi serve un grande scopo 437. Il Custode non ritiene che Dio permetterà all’uomo di auto distruggersi... 438. Privazioni e sfortune, disillusioni e disperazioni assaliranno i popoli... 439. Sconvolgimenti apocalittici 440. Le condizioni del mondo stanno portando molte questioni alla massima tensione 441. Calamità e crisi 442. Distruzione interiore e caos esteriore stanno accelerando 443. Situazione mondiale sempre più grave - Molti si tengono in disparte e si torcono le mani 444. Un abisso senza fondo minaccia 445. La furia di una catastrofe mondiale: il fuoco dell’ordalia 446. I bahá’í non devono perdere la speranza nel futuro per la crisi che travolgerà il mondo 447. Un periodo di purificazione è indispensabile - I bahá’í non dovrebbero desiderare di non essere toccati 448. I pericoli che minacciano l’America 449. L’uomo vede la vita in modo troppo rozzo e materialistico 450. Prove psicologiche che i credenti occidentali patiranno 451. Una civiltà lacerata da conflitti 452. Violenti e molteplici saranno gli assalti che la Fede sosterrà 453. È nostro dovere redimere i nostri compagni 454. I bahá’í sono il lievito di Dio, il Popolo eletto di Dio 455. Gli occhi del mondo sono puntati su di noi 456. I bahá’í hanno il compito di purificare l’umanità con le regole e l’esempio. 457. Gli eletti di Dio non devono contentarsi di una distinzione ed eccellenza relativa 458. Ostacoli che s’incontrano sul sentiero 459. La civiltà sopporta prove dure e senza pari VII. CERIMONIE 460. Non è esatto affermare che la Fede Bahá’í non ha cerimonie 461. Cerimonie per l’imposizione del nome 462. Battesimo spirituale dei figli 463. Battesimo dei figli 464. I bahá’í possono e dovrebbero partecipare ad innocue celebrazioni culturali e tradizionali 465. Cerimonie religiose alle quali i bahá’í non dovrebbero partecipare 466. I genitori bahá’í possono partecipare a cerimonie di battesimo, ma non possono prendere alcun impegno o fare promesse VIII. FANCIULLI A. Bambini adottati e orfani 467. “Colui che educa il proprio figlio o il figlio di un altro...» 468. Bahá’u’lláh e ‘Abdu’l-Bahá lodano coloro che adottano bambini 469. Figli adottati e genitori naturali * 470. I bahá’í non possono promettere d’educare i figli adottati in un’altra religione 471. Un bahá’í che giura d’allevare i figli in un’altra Fede è soggetto a sanzione amministrativa 472. Doveri verso gli orfani B. Padrini o comparatico 473. Padrini bahá’í 474. Le coppie bahá’í non devono battezzare i figli 475. Se le condizioni sono chiare un bahá’í può fare da padrino ad un bambino non bahá’í 476. Essere padrini prima di diventare bahá’í 477. Padrini non bahá’í di bambini bahá’í 478. Comparatico fra due bahá’í C. Educazione e addestramento dei bambini 479. In primo luogo si devono addestrare i bambini sui principi della religione 480. Incoraggiare i bambini fin dalla prima infanzia 481. Incombe ai bambini bahá’í di superare gli altri 482. I genitori sono responsabili verso Dio dell’educazione dei figli 483. Gli insegnanti dei bambini servono Bahá’u’lláh 484. Non educare i figli è un peccato imperdonabile 485. I bambini abbandonati a se stessi crescono nell’ignoranza 486. Piuttosto che crescere ignorante, è meglio che un bimbo non viva. 487. Il bambino non dev’essere oppresso o biasimato 488. Lo scolaro deve essere incoraggiato 489. Rango di coloro che servono ed educano i bambini 490. Metodi per insegnare ai fanciulli 491. Un saggio insegnante 492. Il corso di studi deve essere uguale per figlie e figli 493. L’inizio dell’educazione formale 494. Cose da insegnare ai bambini nelle scuole 495. L’educazione formale deve iniziare all’età di cinque anni 496. Negli insegnamenti non vi sono prescrizioni che vietino la separazione dei figli dai genitori per i primi cinque anni 497. La madre ha il dovere principale di educare i bambini 498. La madri sono le prime educatrici dei bambini e degli infanti 499. Educazione dei bambini nel caso che uno dei genitori non sia bahá’í 500. Il massimo servizio reso dall’uomo a Dio Onnipotente: insegnare ai bambini a fare discorsi di alta qualità 501. È preferibile che i figli ricevano la prima educazione in casa dalla madre, piuttosto che in un asilo infantile 502. Le Assemblee Spirituali devono fornire alle madri un programma ben concepito 503. È difficile insegnare e raffinare il carattere quando la pubertà è passata 504. Educare i bambini ad imparare a memoria preghiere e tavole * 505. Sacri doveri dei figli verso i genitori 506. Educare i bambini a capire il significato spirituale delle riunioni bahá’í 507. Pochi bambini sono realmente cattivi 508. Zuffe tra bambini 509. Punizioni fisiche 510. Bambino con problemi: una disciplina è indispensabile 511. Non è permesso percuotere un bambino. E. Registrazione dei bambini 512. I bambini bahá’í non ereditano automaticamente la Fede dei genitori 513. Bambini i cui genitori diventano bahá’í 514. Status dei fanciulli al di sotto dei 15 anni 515. L’età di 15 anni si riferisce alle funzioni ed agli obblighi di carattere spirituale 516. Fanciulli sotto i 15 anni che dichiarano la loro Fede 517. Da 15 anni in poi i fanciulli devono osservare le leggi dell’Aqdas 518. I figli di genitori bahá’í sono considerati bahá’í 519. Registrazione dei fanciulli al compimento del 15° anno di età 520. Al compimento dei 15 anni il fanciullo deve riaffermare la sua Fede 521. Registrazione di figli di bahá’í 522. Possono esservi circostanze in cui i fanciulli non devono essere registrati. F. Argomenti vari riguardanti i fanciulli (vedi anche: Fanciulli Pionieri) 523. Libertà per i fanciulli di scegliere la loro religione 524. Insegnare ai bambini a pronunciare il Più Grande Nome nei momenti di crisi 525. Criticare la Fede davanti ai figli 526. Il reale scopo della vita - Il Custode prega per i bambini 527. Insegnate ai figli a trattare bene gli animali 528. I fanciulli bahá’í possono contribuire al Fondo. Nessuna regola è stabilita per i fanciulli non bahá’í; l’insegnante deve risolvere le situazioni 529. Risposte della Casa Universale di Giustizia a domande dei fanciulli sulle catastrofi IX. CHIESE 530. I bahá’í non devono affiliarsi a Chiese 531. Il coraggio delle convinzioni 532. Diventando bahá’í dobbiamo ritirarci dalla Chiesa 533. I bahá’í credono ardentemente in Cristo 534. I ministri di culto che si considerano bahá’í devono ritirarsi dalla Chiesa 535. Appartenenza alla Sinagoga 536. Ritiro dalla Chiesa di giovani bahá’í 537. Per amore dell’unità familiare si può fare una concessione ai giovani 538. Atteggiamento bahá’í nei confronti della Chiesa 539. Circa l’espulsione dalla Chiesa 540. Pagamento di tributi alla Chiesa 541. Contribuzioni alle Chiese 542. Storia della Chiesa primitiva X. COMITATI A. Nomina Comitati 543. Libertà di nominare qualsiasi bahá’í qualificato per il lavoro 544. Continuità della permanenza in un Comitato 545. È preferibile che serva nei Comitati qualche qualificato credente 546. È desiderabile che il Comitato Nazionale Insegnamento possa riunirsi facilmente - Se possibile non dovrebbe essere oberato di altri compiti 547. Costituzione dei Comitati con prospettive di miglioramento e cambiamento 548. L’Assemblea deve usare discrezione nella nomina dei membri di Comitato - Personalità incompatibili nei Comitati 549. I Comitati Nazionali sono nominati dall’Assemblea Spirituale Nazionale e responsabili verso di essa 550. Deve essere data a coloro che non sono membri di Assemblea l’opportunità di acquisire esperienze amministrative 551. Non è necessario che i Comitati si sciolgano al Ri?ván B. Elezione delle cariche del comitato 552. Bisogna dare ai membri di comitato la possibilità di votare - Elezione delle cariche a maggioranza assoluta e non relativa 553. Se un membro ha validi motivi, può suggerire di non essere eletto ad una carica C. Struttura e funzioni dei Comitati Nazionali 554. L’assemblea Spirituale Nazionale deve adottare un’efficiente struttura per l’insegnamento 555. Funzione del Comitato Nazionale d’Insegnamento 556. I Comitati Nazionali vengono costituiti per servire ai bisogni delle Assemblee Locali. 557. L’Assemblea Nazionale deve impartire istruzioni al Comitato allo scopo di evitare confusione. 558. Alcuni comitati hanno bisogno di molti membri D. Comitati Speciali (Amministrativi, Ad Hoc, Emergenza, Insegnamento Nazionale e Regionali) 559. Limitazioni dell’autorità dei Comitati Amministrativi a quella loro conferita dall’Assemblea Spirituale Nazionale 560. Nomina di comitati ad hoc per problemi personali 561. Nomina di un Comitato Amministrativo fra i credenti adulti di una comunità se l’Assemblea cade 562. Scopo e funzioni di un comitato d’emergenza 563. Libertà d’azione di un comitato d’emergenza 564. L’Assemblea Spirituale Nazionale definisce i limiti delle competenze di un comitato d’emergenza 565. Quorum dei membri di un comitato d’emergenza 566. Nomina di un comitato speciale consolidamento 567. Non è necessario che i Comitati Nazionali abbiano sede presso i Centri Nazionali* 568. Comitati Regionali - Sottocomitati del Comitato Nazionale Insegnamento 569. Troppi comitati confondono piuttosto che rendere chiaro il lavoro. 570. Rapporto fra comitato nazionale e comitati regionali d’insegnamento 571. I membri del Corpo Ausiliario possono servire in taluni comitati speciali 572. Collaborazione fra membri del Corpo Ausiliario e comitati insegnamento nazionali e regionali 573. Comitato nazionale giovani 574. I giovani bahá’í al di sotto dei 21 anni possono servire nei comitati 575. Comitati locali 576. Struttura dei comitati nazionali e regionali d’insegnamento XI. CONSULTAZIONE 577. Nessuna prosperità o benessere può essere conseguita se non con la consultazione 578. Consultazione e compassione 579. Consultazione libera e franca 580. Lo scopo della consultazione 581. Ogni petto deve essere una stazione telegrafica 582. Chiunque può rimettere una questione all’Assemblea 583. Ogni membro deve esprimere liberamente ed apertamente le proprie idee 584. Nella votazione bahá’í non v’è astensione 585. Decisioni a maggioranza di voti - Casi in cui l’Assemblea può decidere che tutti i nove membri devono essere presenti 586. Inesistenza nella Causa di voti dissenzienti 587. Sospendere la consultazione quando insorgono inimicizia e minacce 588. Non prendere decisioni importanti negli affari personali senza essersi consultati 589. Se un credente ha un problema gli sono aperte diverse possibilità 590. L’Assemblea non può chiedere ad un suo membro di non partecipare alla consultazione 591. Un membro può allontanarsi durante la discussione di una questione che lo riguarda 592. Una franca, ampia e imparziale consultazione deve guidare il lavoro XII. IL PATTO A. Il Patto Bahá’í 593. Il Patto bahá’í 594. Fermezza nel Patto: Fosse pure un’insignificante formica... 595. Il Libro Cremisi 596. Il Patto stipulato sul monte Párán 597. Per fronteggiare le prove è necessario che i credenti si approfondiscano nel Patto 598. Ultime Volontà e Testamento di ‘Abdu’l-Bahá - Occorre un secolo per comprenderli 599. Le Ultime Volontà e Testamento salvaguardano l’unità della Causa 600. Parlare contro il Patto B. Espulsione dei violatori del Patto 601. Definizione di violatori del Patto 602. La violazione del Patto è una malattia spirituale 603. I violatori del Patto sono contagiosi come la tisi ed il cancro 604. Affetti da malattia spirituale contagiosa 605. Frequentare non bahá’í che hanno rapporti con violatori del Patto 606. Nemici della Fede C. Divieto per i credenti di frequentare i violatori del Patto 607. Scomunica 608. Nessuno ha il diritto di incontrare i violatori del Patto 609. I bahá’í non possono frequentare coloro che hanno abbandonato la Causa e sono in contatto con violatori del Patto 610. I bahá’í possono rimanere in una riunione non bahá’í, anche se vi interviene un violatore del Patto 611. Rapporti personali coi violatori del Patto 612. Identico trattamento per tutti i violatori del Patto, a prescindere dalla natura della trasgressione 613. L’opposizione dovuta ad ignoranza o mancanza di adeguata preparazione non è violazione al Patto 614. Ruolo del Membro del Consiglio Ausiliario per la Protezione* 615. La misericordia di Dio è maggiore della Sua Giustizia 616. Essere nemico dei nemici di Dio è buona caratteristica 617. È meglio essere molto vigili che troppo negligenti 618. Probabilmente nessun gruppo ha un linguaggio tanto suadente come i violatori del Patto 619. L’Assemblea Nazionale deve considerare se stessa come un Comitato di vigilanza 620. Più di qualunque altra cosa al mondo, i bahá’í hanno bisogno di una più profonda comprensione dei Patti di Bahá’u’lláh e del Maestro D. Espulsione e reintegrazione; Responsabilità della protezione; Libri scritti da nemici della Fede 621. Espulsione dei violatori del Patto 622. La protezione è funzione specifica della Mani della Causa 623. Espulsione e reintegrazione 624. Risultati da conseguire con il Patto dell’Eterno Padre 625. Includere corsi sulla violazione del Patto nei programmi delle Scuole Estive 626. Divieto di accettare contribuzioni da coloro che hanno perduto il diritto di voto, ma possono essere sepolti in cimiteri bahá’í e ricevere la carità 627. Pubblicazioni scritte da nemici della Fede 628. Libri scritti da ignoranti avversari della Causa 629. Le Assemblee hanno una grande responsabilità spirituale. XIII. MORTE A. Ultime Volontà 630. Ogni bahá’í è incoraggiato a fare testamento 631. Nel Testamento il credente può disporre entro i limiti di legge dei suoi beni come crede 632. Evitare di nominare esecutrice testamentaria l’Assemblea Nazionale o Locale, ove le Istituzioni così dispongano 633. I bahá’í devono specificare nel testamento il loro desiderio di avere un funerale bahá’í – Dovrebbero informarne l’Assemblea ed i parenti non bahá’í 634. Attenta considerazione da parte dell’Assemblea Spirituale verso lasciti del testatore – Eventuale rifiuto di irragionevoli richieste 635. Dichiarazione di nullità da parte dell’Assemblea di una disposizione contraria alle leggi bahá’í 636. I bahá’í sono liberi di formulare qualsiasi disposizione nel loro testamento - Non è permesso mettere in discussione le disposizioni del testamento di un altro B. Leggi per la sepoltura 637. Divieto di trasportare il corpo ad oltre un’ora di distanza 638. Leggi sul funerale obbligatorio per i credenti occidentali 639. Preparazione per la sepoltura - Non è permesso l’imbalsamazione 640. Legge bahá’í per la sepoltura: la bara dev’essere di cristallo, pietra o legno 641. Per quanto immaturo possa essere un feto, bisogna averne rispetto 642. La cremazione è contraria alle leggi bahá’í - I parenti bahá’í e l’Assemblea Spirituale sono responsabili 643. In caso di morte in mare è applicabile la legge marittima - È preferibile la sepoltura in terra 644. Il credente dovrebbe assicurarsi che la propria sepoltura verrà effettuata secondo le leggi bahá’í 645. Preparazione per il funerale bahá’í 646. Rivolgere il volto del defunto verso la Qiblih 647. L’ora di viaggio può essere calcolata dai confini della città 648. Cimitero distante oltre un’ora a piedi dal villaggio 649. La pietra tombale 650. La seta funeraria 651. Occorre raccomandare ai bahá’í sotto le armi le leggi sul funerale C. Cimiteri Bahá’í 652. È permesso accettare da organi governativi un pezzo di terreno da destinare a cimitero 653. Riesumazione 654. Attualmente non esistono norme precise per i cimiteri bahá’í 655. Non si rifiuta la sepoltura di bahá’í che hanno perduto il diritto di voto - L’Assemblea può autorizzare la sepoltura di non bahá’í 656. È inopportuno mettere il Più Grande Nome o il simbolo delle pietre per anelli sulle tombe D. Servizi funebri 657. Il servizio funebre bahá’í è riservato solo ai credenti 658. Si devono osservare la massima semplicità e flessibilità 659. Non è vietato ai bahá’í di intervenire ad un funerale non bahá’í di un credente 660. È permesso cambiare il genere nella preghiera obbligatoria per i defunti 661. La preghiera per i defunti deve essere recitata da un solo credente 662. Durante la lettura della lunga preghiera per i defunti possono essere presenti anche non bahá’í 663. Preghiera per i Defunti - Condizioni particolari 664. Qualsiasi preghiera si può recitare per le donne - Il testo non deve essere cambiato 665. Riunioni di commemorazione E. Cremazione 666. Cremazione 667. È permesso lasciare il proprio corpo per ricerche mediche, a condizione che non venga cremato 668. L’intimo tempio vede la propria forma materiale 669. Il corpo, formato gradualmente, deve decomporsi gradualmente 670. L’Assemblea Spirituale non può organizzare la cremazione dei resti di un bahá’í 671. Si può usare la parola ‘bahá’í’ al centro della stella a nove punte 672. Sulle pietre tombali si possono usare citazioni dagli Insegnamenti 673. È consentito che parenti non bahá’í siano seppelliti in cimiteri bahá’í. F. Suicidio 674. Il suicidio è decisamente condannato negli insegnamenti 675. La luce manifestata da Bahá’u’lláh può alleviare la disperazione dei giovani 676. I bahá’í sono liberi di pregare per i morti 677. Sforzarsi d’allontanare dalla mente ogni pensiero di suicidio e morte 678. Consolazione per i genitori del defunto G. La vita dopo la morte; l’anima 679. Beneficenza e buone azioni in memoria dei trapassati 680. L’uomo è destinato da Dio a svilupparsi spiritualmente per l’eternità 681. Tradizioni non bahá’í 682. L’anima continuerà a progredire attraverso molti mondi 683. Possiamo aiutare tutte le anime a raggiungere ranghi elevati 684. Intercessione nell’altro mondo 685. Lascito ai poveri 686. La condizione dell’anima dopo la morte non potrà mai essere descritta 687. Non esistono anime confinate alla terra 688. Nessun potere è esercitato sugli uomini da anime cattive dopo la morte 689. Anime gemelle 690. Influenza di anime sante e spirituali 691. L’anima agisce 692. L’altro mondo è in questo mondo 693. L’anima di un assassino 694. Unione nell’altro mondo 695. La morte può perdere il suo pungiglione 696. Con la visione delle grazie dell’altro mondo nessuno vorrebbe restare in questo 697. Le anime buone pervengono ad una condizione di gran lunga più nobile e bella 698. Dopo la morte, l’anima mantiene la sua individualità e la sua consapevolezza 699. Tutte le anime progrediscono spiritualmente nell’altro mondo - I parenti dei credenti otterranno almeno in parte il Regno 700. Certe cose restano un mistero nel nostro attuale stadio di sviluppo 701. I Profeti non hanno mai rivelato cosa ci accade dopo la morte - Credere in Dio e nei Suoi Profeti genera crescita spirituale 702. Le speculazioni sulla natura della vita dopo la morte hanno scarsa fondatezza 703. Dio può essere conosciuto solo attraverso i Suoi Profeti - Inferno e Paradiso sono condizioni dell’anima 704. Il progresso spirituale è infinito 705. Come “Guadagnare il Paradiso” - Dipende da due cose XIV. EDUCAZIONE A. Accademica e spirituale 706. Educazione dell’uomo 707. Educazione fisica, intellettuale, spirituale ed etica dell’uomo 708. L’uomo: il maggiore rappresentante di Dio 709. L’educazione moderna non produce menti mature 710. Ognuno deve essere educato secondo le sue necessità ed i suoi meriti 711. Educare i detenuti 712. Gli uomini sono come scolari, e i Profeti come i loro insegnanti 713. L’apprendimento è il massimo dono di Dio B. Università e Collegi 714. La vita universitaria 715. Non esiste ancora un programma di studi bahá’í 716. Tre principi cardinali 717. Caratteristiche degli studenti dei collegi bahá’í 718. ‘Abdu’l-Bahá ingiunge agli studenti bahá’í di eccellere su tutti gli altri - Enfasi sulla sincerità 719. Sfida agli studenti persiani 720. L’insegnamento nelle università e nei collegi 721. Studiando a scuola o all’università XV. DOTAZIONI LOCALI E NAZIONALI 722. Un terreno di dotazione utilizzato quale sito di ?a?íratu’l-Quds cessa di essere una dotazione in senso bahá’í 723. Dotazioni nazionali 724. Dotazioni Locali 725. Terreno di dotazione: vi si può edificare una struttura temporanea 726. Un terreno di dotazione dev’essere considerato un investimento per le Assemblee Locali 727. Possibilità di utilizzare le proprietà di dotazione per servizi sportivi o per ottenere proventi per il lavoro della Fede 728. Sommario dei principi che devono guidare l’accettazione di un terreno gratuito per uso bahá’í XVI. LA FAMIGLIA A. Rapporti familiari 729. Vincoli familiari 730. La famiglia: un tipo speciale di comunità - Ogni membro ha diritti e doveri 731. La famiglia progredisce quando vi è unità 732. Bahá’u’lláh ha predisposto la strada per rimuovere ostilità e dissensi dal mondo 733. È importante per l’uomo farsi una famiglia 734. Chiavi per il rafforzamento della famiglia 735. Problema “suocera” 736. Una casa veramente bahá’í - Una fortezza su cui la Causa può contare 737. La famiglia è un’istituzione che Bahá’u’lláh è venuto a consolidare e non a indebolire 738. Preservare la famiglia bahá’í: armonia, unità e amore, supremi ideali nei rapporti umani 739. Diritti e prerogative di ciascun membro della famiglia 740. Violenza in famiglia 741. L’amore può trasformare la persona meschina e gretta in anima celestiale 742. Essere pazienti con il coniuge non bahá’í ed attrarlo con amorevole gentilezza, saggezza e tatto 743. Insegnare ai parenti 744. Guadagnarsi il diritto di intercedere per la famiglia 745. Non ingannare i genitori o il coniuge, ma essere discreti 746. Dovere del credente è di cercare di portare la famiglia alla Fede 747. In presenza di ostilità di membri della famiglia, evitare antagonismi e lasciarli a se stessi B. Rapporti fra marito e moglie 748. Chiavi per il rafforzamento della famiglia 749. Onore e privilegio decretati per le donne: Obbedienza al marito 750. Il dominio del marito e della moglie non è giusto 751. Talvolta la moglie deve rimettersi al marito e viceversa 752. Nella Tavola del Mondo è previsto che donne e uomini si guadagnino la vita 753. Amore fra marito e moglie 754. L’Istituzione del matrimonio 755. Marito e moglie come un’anima sola 756. La moglie tratti il marito con gentilezza 757. Sopportare crudeltà, maltrattamenti e mostrare gentilezza 758. Invocare l’aiuto di Bahá’u’lláh e pensare a ‘Abdu’l-Bahá come esempio perfetto 759. Incombe ai bahá’í di fare sforzi sovrumani per evitare il divorzio C. Antenati e discendenti 760. La fede del credente attrae la misericordia di Dio verso le anime dei genitori 761. Il credente sincero può intercedere per i suoi avi* Rapporti fra genitori e figli 762. Il più importante di tutti i doveri dopo il riconoscimento di Dio: Tenere in debita considerazione i diritti dei genitori 763. Se i figli non obbediscono ai genitori... non obbediranno a Dio 764. Il figlio deve servire il padre 765. Consultazione tra padre e figlio 766. Il padre deve consigliare il figlio - il figlio deve obbedire al padre 767. Rispetto per i genitori - Nessuna preclusione per il figlio di servire la Causa 768. Scegliere tra servire Bahá’u’lláh o servire i genitori 769. È un privilegio prendersi cura dei genitori 770. Pregare per i genitori 771. Il padre che non educa i figli perde i diritti di patria potestà 772. La madre non deve essere necessariamente relegata in casa 773. Per il pionierismo dei figli minorenni occorre il consenso dei genitori 774. Genitori e figli nel campo del pionierismo XVII. IL DIGIUNO 775. Significato spirituale del digiuno. 776. L’osservanza del digiuno è un obbligo universale 777. Il digiuno ha effetti salutari sia fisicamente che spiritualmente 778. Seguire i consigli del medico in presenza di problemi di salute 779. La saggezza divina nel digiuno 780. I viaggiatori sono dispensati dal digiuno: Il digiuno non è interrotto se si mangia inconsciamente. 781. Digiuno alle alte latitudini. 782. Il fumo è una forma di bevanda 783. Osservanza del digiuno durante la scuola militare 784. Preghiera per il digiuno XVIII. TIMORE 785. Il timor di Dio ed il senso del pudore proteggono l’uomo da comportamenti sconvenienti 786. Insegnare ai bambini il timor di Dio tramite il concetto dell’unicità e delle leggi 787. La conoscenza eliminerà in gran parte la paura 788. La mancanza di fede nell’immortalità è causa di paura, di indebolimento della forza di volontà e di degrado dell’uomo 789. Significato del termine “Timor di Dio” 790. Spiegare il timor di Dio ai bambini 791. La paura non risolve i problemi 792. Vincere la paura. 793. Dimenticare le paure, insegnare e servire la Fede 794. Timor di Dio - Necessità dell’elemento paura XIX. LA FESTA DEL DICIANNOVESIMO GIORNO A. Natura e funzione 795. Scopo della Festa del Diciannovesimo Giorno 796. La Festa del Diciannovesimo Giorno - Cena eucaristica 797. ‘Abdu’l-Bahá è presente col cuore e con l’anima 798. Non è obbligatorio partecipare alla Festa del Diciannovesimo Giorno 799. Se le feste vengono celebrate in modo giusto 800. Profezie circa le Feste 801. Gli ospiti possono prendere parte alla consultazione, ma non votare 802. Omettere la parte consultativa della Festa, se sono presenti non bahá’í 803. Il diritto di voto non può essere tolto a chi non partecipa alla Festa 804. Partecipazione dei non bahá’í alla Festa del Diciannovesimo Giorno 805. La Festa del Diciannovesimo Giorno è esclusivamente per bahá’í; non è permessa alcuna deroga a questo principio 806. I gruppi, i credenti isolati e gli amici tutti devono osservare la Festa del Diciannovesimo Giorno 807. Dove tenere la Festa del Diciannovesimo Giorno 808. Il padrone di casa deve servire personalmente 809. I Fanciulli con meno di quindici anni possono partecipare alle Feste 810. Feste del Diciannovesimo Giorno rionali B. Quando tenere la Festa del diciannovesimo giorno 811. Quando tenere la Festa del Diciannovesimo Giorno 812. Coincidenza della Festa con il giorno dedicato ad incontro pubblico 813. La Festa deve essere tenuta il giorno prescritto prima del tramonto 814. La Festa può essere celebrata durante i Giorni Intercalari ed anche durante il mese del digiuno 815. Alle alte latitudini è permesso regolarsi con l’orologio 816. Giorno “più adatto” per la celebrazione della Festa C. Programma della Festa del Diciannovesimo Giorno 817. Parte devozionale della Festa 818. Traccia del programma devozionale 819. Scritti che possono essere letti nella parte spirituale della Festa 820. Lettura dagli Scritti del Custode nelle Feste tenute in Persia 821. È consigliabile leggere passi tratti dalle proprie Sacre Scritture 822. Musica nelle Feste bahá’í 823. È consigliabile che i credenti facciano uso di inni, poemi e canti 824. Musica strumentale durante le Feste 825. Ogni membro leale ed intelligente ha la responsabilità di fornire suggerimenti, fare raccomandazioni o critiche 826. La consultazione nella Festa del Diciannovesimo Giorno 827. Vendita di oggetti alla Festa del Diciannovesimo Giorno XX. FIRESIDES 828. I firesides sono più efficaci della pubblicità 829. Si deve tenere un fireside in casa ogni 19 giorni 830. Il servizio prestato una volta dai preti è il servizio che ciascun bahá’í è tenuto a rendere personalmente alla propria religione 831. Quella casa è un giardino di Dio 832. Il fireside in casa è un esempio di meta individuale 833. Bisogna aiutare i nuovi credenti a diventare “veri bahá’í” - Poi introdurli nella comunità 834. Lo Spirito Santo vivifica gli amici - Devono diventare canali per la sua diffusione XXI. IL FONDO BAHÁ’Í A. Contribuzioni - Responsabilità dei Bahá’í 835. Il donare e l’essere generosi 836. Dio chiede a ciascun’anima in proporzione alle sue capacità 837. Responsabilità di ogni bahá’í 838. Non si possono fissare limiti alle contribuzioni delle persone 839. Un servizio che ogni credente può rendere 840. Commercio, agricoltura ed industria benedetti più volte 841. Solo i credenti hanno il privilegio di contribuire 842. Non si deve indebitare per contribuire al Fondo B. Chi può contribuire 843. Caratteristiche che distinguono la Causa di Dio 844. Donare al Fondo è un privilegio spirituale 845. Un’anima che accetta Bahá’u’lláh diventa compagna di lavoro nella Causa di Dio 846. È permesso contribuire solamente a chi palesemente afferma di riconoscere Bahá’u’lláh 847. Essi devono creare un senso di appartenenza 848. Contribuzioni di figli di genitori non bahá’í o di uno solo bahá’í 849. Vendita di oggetti a beneficio dei Fondi bahá’í 850. Inopportunità per un’Istituzione bahá’í di sponsorizzare una vendita aperta al pubblico a beneficio dei fondi 851. Vendita all’asta fra bahá’í - Contribuire al Fondo è una responsabilità spirituale 852. Lotterie 853. Direttive per la costituzione di un’impresa d’affari di proprietà di bahá’í 854. Motivi per non accettare donazioni da non bahá’í per l’amministrazione della Fede 855. Istruzioni sull’accettazione di fondi da parte del Governo ed altre fonti non bahá’í 856. Una persona che trae il suo sostentamento dalla carità pubblica deve contribuire ai Fondi bahá’í? C. Il tesoriere e l’Assemblea Spirituale 857. Fidatezza - Requisito essenziale per i responsabili della custodia dei Fondi 858. Grande responsabilità dei membri dell’Assemblea Spirituale Nazionale - Necessità di due firme per il prelievo di fondi 859. L’Assemblea Locale di una grossa comunità può nominare un comitato per aiutare il tesoriere 860. Funzioni dei comitati di tesoreria 861. Comitato Nazionale di Tesoreria 862. Comitato Nazionale di Tesoreria 863. Il Tesoriere è l’amministratore eletto per la tesoreria, ma tutti i membri dell’Assemblea Spirituale Nazionale ne sono responsabili 864. Insegnare la fidatezza per mezzo degli Scritti - Spiegare alle persone che saranno responsabili del denaro che maneggiano 865. L’Assemblea Spirituale Nazionale deve richiedere un controllo annuale della contabilità del tesoriere 866. Alcune istruzioni per i tesorieri 867. È consigliabile che l’Assemblea abbia una riserva finanziaria 868. È dovere dell’Assemblea Nazionale non permettere che gli interessi nazionali siano messi in pericolo da considerazioni di carattere personale 869. L’Assemblea non deve sentire imbarazzo o vergogna nel rivolgersi agli amici 870. Gli interessi generali e nazionali della Causa hanno la precedenza su quelli locali ma può essere opportuno sviluppare prima i fondi locali 871. L’Assemblea ha l’obbligo di raccomandare ai credenti tutti i Fondi*, Internazionale, Continentale, Nazionale e Locale 872. Le contribuzioni possono essere inviate direttamente ad Haifa 873. Fondo Continentale 874. Le promesse possono essere un mezzo utile per incoraggiare le contribuzioni 875. Nelle aree d’insegnamento alle masse gli amici devono essere coscienti delle benedizioni e delle responsabilità a loro riservate 876. Riunioni “porta e compra”. 877. L’Assemblea può vendere le contribuzioni in natura a mezzo di un banditore professionista 878. Divieto di imporre tasse e tributi a carico delle Assemblee Spirituali Locali 879. L’Assemblea Spirituale Locale decide autonomamente come utilizzare i fondi – L’Assemblea Spirituale Nazionale può dare solo suggerimenti 881. Sollecitare fondi da altri Paesi 882. I bahá’í sono liberi di contribuire per progetti in qualunque paese D. Fondi vincolati 883. Non disattendere la destinazione dei fondi vincolati 884. Fondi vincolati per particolari spese o specifici progetti 886. Casi di poca praticità o mancanza di saggezza di contribuzioni vincolate... 885. I proventi della vendita di proprietà acquistate con fondi vincolati conservano lo stesso vincolo 886. È molto importante che la contabilità dei fondi vincolati sia corretta 887. Il donatore non ha diritto di modificare la destinazione dei Fondi, a meno che l’Assemblea non ne accetti la richiesta 888. L’Assemblea deve cercare di preservare il valore reale dei fondi affidateli - In particolare se trattasi di fondi vincolati 890. Usare particolare attenzione a non violare il diritto di vincolo - Le contribuzioni vincolate devono essere assegnate dall’Assemblea a fondi separati 891. Rispettare la riservatezza delle contribuzioni dei credenti, siano esse vincolate o meno XXII. IL PIÙ GRANDE NOME DI DIO A. Il più Grande Nome 892. Il più Grande Nome è il Nome del conforto, della protezione, ecc. 893. I bahá’í possono salutarsi dicendo Alláh-u-Abhá 894. Il Più Grande Nome è il Nome di Bahá’u’lláh 895. Il Più Grande Nome è un’invocazione e un simbolo della nostra Fede 896. Uso del simbolo del Più Grande Nome - Non è appropriato applicarlo su oggetti di uso comune 897. Istruzioni sull’uso dei simboli del Più Grande Nome sulla cancelleria e nei quadri 898. L’uso degli adesivi non è incoraggiato 899. Pietre tombali 900. Simboli 901. Fabbricazione e vendita di oggetti con il Più Grande Nome 902. Non è vietato usare nelle canzoni il Più Grande Nome, i nomi delle Manifestazioni o quelli delle Figure Centrali della Fede 903. Riproduzione del Più Grande Nome su gioielli per motivi commerciali 904. Distruzione di un quadro raffigurante il Più Grande Nome 905. Recitare il Più Grande Nome 95 volte al giorno 906. Il Più Grande Nome o i quadri raffiguranti ‘Abdu’l-Bahá devono essere collocati in posizione dignitosa B. Simbolo raffigurato su anelli e gioielli 907. Il simbolo inciso sugli anelli è una forma del Più Grande Nome - Suo uso nei gioielli 908. Ai bahá’í non è richiesto portare l’anello con il simbolo 909. Spiegazione dell’iscrizione sugli anelli 910. Il significato delle stelle 911. Il Più Grande Nome - Un’invocazione XXIII. ?A?ÍRATU’L-QUDS 912. ?a?íratu’l-Quds - Sua principale funzione 913. Non è corretto ballare nell’?a?íratu’l-Quds 914. ?a?íratu’l-Quds locali e nazionali 915. Principi che regolano l’accettazione di doni 916. Accantonamento annuale di una somma da parte delle Assemblee Spirituali Nazionali per la manutenzione delle proprietà 917. Responsabilità dell’Assemblea Spirituale Nazionale di conservare e valorizzare le proprietà - Ogni bahá’í può dare il suo aiuto in molti modi 918. Acquisto e vendita di ?a?íratu’l-Quds 919. Il Centro Nazionale non deve essere usato per i bisogni dell’Assemblea Spirituale Locale - È preferibile che il segretario nazionale viva nell’ ?a?íratu’l-Quds 920. L’Assemblea Spirituale Nazionale deve operare dall’ ?a?íratu’l-Quds Nazionale - In seguito, il segretario nazionale presterà servizio a tempo pieno 921. Sistemazione preferibile e norma bahá’í è che il Segretario Nazionale viva nell’?a?íratu’l-Quds - Non deve considerarsi un diritto di carica 922. Un ?a?íratu’l-Quds regionale serve per la comunità locale e come luogo di riunione per i bahá’í di un’area più vasta XXIV. SALUTE, GUARIGIONE E ALIMENTAZIONE A. Guarigione spirituale e fisica 923. In caso di malattia, consultare medici competenti 924. Preghiere per la guarigione spirituale e fisica 925. Influenza del Più Grande Nome sulle cose sia spirituali che materiali 926. Due modi per guarire le malattie 927. Due processi di guarigione - Non è sufficiente la sola preghiera 928. Le guarigioni fisica e spirituale sono essenziali e complementari 929. La guarigione materiale deve essere rafforzata da quella spirituale 930. Cura delle malattie - Non esistono “guaritori bahá’í” 931. Associare direttamente alla Causa tali cose finirebbe col nuocerle 932. Fenomeno non unico 933. Essere capaci di aiutare un’anima sofferente 934. Dobbiamo fare in modo che la Fede non sia identificata con queste cose. 935. Non deve diventare un guaritore 936. Guarigione dello Spirito Santo 937. Visitare gli ammalati 938. Per quanto critica e senza speranza sia una situazione, si deve consultare e seguire la terapia di un medico competente 939. Per una veloce guarigione occorrono forze sia spirituali che materiali 940. Le malattie fisiche non intaccano l’anima 941. I bahá’í devono evitare di debilitarsi fisicamente e di subire crolli 942. La guarigione spirituale del mondo di oggi è la sua primaria necessità - I bahá’í sono il lievito che deve far fermentare le masse 943. Alcune malattie sono legate allo sviluppo spirituale del malato o di quello dei suoi cari 944. La sofferenza fisica è necessaria all’esistenza ed è inevitabile 945. Il Kitáb-i-Aqdas esorta i credenti a rivolgersi al medico per qualsiasi male fisico 946. È responsabilità dei credenti prendersi cura degli ammalati B. Malattie Mentali 947. Poco si conosce della mente e del suo operare 948. Le malattie mentali non influenzano il nostro spirito o il nostro intimo rapporto con Dio 949. Due tipi di malattie - La follia può essere curata con la preghiera 950. Alcune serie deficienze fisiche o mentali, possono rendere incapaci a contrarre matrimonio 951. È permesso consultare psichiatri 952. Pregare, ma allo stesso tempo consultare medici capaci 953. La mente può essere aiutata dai medici, ma l’anima non trae alcun giovamento dalla psicoterapia 954. Gli studi sulla mente sono all’inizio - Le cure dei disturbi mentali stanno progredendo 955. La malattia mentale non è spirituale 956. I bahá’í devono evitare atteggiamenti pessimisti verso malattie mentali 957. Psichiatria C. Medici 958. Benedetto è il medico che cura nel Nome di Dio 959. Sottoporsi a terapie ed obbedire ai medici è una ordinanza divina 960. Si deve obbedire al comando di Dio ed accettare il parere dei medici 961. La medicina è estremamente utile 962. Il malato deve rivolgersi a medici esperti 963. Il medico ha due poteri 964. Quando curi un paziente rivolgiti alla Bellezza Benedetta 965. È imperativo consultare un medico anche quando lo è lo stesso paziente 966. Solo Dio ha il potere di dare la vera guarigione - Molti medici sono morti della malattia in cui erano specialisti 967. Servire è pregare 968. I medici particolarmente dotati possono curare meglio di una madre amorevole 969. Le forze liberate da Bahá’u’lláh sono destinate a rivelarsi attraverso i Suoi seguaci 970. I medici non devono lavorare nei 9 Giorni Sacri 971. Costumi corrotti D. Malattie e Pratiche Mediche 972. La scienza medica progredirà notevolmente con il risveglio spirituale dell’uomo 973. Madri delegate e inseminazione artificiale 974. Creazione artificiale della vita 975. Concepimento senza sperma 976. Ipnotismo 977. Autosuggestione e ipnotismo 978. Cancro 979. Cancro – non è definito una malattia spirituale 980. Chiropratica 981. Circoncisione 982. Riferimenti a certi aspetti della professione medica non esistono negli Scritti sacri 983. Trapianti di cuore e reni 984. Donatori di organi, inclusi gli occhi 985. Eutanasia (Soppressione pietosa) 986. In caso di autopsia il corpo umano deve essere trattato con rispetto 987. Mezzi artificiali di mantenimento in vita 988. Telepatia 989. Prima di sottoporsi a operazioni serie, consultare più di un medico 990. Proteggere la salute dormendo a sufficienza 991. È necessario salvaguardare la salute per servire la Causa 992. Vaccinazione 993. Vivisezione 994. Torturare gli animali - Quando il cuore degli uomini cambierà le ricerche mediche elimineranno il più possibile le sofferenze degli animali 995. Durante la vivisezione gli animali devono essere bene anestetizzati 996. I peccati sono una possente causa di malattie fisiche E. Educazione materiale 997. Educazione materiale 998. È essenziale prendersi cura dei bambini fin dai primi giorni di vita 999. Dare ai bambini il vantaggio di ogni utile genere di sapere 1000. L’educazione e lo sviluppo del corpo assicurano forza e crescita 1001. Vi dovrebbe essere nel mondo un programma di sviluppo della gioventù 1002. Giochi F. Dieta e alimentazione 1003. Curare le malattie con la dieta, ma non dimenticare le cure mediche 1004. Il pasto di una sola portata è più gradito agli occhi di Dio 1005. Il latte della madre di norma è il migliore per il bambino 1006. Astinenza dal mangiare carne animale 1007. I quattro canini dell’uomo 1008. ‘Abdu’l-Bahá ha detto che i bahá’í devono sviluppare la medicina così da curare le malattie con i cibi 1009. La scienza della medicina è ancora nella sua infanzia 1010. Si devono uccidere gli animali per cibarsene? 1011. Molte malattie che colpiscono l’uomo, colpiscono anche gli animali - Gli animali si curano con il cibo e gli alimenti 1012. Mangiare carne di maiale non è proibito 1013. Il corpo è simile ad un cavallo e trasporta la personalità e lo spirito 1014. I profeti di Dio non sono immuni dalle sofferenze umane 1015. Nessuna specifica scuola di alimentazione o di medicina si richiama agli Insegnamenti bahá’í 1016. Disponiamo di guida, indicazioni e principi che gli esperti studieranno attentamente in futuro 1017. I credenti devono cercare aiuto e consiglio dagli esperti - Gli Insegnamenti non dicono nulla su carne o pesce XXV. GIORNI SACRI 1018. Due giorni sacri in cui non è proibito lavorare – Spiegazione del significato del Giorno del Patto 1019. Sospensione delle attività amministrative bahá’í nei Giorni Sacri 1020. Sospensione del lavoro delle Radio bahá’í nei nove Giorni Sacri - Speciali programmi possono essere presentati da volontari 1021. I negozi di proprietà di bahá’í devono rimanere chiusi durante i Nove Giorni Sacri - Nel Tempio Madre possono essere garantiti i servizi minimi essenziali 1022. Eccezioni in caso di servizi richiesti da un contratto 1023. Fare regali non è parte integrante di nessuno dei Giorni Sacri bahá’í - Non esiste comunque un divieto 1024. Momento opportuno per riunioni di commemorazione 1025. Naw-Rúz 1026. Naw-Rúz non ha niente a che vedere con la Festa del Diciannovesimo Giorno 1027. Naw-Rúz deve essere celebrato secondo l’equinozio di primavera 1028. Cartoline per Naw-Rúz 1029. Cessazione della celebrazione delle festività cristiane fra i bahá’í 1030. I Giorni Sacri sono occasioni adatte per la fondazione di istituzioni e progetti di sviluppo economico e sociale XXVI. L’ISTITUZIONE DELL’?UQÚQU’LLÁH 1031. Il pagamento dell’?uqúqu’lláh purifica le proprietà, attrae prosperità e benedizioni 1032. Dono che seguirà l’anima in ogni mondo di Dio 1033. Moderazione nella prodigalità 1034. Divieto di sollecitare l’?uqúqu’lláh 1035. Fidatezza nell’?uqúqu’lláh 1036. L’?uqúqu’lláh designato come Istituzione della Causa - Calcolo dell’equivalente di un mithqál d’oro 1037. La promulgazione dell’?uqúqu’lláh è responsabilità delle Assemblee Spirituali - La Casa Universale di Giustizia determina l’uso dell’?uqúqu’lláh 1038. La contabilità personale deve tenere distinto l’?uqúqu’lláh dalle contribuzioni - L’?uqúqu’lláh ha la precedenza 1039. Quale segno di misericordia, le spese di funerale e i debiti hanno la precedenza sull’?uqúqu’lláh 1040. Amministrazione fiduciaria dell’?uqúqu’lláh 1041. L’?uqúqu’lláh non si paga ogni anno sui beni complessivi 1042. L’?uqúq non si paga sugli attrezzi e arnesi agricoli 1043. Valore dell’abitazione, dell’arredamento e degli strumenti di lavoro esentati dall’?uqúqu’lláh degli eredi 1044. Il pagamento dell’?uqúqu’lláh è un dovere spirituale vincolante - Conferisce prosperità e onore, assicura vera felicità XXVII. ISTITUZIONI SPECIALI A. Definizione 1045. Definizione di Istituzione 1046. Istituzioni relative al Custodiato B. Il Custodiato 1047. Il Custodiato – Accettazione del – Un Giorno cui non seguirà la notte 1048. La parola «Custodiato» usata con significati diversi 1049. Le prerogative e i compiti del Custode sono di tre tipi 1050. Non spetta ai credenti limitare o giudicare l’infallibilità del Custode 1051. L’interpretazione autorevole degli Insegnamenti, dopo ‘Abdu’l-Bahá, diritto esclusivo del Custode 1052. Differenza fra interpretazione autorevole e comprensione individuale 1053. In questo Giorno Dio ha ordinato che la guida venga accordata all’uomo tramite istituzioni 1054. Futuri Custodi 1055. Al Custode è assicurata la guida di Bahá’u’lláh e del Báb 1056. Il Custode è l’interprete della Parola: la Verità Divina è relativa 1057. Il Custodiato non perde di significato o rango perché non c’è un Custode vivente 1058. Il rango di Custode non potrà essere preteso prima del passare di mille anni C. La Casa Universale di Giustizia 1059. La Casa Universale di Giustizia è stata istituita dal Fondatore della Fede 1060. Vertici dell’Ordine Mondiale di Bahá’u’lláh 1061. Funzioni Legislative 1062. Il processo legislativo 1063. Riveste funzioni generali di protezione e di amministrazione della Causa 1064. L’infallibilità della Casa Universale di Giustizia non è condizionata alla presenza del Custode 1065. Alla Casa di Giustizia è conferita l’infallibilità 1066. Diritto della Casa di Giustizia di dedurre leggi sussidiarie dal Testo Originale 1067. Nell’Ordine Mondiale di Bahá’u’lláh certe funzioni sono riservate a determinate istituzioni 1068. Le decisioni e le leggi della Casa Universale di Giustizia sono ispirate e confermate dallo Spirito Santo - Questa esclusiva Autorità impedirà gli errori delle passate Dispensazioni 1069. Il Patto è la forte corda cui tutti devono aggrapparsi 1070. La Casa Universale di Giustizia è “l’estremo rifugio di una civiltà vacillante” 1071. I Successori prescelti di Bahá’u’lláh e di ‘Abdu’l-Bahá 1072. La Casa Universale di Giustizia ha compiti esecutivi, giudiziari e legislativi 1073. Impossibilità di nominare il successore di Shoghi Effendi o altre Mani della Causa D. Tribunale Supremo 1074. Elemento della Pace Minore 1075. Il Tribunale supremo adempirà al compito di instaurare la pace universale 1076. La missione del Tribunale Supremo è prevenire le guerre 1077. Esecutivo Internazionale – Un passo verso il Governo Mondiale Bahá’í E. Mani della Causa di Dio 1078. L’Istituzione dei «dotti» 1079. Le Mani della Causa di Dio non ereditano rango o titolo 1080. Tavola rivelata per le Mani della Causa 1081. Istituzione ausiliare del Custodiato 1082. Funzioni delle Mani della Causa 1083. L’autorità di espellere e riammettere è esercitata dalle Mani della Causa 1084. Prerogative e obblighi delle Mani della Causa quando si consultano con i Corpi dei Consiglieri e le Assemblee Nazionali 1085. Non è consono che servano nelle istituzioni amministrative 1086. Il rango e lo status delle Mani della Causa di Dio F. Centro Internazionale d’Insegnamento 1087. Fondazione e compiti del Centro Internazionale d’Insegnamento G. Corpi Continentali dei Consiglieri 1088. Compiti dei Corpi Continentali dei Consiglieri 1089. Durata della funzione dei Consiglieri Continentali 1090. Rapporto fra i Consiglieri e le Assemblee Spirituali Nazionali 1091. Rapporto fra i Corpi dei Consiglieri e le Assemblee Spirituali Nazionali 1092. I Consiglieri ed i Membri dei Corpi Ausiliari sono esenti da responsabilità di carattere amministrativo 1093. Unico comune obiettivo dei Consiglieri e delle Assemblee Spirituali Nazionali 1094. I Consiglieri seguono le orme delle Mani della Causa 1095. Complementarietà delle funzioni dei Consiglieri e delle Assemblee Spirituali 1096. Il buon funzionamento della società richiede la conservazione di ranghi e classi 1097. Orgoglio e boriosa presunzione sono fra i peggiori peccati 1098. Differenze di rango sono intese ad incanalare, non ad ostacolare il lavoro della Causa 1099. I Consiglieri devono lasciare ai Membri del Corpo Ausiliario ampia libertà d’azione 1100. L’Assemblea pianifica e dirige i lavori - I piani devono essere noti ai Consiglieri ed ai Membri del Corpo Ausiliario 1101. I Consiglieri possono riferire all’Assemblea Spirituale Nazionale, tramite i membri del Corpo Ausiliario, comportamenti riprovevoli di singoli credenti 1102. Ogni Istituzione di questo Ordine Divino è un rifugio in più per una società vacillante H. Consigli Ausiliari per la Protezione e la Propagazione 1103. Due Consigli Ausiliari istituiti dal Custode con funzioni distinte ma complementari 1104. Non è necessario che le aree di competenza dei Consigli per la Protezione e per la Propagazione siano le stesse 1105. In casi eccezionali un solo membro di un Corpo può coprire un’area 1106. È consigliabile che il membro del Corpo Ausiliario risieda nell’area in cui presta il suo servizio 1107. Diverse funzioni dei membri dei due Consigli Ausiliari e delle Assemblee sono comuni 1108. I membri dei Consigli Ausiliari devono incoraggiare all’unità gli amici e le Assemblee 1109. I Consigli Ausiliari stimolano ed aiutano il lavoro d’insegnamento 1110. Diretti contatti dei membri del Consiglio Ausiliario con singoli credenti ed Assemblee Locali 1111. Gli amici sono liberi di rivolgersi ai membri di entrambi i Consigli Ausiliari 1112. Doveri dei membri del Consiglio per la Protezione 1113. Trattare i problemi morali nel momento in cui sorgono 1114. Compiti dei membri del Consiglio per la Propagazione 1115. I membri dei Consigli Ausiliari sono esentati da responsabilità amministrative 1116. Il membro del Consiglio Ausiliario decide cosa riferire all’Assemblea Spirituale Locale: in genere, più libero è lo scambio d’informazioni fra le due istituzioni, meglio è 1117. I membri del consiglio si devono sentire responsabili verso Dio nell’esecuzione delle loro responsabilità I. Assistenti dei Membri del Consiglio Ausiliario 1118. Nomina degli assistenti dei membri del Consiglio Ausiliario 1119. Scopo primario degli assistenti è stimolare ed assistere i credenti 1120. Un assistente può prestare la sua opera per due membri del Consiglio Ausiliario 1121. La Casa di Giustizia preferisce che gli Assistenti non si ritirino dal lavoro amministrativo 1122. L’assistente opera individualmente e non in connessione con l’Assemblea Nazionale e deve favorire calorosi rapporti fra l’Assemblea Locale ed il membro del Consiglio 1123. Applicabilità del principio della riservatezza all’assistente che è anche membro di Assemblea - La maggior parte degli argomenti non sono riservati J. Rapporti fra Consiglieri, Membri del Consiglio Ausiliario e Assistenti ed Assemblee Locali, Nazionali e Comitati 1124. L’autorità e la guida provengono dalle Assemblee: Consiglieri, Membri del Consiglio Ausiliario ed Assistenti consigliano, stimolano ed assistono 1125. Riunioni occasionali fra membro del Consiglio Ausiliario e Assemblea Spirituale Locale 1126. Evitare che i rapporti fra membri del Consiglio Ausiliario e Assemblee Spirituali Locali siano intralciati da norme 1127. Dei problemi che insorgono con i membri del Consiglio Ausiliario bisogna informare i Consiglieri 1128. Per la nomina dei membri del Consiglio Ausiliario i Consiglieri non hanno la necessità di consultarsi con l’Assemblea Spirituale Nazionale 1129. Incoraggiare le riunioni fra Consiglieri, membri del Consiglio Ausiliario, membri di Assemblea Nazionale e membri di Comitati 1130. Scambio di informazioni fra membri del Consiglio Ausiliario e Comitati 1131. Rapporti e raccomandazioni dei membri del Consiglio Ausiliario sono da trasmettere ai Consiglieri e non alle Assemblee Nazionali o ai Comitati 1132. Su questioni relative alla protezione della Fede le Assemblee Spirituali Nazionali devono rivolgersi al membro del Consiglio Ausiliario per la protezione 1133. Le istituzioni amministrative possono richiedere ai membri del Consiglio Ausiliario di svolgere certi compiti 1134. I membri del Consiglio Ausiliario non solo insegnano, ma danno anche consigli e fanno rapporti sull’amministrazione 1135. Non è necessario informare l’Assemblea Spirituale Nazionale quando i membri dei Consigli Ausiliari collaborano con un’Assemblea Spirituale Locale 1136. Le Assemblee Spirituali Nazionali si dovrebbero avvalere dei servizi dei membri dei Consigli Ausiliari e dei loro assistenti XXVIII. LINGUE 1137. Concesso il permesso di imparare le diverse lingue 1138. L’estrema importanza di una lingua ausiliaria 1139. I discorsi di un uomo ne rivelano il cuore 1140. Esperanto 1141. L’attuale necessità di una lingua ausiliaria 1142. L’esperanto si diffonderà 1143. La lingua persiana XXIX. LEGGI E ORDINANZE A. Introduzione 1144. L’obbedienza alle Leggi di Bahá’u’lláh imporrà talvolta sofferenze e prove 1145. Determinate Leggi sono oggi universalmente e attivamente applicabili 1146. Leggi governanti l’esistenza fisica e materiale 1147. È difficile seguire le leggi di Bahá’u’lláh 1148. Punizioni decise dalla Casa di Giustizia 1149. Bisogna obbedire alle leggi, ma non per paura della punizione 1150. Obbedienza alle ordinanze, anche se all’inizio non se ne vede la necessità 1151. Da bahá’í non si può continuare a bere - Occorre farlo comprendere gradualmente 1152. È ingiusto richiedere agli aspiranti l’accettazione preventiva di tutte le leggi della Fede 1153. Differenza fra consiglio (esortazione, suggerimento) e ingiunzione vincolante B. Aborto 1154. L’aborto al solo scopo di evitare la nascita di un figlio non voluto è rigorosamente proibito nella Causa 1155. Aborto e operazioni chirurgiche C. Adulterio 1156. La Fede riconosce l’impulso sessuale ma condanna le sue espressioni illegittime 1157. Le relazioni sessuali fuori dal matrimonio non sono permesse 1158. La relazione sessuale è consentita solo fra il marito e la moglie 1159. L’adulterio ritarda il progresso dell’anima D. Controllo delle nascite 1160. Il problema del controllo delle nascite non è specificatamente affrontato negli Scritti 1161. Esplosione demografica, non ci sono riferimenti negli Scritti: momento nel quale l’anima appare nel corpo e altro… 1162. Quando esercitato per prevenire la procreazione di figli 1163. I coniugi devono decidere quanti figli avere 1164. La vasectomia non è permessa se comporta permanente sterilità 1165. Legatura delle Tube 1166. Si considerino disponibilità, affidabilità e reversibilità dell’operazione. 1167. Negli Scritti non esistono riferimenti circa la contraccezione al fine di evitare la trasmissione di caratteri indesiderabili 1168. Fecondazione in vitro e madri surrogate 1169. Valutare gli attuali rischi dei contraccettivi: sterilità permanente 1170. Lettera ad un medico specializzato in ostetricia e ginecologia E. Alcol, Droghe e Tabacco 1. Alcol 1171. Le bevande alcoliche, sia leggere che forti, sono proibite se non prescritte da un medico 1172. Il Kitáb-i-Aqdas proibisce di assumere qualsiasi cosa che confonda la mente 1173. Bere è proibito. Non ci sono scuse, neppure per i dolci 1174. Aromi per dolci ed estratti 1175. Proibiti i cibi aromatizzati con liquori 1176. Alcol per rimedi casalinghi, nessuna istruzione che consenta il loro uso 1177. L’offerta di bevande alcoliche da parte dei bahá’í e delle Istituzioni bahá’í 1178. Società d’affari fra bahá’í e non bahá’í 1179. Ruolo dell’assemblea nei confronti di chi continua a bere 1180. Alcolismo e Alcolisti Anonimi 1181. L’agente pubblicitario bahá’í deve far uso di saggezza per evitare la promozione di bevande inebrianti 1182. Salvaguardare i diritti del genitore non bahá’í – Servire champagne 2. Droghe 1183. Allucinogeni – una forma di intossicazione 1184. Uso di marijuana, LSD e altri prodotti psichedelici 1185. Peyote 1186. L’oppio distrugge la mente, la coscienza e le percezioni 1187. È proibito commerciare eroina o altri narcotici 1188. Abbandonare il tabacco, l’alcool e l’oppio - Purezza e santità devono distinguere la gente di Bahá 3. Tabacco 1189. Il fumo è scoraggiato, ma non proibito 1190. Il fumo non ha alcuna attinenza con la fermezza nel Patto 1191. Evitare di far pressione sui nuovi bahá’í perché smettano di fumare 1192. Il fumo è dannoso per gradi 1193. Istruzioni sul fumo per singoli individui ed Assemblee F. Crimine, criminali e detenuti 1194. Credenti accusati di crimini 1195. Le istituzioni bahá’í non possono allo stato applicare le leggi relative ai crimini - Tali casi sono trattati dalla magistratura civile 1196. Il problema della riabilitazione dei criminali viene lasciata agli esperti nel campo 1197. Provvedimenti amministrativi per disobbedienza alla legge civile 1198. Pena per l’incendio doloso - Leggi per una società più evoluta 1199. Pena capitale e pazzia criminale 1200. Proibizione del suicidio G. Gioco d’azzardo 1201. Vendita o acquisto di biglietti di lotteria 1202. Corse ippiche, scommesse e lotterie 1203. Scommesse sui giochi di calcio, bingo e simili 1204. Bingo ed altri giochi d’azzardo per i Fondi H. Castità ed educazione sessuale 1205. L’educazione sessuale richiede saggezza e buon senso da parte dei genitori 1206. La gioventù bahá’í deve tener duro contro il lassismo e la degenerazione di una società permissiva 1207. Ogni credente deve decidere la sua linea di condotta secondo quanto ha devotamente capito dagli Scritti 1208. I bahá’í non devono avere esitazione a chiedere i consigli delle Assemblee quando ne sentano la necessità ed imparare, per mezzo dello studio e della preghiera, ad acquisire una più chiara visione della loro missione 1209. Imparare a controllare gli impulsi animali e non ad esserne schiavi 1210. Il bacio nella società moderna è moralmente dannoso 1211. I bahá’í devono dare l’esempio e indicare la via al vero modello di vita 1212. La castità prima del matrimonio deve essere assoluta, dopo il matrimonio implica l’assoluta fedeltà al coniuge prescelto 1213. I giovani bahá’í devono studiare gli insegnamenti sulla castità per essere in grado di stabilire quali intimità sono permesse e quali no 1214. Insegnare ai giovani l’autocontrollo 1215. Entrambi i sessi devono praticare la castità 1216. La castità è uno dei concetti più difficili da capire in questa epoca permissiva 1217. Figli nati fuori dal matrimonio 1218. Nel campo della moralità sessuale la gente spesso sbaglia e manca di ideali – L’Assemblea Spirituale deve agire come un padre amorevole, piuttosto che come giudice 1219. Le istituzioni devono varare programmi atti ad approfondire i credenti nella loro comprensione ed a raggiungere gli alti standard di immacolata castità instillati da Bahá’u’lláh 1220. La masturbazione I. Omosessualità 1221. Atti immorali 1222. Omosessualità e transessualità 1223. Può superare questa menomazione con consigli, aiuto medico e la preghiera 1224. La legge bahá’í protegge e rafforza il matrimonio 1225. La questione non sta nel fatto se un omosessuale praticante può essere un bahá’í, ma se può risolvere il suo problema attraverso gli insegnamenti 1226. Pur riconoscendo l’origine divina dell’impulso sessuale nell’uomo, la religione insegna che esso deve essere controllato 1227. Dio ci assicura la Sua guida quando ci sforziamo di obbedirGli 1228 Occorre fare uno sforzo per resistere agli impulsi ostinati, rivolgendosi agli Scritti sacri per distogliere i propri pensieri 1229. Le relazioni omosessuali sovvertono lo scopo della vita umana 1230. Omosessualità, immoralità e adulterio sono proibiti nella Fede J. LEGGI SUL MATRIMONIO 1. Consenso dei genitori 1231. Conoscere il carattere è una responsabilità dei fidanzati e dei genitori 1232. Si deve diventare profondamente familiari con il carattere l’uno dell’altra 1233. La legge che richiede il consenso dei genitori deve spronare i giovani a considerare il matrimonio una cosa seria 1234. Il consenso dei genitori è richiesto per gli adulti, per un secondo matrimonio, nonché per bahá’í e non bahá’í 1235. La legge del consenso dei genitori rafforza i rapporti familiari 1236. La legge del consenso dei genitori influenza le basi della società umana 1237. Il consenso di tutti i genitori viventi pone loro una grave responsabilità 1238. I genitori possono chiedere consiglio all’Assemblea Spirituale, ma la decisione finale spetta a loro 1239. L’opposizione di membri della famiglia diversi dai genitori non inficia la validità del matrimonio 1240. Matrimonio con un non bahá’í: si richiede il consenso di tutti i genitori 1241. Il figlio/a può richiedere ai genitori di riconsiderare la loro decisione - Assistenza dell’Assemblea 1242. Il consenso dei genitori è spesso negato per motivi bigotti 1243. Se i genitori sono viventi, se ne deve ottenere il consenso 1244. Circostanze per cui non è richiesto il consenso dei genitori al matrimonio 1245. Non è possibile per un vero credente ritirarsi dalla Fede per non rispettare una legge di Bahá’u’lláh 1246. Consenso dei genitori al matrimonio, non alla cerimonia religiosa bahá’í 1247. Occorre effettuare ogni ragionevole ricerca per rintracciare i genitori: l’Assemblea responsabile deve avere la certezza che ciò sia stato fatto 1248. Si può chiedere ad altre persone di avvicinare i genitori a nome dell’interessato/a 1249. I matrimoni sono concepiti per favorire unità e armonia - Genitori e figli allontanatisi gli uni dagli altri potrebbero riconciliarsi 1250. Istruzioni per il consenso in relazione a figli adottati 1251. Figli adottati e particolare importanza del loro rapporto con i genitori natu-rali 1252. Legge unica sull’adozione 1253. Il compito dell’Assemblea è verificare che il consenso sia dato liberamente. È preferibile che sia scritto anche se non è richiesto dalla legge 1254. Se i genitori non nominano il futuro coniuge nella lettera di consenso 2. Fidanzamento bahá’í 1255. Prima dovete scegliere 1256. Periodo del fidanzamento e suo annuncio 1257. Se le due parti sono persiane, il fidanzamento non dovrà superare novantacinque giorni 1258. Il periodo di novantacinque giorni inizia quando le parti hanno fatto promessa di matrimonio 1259. La rottura del fidanzamento non viola la Legge Bahá’í 1260. È proibito annunciare il matrimonio prima che inizi il periodo dei novantacinque giorni 1261. Non è lecito fidanzarsi con una fanciulla prima della sua maturità 3. Matrimonio bahá’í 1262. Gli insegnamenti bahá’í innalzano il matrimonio al rango di divina istituzione; pur tuttavia vi è una piccola fetta di genere umano che non dovrebbe sposarsi 1263. L’istituzione del matrimonio così come concepita e stabilita da Bahá’u’lláh costituisce la base della vita sociale 1264. L’aspetto fisico dell’unione coniugale è subordinato agli scopi ed alle funzioni spirituali e morali 1265. Il matrimonio fra due bahá’í può costituire una potente energia nella vita degli altri 1266. L’unione bahá’í deve essere una vera e durevole relazione 1267. Dovere morale di sposarsi, che non è però un obbligo 1268. Bahá’u’lláh consiglia il matrimonio perché è un modo di vivere giusto e naturale 1269. La Fede Bahá’í non prevede alcuna forma di “prova matrimoniale” 1270. Convivenza extramatrimoniale 1271. La differenza fondamentale fra le due categorie relazionali 1272. La Fede accetta, in alcuni casi, unioni che sono “immorali ma accettate” dalla società in cui vive la gente 1273. La legalizzazione di una situazione esistente non richiede il matrimonio bahá’í 1274. Differenza fra il matrimonio secondo la legge comune e la convivenza 1275. Convivenza e relazione palesemente immorale 1276. Violazione della legge sul matrimonio, verificare che i bahá’í ne siano informati. 1277. Informazione errata fornita dall’Assemblea 1278. I bahá’í che non conoscono la legge rientrano in un’altra categoria 1279. Siate pazienti e tolleranti nell’applicazione delle leggi agli indigeni: non impicciatevi della vita personale degli individui. 1280. La bigamia non è permessa 1281. Requisiti bahá’í relativi ai matrimoni con seguaci di altre religioni 1282. Matrimoni misti 1283. Esigenze del matrimonio cattolico romano con i non cattolici 1284. Il matrimonio, non essendo in realtà celebrato da alcuno, non può aver luogo nel caso che il non bahá’í rifiuti di recitare il versetto stabilito e il bahá’í non può sposare quella persona 1285. Matrimonio fra un bahá’í e un ateo 1286. Matrimonio per procura 1287. La cerimonia indù è possibile per un bahá’í a condizione che… 1288. Matrimoni interrazziali 1289. Matrimonio fra parenti 1290. La cerimonia matrimoniale per due non bahá’í 1291. La cosiddetta Tavola del Matrimonio 1292. L’organizzazione del matrimonio è demandata totalmente ai due sposi‚ 1293. I credenti non dovrebbero partecipare ai matrimoni dei bahá’í che si sposano contrariamente alla legge bahá’í 1294. La promessa di matrimonio in presenza di due testimoni dell’Assemblea costituisce la parte obbligatoria di una cerimonia bahá’í 1295. Chiarimenti sul luogo della cerimonia matrimoniale 1296. I testimoni possono essere due persone degne di fiducia e accettabili dall’Assemblea: si rende possibile il matrimonio bahá’í per pionieri solitari e in luoghi remoti. 1297. Due obblighi fondamentali sull’educazione dei bambini 1298. La cerimonia bahá’í deve essere più semplice possibile 1299. Significato di consumazione del matrimonio 1300. La consumazione del matrimonio deve avvenire entro ventiquattro ora dal momento della cerimonia bahá’í 1301. Trascrizione del matrimonio bahá’í, l’individuo agisce unicamente per conto dell’Assemblea K. Divorzio 1302. Atteggiamento della società contemporanea nei confronti del divorzio 1303. Non esistono motivi di divorzio nella Fede: esso deve essere preso in considerazione solo se vi è una forte “avversione” verso il proprio partner 1304. I giovani devono essere così approfonditi negli Insegnamenti da aborrire il solo pensiero di divorziare 1305. La parte che ha causato il divorzio sarà vittima di terribili calamità 1306. Gli amici si devono astenere rigorosamente dal divorziare 1307. Il divorzio è condizionato dall’approvazione e dal permesso dell’Assemblea Spirituale 1308. Si deve tener conto del futuro dei figli 1309. Il divorzio riguarda l’avvenire dei bambini ed il loro futuro atteggiamento verso il divorzio 1310. Talvolta scopriamo che non abbiamo acquistato né libertà né felicità 1311. La Causa e il servizio non possono essere motivi di divorzio 1312. Si deve fare qualsiasi sforzo per salvare il matrimonio – Nel caso dei pionieri è ancora più importante 1313. Si deve conservare la famiglia bahá’í 1314. Un anno di pazienza se al momento del matrimonio si fosse o meno bahá’í 1315. Se la legge locale non prevede il divorzio, i bahá’í ne sono vincolati 1316. Se una delle parti non è sana di mente 1317. I bahá’í che si propongono di divorziare devono consultarsi con l’Assemblea Locale o con quella Nazionale 1318. I credenti devono essere a conoscenza che la Legge bahá’í, pur permettendo il divorzio, lo disapprova 1319. L’Assemblea deve convincersi dell’esistenza di un’inconciliabile avversione prima di fissare la data di inizio dell’anno di pazienza 1320. Procedura da seguire da parte dell’Assemblea al ricevimento di una domanda di divorzio 1321. La fissazione della data d’inizio dell’anno di pazienza non è automatica 1322. L’inizio dell’anno di pazienza coincide normalmente con la notifica all’Assemblea della separazione dei coniugi con l’intenzione di divorziare 1323. Doveri dell’Assemblea o del Comitato circa le procedure di divorzio 1324. Corteggiamento durante l’anno di pazienza 1325. Compendio sulla fissazione della data di separazione 1326. Impossibilità di ridurre il periodo d’attesa 1327. Obbligo dell’Assemblea a prendere in considerazione la domanda per l’anno d’attesa 1328. Durante il periodo di separazione legale è sconveniente dare appuntamenti con l’intento di corteggiare 1329. I coniugi, durante l’anno d’attesa, possono ritirare la domanda di divorzio in qualsiasi momento 1330. Non interferimento dell’Assemblea negli affari coniugali, tranne che su richiesta dei credenti 1331. Nessuna Legge bahá’í prevede la perdita del diritto di voto in caso di divorzio civile ottenuto prima della fine dell’anno d’attesa 1332. Annullamento del divorzio 1333. Rimborso delle spese matrimoniali 1134. Non è saggio annunciare un nuovo matrimonio finché il divorzio non sia ottenuto 1335. Istruzioni sul mantenimento economico nei casi di divorzio 1136. È preferibile che la coppia trovi un accordo amichevole riguardo la custodia dei figli‚ – Il marito ha l’obbligo di mantenere moglie e figli fino alla dichiarazione di divorzio; successivamente tale obbligo permane solo per i figli 1337. Mantenimento della moglie durante l’anno di pazienza e dopo il divorzio 1338. Divieto di picchiare la moglie XXX. AMORE E UNITÀ 1339. L’amore: rimedio migliore per l’odio 1340. L’amore: principio guida del comportamento dei credenti verso gli altri 1341. Amando Dio diventa possibile amare tutti gli uomini 1342. Il tipo di amore da coltivare 1343. Spiegazione di ‘Abdu’l-Bahá sul significato delle parole di Bahá’u’lláh riguardo l’amore per l’umanità 1344. Maggiore importanza dei rapporti spirituali rispetto alle regole e alle norme 1345. Necessità dei popoli del mondo di vedere l’amore generato dalla Fede nei cuori dei credenti 1346. La malefica e tumultuosa influenza delle forze oscure del mondo colpisce tutti 1347. Pregare per proteggersi dalla contaminazione della società 1348. Ai credenti necessita eroismo 1349. Il piano di Dio non coincide sempre con i progetti e le politiche dell’uomo 1350. Divisi si è nell’errore; uniti si è nel giusto XXXI. SERVIZIO MILITARE 1351. Divieto di arruolamento volontario in corpi dove esiste il rischio di uccidere 1352. I bahá’í non sono obiettori di coscienza 1353. Vari modi di prestare aiuto in tempo di guerra 1354. I bahá’í riconoscono il diritto e il dovere degli Stati di proteggere i loro popoli 1355. È dovere di leale e devoto cittadino offrire servizi al proprio paese 1356. Evitare attività “aggressive o prettamente militari” 1357. Arruolamento nelle forze armate purché non in servizi combattenti 1358. Professioni utili all’umanità durante il servizio nazionale: dovere dell’Assemblea Spirituale Nazionale di consigliare i giovani 1359. I bahá’í non pretendono impieghi sicuri nei momenti di crisi nazionale XXXII. MUSICA 1360. La musica è una scala sulla quale le anime salgono 1361. La musica è un mezzo importante per l’educazione e lo sviluppo dell’umanità 1362. Insegnare la musica a scuola 1363. La musica è una scienza encomiabile 1364. La musica è arte 1365. Mettere preghiere in musica 1366. Cantare preghiere all’unisono 1367. Non è opportuno mettere in musica le preghiere obbligatorie 1368. Impossibilità di prevedere, trovandoci agli albori della cultura bahá’í, forme e caratteristiche future delle arti 1369. Utilizzare con rispetto il Più Grande Nome e i Nomi delle Manifestazioni di Dio e delle Figure Centrali 1370. Utilità della musica prima di un discorso 1371. La musica aiuta a comunicare con l’anima XXXIII. IL NUMERO NOVE 1372. Importanza che riveste il numero nove per i bahá’í 1373. Il numero nove è considerato sacro dai bahá’í 1374. Il numero nove simboleggia la perfezione e le Nove Grandi Religioni Mondiali e rappresenta il valore numerico della parola Bahá 1375. Il nove, come cifra più alta, è simbolo di comprensività e culmine 1376. Il Báb utilizzava il valore numerico delle parole per simboleggiare concetti spirituali 1377. Superstizione connessa al numero tredici XXXIV. OPPOSIZIONE 1378. Non temere le opposizioni se la vita interiore è sana e vigorosa 1379. L’Assemblea Spirituale Nazionale decide se confutare gli attacchi e le critiche 1380. La piena affermazione della Causa deriverà dalla vittoria sulle forze dell’opposizione 1381. Grande amore e gentilezza da parte della moglie bahá’í verso il marito nonostante la sua opposizione alla Fede 1382. Come rieducare la nostra sconvolta società ed eliminare la guerra 1383. I più accaniti oppositori della Causa sono spesso Chiesa e clero XXXV. ORGANIZZAZIONI NON BAHÁ’Í 1384. La semplice adesione alla Fede non è sufficiente 1385. Adesione a organizzazioni non bahá’í 1386. Differenza fra associazione e adesione 1387. bahá’í aderenti a chiese, sinagoghe, massoneria e simili 1388. Obbligo per i bahá’í di ritirarsi dalla Massoneria e da altre Società segrete‚ 1389. Motivo per cui si richiede di ritirarsi dalla Chiesa, dalla Sinagoga, etc. 1390. Dimissioni dalla Massoneria 1391. Obbligo dei credenti di dissociarsi da organizzazioni segrete 1392. Incompatibilità fra essere bahá’í ed essere teosofo 1393. Organizzazione per un Governo Mondiale 1394. Società Nuova Storia 1395. Organizzazioni sociali, lavori di assistenza 1396. Appartenenza a organizzazioni religiose non bahá’í 1397. Insegnamento in scuole missionarie 1398. Astensione da attacchi contro la Chiesa 1399. Un bahá’í non può essere spiritista 1400. Rapporti della Comunità bahá’í con le Nazioni Unite 1401. Tutti i movimenti sociali contengono una scintilla di verità 1402. Divieto di cercare di ottenere aiuti finanziari da organizzazioni religiose 1403. Iscrizione in sindacati 1404. Partecipazione agli scioperi XXXVI. ORIENTALI 1405. Avvertimento relativo ai mussulmani orientali 1406. Il semplice nome di bahá’í non fa un bahá’í 1407. Non tentare di convertire alla Fede gli orientali, cioè mussulmani del Medio Oriente, Pakistan e India 1408. Contatti fra bahá’í iraniani e musulmani iraniani 1409. Casi in cui mussulmani iraniani possono essere presi in considerazione per l’entrata nella Fede 1410. Disponibilità verso gli iraniani mussulmani da parte di professionisti bahá’í XXXVII. P A C E 1411. Promozione della pace da parte dei ministri della Casa di Giustizia 1412. Quando e come saranno instaurate la Piccola e la Grande Pace 1413. Non vi può essere pace, a meno che il Messaggio di Bahá’u’lláh non penetri nei cuori degli uomini e non li trasformi 1414. Predizioni sulla pace: profezia di Daniele 1415. Prerequisiti della pace 1416. Fluidi psichici non portano la pace 1417. Non esiste gioia più grande che divenire causa di pace 1418. Volontà e azione sono necessarie per l’instaurazione della pace internazionale 1419. Controllo di ogni mezzo che produca guerra 1420. Ciascun secolo ha la soluzione di un problema fondamentale 1421. Non fermarsi finché la pace predetta dai Profeti di Dio non sia permanentemente stabilita 1422. Ignorare la soluzione bahá’í per la pace significa costruire fondamenta di sabbia 1423. L’unità del genere umano è assicurata da Bahá’u’lláh e nessuna forza potrà impedirla 1424. Gli insegnamenti di Bahá’u’lláh daranno origine a una coscienza e a un modo di vivere universali 1425. La pace verrà 1426. Lo scopo della Fede è di eliminare la guerra e stabilire la pace e l’unità 1427. Disarmo nucleare 1428. Transizione dall’attuale sistema di sovranità nazionali a un sistema di governo mondiale 1429. I bahá’í non sono pacifisti 1430. La Pace Minore sarà inizialmente un’unità politica XXXVIII. APPUNTI DEI PELLEGRINI 1431. Non si deve dare credito ad alcun racconto non avvalorato dai Testi 1432. Condividere gli effetti spirituali delle visite dei pellegrini 1433. Gli appunti dei pellegrini rappresentano delle voci e non hanno l’autorevolezza dei Testi Sacri 1434. Uso personale degli appunti dei pellegrini 1436. Storie su ‘Abdu’l-Bahá 1437. Considerare autentiche solo le Tavole firmate e sigillate 1438. Appunti di pellegrini che riportano le parole del Maestro su abbracci e baci 1439. Appunti di Haifa raccolti da Mrs. Maxwell XXXIX. POLITICA E GOVERNI A. Politica 1440. Personaggi politici 1441. Uomini politici e lavori di carattere non politico in istituzioni governative‚ 1442. Nessun bahá’í può essere considerato repubblicano o democratico 1443. Votare nelle elezioni politiche 1444. Evitare l’adesione a partiti politici 1445. Istruzioni per i bahá’í residenti in paesi la cui struttura politica è basata sul sistema a partito unico 1446. Non impegnarsi in programmi politici 1447. Astenersi dal voto se ciò implichi l’adesione a un partito politico‚ 1448. Adesione alla Fede di persone iscritte a partiti politici o coinvolte in attività politiche 1449. Appartenere a un partito politico comporta il ripudio dei principi di pace e di unità 1450. Produzione di pubblicità televisiva per una campagna politica 1451. Divieto di battersi per una carica politica e di intraprendere attività politiche partitiche 1452. Elezione di un bahá’í a capo quartiere o membro di consiglio di quartiere B. Governi e Autorità Civili 1453. Evitare la politica come la peste e obbedire al governo in carica 1454. La Causa bahá’í è al di sopra dei partiti politici; obbligo di obbedire lealmente al regime politico in carica 1455. Obbedienza al Governo anche a rischio di sacrificare i propri affari amministrativi 1456. L’obbedienza al Governo non implica identificazione fra insegnamenti bahá’í e programmi politici 1457. Lavorare nel Servizio Esteri 1458. Lealtà verso l’Assemblea Spirituale e verso il Governo Civile, sia esso un Consiglio di Tribù, un Cacicco o un’Autorità Municipale 1459. Divieto di accettare posti di lavoro governativi, sia elettivi che per nomina, se si contravviene ai già noti principi 1460. La Fede non è in contrasto con i veri interessi delle nazioni 1461. Non è nostro intento violare la costituzione di un qualsiasi paese 1462. Obbedienza alle leggi, sia federali che dello stato 1463. Cosa significa obbedire a un governo giusto 1464. Obbligo di giuramento 1465. Implicita obbedienza alle regole amministrative 1466. Ricorso al Tribunale nell’impossibilità dell’Assemblea o dei singoli bahá’í di risolvere una controversia 1467. Portare a conoscenza del mondo il vero scopo di Bahá’u’lláh 1468. Non interferenza negli affari politici 1469. Come criticare l’attuale ordine sociale e politico 1470. La monarchia nel futuro 1471. Presidente Wilson e Dr. Jordan C. Impiegati governativi 1472. Fedeltà e fidatezza degli impiegati governativi 1473. Massima rettitudine e onestà degli impiegati governativi 1474. Le persone aventi contatto col pubblico devono dimostrare spirito di vero servizio 1475. Chi entra alle dipendenze del Governo deve evitare ogni forma di venalità e corruzione 1476. Non abusare della propria posizione con comportamenti corrotti e venali 1477. Comportarsi slealmente verso un governo giusto significa comportarsi slealmente verso Dio 1478. Essere paghi degli stipendi, non macchiare il proprio carattere con atti di corruzione e frode e non appropriarsi neppure di un centesimo XL. PREGHIERA E MEDITAZIONE A. Preghiera e meditazione 1479. Stare in preghiera è la migliore condizione, sopratutto in solitudine e a mezzanotte 1480. Star soli quando si comunica con Dio 1481. Più la preghiera è distaccata e pura, più è gradita a Dio 1482. Ispirazione attraverso la meditazione 1483. Preghiera e meditazione vanno seguite da azione ed esempio 1484. L’importanza e la forza della meditazione 1485. Fare giornalmente un confronto con il giorno precedente e pregare... 1486. Come pregare:‚ partire da un giusto concetto di Dio 1487. Più saggio utilizzare le meditazioni rivelate da Bahá’u’lláh 1488. Rivolgersi alla Manifestazione 1489. Pregare Bahá’u’lláh 1490. Pregare Bahá’u’lláh, quale Tramite 1491. Pregando ci si può rivolgere al Custode, senza confondere però il Suo rango con quello del Profeta 1492. Volgersi in preghiera verso la Tomba di Bahá’u’lláh 1493. Attraverso ‘Abdu’l-Bahá possiamo rivolgerci a Bahá’u’lláh 1494. Persone desiderose di incontrarsi per pregare 1495. Leggere le preghiere come sono stampate 1496. Attenersi strettamente al testo degli Scritti sacri 1497. Citazione di preghiere 1498. Momento specifico per pensare a Dio 1499. Preghiera all’alba 1500. Preghiere del mattino 1501. Non dire preghiere a tavola e non insegnarlo ai bambini 1502. La preghiera collettiva è solo per i defunti 1503. Recitazione delle preghiere all’unisono 1504. La preghiera per il funerale deve essere letta da una sola persona 1505. Recitare o cantare le preghiere 1506. Preghiere per la guarigione e per il digiuno 1507. Efficacia della preghiera per la guarigione 1508. Preghiere esaudite attraverso l’azione 1509. Pregare per proteggersi dalla contaminazione della società 1510. Cinque passi da compiersi durante la preghiera 1511. Non è obbligatorio recitare nove volte le preghiere 1512. L’uomo spirituale prega solo per amore di Dio 1513. Rosari per preghiere 1514. Lettura di preghiere alla radio 1515. Bambini bahá’í: orazioni e preghiere 1516. Far memorizzare ai bambini passi tratti dagli Scritti sacri 1517. Nessuna speciale istruzione circa la ripetizione delle preghiere del Báb 1518. Riunioni comunitarie di preghiera 1519. Insegnare ai bahá’í a meditare, mettendoli in guardia contro pratiche superstiziose 1520. “O Soggiogatore dei Venti”: un’invocazione per i momenti di pericolo B. Preghiere obbligatorie 1521. Misteri e saggezza in ogni parola e gesto delle preghiere obbligatorie 1522. Preghiere obbligatorie 1523. Volgersi verso Akká in preghiera rappresenta un simbolo fisico di una realtà interiore‚ se non si comprendono i gesti che accompagnano la preghiera lunga, si può dire quella breve 1524. Impossibilità di eseguire le genuflessioni 1525. La Preghiera media - Ripetizione del Più Grande Nome 95 volte 1526. La gestualità e il lavaggio delle mani e del viso connesse alle preghiere obbligatorie sono leggi di Bahá’u’lláh 1527. Recitare personalmente la preghiera obbligatoria 1528. Leggere la preghiera del Báb 500 volte 1529. Recitazione della preghiera media tre volte nella giornata, al mattino, a mezzogiorno e alla sera 1530. Definizione di “mattina”, “mezzogiorno” e “sera” 1531. Utilizzo dell’orologio per stabilire alle alte latitudini i momenti della preghiera e le ore di digiuno 1532. Il permesso della Casa Universale di Giustizia di usare l’orologio si basa sul Kitáb-i-Aqdas e “Domande e Risposte” 1533. “Alláh-u-Abhá” è la forma del Più Grande Nome da usare nella Preghiera Obbligatoria lunga 1534. Istruzioni per la Preghiera Obbligatoria lunga 1535. Istruzioni per la Preghiera Obbligatoria media 1536. La corretta posizione per sedersi durante le Preghiere Obbligatorie 1537. Abluzioni e altri movimenti connessi alla recitazione della Preghiera Obbligatoria lunga 1538. Mancanza d’acqua per le abluzioni 1539. Versetto da recitare in mancanza d’acqua XLI. PROFETI - MANIFESTAZIONI DI DIO A. Il Báb 1540. Durata della Dispensazione del Báb 1541. Dichiarazione del Báb 1542. Dichiarazione del Báb e giorno di nascita di ‘Abdu’l-Bahá 1543. Il Bayán 1544. L’Iqán e il Bayán 1545. Motivi della severità delle leggi rivelate dal Báb 1546. Ritratto del Báb 1547. L’ora della nascita del Báb 1548. Il termine “Afnán” si riferisce ai parenti del Báb 1549. Il sacrificio dei 19 agnelli B. Bahá’u’lláh 1550. Nessun Profeta della stessa categoria di Bahá’u’lláh 1551. Bahá’u’lláh è apparso nel Più Grande Nome di Dio 1552. Bahá’u’lláh è Colui che conversò con Mosè nel Roveto Ardente 1553. Bahá’u’lláh non è Dio 1554. Perché [Bahá’u’lláh] usa il pronome “Noi” 1555. Nessun Profeta con rango simile a quello di Bahá’u’lláh 1556. Ora di nascita di Bahá’u’lláh 1557. Chiarimenti su certi passi della “Dispensazione di Bahá’u’lláh” 1558. Computo dei giorni menzionati nella “Dispensazione” 1559. Bahá’u’lláh discendeva da Abramo sia tramite Chetura che Sara 1560. Bahá’u’lláh come ritorno di Cristo 1561. Apparizione di successivi Profeti 1562. Timore per la prossima Manifestazione 1563. [Bahá’u’lláh] non ci chiede di seguirLo ciecamente 1564. Cristo e Bahá’u’lláh 1565. Durata del ciclo e della dispensazione bahá’í 1566. Nessuna spiegazione sul periodo di 500.000 anni del ciclo bahá’í‚ 1567. Identificazione di Bahá’u’lláh con altri Profeti 1568. Bahá’u’lláh non ha nominato “Lettere del Vivente” 1569. I “Custodi” della Sapienza 1570. La Fede Bahá’í è un modo di vivere e non una mera dottrina sociale e filosofica 1571. Concepire gl’Insegnamenti come un’unica realtà con molte sfaccettature 1572. La Rivelazione Divina si basa sull’infallibilità dei Profeti 1573. Nella Fede Bahá’í vi sono pochissimi riti e non esistono dogmi stabiliti dagli uomini C. Spiegazione di alcuni Insegnamenti bahá’í 1574. Significato di Dio personale 1575. L’uomo vive in un piano di coscienza tridimensionale 1576. Influenza dei Profeti asiatici sugli indiani d’America 1577. Mustagháth 1578. Riferimento alla Rivelazione di Bahá’u’lláh nel Vangelo di Giovanni 1579. Negli Scritti bahá’í “Signore” e “Dio” si riferiscono al Creatore 1580. Tramutamento del rame in oro 1581. Possibilità di vita su ogni pianeta 1582. Significato di “Dayspring” 1583. L’esistenza assoluta si può attribuire solo a Dio - La Sua creazione ha un’esistenza 1584. Significato di “Scienze che iniziano e finiscono con parole” 1585. Energia atomica - “Uno strano e meraviglioso strumento” 1586. Esortazione di Bahá’u’lláh a sviluppare le qualità latenti 1587. I “veli” erano molto tenui al tempo della Manifestazione 1588. Oggi ci si assume una grande responsabilità rifiutando la Manifestazione 1589. Pietra angolare di tutti gli Insegnamenti: L’unità dell’umanità 1590. “Amare il proprio simile” 1591. “Da essa vi abbiamo creati” 1592. “Seconda volta” significa la resurrezione spirituale dell’uomo 1593. Il Giorno della Resurrezione, del Giudizio, e la Tomba 1594. La Rivelazione di Bahá’u’lláh riguarda principalmente questo pianeta 1595. Regno di Abhá 1596. “Eletti” 1597. Evoluzione dell’anima 1598. “Perire” 1599. “Nessuno potrà ottenere vita eterna” 1600. Differenze di stadio e classi nella società 1601. Parole Celate 1602. “Kitáb-i-Iqán” 1603. “Che dal nulla” 1604. “Legioni del Suo Testamento” e “corda” 1605. Spiegazione della “Sura del Sole” 1606. Intercessione 1607. “La conoscenza consta di ventisette lettere...» 1608. “Tavola di Ahmad” - La parola “empi” 1609. La Tavola del Santo Marinaio 1610. Tavola ai Presidenti delle Repubbliche americane 1611. Tavola di Giuseppe 1612. Significato di “Verità della Fede” 1613. Significato della parola “patrono” nelle Quattro Valli [e non “Sette Valli”, N.d.T.] D. ‘Abdu’l-Bahá 1614. ‘Abdu’l-Bahá 1615. “Tutte le tue azioni registrate” 1616. Primari obiettivi del Ministero di ‘Abdu’l-Bahá 1617. Esperienze con ‘Abdu’l-Bahá 1618. Aneddoti su ‘Abdu’l-Bahá 1619. Giorno del Patto e Giorno dell’Ascensione 1620. Si è liberi di accettare o confutare un argomento non trattato dall’Interprete degli Scritti 1621. Pregare ‘Abdu’l-Bahá 1622. Attraverso [‘Abdu’l-Bahá] ci si può rivolgere a Bahá’u’lláh 1623. Fotografie di ‘Abdu’l-Bahá 1624. Porre le fotografie in luogo dignitoso 1625. Conservazione di reliquie 1626. Le età della Fede e le epoche delle età 1627. Il Piano Divino 1628. Le Tavole del Piano Divino costituiscono la Carta Suprema per l’insegnamento 1629. Età Apostolica ed Eroica della Fede 1630. Uso del termine “Età di ferro” E. Parole Celate 1631. Il titolo “Parole Celate” fu dato da Bahá’u’lláh 1632. Significato del nome “Parole Celate” 1633. Le Parole Celate non hanno alcun ordine 1634. Passi in cui Bahá’u’lláh si riferisce all’uomo come “Figlio dello Spirito” 1635. Spiegazione del passo n. 13 delle “Parole Celate” dall’arabo F. Cristo 1636. Data di nascita di Gesù Cristo 1637. Nascita verginale di Cristo 1638. Possibilità dei miracoli 1639. Accordo fra Insegnamenti bahá’í e Dottrine della Chiesa Cattolica circa la nascita verginale di Gesù 1640. Nascita naturale dei fratelli e delle sorelle di Cristo 1641. Alto rango di Maria 1642. La “colomba” è solo una metafora 1643. La Fede Bahá’í riconosce l’origine divina del Cristianesimo e l’immacolatezza della Vergine Maria 1644. Rango di Gesù 1645. Istituzione di sole due cerimonie da parte di Gesù 1646. La crocifissione raccontata nel Nuovo Testamento 1647. Il Padre Stesso è venuto ed ha adempiuto la missione del Figlio Gesù Cristo 1648. I bahá’í non credono alla resurrezione corporea dopo la crocifissione 1649. Cercare di trovare un significato spirituale nei miracoli raccontati nel Vangelo 1650. Gesù Cristo ha stabilito il primato di Pietro al di là di ogni dubbio 1651. Segni annunciatori della nuova Manifestazione 1652. Cristo nel Corano 1653. La successione dopo Cristo; la Riforma; l’Islam 1654. Periodo di subbuglio che accompagna una nuova Manifestazione 1655. Ecclesiaste 12:6 1656. Traccia di divinità nell’uomo 1657. Riferimento a Bahá’u’lláh nel Vangelo di Giovanni 1658. I bahá’í non credono letteralmente alla Genesi 1659. Difformità nel computo degli anni di Noè e impossibilità di comprovare racconti del Vecchio Testamento‚ 1660. Crediamo nella Bibbia non alla lettera, ma nella sostanza G. Islam 1661. Si sconosce la data di nascita di Mu?ammad 1662. Riferimenti biblici a Mu?ammad e ‘Alí 1663. Islam 1664. Gl’Insegnamenti di Mu?ammad rafforzano e proteggono la causa dello sviluppo umano 1665. Chiarimenti su certi argomenti riguardanti l’Islam, l’Imam ?usayn, l’Imamato, etc. 1666. Come studiare il Corano 1667. Significato di “Jin” o “Geni” 1668. Califfato e Imamato 1669. Mu?ammad afferma che i Giudei non crocifissero Cristo 1670. La religione musulmana è una Rivelazione più completa rispetto a qualunque altra precedente 1671. Gl’insegnamenti di Mu?ammad incoraggiano lo stato nazionale 1672. La poligamia nelle nazioni musulmane non è conforme agl’insegnamenti di Mu?ammad 1673. Imam ?usayn H. Israele 1674. Israele 1675. Posizione di Gerusalemme 1676. Tutta la Palestina diverrà dimora degli Ebrei 1677. Riunione di Israele 1678. Viaggio degli ebrei 1679. Credenza errata su Giuda 1680. Dieci tribù d’Israele 1681. Grande destino spirituale degli Ebrei: entreranno in gran numero nella Fede 1682. Contatti di filosofi greci con dotti e leader religiosi ebrei I. Profeti e profezie di varie Religioni 1683. Bahá’u’lláh: Culmine del ciclo adamitico e Iniziatore del ciclo bahá’í 1684. Buddha fu una Manifestazione come Cristo 1685. Confucio non fu un Profeta, ma un grande Riformatore 1686. Profezie di Daniele 1687. Re Davide 1688. Genesi 22.9:‚ Sacrificio di Ismaele 1689. Lot 1690. Zoroastro 1691. Inizio dell’era zoroastriana 1692. Religione Indù 1693. Sabeanismo 1694. Lao-Tse e i Sabei 1695. Assenza in estremo oriente di seguaci del Báb e di Bahá’u’lláh durante il Loro ministero 1696. Induismo, Buddismo e Zoroastrismo 1697. I due tipi di esistenza 1698. Le Manifestazioni hanno coscienza del Loro rango 1699. Preesistenza delle anime dei Profeti 1700. Ha?rát: Sua Santità 1701. Scopo fondamentale di tutte le religioni 1702. Principi fondamentali delle religioni 1703. Religione cosmica 1704. Essenza della fede religiosa 1705. Unità dell’umanità: pietra angolare degli Insegnamenti 1706. Primaria importanza della Causa fra le religioni esistenti 1707. Significato di “Misteriosa Forza che crea nuovi mondi spirituali” 1708. Significato di Dio personale; valore della religione 1709. La religione deve cambiare le nostre azioni ed i nostri pensieri 1710. Scopo della Giornata della Religione Mondiale 1711. Significato dei resti dei Profeti 1712. Gli atomi che compongono i Profeti sono proprio atomi 1713. I ventiquattro anziani 1714. Nei Profeti si trova la perfezione di Dio 1715. Riferimenti a Bahá’u’lláh 1716. L’arca e il diluvio 1717. Differenti significati della parola Generazione 1718. La croce 1719. Gli insegnamenti di Swedenborg e Emerson sono da considerare movimenti anticipatori dei tempi 1720. Emanuele Swedenborg 1721. ‘Abdu’l-Bahá lodò Emanuele Swedenborg per i suoi sforzi tesi ad una ricostruzione religiosa e sociale 1722. Swedenborg: araldo di questo Giorno per la progressività dei suoi insegnamenti 1723. Persone come Emerson sono indubbiamente ispirate da Dio 1724. Differenza fra gnostici e credenti 1725. Cristo si riferisce al mondo dei Profeti come al “Verbo”; ‘Abdu’l-Bahá lo chiama “Volontà” 1726. Dio continuerà a mandare i Suoi Profeti affinché l’uomo possa raggiungere la sua più alta meta 1727. Joseph Smith e il Libro di Mormon 1728. Rango di Joseph Smith 1729. Nobili principi e ideali dei Mormoni XLII. FENOMENI MEDIANICI 1730. Origine dei cattivi pensieri 1731. Spiriti maligni 1732. Influenza degli spiriti maligni 1733. Gli spiriti maligni riguardano la natura inferiore dell’uomo 1734. Il male esiste 1735. Fanciulli con poteri medianici 1736. La Quarta Dimensione 1737. Evitare i fenomeni medianici 1738. Possessione 1739. Sforzarsi di avere pensieri puri 1740. Difficile distinguere la verità dall’immaginazione 1741. Differenza fra rivelazione divina ed esperienza personale 1742. Rarità delle vere esperienze mistiche 1743. Non v’è bisogno di rivelazioni personali 1744. Lasciare che il futuro si foggi da se stesso 1745. Sviluppare facoltà medianiche indebolisce le capacità spirituali 1746. L’astronomia è una scienza, l’astrologia no 1747. Astrologia: assurda pseudo-scienza 1748. Oroscopi 1749. Scienze inutili 1750. Influenza delle stelle e dei pianeti 1751. Numerologia 1752. Nessun bisogno della numerologia e dell’astrologia per i credenti 1753. Scrittura automatica 1754. Ininfluenza delle forze medianiche sui più eminenti scrittori e pittori 1755. Scrittura automatica 1756. Spiritismo e fenomeni medianici 1757. Numerologia e fisionomanzia 1758. Telepatia 1759. Non aver timore di essere influenzati mentalmente 1760. Spiritisti 1761. Mesmerismo e comunicazioni a mezzo di trombe 1762. Materializzazione di spiriti per mezzo di medium 1763. Maestri dietro le quinte 1764. Piramidi 1765. Piramide di Cheope 1766. Protezione dello Spirito Santo 1767. Paradiso e Inferno sono condizioni interiori 1768. Arti medianiche:‚ la loro influenza dipende dalla convinzione della persona ad esse incline 1769. Il male è negazione e può controllare la nostra vita, ma possiamo liberarcene 1770. Le anime cattive trapassate non hanno alcun potere sulle persone 1771. Approfondirsi negli Insegnamenti per risolvere i problemi legati alle credenze sul male 1772. I cosiddetti spiriti maligni sono normalmente frutto dell’immaginazione, tuttavia il male esiste in questo e nell’altro mondo 1773. Le pratiche occulte introdotte da certi indù negli Stati Uniti sono totalmente contrarie agli Insegnamenti e devono essere evitate dagli amici 1774. Le esperienze spirituali possono avere grande influenza su di noi, ma oggi è importante salvare la razza umana XLIII. RAZZE 1775. Aborigeni 1776. Tavole del Piano Divino 1777. Pregiudizio e condiscendenza 1778. Afro americani e Amerindi 1779. Primo esponente della razza negra ad abbracciare la Causa 1780. Servizio dei negri 1781. Appello del Custode alla razza negra 1782. Concentrarsi sull’insegnamento ai negri 1783. Gli uomini di colore paragonati alla pupilla degli occhi 1784. Di grandissimo aiuto il lavoro dei negri 1785. Contributo dei negri all’edificazione dell’Ordine Mondiale di Bahá’u’lláh 1786. Razza negra: pura di cuore e spiritualmente ricettiva 1787. Il viso è come la pupilla degli occhi 1788. Il principio dell’unità del genere umano impedisce di considerare la razza un ostacolo all’interazione sociale 1789. Appello del Custode ai negri 1790. Appello agli esponenti della razza bianca 1791. Sforzo supremo dei bianchi 1792. Unità nella diversità 1793. Appello del Custode ad entrambe le razze 1794. Non esiste differenza agli occhi di Dio 1796. Il pregiudizio distrugge l’edificio dell’umanità 1796. Obiettivo del lavoro interrazziale 1797. Giusti interessi delle minoranze 1798. Gli amici di colore hanno bisogno della Fede 1799. Colpevoli di fronte a Dio di permettere la manifestazione di qualsiasi pregiudizio 1800. Essere bahá’í significa essere differenti 1801. I bahá’í non sono perfetti 1802. Predizione di ‘Abdu’l-Bahá di un grande futuro per gli Indiani d’America 1803. I bahá’í approvano le unioni interrazziali 1804. Campus di protesta contro il pregiudizio razziale 1805. Evitare di essere coinvolti in questioni politiche e quindi non partecipare a dimostrazioni anti-apartheid 1806. Insegnamento nelle Università a studenti di razze diverse ed altre minoranze, come Cechi, Polacchi, Russi... 1807. Il pregiudizio razziale è una negazione della Fede 1808. Combattere e sradicare il pregiudizio razziale che si annida fra i credenti 1809. Dio ha conferito molte doti alla razza negra 1810. Fare tutto il possibile per distruggere i reciproci pregiudizi fra bianchi e negri 1811. Grande responsabilità dei bahá’í negri verso la propria razza e verso i propri compagni di credo 1812. Incompatibilità del principio dell’unità del genere umano con i pregiudizi razziali 1813. Le forze maligne del pregiudizio 1814. I negri devono essere fieri e felici delle lodi conferite da Bahá’u’lláh a loro e ad altre razze oppresse 1815. Incoraggiamento a far parte di gruppi progressivi non politici 1816. I bianchi dovrebbero accogliere di buon grado i negri nelle loro case e perfino sposarli, se lo desiderano 1817. Fine delle sofferenze e delle tribolazioni degli Ebrei durante l’Era bahá’í 1818. Il glorioso destino degli Ebrei 1819. I credenti di origine ebrea devono chiamarsi bahá’í XLIV. REINCARNAZIONE 1820. La posizione bahá’í sulla reincarnazione 1821. Diritto di ogni uomo ad avere le proprie opinioni 1822. Il sapere può essere un velo fra l’anima dell’uomo e la verità 1823. Non v’è stato ancora tempo di formare studiosi bahá’í che possano trattare il tema della reincarnazione e simili 1824. Improbabilità della conversione di studiosi di occultismo e temi simili 1825. Concezione di Bahá’u’lláh della facoltà della visione e dell’udito 1826. Inesistenza della reincarnazione 1827. Prendere a misura gli Scritti dei Profeti XLV. RIVERENZA E SPIRITUALITÀ A. Riverenza 1828. Riverenza e rispetto verso i luoghi sacri 1829. Ascoltare con massima riverenza la registrazione della voce di ‘Abdu’l-Bahá 1830. Visione del film di ‘Abdu’l-Bahá 1831. I ritratti delle Manifestazioni di Dio sono proibiti 1832. Il tipo di riverenza differisce da cultura a cultura 1833. Fotografia di Bahá’u’lláh B. Spiritualità 1834. L’uomo è all’inizio della spiritualità 1835. Requisiti per la crescita spirituale 1836. Via per il conseguimento della vera spiritualità 1837. Bahá’u’lláh non specifica procedure da seguire nella meditazione e nessun metodo deve essere insegnato nelle Scuole Estive 1838. Per l’intima meditazione, il credente può usare il Più Grande Nome 1839. La pulizia contribuisce alla spiritualità 1840. Le Preghiere Obbligatorie e la lettura al mattino e alla sera degli Scritti sacri favoriscono la crescita della spiritualità‚ 1841. Il fondamento della spiritualità è la saldezza nel Patto 1842. Attuale notevole mancanza di spiritualità 1843. Necessità di una vera consapevolezza spirituale 1844. L’educazione e il progresso spirituale dipendono dal riconoscimento dell’infallibilità della Manifestazione di Dio 1845. Assoluta necessità della preghiera XLVI. SVILUPPO SOCIO-ECONOMICO A. Linee direttive 1846. Un più vasto orizzonte si dischiude di fronte a noi 1847. Il concetto di sviluppo sociale ed economico trovasi negli Insegnamenti di Bahá’u’lláh 1848. Gl’Insegnamenti enfatizzano la nascita di un mondo unificato in tutti gli aspetti della vita 1849. Dalla comunità bahá’í devono partire i primi passi per arrivare alla meta 1850. Fondazione presso il Centro Mondiale dell’Ufficio per lo Sviluppo Sociale ed Economico 1851. Le forze sprigionate da Bahá’u’lláh sono all’altezza delle esigenze del momento 1852. Il progresso nel campo dello sviluppo dipende da movimenti nelle zone rurali 1853. Il compito maggiore delle Assemblee Spirituali Nazionali 1854. Applicare i principi della Fede al miglioramento della vita 1855. Appello all’azione della Casa Universale di Giustizia 1856. La natura e il grado di coinvolgimento dei credenti deve variare da paese a paese B. Agricoltura 1857. Diventare competenti in agraria 1858. La soluzione dei problemi economici inizia dall’agricoltore 1859. Istituzione di un magazzino generale C. Economia 1860. Il sistema bahá’í impedisce gli estremi di ricchezza e povertà 1861. Non confondere i metodi di ‘Abdu’l-Bahá con quelli attuali 1862. Problemi di possesso, controllo e distribuzione del capitale 1863. Ripartizione volontaria 1864. Lo spirito che permea la vita economica si concretizzerà in determinati organismi 1865. Disuguaglianza sociale 1866. “L’uguaglianza è una chimera!” 1867. Retribuzioni 1868. Applicazione dei principi spirituali al sistema economico 1869. La partecipazione agli utili risolve un solo aspetto dei problemi economici 1870. Ci si guadagna da vivere lavorando sempre duramente 1871. La sola religione basta a rettificare i rapporti economici della società‚ 1872. Incoraggiare un nuovo atteggiamento mentale universale D. Progetti 1873. La partecipazione ai progetti dipende in massima parte da certe condizioni della comunità 1874. Obiettivo primario dei progetti è il servizio alla comunità e non un affare di lucro 1875. Sopperire alle necessità e aspirazioni dei credenti locali mediante progetti socio-economici 1876. Due requisiti fondamentali 1877. Lo sviluppo socio-economico è produttivo se posto su basi spirituali 1878. Sono graditi suggerimenti per i progetti 1879. Sostegno finanziario e forza-lavoro di fonte bahá’í E. Obiettivi di sviluppo socio-economico 1880. Preservare costumi e identità culturali 1881. Arti, mestieri e scienze 1882. La ricchezza è lodevole 1883. Promuovere l’educazione F. Requisiti per il successo 1884. Il Mashriqu’l-Adhkár 1885. Il principio spirituale produce atteggiamenti, energie, volontà e aspirazioni G. Scuole private 1886. L’importanza delle scuole private 1887. Disponibilità di giovani e adulti bahá’í a divenire insegnanti 1888. Progettazione delle scuole in consultazione tra bahá’í e non-bahá’í 1889. A fini statistici, il giardino d’infanzia privato potrebbe essere considerato attività di sviluppo socio-economico 1890. Contribuzioni di non bahá’í per il mantenimento di scuole private XLVII. ISTITUTI E SCUOLE ESTIVE BAHÁ’Í A. Scuole Estive 1891. Scopo delle scuole estive 1892. Limitare gli argomenti filosofici ed esoterici 1893. Attrazione per molte anime 1894. Il metodo delle lezioni non è sufficiente 1895. Supervisione dell’Assemblea Nazionale 1896. La scuola estiva: parte inseparabile delle campagne d’insegnamento 1897. Instaurare l’atmosfera bahá’í 1898. Danza nelle scuole estive 1899. Temi da discutere 1900. Concentrare il programma della scuola sull’approfondimento della comprensione degli insegnamenti 1901. Importanza dei corsi sulla violazione del Patto 1902. Studiare il modello dell’Ordine Mondiale di Bahá’u’lláh 1903. Importanza dello studio dell’Islam 1904. Assolutamente indispensabile lo studio del Corano 1905. Formazione del carattere ed etica 1906. Pochi giorni non bastano a imparare tutto 1907. Responsabilità dei giovani bahá’í che frequentano Louhelen in relazione allo sviluppo dell’Università bahá’í B. Istituti bahá’í per l’insegnamento 1908. Istituti per l’insegnamento 1909. L’Istituto deve essere centro di complesse attività 1910. Temi da insegnare 1911. Inopportunità del rilascio di un diploma 1912. Attualmente l’Istituto per l’insegnamento è una funzione e non necessariamente un edificio XLVIII. INSEGNAMENTO A. Approfondimento 1913. Leggere giornalmente gli Scritti sacri 1914. Significato di approfondimento 1915. L’approfondimento genera stimolo 1916. Studiare assieme ad altri 1917. Classi di studio 1918. Approfondire la conoscenza 1919. Capire il significato degli Insegnamenti motiva i nuovi credenti a dedicare la vita al servizio di Bahá’u’lláh 1920. Studio e pratica 1921. Insegnamenti spirituali della Fede 1922. Presentare il testamento del Maestro ai nuovi credenti 1923. La gente ha bisogno della Causa 1924. Educazione dei nuovi credenti 1925. Figli spirituali 1926. Non si può cogliere lo spirito della Causa solo mediante la lettura dei libri 1927. Assoluta necessità di approfondirsi nella Causa 1928. Lo studio degli Araldi dell’Aurora suscita rinnovato zelo 1929. Tema da prefiggersi nell’approfondimento 1930. Prematura presentazione del Più Grande Nome 1931. Approfondire la conoscenza della letteratura al fine di insegnare agli altri e rendere un servizio alla Fede 1932. Esame di molti aspetti della vita privata e pubblica dell’uomo negl’Insegnamenti di Bahá’u’lláh 1933. Progresso della Causa caratterizzato dal rapporto sempre crescente con il mondo non bahá’í B. Pionieri e pionierismo 1934. Pionieri 1935. “Nemmeno per un momento siete soli” 1936. Lasciare la propria terra natia 1937. Definizione di “pioniere” e “pionierismo” 1938. Chi è un pioniere 1939. Marion Jack: punto di riferimento per ogni pioniere in terra straniera 1940. Non si può richiedere a un pioniere autosufficiente di stabilirsi in una data località 1941. Solo in presenza di richiesta per una specifica località si può pretendere che il pioniere vi si stabilisca 1942. Esortazione del Custode a lasciare i luoghi con alta concentrazione di credenti verso le mete che necessitano pionieri 1943. Insegnare e servire è un dovere di tutti i bahá’í e coloro che si stabiliscono in un dato luogo per motivi personali possono coprire mete di pionierismo 1944. Iraniani residenti in America 1945. Sommo servizio dei credenti persiani al lavoro d’insegnamento come pionieri 1946. Inserimento dei giovani e dei bambini nella lista dei pionieri 1947. Incoraggiare i credenti nativi a diventare il fulcro delle attività d’insegnamento 1948. Il pionierismo è la più alta forma di collaborazione nel matrimonio 1949. Evitare la concentrazione di pionieri persiani o americani in località particolari 1950. I pionieri non devono lasciare il loro posto finché vi è qualcosa da fare 1951. Un’oscurità iniziale circonda il lavoro del pioniere 1952. Il motivo di sparpagliarsi 1953. I pionieri sono i rappresentanti dell’Assemblea Spirituale Nazionale 1954. Grandi benedizioni derivanti dall’importante lavoro del pioniere 1955. Cessazione dello status particolare del pioniere 1956. I pionieri accrescono il prestigio della Fede 1957. La perseveranza dei pionieri assicura ricompense in entrambi i mondi 1958. Pionieri isolati: fari di Bahá’u’lláh 1959. Le lotte del pioniere 1960. Bahá’u’lláh promette il Suo aiuto divino a chiunque si levi a servire la Sua Causa 1961. Bahá’u’lláh è sempre all’erta, pronto a venirci in aiuto 1962. Il termine “missionario”, nel suo significato più nobile, può applicarsi ai nostri insegnanti 1963. Provvedere al rimpiazzo del pioniere prima che lasci il suo posto 1964. Il pionierismo nei territori vergini è il più importante servizio 1965. Divieto di votare nelle elezioni nazionali per i pionieri nei territori vergini 1966. Stretta armonia fra pionieri e credenti locali C. Proclamazione 1967. Non ridicolizzare i giovani 1968. Distribuzione massiccia di cartoline con risposta pagata 1969. L’importanza di raggiungere le persone eminenti con gli Insegnamenti 1970. Le persone eminenti sono spesso prigioniere delle proprie idee 1971. Proclamare la Fede ai moderni pensatori e ai capi della società D. Radio 1972. Potenza della radio per la proclamazione 1973. Storico passo avanti nella proclamazione 1974. Portare all’attenzione del pubblico l’esistenza della Fede 1975. Prudenza nel presentare la storia e gl’insegnamenti della Fede 1976. Accettabilità delle contribuzioni volontarie E. Insegnamento 1977. Levarsi per servire la Causa 1978. L’insegnamento viene ingiunto ai credenti nell’Aqdas 1979. Meditare sui metodi d’insegnamento 1980. Gl’insegnamenti non vanno custoditi ne nascosti 1981. ‘Abdu’l-Bahá insegna come insegnare 1982. Ricompensa di un martire 1983. La professione non condiziona l’insegnamento 1984. Maggiore durata del lavoro intensivo 1985. Gli insegnanti devono accontentarsi di poco cibo 1986. Sviluppare un circuito di insegnanti viaggianti 1987. Gli insegnanti viaggianti rafforzano il lavoro dei pionieri 1988. Compiti degli insegnanti viaggianti 1989. Nessuno status speciale per gli insegnanti viaggianti 1990. Spese di viaggio degli insegnanti 1991. Nessun bahá’í è un impiegato della Fede a tempo pieno 1992. Assistenza economica agli insegnanti viaggianti 1993. Nella Fede non esiste una figura paragonabile a un ecclesiastico di professione 1994. Il sostegno del Fondo è solo temporaneo 1995. Insegnanti viaggianti e credenti che si spostano di frequente 1996. Il raggiungimento della maturità spirituale è un processo lento 1997. Ogni credente è un’arca di salvezza 1998. Primo requisito di un devoto insegnante 1999. L’importanza dell’insegnamento 2000. Necessità di insegnanti con capacità spirituali e conoscenza del Patto 2001. Ognuno è un potenziale insegnante F. Insegnamento alle masse 2002. Distribuzione di materiale bahá’í nelle cassette delle lettere 2003. Selezionare gli insegnanti con grande cura 2004. Presentare la Causa con attenzione onde evitare equivoci 2005. Diritto dell’umanità di sentire il Messaggio di Bahá’u’lláh 2006. Lo scopo del consolidamento 2007. Vero consolidamento 2008. Proclamazione, Espansione e Consolidamento 2009. Il consolidamento è l’aspetto dell’insegnamento che aiuta ad approfondire la conoscenza degli Insegnamenti 2010. Consolidamento: elemento essenziale e inseparabile dell’insegnamento 2011. Espansione e consolidamento vanno di pari passo 2012. Lo scopo dell’insegnamento non si raggiunge con la dichiarazione di Fede 2013. Qualità necessarie per l’insegnamento 2014. Dare il Messaggio con semplicità 2015. Insegnare alle classi meno abbienti 2016. Campagne d’insegnamento 2017. Scopo di tutte le istituzioni bahá’í e degli insegnanti 2018. Sfida per ogni credente e ogni istituzione 2019. Sfida per le istituzioni amministrative locali e nazionali 2020. Sfida al singolo bahá’í 2021. Come può un vero credente rimanere silenzioso? 2022. Aspetti caritativi e umanitari della Fede 2023. Onorari e spese da pagare a chi presenta la Fede in occasione di avvenimenti non bahá’í 2024. Insegnanti con compiti amministrativi 2025. Aprire alla Fede un nuovo territorio o una nuova città è solo il primo passo 2026. L’obiettivo basilare dell’insegnamento 2027. Incoraggiamento del Custode all’arruolamento di nuovi credenti 2028. Insegnamento indiretto 2029. Insegnamento agli Indiani d’America 2030. L’insegnamento ai Mussulmani 2031. Le confermazioni provengono dallo Spirito Santo e occorre diventare delle canne attraverso cui esso possa discendere 2032. Molti sono pronti e bramano di scoprire questi Insegnamenti 2033. Utilizzare qualunque mezzo d’espressione per attrarre l’ascoltatore 2034. L’audacia è essenziale nell’insegnamento, ma con tatto, saggezza e ponderazione 2035. Bahá’í che non si considerano tali 2036. Modo migliore per svolgere il lavoro d’insegnamento XLIX. PROVE 2037. La più grande prova dei bahá’í 2038. Difficoltà iniziali di ogni comunità bahá’í 2039. Insuccessi, prove e difficoltà: mezzi per purificare lo spirito 2040. Dio utilizza talvolta la sofferenza per rafforzarci nella Sua Causa 2041. Un uomo sempre felice potrebbe dimenticare Dio 2042. Difficoltà: mezzi per l’evoluzione dello spirito 2043. È giusto mentire per salvare il prossimo? 2044. Nessun conforto in questo mondo 2045. Trasformare le difficoltà in opportunità 2046. Accettare pazientemente le prove della vita 2047. Molte prove sono dovute al nostro carattere 2048. La sofferenza fa manifestare la nobiltà di carattere 2049. La sofferenza: cera usata da Dio per metterci in grado di riflettere meglio i Suoi attributi 2050. A volte cose che sembrano difficili da capire hanno una spiegazione semplice e ragionevole L. IL TEMPIO - MASHRIQU’L-ADHKÁR A. Istituzione del Tempio 2051. L’istituzione del Tempio segna l’inizio del Regno di Dio sulla terra 2052. Il Tempio è l’arca per navigare sul mare in tempesta 2053. La prima istituzione dei discepoli fu un Tempio 2054. Effetto della costruzione del Mashriqu’l-Adhkár 2055. Dipendenze del Mashriqu’l-Adhkár 2056. Mashriqu’l-Adhkár: una delle più importanti istituzioni del mondo 2057. Culto e servizio: rapporto fra edificio amministrativo e Tempio B. Culto nel Tempio 2058. Il motivo di un luogo di culto 2059. La natura delle riunioni nel Tempio 2060. Ammissione del pubblico non bahá’í 2061. Culto nel Tempio 2062. Parlare nel Tempio 2063. Scritture di altre Religioni, Lettori, Musica nella Casa di Adorazione 2064. Utilizzo dell’Auditorium per speciali preghiere di visitatori bahá’í e non bahá’í 2065. Cantare le Tavole nel Tempio 2066. Domande e risposte riguardo le funzioni nella Casa di Adorazione C. Guida del Tempio e altre attività 2067. Sacralità del compito svolto dalla guida del tempio 2068. Si richiede buona competenza alle guide bahá’í 2069. Requisiti essenziali per le guide 2070. Lavoro nel Tempio nei Giorni Sacri 2071. Inaccettabilità di un terreno concesso dal Governo, ove sia destinato a sito del Tempio LI. DONNE 2072. Uomini e donne sono stati creati a immagine di Dio 2073. Chiarimento sull’esclusione delle donne dalla Casa di Giustizia 2074. L’appartenenza alla Casa Universale di Giustizia è limitata agli uomini 2075. Le donne raggiungeranno lo stadio supremo del mondo umano 2076. Riferimento nel Kitáb-i-Aqdas agli “Uomini di Giustizia” 2077. Tutti gli esseri umani sono creature di Dio 2078. Bahá’u’lláh fece delle donne persone rispettate ordinando la loro educazione 2079. La nuova razza sarà meno mascolina e gli elementi maschili e femminili saranno equamente bilanciati 2080. Le donne sarebbero pari all’uomo se godessero di uguali opportunità 2081. Con la stessa educazione riservata agli uomini, le donne dimostrerebbero uguale capacità di sapere 2082. La donna collaboratrice dell’uomo 2083. Necessità di educare e guidare le donne nella loro primaria responsabilità di madri 2084. Nessuna nazione può avere successo se non assicura l’istruzione a tutti i suoi cittadini 2085. Se la madre è istruita, i suoi figli saranno ben educati 2086. L’ostentazione di superiorità da parte dell’uomo continuerà a reprimere le ambizioni della donna 2087. L’ardimento mostrato dalle donne arruolate nei ranghi della Fede è uno dei portenti che distinguono questa Sacra Dispensazione 2088. Movimento per la liberazione delle donne 2089. Pensiero di ‘Abdu’l-Bahá sull’insurrezione delle donne per la pace 2090. Emancipazione delle donne e conseguimento della parità fra i sessi: principali requisiti della pace 2091. Maggiore sensibilità delle donne di fronte ai bisogni e alle sofferenze 2092. La donna, per natura, è contraria alla guerra 2093. La donna possiede più coraggio morale dell’uomo e riveste maggiore importanza per la razza 2094. Il dovere delle donne è essere le prime educatrici dell’umanità 2095. Attualmente la parità fra uomini e donne non è applicata 2096. Suffragio femminile: fattore della pace internazionale 2097. Parità fra uomini e donne: condizione per l’abolizione della guerra 2098. Il principio della parità deve applicarsi insieme agli altri aspetti della vita bahá’í 2099. Dio non chiede: “Sei donna o uomo?” 2100. Necessità per le donne di studiare le scienze industriali e agricole 2101. L’educazione consentirà alle donne di rifiutarsi di mandare i propri figli sui campi di battaglia 2102. ‘Abdu’l-Bahá considera “insignificanti” le disparità fra i sessi 2103. Maschio e femmina: due parti complementari del mondo dell’umanità 2104. Impossibilità della pace universale senza suffragio universale LII. LAVORO A. Lavoro come culto 2105. Lavoro come culto 2106. Nell’Ordine Mondiale non v’è posto per i pigri 2107. ‘Abdu’l-Bahá sostiene la necessità di una professione 2108. Bahá’u’lláh ingiunge di dedicarsi a una professione 2109. Impiego del tempo 2110. Arte come culto 2111. Il lavoro per la Causa non costituisce attività professionale 2112. Fare economia 2113. Tutti gli uomini devono procurarsi i mezzi per vivere 2114. Andare in pensione 2115. Nella Causa si lavora a qualunque età 2116. “Occupatevi di ciò che possa recare profitto a voi e agli altri” 2117. Deve una moglie e madre lavorare per guadagnarsi da vivere come il marito? 2118. Primario compito dell’uomo è sostenere economicamente la famiglia, mentre la donna è la prima educatrice dei figli 2119. Tempo che una madre può trascorrere fuori casa 2120. L’importanza del ruolo della madre deriva dal fatto che è la prima educatrice dei figli B. Sindacati e scioperi 2121. Istruzioni per sindacalisti e partecipazione agli scioperi LIII. GIOVANI 2122. “I nostri occhi fiduciosi sono fissi sui giovani bahá’í!” 2123. Adolescenti 2124. Speciale messaggio e missione per i giovani 2125. Necessità che i giovani aprano gli occhi sulle attuali condizioni del mondo e si interroghino sul futuro 2126. Far conoscere le proprie idee ad altri giovani e tenersi a contatto con le attività giovanili locali 2127. Necessità che i giovani diventino dotti nella Fede 2128. Santi, eroi, martiri e amministratori 2129. La Causa subirà un arresto se i giovani falliscono nel loro compito 2130. La responsabilità d’insegnare è sulle spalle dei giovani bahá’í 2131. I giovani ereditano il lavoro dei bahá’í più anziani 2132. Necessità per la gioventù moderna di un’etica fondata sulla pura fede religiosa 2133. Associarsi con gli altri in spirito d’amicizia 2134. Ruolo vitale dei giovani bahá’í 2135. Emulare i giovani 2136. Il sorgere dei giovani bahá’í 2137. Incoraggiare i giovani a pensare ai propri studi 2138. I giovani si leveranno per amore di Dio 2139. Appello della Casa di Giustizia ai giovani bahá’í di raddoppiare gli sforzi nella diffusione del Messaggio Divino 2140. Non è giusto che i giovani bahá’í colpevolizzino gli amici non bahá’í 2141. Educazione: uno dei fattori fondamentali della vera civiltà 2142. Futura pace 2143. Appello ai giovani bahá’í a riconsacrarsi alle urgenti necessità della Causa 2144. I giovani bahá’í di oggi vedranno l’instaurazione della pace minore e la riconciliazione della società 2145. La chiave del successo sta nell’approfondimento degli Insegnamenti e nella capacità di spiegarli ai coetanei 2146. I giovani sono esortati a levarsi e rivoluzionare il progresso della Causa 2147. Corsi di studio utili per dare assistenza ai paesi in via di sviluppo 2148. La proclamazione derivata dalle persecuzioni in Iran ha favorito la ricerca della propria vera identità da parte delle persone 2149. Perseverare nell’insegnare la Fede, studiare gli Scritti, servire l’umanità e offrirsi per l’attuazione di progetti 2150. Incoraggiare l’incalcolabile aiuto dei giovani 2151. Incoraggiare i giovani a formulare e attuare i loro piani d’insegnamento 2152. La Casa di Giustizia plaude agli sforzi dei giovani tesi ad acquisire qualità spirituali 2153. Imprescindibile dovere dei giovani di rispecchiare il potere trasformatore della Fede nella Società 2154. Aspirare all’eccellenza e procedere all’avanguardia di professioni, commerci, arti e mestieri 2155. Esemplificare la vita bahá’í che è all’opposto del decadimento morale della società 2156. Importanza del contatto con le minoranze razziali 2157. La Fede Bahá’í: religione che appartiene ai giovani 2158. Inesistenza della “seconda dichiarazione” 2159. La soluzione delle difficoltà esistenti fra giovani e vecchi credenti 2160. Leggi e precetti che infastidiscono taluni giovani credenti 2161. Chiedere a Dio misericordia e perdono per i genitori 2162. Compimento dei diciannove anni 2163. Revisione del lavoro dei giovani da parte di un Comitato Nazionale Bibliografia Indice analitico I. ORDINE AMMINISTRATIVO A. Ordine amministrativo 1. Stabilito per la prima volta in America - Non è un prodotto americano «L’Ordine Amministrativo della Causa, benché sia stato stabilito per la prima volta in America e usato come modello dall’altre comunità nazionali bahá’í, non è un prodotto americano, ma un sistema universale basato sugli insegnamenti di Bahá’u’lláh. Tuttavia non è stato iniziato e perfezionato prima dai credenti americani per semplice coincidenza.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 29 ottobre 1938, Dawn of a New Day, p. 202) 2. Non può essere identificato con i principi delle odierne democrazie «.... L’Ordine Amministrativo che è enunciato negli Insegnamenti di Bahá’u’lláh, che i credenti americani hanno difeso ed ora stanno stabilendo, non deve essere mai identificato con i principi base delle odierne democrazie; né si identifica con alcuna forma di governo puramente aristocratica o autocratica. Le biasimevoli caratteristiche insite in ciascuno di questi sistemi politici sono state completamente eliminate. Esso combina, come nessun sistema politico dell’uomo è mai riuscito a fare, salutari verità e benefici elementi che costituiscono i preziosi contributi che ciascuna di quelle forme di governo ha dato alla società nel passato...» (Postscriptum del Custode ad una lettera del 18 novembre 1993 scritta a suo nome all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti e Canada, The National Spiritual Assembly, p. 26) B. Amministrazione Bahá’í 3. Strumento ideale per far funzionare correttamente le leggi spirituali «Egli spera che dedichiate il maggior tempo possibile al lavoro della Causa, specialmente per inculcare nei credenti l’importanza dell’Amministrazione, e per assisterli a capirne lo scopo e tutto ciò che ne può derivare una volta che la facciamo funzionare correttamente. In altre parole, è una struttura perfetta che deve essere animata dallo spirito della Causa. È lo strumento ideale per far funzionare in modo appropriato le leggi spirituali negli affari materiali di questo mondo.» (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 16 giugno 1945) 4. Scopo dell’Amministrazione «La Vostra lettera del 19 ottobre 1973, che dà un quadro generale degli sviluppi in Australia è di grande interesse e vi ringraziamo per i numerosi sforzi tesi a promuovere la Fede in quel vasto continente. Vi esortiamo a tenere sempre presente che lo scopo primario dell’amministrazione bahá’í è di rafforzare e guidare il lavoro d’insegnamento e di promuovere l’affermazione della Fede. Non deve essere mai considerata fine e se stessa, ma un mezzo per canalizzare e rendere concreta la vitalità spirituale generata dalla Parola di Dio nel cuore dei credenti. La dedizione e lo zelo con cui promuovere la Causa di Dio sono altamente encomiabili e pregheremo alla Sacra Soglia affinché, come risultato dei Vostri sforzi, il processo di espansione e di consolidamento si intensifichi di molto.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale d’Australia, 12 novembre 1973) 5. L’Ordine sociale di Bahá’u’lláh «..Accettare la Causa senza l’amministrazione è come accettare gli insegnamenti senza riconoscere il rango divino di Bahá’u’lláh. Essere bahá’í significa accettare la Causa nella sua totalità. Trovare a ridire su un principio basilare vuol dire negare l’autorità e la sovranità di Bahá’u’lláh e quindi è come negare la Causa. L’Amministrazione è l’ordine sociale di Bahá’u’lláh; senza di essa tutti i principi della Causa sarebbero vani: non accettarla significa quindi contestare la struttura che Bahá’u’lláh ha ordinato; significa disobbedire alle Sue leggi.» (Lettera scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti e Canada il 30 maggio 1930, Bahá’í News, n. 43, agosto 1930, p. 3) 6. Relazione della Causa con l’Amministrazione «Per quanto riguarda la relazione della Causa con l’Amministrazione - come il Custode ha ripetutamente e decisamente affermato - la Fede Bahá’í non può essere considerata un semplice sistema organizzativo, per quanto elaborate possano essere le sue strutture ed universali i suoi scopi. L’organizzazione è solo un mezzo per realizzare i suoi scopi ed i suoi ideali, e non è fine a se stessa. Dividerle, quindi equivarrebbe a mutilare la stessa Causa, in quanto sono inseparabilmente legate l’una all’altra esattamente con lo stesso rapporto che esiste - sul piano dell’umana esistenza - fra l’anima ed il corpo.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente il 19 aprile1939) C. Assemblee Spirituali Locali Bahá’í 7. Le Assemblee sono state ordinate da Bahá’u’lláh «Indirizzandosi alle nazioni, l’Antica Bellezza ha ordinato che in ogni città del mondo sia fondata una Casa in nome della Giustizia ed in essa si riuniscano anime pure e salde in numero corrispondente a quello del Più Grande Nome (nove). In queste riunioni essi dovrebbero sentirsi come se stessero per entrare alla presenza di Dio, poiché questo comando vincolante è fluito dalla Penna di Colui che è l’Antico dei Giorni. Gli sguardi di Dio sono diretti verso questa Assemblea.» (Bahá’u’lláh: da una Tavola recentemente tradotta, Istruzioni ai credenti Bahá’í, p. 5, n. 2) 8. Istituita in ogni città - Nove (numero di Bahá) membri. «Il Signore ha ordinato che in ogni città sia istituita una Casa di Giustizia in cui si riunisca un numero di consiglieri pari a quello di Bahá e se eccedesse questo numero non ha importanza...» (Bahá’u’lláh, Kitáb-i-Aqdas, par. 30) 9. Scopo delle Assemblee Spirituali «Quando si ricorre a loro, queste istituzioni hanno il sacro obbligo di aiutare, consigliare, proteggere e guidare i credenti con tutti i mezzi in loro possesso, giacché sono state fondate allo scopo di mantenere l’ordine, l’unità e l’obbedienza alla legge di Dio fra i credenti. Lei deve rivolgersi a loro come un figlio si rivolge ai propri genitori...» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 28 settembre 1941, Istruzioni ai credenti Bahá’í, p. 20 n. 21) 10. Il loro Difensore è ‘Abdu’l-Bahá «Queste Assemblee Spirituali sono aiutate dallo Spirito di Dio, il loro difensore è ‘Abdu’l-Bahá. Su di loro Egli allarga le Sue ali. Che grazia esiste maggiore di questa?... Queste Assemblee Spirituali sono lampade luminose e giardini celesti che diffondono la fragranza della santità su tutte le regioni e riflettono intorno, su tutte le cose create, le luci del sapere. Da loro lo spirito della vita scorre in tutte le direzioni. Esse invero, sono le potenti sorgenti del progresso dell’uomo, in ogni tempo ed in qualunque circostanza.» (‘Abdu’l-Bahá, citato in Dio Passa nel Mondo, p. 342) 11. Assemblee chiamate in modo diverso in futuro «.. Non solo le attuali Assemblee Spirituali saranno chiamate in modo diverso in futuro, ma saranno anche in grado di aggiungere alle attuali funzioni quei poteri, doveri e prerogative resi necessari dal riconoscimento della Fede di Bahá’u’lláh, non semplicemente come uno dei sistemi religiosi del mondo, ma come la religione di stato di un indipendente e una potenza sovrana...» (Shoghi Effendi, The Bahá’í World, vol. III, p. 108) 12. L’Assemblea opera ai primi livelli della società umana «L’istituzione dell’Assemblea Spirituale Locale, divinamente ordinata, opera ai primi livelli della società umana ed è l’unità amministrativa basilare dell’Ordine Mondiale di Bahá’u’lláh. Essa ha rapporto con i singoli e le famiglie che deve costantemente incoraggiare ad unirsi in una società bahá’í che si distingua, resa vitale e protetta dalle leggi, ordinanze e principi della Rivelazione di Bahá’u’lláh; protegge la Causa di Dio ed agisce con un amorevole pastore del gregge bahá’í.» (Dal Messaggio della Casa Universale di Giustizia ai Bahá’í del Mondo, Naw-Rúz 1974, citato in “Piano Quinquennale”, p. 13) 13. Consolidamento delle Assemblee Spirituali Locali - Centri d’energia delle comunità «Si deve prestare molta attenzione al consolidamento delle Assemblee Spirituali Locali, le quali devono agire come centri motori delle comunità bahá’í in città e villaggi; promuovere l’educazione bahá’í dei giovani e dei fanciulli ed incrementare la cooperazione e la partecipazione dei credenti alla vita della comunità. Gli insegnanti viaggianti e tutti coloro che sono impegnati a diffondere il Messaggio devono dedicarsi di nuovo al loro vitale lavoro e partire con rinnovato entusiasmo. Devono mirare ad assistere il maggior numero possibile di comunità bahá’í, perché si reggano in modo autonomo e siano in grado di eseguire gli entusiasmanti compiti che sono chiamati ad assolvere nella Vigna di Dio in questo Giorno.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’India) 14. Scopo principale è promuovere il lavoro d’insegnamento «E poiché lo scopo principale per cui le Assemblee Spirituali Locali sono state fondate è la promozione del lavoro d’insegnamento, è chiaro che tutte le Assemblee Spirituali Nazionali devono considerare attentamente modi e mezzi per incoraggiare tutte le Assemblee Locali sotto la loro giurisdizione ad assolvere il loro obbligo principale... è importante che le Assemblee Locali comunichino agli amici la storia dei successi conseguiti da alcuni di loro, descrivano modi efficaci di presentare il Messaggio che hanno trovato utili, espongano esempi delle varie maniere in cui un argomento bahá’í può essere presentato a coloro che ricercano, o illustrino metodi che permettano ai credenti di collegare i bisogni della società ai nostri insegnamenti. Informazioni e suggerimenti come questi possono essere offerti agli amici durante la Festa del 19° Giorno, tramite notiziari locali, o con qualsiasi altro mezzo di cui l’Assemblea Spirituale Locale disponga. In tutti questi contatti con i credenti, le Assemblee Spirituali Locali devono far ben capire agli amici il ruolo unico e insostituibile che l’individuo ha nella realizzazione di ogni impresa bahá’í.» (Estratto da una lettera della Casa Universale di Giustizia a tutte le Assemblee Spirituali Nazionali, 3 Mirza1977, Insegnamento, p. 4) 15. Aree sotto la giurisdizione delle Assemblee Spirituali Locali - L’Assemblea Spirituale Nazionale deve studiare «La questione della giurisdizione delle aree di un’Assemblea Spirituale Locale deve essere esaminata dall’Assemblea Spirituale Nazionale, che deve applicare i principi stabiliti dal Custode, e cioè: un’Assemblea che abbia valida giurisdizione può essere eletta in un’area municipale, in cui i residenti pagano tasse e votano; chiunque viva al di fuori di quell’area non è membro di quella Comunità e non può goderne i privilegi amministrativi. Per quanto ciò possa creare difficoltà al vostro registro d’Assemblea, porrà il lavoro della Fede su basi più solide ed incrementerà il numero dei Centri dove risiedono bahá’í... Spronerà gli amici a lavorare di più per formare nuove Assemblee e riformare quelle cadute...» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’Australia e Nuova Zelanda, 13 giugno 1956, Letters from the Guardian to Australia and New Zeland, pp. 130-1) 16. Assemblee Spirituali Locali - create da Bahá’u’lláh nel Kitáb-i-Aqdas «A proposito della vostra domanda sull’Assemblea Spirituale Locale, essa è, in realtà, un’istituzione divina, creata da Bahá’u’lláh nel Suo Kitáb-i-Aqdas quale Casa Locale di Giustizia. ‘Abdu’l-Bahá ha descritto con chiarezza la sua origine, la sua autorità ed i suoi doveri, spiegando anche la differenza fra essa ed altre istituzioni amministrative, sia del passato che del presente. Riferitevi al testo “Selections from the Writings of ‘Abdu’l-Bahá” [‘Abdu’l-Bahá - Antologia”, ], paragrafi n. 37, 38 e 40. È chiaro che, mentre le Assemblee Spirituali Locali devono supervisionare tutti gli affari bahá’í della loro area, incluse l’organizzazione della Festa del Diciannovesimo Giorno, l’osservanza dei Giorni Sacri, l’elezione dei membri d’Assemblea, lo sviluppo del lavoro d’insegnamento, la cura del benessere spirituale e l’educazione bahá’í di amici e fanciulli, ecc., esse e gli amici - devono contemporaneamente essere cittadini buoni e leali del governo civile, anche se fosse un Consiglio Tribale, un Cacicco (capo indiano) o un’autorità municipale.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale del Brasile, 13 aprile 1983) D. Formazione delle Assemblee Spirituali Locali 17. Formazione delle Assemblee Spirituali Locali - Obbligo di formarle «Shoghi Effendi pensa che in ogni località dove venga raggiunto il numero di nove credenti adulti deve essere istituita un’Assemblea Locale e ritiene, altresì, che questo è un obbligo piuttosto che un atto semplicemente volontario. Solo in casi eccezionali l’Assemblea, se ritiene che la situazione non dia garanzie. Questo diritto, comunque, deve essere esercitato solo in casi assolutamente eccezionali. Circa il principio secondo cui l’area di giurisdizione di un’Assemblea Locale deve essere determinata, pensa che spetti all’Assemblea Spirituale Nazionale assolvere questo compito; qualunque principio esse sostengano deve essere pienamente applicato a tutte le località, senza alcuna distinzione.» (Lettera scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti e Canada, 11 aprile 1931. Bahá’í News, n. 55, p. 1, settembre 1931) 18. Una Comunità di nove credenti adulti deve formare l’assemblea per dichiarazione congiunta «In risposta alla vostra lettera del 28 ottobre 1980 abbiamo avuto istruzione di darvi i seguenti chiarimenti: (1) Nelle direttive del diletto Custode e nei regolamenti delle Assemblee Spirituali Locali non vi è nulla che imponga la firma della dichiarazione congiunta di una nuova Assemblea. Le modalità della dichiarazione rientrano nella discrezionalità dell’Assemblea Spirituale Nazionale, che può richiedere quindi o meno che vengano firmate. (2) Al Ri?ván ovunque vi siano nove o più credenti adulti residenti in un’area che abbia i requisiti per l’istituzione di una Assemblea Spirituale Locale, la si deve formare. (3) Se il numero dei credenti adulti residenti è esattamente nove, l’Assemblea Spirituale Locale deve formarsi per dichiarazione congiunta con le modalità indicate dall’Assemblea Spirituale Nazionale, il cui segretario dovrà registrare la sua formazione. (4) Quando l’Assemblea Spirituale deve formarsi per la prima volta ed uno o più credenti rifiutano di aderire alla dichiarazione, l’Assemblea non può essere formata.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’Islanda, 2 dicembre 1980) 19. Il dovere di ogni Bahá’í di prender parte alla dichiarazione congiunta «L’affermazione secondo cui condizione per la formazione di un’Assemblea Spirituale Locale è che vi siano almeno nove credenti adulti, pronti, disposti e capaci di servire nell’Assemblea Locale, non deve essere interpretata nel senso che ogni bahá’í ha il diritto di rifiutarsi di prendere parte alla formazione dell’Assemblea. È solo il riconoscimento di una situazione reale. La Costituzione Nazionale Bahá’í specifica: “Quando... in qualsiasi località il numero dei bahá’í è esattamente di nove, questi, il 21 aprile di ogni anno o in anni successivi, si costituiranno in Assemblea Spirituale Locale per dichiarazione congiunta. Dopo la registrazione di tale dichiarazione da parte del segretario dell’Assemblea Spirituale Nazionale, questo corpo di nove persone sarà considerato nella pienezza del suo status con i diritti, i privilegi ed i doveri di un’Assemblea Spirituale Locale.» Se ne deduce perciò che, in una situazione del genere, è dovere di ogni bahá’í prendere parte alla dichiarazione congiunta. Se un bahá’í, comunque, si rifiuta lo si deve aiutare a capire che ha gravemente mancato ai suoi doveri di bahá’í. In questo grado di sviluppo della Causa un’Assemblea Spirituale Nazionale, per tale trasgressione, non deve - in linea generale - privare un credente del diritto di voto, ma amorevolmente e pazientemente educare gli amici a prendere consapevolezza delle loro responsabilità.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale della Nuova Zelanda, 12 ottobre 1969) 20. Il credente deve essere “residente” per partecipare alla formazione di un’Assemblea Spirituale - Casi eccezionali «Per essere considerato membro di una comunità locale bahá’í al fine della formazione o del mantenimento di un’Assemblea Spirituale Locale, un credente - alla data del primo giorno di Ri?ván - deve risiedere nell’area di sua giurisdizione. Questa è la regola. Cosa costituisca “Residenza” è un fatto secondario che decide ciascuna Assemblea Spirituale Nazionale, ma non vi è alcuna deroga al principio che un credente deve essere residente per poter partecipare alla formazione dell’Assemblea Spirituale. Come avrete notato dalle istruzioni suddette, non è possibile per i credenti che vivono fuori dai confini municipali di una località essere enumerati fra i suoi membri. Naturalmente vi possono essere diversi casi eccezionali. Per esempio, può accadere che uno studente universitario trascorra circa sei mesi dell’anno nella città sede dell’università e gli altri sei mesi in casa dei suoi genitori; in tal caso gli si permette normalmente di scegliere quale dei due luoghi considerare residenza ai fini amministrativi. In ogni modo, non si può essere considerati contemporaneamente residenti di due posti. Per di più, non è indispensabile essere fisicamente presenti per essere residenti. Vi sono molti casi di marinai o rappresentanti che trascorrono la maggior parte del tempo spostandosi da un luogo all’altro e tuttavia sono incontestabilmente residenti nella città in cui vive la loro famiglia. Tutte queste questioni devono essere risolte dall’Assemblea Spirituale Nazionale alla luce delle singole circostanze nel contesto generale della definizione di “residenza” adottata; naturalmente deve trattarsi di una definizione logica, altrimenti il principio ne verrebbe vanificato.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale della Francia, 18 settembre 1985) 21. Riformazione per elezione o dichiarazione congiunta - Il rifiuto di un credente a partecipare non impedisce la riformazione dell’Assemblea «Negli anni successivi l’Assemblea deve essere riformata ogni Ri?ván, o per elezione, se il numero dei credenti votanti supera il nove, o per dichiarazione congiunta, se il loro numero è esattamente di nove. La mancanza o il rifiuto di un credente di prendere parte alla dichiarazione congiunta non sono di per sé un ostacolo alla riformazione dell’Assemblea. Dove il numero dei credenti votanti di una comunità nel corso dell’anno scende al di sotto di nove, l’Assemblea Spirituale Locale non cade automaticamente: continua ad esistere, purché l’Assemblea Spirituale Nazionale abbia la speranza o la prospettiva di ripristinare il numero con nuovi dichiarati o con pionieri. Comunque, se al Ri?ván successivo il numero non è stato ripristinato, l’Assemblea cade.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale del Canada, 22 luglio 1981) 22. Casi in cui un’Assemblea non deve essere considerata immediatamente caduta «Egli pensa che, dove è in dubbio lo scioglimento di un’Assemblea, ogni caso deve essere trattato separatamente: se un membro si trasferisce definitivamente lasciandola con meno di nove membri, l’Assemblea, se i suoi componenti hanno un pronto rimedio in vista, non deve sciogliersi immediatamente. In altre parole, se stanno per confermare subito, o ricevere entro un ragionevole lasso di tempo, qualcuno che sostituisca il membro trasferito, non è necessario perdere lo status di Assemblea. Se ciò dovesse accadere per ostacoli insormontabili, allora l’Assemblea può essere ricostituita solo il 21 aprile. Anche se alcuni membri temporaneamente non partecipano alle sedute, non è necessario sciogliere l’Assemblea; al contrario, occorre educare ed incoraggiare i riluttanti ad assumersi nuovamente i loro obblighi spirituali di credenti. Un’Assemblea Spirituale non si regge su nove persone disponibili per ciascuna seduta, ma su nove bahá’í residenti che fanno del loro meglio per assolvere i propri doveri nei confronti dell’Assemblea. Quando non ne siano impediti da malattia, assenze o altri validi motivi.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti e Canada, 31 Mirza 1945) 23. Membri di Assemblee disciolte - Da notificarsi alla segreteria nazionale «… ogni Assemblea che si è disciolta deve darne immediato annuncio al segretario nazionale, il quale deve sempre tenere una lista aggiornata delle Assemblee. Ogni Assemblea disciolta non potrà essere ricostituita fino all’epoca delle elezioni in aprile.» (Lettera scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti e Canada, 13 aprile 1944: Il Patto e l’Amministrazione Bahá’í, p. III) 24. Modifiche nella giurisdizione dell’Assemblea Spirituale - Secondo le modificazioni delle unità civili «Secondo il principio di carattere generale, un’ Assemblea Spirituale Locale può essere formata anche nella più piccola unità amministrativa civile del paese. Se queste aree vengono ingrandite o ridotte dal Governo, anche l’area di giurisdizione dell’Assemblea deve essere modificata.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale dello Zambia, 8 giugno 1978) 25. In prigione non si possono formare Assemblee «Le Mani della Causa residenti in Terra Santa ci hanno comunicato la parte della lettera di... del 3 febbraio, che riferisce il lavoro di insegnamento nella prigione di... e la formazione di Assemblee Locali nei penitenziari. Mentre questo lavoro d’insegnamento è encomiabile, chi accetta Bahá’u’lláh in quelle condizioni non può assumersi responsabilità di carattere amministrativo, né quindi si possono formare Assemblee Locali in prigione. Si può comunque, osservare le Feste del 19° Giorno, i Giorni Sacri ed altre ricorrenze Bahá’í. Quando torneranno nelle loro comunità, potranno partecipare anche agli affari amministrativi.» (Lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’Ecuador, 9 febbraio 1972. Estratto Da una lettera scritta ad un’altra Assemblea Spirituale Nazionale l’11 giugno 1964) 26. Qualifiche dei membri dell’Assemblea soggetti alle umane limitazioni «.. riguardo alle qualifiche dei membri dell’Assemblea Spirituale: Vi è una distinzione di fondamentale importanza che deve essere sempre tenuta a mente a questo riguardo, e cioè la distinzione fra l’Assemblea Spirituale, come istituzione, e le persone che la compongono. Non s’intende affatto che queste debbano essere perfette, né possono essere considerate essenzialmente superiori agli altri credenti; ed è precisamente perché tali persone sono soggette alle stesse limitazioni umane che caratterizzano gli altri membri della comunità, che devono essere elette ogni anno. Proprio l’esistenza delle elezioni è una chiara indicazione che i membri di Assemblea, sebbene facciano parte di una istituzione divina e perfetta, sono - ciò malgrado - imperfetti. Ma questo non implica necessariamente che siano senza senno.» (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 15 novembre 1935. “Istruzioni ai credenti Bahá’í”, pp. 10-11, n. 10) 27. Le qualifiche descritte sono applicabili a chiunque venga eletto «In quanto alla sua domanda circa le qualifiche dei delegati e dei membri di Assemblea: le qualifiche ch’egli descrive sono realmente applicabili a tutti coloro che eleviamo a un incarico bahá’í di qualunque natura. Ma si tratta solo di un’indicazione: e ciò non significa che chi non risponda a tali requisiti non possa essere eletto. Dobbiamo puntare più in alto possibile.» (Da una lettera scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale delle Isole Britanniche, 24 ottobre 1947. “Elezioni Bahá’í”, p. 86, n. 11) 28. Membri del Consiglio Ausiliare - Eleggibilità «Tutti i bahá’í adulti, compresi i Membri del Consiglio Ausiliare, sono eleggibili per votare nelle elezioni dei delegati o dell’Assemblea Spirituale Locale.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’Uganda e Africa Centrale del 10 aprile 1966) 29. I Membri del Consiglio Ausiliare possono servire temporaneamente in Assemblea * «I Membri del Consiglio Ausiliare, sono eleggibili in tutte e tre le elezioni. Quindi non si deve invalidare una scheda perché contiene il nome di un membro del Consiglio Ausiliare. Il principio basilare in questione è che lo stesso membro del Consiglio Ausiliare deve decidere se accettare o meno la sua elezione. Come avete affermato nella vostra lettera, se il numero dei bahá’í di una comunità scende a nove, compreso il membro del Consiglio Ausiliare ivi residente, quest’ ultimo può servire temporaneamente come membro dell’Assemblea per evitarne la caduta.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti, 25 Mirza 1966, citata nella compilazione “Auxiliary Board Members”) *(Vedi anche n. 91-92) 30. Le elezioni annuali danno l’opportunità di porre rimedio ai difetti dell’Assemblea «Poiché, come ‘Abdu’l-Bahá ha ripetutamente sottolineato, le Assemblee Bahá’í sono sotto la guida e la protezione di Dio, le elezioni, specialmente quando sono annuali, danno alla comunità una buona opportunità di porre rimedio a qualsiasi difetto o imperfezione che l’Assemblea possa avere come conseguenza delle azioni dei suoi membri. In tal modo è stato stabilito un metodo sicuro per elevare e migliorare continuamente la qualità di membro di Assemblea. Tuttavia, come già detto, l’Assemblea Spirituale quale Istituzione non deve mai essere identificata con le qualità personali dei membri che la compongono, o essere valutata semplicemente attraverso quelle qualità.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 15 novembre 1935) 31. Assenza di candidatura nelle elezioni bahá’í - Una caratteristica distintiva «Per quanto riguarda la pratica della candidatura nelle elezioni bahá’í, il Custode ritiene fermamente che ciò sia in totale disaccordo con lo spirito che deve animare e dirigere tutte le elezioni tenute da bahá’í, siano esse di carattere ed importanza locale o nazionale. È proprio l’assenza di tale pratica che costituisce la caratteristica e la spiccata distintiva superiorità del metodo elettorale bahá’í, rispetto a quelli comunemente ricollegabili ai partiti politici e alle loro fazioni. Essendo la candidatura contraria allo spirito dell’Amministrazione bahá’í, deve essere completamente scartata da tutti gli amici, poiché altrimenti la libertà dell’elettore bahá’í nella scelta dei membri di qualsiasi Assemblea Bahá’í sarà seriamente compromessa, in quanto darebbe adito al sopravvento di singole personalità. Non solo, ma il semplice atto della candidatura porta inevitabilmente alla formazione di partiti, cosa totalmente aliena allo spirito della Causa.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 4 febbraio 1935) 32. Le procedure elettorali bahá’í sviluppano il senso di responsabilità «Oltre a questi seri danni, la pratica della candidatura ha il grande svantaggio di uccidere nei credenti lo spirito di iniziativa e di auto sviluppo. Infatti, uno degli scopi essenziali delle procedure elettorali bahá’í è quello di sviluppare in ogni credente il senso di responsabilità. Mettendo in risalto la necessità di mantenere la propria piena libertà nelle elezioni, il credente sente il dovere di diventare un attivo e ben informato membro della comunità in cui vive.» (Ibidem) 33. Libertà di scelta dei credenti - Dovrebbero essere i migliori e più svariati elementi «...ma sono convinto che non sia in armonia con lo spirito della Causa imporre limitazioni alla libertà che hanno i credenti di scegliere fra le persone di qualsiasi razza, nazionalità o temperamento quello che meglio combini le qualità essenziali per essere membro di istituzioni amministrative. Devono ignorare le personalità e concentrare l’attenzione sulle qualità e sui requisiti dell’incarico, senza pregiudizi, passioni o parzialità. Nell’Assemblea devono essere rappresentati gli elementi più scelti, vari e capaci di ogni comunità bahá’í.» (Lettera del Custode ad un credente, 11 agosto 1933. Elezioni Bahá’í, pp. 85-6 n. 10) 34. I credenti devono diventare elettori intelligenti, bene informati e responsabili * «Per essere in grado di fare una saggia scelta al momento delle elezioni, è necessario che sia in stretto e continuo contatto con tutti i suoi compagni di fede, si tenga al corrente di tutte le attività locali - d’insegnamento, amministrative o di altro tipo - e che partecipi intensamente e con gioia al lavoro dei comitati locali e nazionali e delle assemblee del suo paese. Solo così un credente può sviluppare una vera coscienza sociale ed acquisire un effettivo senso di responsabilità nelle questioni inerenti agli interessi della Causa. Quindi la vita comunitaria bahá’í impone ad ogni fedele e leale credente il dovere di divenire un intelligente, bene informato e responsabile elettore, dandogli le opportunità di elevarsi a tale rango. E siccome la pratica della candidatura ostacola lo sviluppo di dette qualità e conduce, inoltre, alla corruzione e alla partigianeria, deve essere completamente eliminata in tutte le elezioni bahá’í.» (Da una lettera scritta per conto di Shoghi Effendi a un credente il 4 febbraio 1935) 35. La propaganda elettorale è deprecata. «La forza ed il progresso della Comunità bahá’í dipendono dall’elezione di anime pure, fedeli ed attive... Gli intrighi sono deprecati... Le elezioni bahá’í della comunità sono… purificate da tutte quelle manifestazioni di propaganda e imbrogli che caratterizzano le attività dei perfidi.» (Da una lettera di Shoghi Effendi agli amici in Persia, 9 aprile 1932, Elezioni Bahá’í, p. 85, n. 9) 36. Riferimento a persone prima delle elezioni. «Penso che fare riferimento a persone prima delle elezioni darebbe adito a malintesi e divergenze. Quello che gli amici devono fare è imparare a conoscersi bene l’un l’altro, scambiarsi opinioni, familiarizzare e discutere fra loro i requisiti e le qualifiche che sono necessari per la funzione di membro, senza comunque fare riferimento - per quanto indiretti - a determinate persone o fare richieste. Invece dobbiamo mettere in rilievo la necessità di essere pienamente edotti sulle qualità necessarie alla funzione di membro, come riferite nelle Tavole del nostro Benamato, e di conoscersi di più l’un l’altro attraverso il contatto diretto e personale, piuttosto che attraverso le voci e le opinioni degli amici.» (Lettera di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale di Akron, Ohio, 14 maggio 1927, Principles of Bahá’í Administration, p. 47) 37. Evitare intrighi «Attenti, attenti, che il fetore dei partiti e dei popoli di terre straniere in Occidente, coi loro perniciosi metodi, quali intrighi, partiti politici e propaganda – pratiche odiose perfino nel nome – non s’introducano nella comunità bahá’í, influenzando in qualche modo gli amici e vanificando ogni spiritualità. Gli amici devono abolire questi malvezzi con la devozione, l’amore, la lealtà e l’altruismo, e non imitarli. E soltanto dopo che essi abbiano completamente ignorato tali mali, purificandosene del tutto, lo spirito di Dio potrà penetrare e operare nel corpo dell’umanità e nella comunità bahá’í». (Da una lettera di Shoghi Effendi agli amici in Persia, 30 gennaio 1923, Elezioni Bahá’í, p. 83, n°1) 38. Giorno delle elezioni. «Il giorno dell’elezione gli amici devono parteciparvi attivamente, in unità e amicizia, volgendo i cuori a Dio, distaccati da tutto fuorché da lui, cercando la Sua guida e supplicandone l’aiuto e la generosità.» (Lettera del Custode agli amici in Persia, 30 gennaio 1923, Elezioni Bahá’í, p. 83, n. 3) 39. Preghiere e riflessioni prima di votare. «.. l’elettore... è chiamato a votare per nessun altro che non sia uno di coloro che la preghiera e la riflessione gli hanno ispirato di sostenere. inoltre la pratica della candidatura, così nociva nell’atmosfera di un’elezione silenziosa e devota, è considerata con sfiducia, poiché essa... negherebbe a ciascun elettore quel diritto, datogli da Dio, di votare soltanto in favore di coloro che egli, in piena coscienza, giudica che siano i candidati più degni.» (Lettera di Shoghi Effendi, 27 maggio 1927. Il Patto e l’Amministrazione Bahá’í, p. 108 e Istruzioni ai Credenti Bahá’í, p. 12 n. 13) «..al momento delle elezioni gli amici dovrebbero essere disposti alla preghiera, disinteressati e distaccati da motivazioni allora saranno ispirati ad eleggere i membri adatti per le assemblee.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente il 7 giugno 1924) 40. Procedura per votare per posta «La stessa procedura deve essere seguita per votare per posta, e cioè: il voto deve essere posto in una busta che, una volta chiusa senza apporvi alcun segno o firma, deve essere inserita in un’altra busta sulla quale si deve indicare il nome del votante.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia a tutte le Assemblee Spirituali Nazionali del 21 gennaio 1973) 41. Nessun quorum è richiesto per l’elezione di un’Assemblea «Nessun quorum è richiesto nelle elezioni dell’Assemblea Spirituale Locale e questa regola si applica anche in caso di elezioni suppletive. Il semplice fatto che meno di nove persone votino per eleggere i membri dell’Assemblea Locale non invalida l’elezione. Come sapete, l’Assemblea Nazionale può sempre verificare le modalità con cui è stata eletta un’Assemblea Spirituale Locale e stabilire, a sua discrezione, se considerate tutte le circostanze, la sua situazione può essere riconosciuta.» (Lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’Ecuador, 16 aprile 1969) 42. Elezioni bahá’í di Assemblee Locali - Non più né meno di nove voti 1 «A proposito della Vostra domanda se nelle elezioni delle Assemblee Spirituali gli elettori devono esprimere esattamente nove voti o anche meno. Poiché il numero dei membri di un’Assemblea Spirituale, secondo i principi dell’Amministrazione bahá’í è al momento fissato in nove, ne consegue che nessun voto è valido se non è dato esattamente a nove membri. È quindi sacro compito di ogni elettore bahá’í dare nove voti, non uno di più o uno di meno, con l’esclusione di determinate circostanze per assicurare che l’elezione dell’Assemblea sia valida e su una base la più rappresentativa possibile.» (Da una lettera scritta per conto del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale delle Isole Britanniche il 27 Mirza 1940) (Vedere anche il n. 80 e il n. 90) 43. Il credente può votare per se stesso «Il credente può votare per se stesso, se in piena coscienza sente di farlo. Ciò non implica necessariamente che sia ambizioso o egoista, poiché in perfetta buona fede può ritenere che le sue qualifiche gli conferiscano il diritto di far parte d’un corpo amministrativo bahá’í; e può anche aver ragione. L’essenziale comunque è che sia sincero ed agisca secondo i dettami della sua coscienza. Per ci più, la funzione di membro d’assemblea o di comitato è una forma di servizio e non deve essere vista come un segno di intrinseca superiorità o come mezzo di auto elogio.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale d’India, Pakistan e Birmania il 23 maggio 1938, Dawn of a New Day, pp. 200-201) 44. Il voto è segreto «Ciascun voto deve essere tenuto segreto. Non è permesso fare qualsivoglia riferimento ad alcun nome. Gli amici devono evitare i cattivi metodi e i detestabili modi dei politicanti. Essi devono volgersi completamente a Dio e partecipare alle elezioni con purezza d’intenti, libertà di spirito e santità di cuore, altrimenti ne risulteranno caos e confusione, sorgeranno serie difficoltà, abbonderà la malizia e le confermazioni e le benedizioni di Dio saranno negati.» (Lettera del Custode agli amici in Persia, 16 gennaio 1932. Elezioni Bahá’í, p. 85, n. 7) 45. Scrutinio segreto «Facciamo molta attenzione affinché le elezioni si svolgano in libertà, con partecipazione totale e per voto segreto. Intrighi, frodi, collusioni o pressioni devono essere evitati e sono proibiti.» (Lettera del Custode agli amici in Persia, 16 gennaio 1932. Elezioni Bahá’í, p. 85, n.8) 46. I risultati delle elezioni devono essere accettati «..Una volta terminata l’elezione dell’Assemblea, i risultati devono essere coscienziosamente ed incontestabilmente accettati dall’intero corpo dei credenti, non perché rappresentino necessariamente la voce della verità o il volere di Bahá’u’lláh, ma allo scopo supremo di mantenere l’unità e l’armonia della Comunità. Inoltre, l’accettazione del voto della maggioranza è l’unico modo efficace e pratico per superare le situazioni di stallo nelle elezioni; nessun’altra soluzione è infatti possibile.» (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente il 10 luglio 1939) 47. Parità di voti «A proposito della vostra domanda circa la parità di voti: il ballottaggio fra due membri di un’Assemblea Spirituale che hanno ottenuto lo stesso numero di voti può essere effettuato - se necessario - anche dopo il primo giorno del Ri?ván, ma naturalmente non troppo tempo dopo.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale del Salvador, 4 luglio 1972) 48. Se un credente si ritira - e dopo è eletto nell’Assemblea Spirituale «Riguardo alla vostra domanda se si debbano prendere in considerazione, senza comunque annullare i rimanenti voti delle schede, i voti ottenuti da una persona che venga eletta membro dell’Assemblea Locale, ma ritiratasi dalla Fede prima delle elezioni, e il cui nome, di conseguenza, sarà cancellato dall’elenco dei credenti: se la procedura del ritiro non ha avuto luogo, cioè, se il credente, il giorno dell’elezione, rifiuta di parteciparvi adducendo il motivo della sua intenzione di ritirarsi dalla comunità, e viene poi eletto membro dell’Assemblea, non essendo questo ritiro a conoscenza degli amici, gli altri otto membri eletti devono riunirsi, esaminare la questione e, se il ritiro viene accettato e quindi si cancella il nome dall’elenco dei credenti, si deve indire un’elezione suppletiva per il posto vacante.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’Ecuador, 11 dicembre 1979) 49. Migrazioni di massa «Le Assemblee Locali non possono essere formate in qualunque momento dell’anno, a meno che non sia la prima volta. La Casa di Giustizia comprende pienamente i problemi che affrontate ogni anno per la formazione delle Assemblee di... a causa delle migrazioni in massa degli amici nel periodo della raccolta delle noci. Ad ogni modo - come avete suggerito - le Assemblee di quella zona non possono essere elette prima del 15 gennaio o dopo il 15 maggio. Abbiamo rilevato dalla vostra lettera che non tutti gli amici di... possono migrare, durante il periodo del Ri?ván, verso le regioni più alte, il che consentirebbe a coloro che rimangono di tenere le elezioni. Quei bahá’í che partono e sono assenti per il Ri?ván possono lasciare i loro voti a quelli che restano i quali il Primo Giorno del Ri?ván, li contano e comunicano i risultati dell’elezione alla Assemblea Spirituale Nazionale o al suo rappresentante. Se tutti gli amici residenti nella giurisdizione di un’Assemblea se ne allontanino per andare a lavorare in località differenti e nel villaggio non c’è nessuno per ricevere i loro voti, prima della loro partenza essi possono scriverli e spedirli all’Assemblea Nazionale o a qualunque comitato incaricato dall’istituzione che, al Ri?ván, aprirà e conterà i voti e informerà gli amici sul risultato dell’elezione dell’Assemblea Locale al loro ritorno. Quando, invece, l’intera popolazione bahá’í di un villaggio si sposta tutta insieme in una località ed è assente durante il periodo del Ri?ván, può eleggere al Ri?ván la sua Assemblea ed essa inizierà a svolgere le sue funzioni al ritorno.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale del Cile, 1 gennaio 1984) 50. Casi particolari che impediscono l’elezione della Assemblea al Ri?ván «Le Assemblee Spirituali Locali che non vengono rielette durante il periodo del Ri?ván devono essere considerate Gruppi. Comunque, possono verificarsi particolari condizioni al di fuori del controllo dei credenti locali, quali - come avete detto - quella di bahá’í che hanno abbandonato la comunità a causa di inondazioni o condizioni meteorologiche estremamente inclementi che hanno reso impossibili le elezioni. In questi casi, certamente rari per la loro stessa natura, l’Assemblea Spirituale Nazionale può far uso del suo potere discrezionale per il riconoscimento dell’Assemblea Spirituale Locale, o la considera Gruppo, o decide di tenere le elezioni delle Assemblee Spirituali Locali interessate in una data successiva, quando gli amici saranno ritornati nelle loro comunità.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’Ecuador, 5 settembre 1983). 51. Nel corso dell’anno, si devono guidare i credenti verso le corrette procedure amministrative «Condizioni di limitata disponibilità di credenti locali, difficoltà di viaggiare e mancanza di istruzione sono presenti in varia misura in altri paesi del mondo, e abbiamo sempre esortato le Assemblee Spirituali Nazionali interessate di guidare e insegnare agli amici le corrette procedure amministrative bahá’í, non solo nelle settimane immediatamente precedenti le elezioni locali, ma anche durante il corso dell’anno, in modo che gli amici attendano con ansia l’arrivo del Ri?ván e siano determinati ad osservare e sostenere i corretti principi dell’amministrazione bahá’í.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad un’Assemblea Spirituale Nazionale il 24 settembre 1973) E. Convenzioni Annuali 52. Le funzioni della Convenzione Nazionale «I delegati riuniti alla Convenzione Nazionale hanno due funzioni basilari: eleggere e raccomandare...» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti, 8 giugno 1967) «La Convenzione ha due funzioni puramente consultive e il suo parere non è vincolante per coloro ai quali compete la decisione finale nei temi di pura amministrazione; tuttavia si prenda ogni precauzione e si abbia la massima cura affinché nulla ostacoli i delegati nel completo e libero esercizio delle loro funzioni. Nessuna influenza, nessuna pressione, neppure da parte della Assemblea Nazionale, dovrà mai modificare le vedute e limitare la libertà dei delegati nello svolgimento di questo sacro compito. Essi devono essere del tutto indipendenti da qualsiasi organo amministrativo, devono affrontare il loro compito con completo distacco e concentrare l’attenzione sui temi più importanti e urgenti.» (Da una lettera scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti e Canada, 18 agosto 1933. Compilazione Assemblee Spirituali Nazionali, p. 30-31, n. 23) 53. Elezione dei delegati alle Convenzioni Nazionali «Come sapete, alcune comunità nazionali eleggono i loro delegati alla Convenziona Nazionale sulla base di aree dove esistono Assemblee Spirituali Locali, mentre in altre comunità nazionali più grandi i delegati vengono eletti sulla base di unità elettorali in cui tutti i credenti adulti hanno il voto. In vista della crescita della Fede e dello sviluppo delle comunità bahá’í, la Casa Universale ha deciso che - nonostante in alcuni paesi il numero dei credenti a delle Assemblee Spirituali Locali sia ancora piccolo - è ormai tempo che i delegati alle Convenzioni Nazionali vengano eletti ovunque sulla base di unità elettorali, ma con la possibilità di introdurre alcune varianti delle procedure finora adottate. Queste variazioni vengono illustrate più avanti e hanno lo scopo di rendere il sistema adattabile alla diversa preparazione di molte comunità bahá’í ed alla geografia dei territori in cui sono situate. Per fissare le unità elettorali per l’elezione dei delegati l’Assemblea Spirituale Nazionale deve suddividere il territorio sotto la sua giurisdizione in unità elettorali, basate sul numero dei bahá’í adulti in ciascuna area, in modo che ogni unità abbia la responsabilità di eleggere, preferibilmente, un solo delegato. Oltre alla votazione, è importante l’opportunità di consultazione con i delegati. Finora questo scopo è stato raggiunto indicendo una convenzione in ogni unità elettorale, alla quale sono stati invitati tutti i credenti di ciascuna di esse. L’elezione dei delegati ha quindi avuto luogo in convenzioni di area, prevedendo anche la possibilità del voto per posta per coloro i quali non avrebbero potuto parteciparvi. In diverse aree queste riunioni sono state molto fruttifere ed hanno favorito la collaborazione fra i credenti dell’unità. In altre aree, invece, per una serie di motivi, la partecipazione è stata molto scarsa essendo prevalsa la votazione per posta, e ciò sta a significare che i delegati sono stati eletti da una percentuale relativamente bassa dell’elettorato. Le Assemblee Nazionali sono libere di indire convenzioni di area se vedono che hanno successo, ma se rilevano problemi di partecipazione possono seguire il metodo alternativo descritto più avanti. Nelle località in cui le convenzioni di area si sono dimostrate inefficaci, o non sembrano essere una procedura attuabile, l’Assemblea Nazionale può suddividere ogni area elettorale in sottoaree di opportune dimensioni: in ciascuna di queste si potrebbe tenere una riunione alla quale invitare tutti i credenti adulti colà residenti. Ciò potrebbe consentire la partecipazione di un gran numero di credenti. È importante comunque ricordare che il delegato da eleggere rappresenterà l’intera unità e di conseguenza - sebbene la votazione sia effettuata in sottoaree - ogni votante può scegliere fra tutti i credenti adulti residenti nell’intera area. In alcuni paesi potrebbe perfino essere difficoltoso per i credenti di una sottoarea riunirsi in un dato momento, e quindi organizzare queste riunioni non sarebbe utile. Allora si potrebbe scegliere un luogo al centro di ogni sottoarea in cui istituire una sezione elettorale dove gli amici avrebbero la possibilità di lasciare i loro voti o nello stesso giorno delle elezioni o quando fossero in grado di farlo. Ogni Assemblea Spirituale Nazionale deve studiare e conoscere perfettamente le linee principali di questo sistema, curarne tutti i dettagli ed assicurarsi che tutti gli amici siano bene informati e consapevoli di ciò che ci si aspetta che facciano. Per stabilire i dettagli ed educare gli amici si può chiedere l’aiuto e suggerimenti dei Consiglieri, dei Membri del Corpo Ausiliare e dei loro assistenti. Potrebbe anche essere consigliabile che l’Assemblea Nazionale nomini uno speciale comitato nazionale che organizzi le elezioni e le sovrintenda tramite sottocomitati o rappresentanti di area. Tali questioni di dettaglio potrebbero includere le seguenti: - Numero dei delegati da assegnare a ciascuna area. È preferibile che sia uno per ogni area: tuttavia, in certi casi, ciò potrebbe non essere attuabile, come per esempio in quelle zone in cui sono presenti una o più comunità locali numerose. Allora si renderebbe necessario prevedere un’area abbastanza grande da costituire la base elettorale per due o eventualmente tre delegati. - Numero e dimensione delle sottounità. Possono essere tante quante le Assemblee Spirituali Locali in una unità, con i confini delineati in modo da includervi i centri isolati e i gruppi bahá’í dei dintorni. In qualche zona lontana, potrebbe persino essere necessario avere sottounità in caso non ci siano Assemblee Spirituali Locali. - Corpo amministrativo responsabile dell’organizzazione della convenzione di area, o dell’istituzione e supervisione di una sezione elettorale. Potrebbe essere un’Assemblea Spirituale Locale forte e ubicata in una zona centrale dell’area, o un comitato. - Giorno o giorni in cui devono aver luogo le elezioni. Se fosse consigliabile, si potrebbe svolgere nelle varie sotto-aree in giorni differenti, comunque nell’ambito di un ragionevole lasso di tempo. - Maniera in cui i voti devono essere dati, raccolti, conteggiati e raggruppati con quelli provenienti dalla stessa unità. - Procedure da seguire per la consultazione, ove sia prevista. - Metodo di controllo della votazione per assicurare che siano rispettate le appropriate procedure bahá’í, che le schede vangano conservate e che il votante utilizzi una sola scheda. - Procedura da seguire per un eventuale ballottaggio nel caso di una parità di voti. - Mezzi per annunciare agli amici di tutte le aree i nomi dei delegati eletti. La Casa Universale di Giustizia spera che l’attuazione di queste istruzioni da quest’anno in poi possa promuovere la solidarietà bahá’í, allargare la base di rappresentanza alle Convenzioni Nazionali e, di conseguenza, il lavoro della Fede in ogni paese sia caratterizzato da una maggiore efficienza e da una accresciuta armonia.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia a tutte le Assemblee Spirituali Nazionali, 21 luglio 1985) 54. L’area di giurisdizione dell’Assemblea non deve essere suddivisa in distretti elettorali «La Casa Universale di Giustizia ha ricevuto la vostra lettera del 14 aprile 1986 e ci ha dato istruzione di confermare il principio che, in occasione dell’elezione dei delegati alla Convenzione Nazionale, l’area di giurisdizione di un’Assemblea Spirituale Locale non deve essere suddivisa in distretti. Ci è stato richiesto di spiegarvi più dettagliatamente la procedura. La basilare linea di condotta per fissare i confini dei distretti elettorali, descritta nella lettera del 21 luglio 1985, consisteva nella suddivisione, da parte di una Assemblea Spirituale Nazionale, del territorio sotto la sua giurisdizione in aree elettorali in base al numero di credenti adulti residenti in ciascuna di esse, ed in modo tale che ogni area debba eleggere preferibilmente un solo delegato. Nella lettera veniva successivamente chiarito che, sebbene sia preferibile avere un solo delegato per ciascuna area, ciò non è sempre attuabile, come, per esempio, in aree in cui esistono una o più grosse comunità locali. In tal caso può essere necessario provvedere unità abbastanza grandi da costituire basi elettorali per due od eventualmente tre delegati. In alcune comunità nazionali bahá’í relativamente piccole in relazione al numero dei delegati assegnati per le loro Convenzioni Nazionali, potrà risultare necessario - per evitare suddivisioni di località (cioè le aree di giurisdizione delle Assemblee Spirituali Locali) - che alcuni distretti elettorali eleggano più di tre delegati: ciò non ha importanza, purché venga rispettato il più possibile il principio della proporzionalità.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale di Francia, 3 giugno 1986) 55. Delegati assegnati in proporzione alla forza numerica «I delegati devono essere assegnati uniformemente in tutte le parti del paese in proporzione alla forza numerica della comunità bahá’í. La questione se gli amici siano attivi o meno non deve essere presa in considerazione; tutte le persone da voi accettate come bahá’í devono essere incluse nella lista dei votanti. Naturalmente, se di taluni credenti si è perduta ogni traccia malgrado tutti i ragionevoli tentativi per localizzarli, non è necessario indicarli nella lista dei votanti.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale della Guaiana Francese, 20 gennaio 1987) 56. L’inattività non giustifica la cancellazione del nome dalla lista dei votanti «La semplice inattività da parte di un credente non giustifica la cancellazione del suo nome dalla lista dei votanti, né è conforme ai principi bahá’í prendere in considerazione il grado di attività nell’assegnazione dei delegati. I credenti di cui non si conoscono gli indirizzi devono essere considerati separatamente dagli inattivi, ed occorre fare distinzione fra coloro che sono interessati alla Fede ma restano inattivi, e coloro la cui inattività indica una totale perdita di interesse fino al punto da non considerarsi più bahá’í.» (Ibidem) 57. Sostituzione di delegati «Nella Costituzione Nazionale Bahá’í non vi è alcun articolo riguardante la sostituzione di un delegato e ciò significa che sulla materia ogni Assemblea Spirituale Nazionale è libera di decidere. In genere si usa la procedura seguente. Se un delegato muore o diviene inabile a servire prima della Convenzione, il credente votante con il più alto numero di voti successivi può sostituirlo, o può essere tenuta un’altra elezione. Se un delegato diviene inabile dopo la Convenzione - ed è necessaria una elezione suppletiva per l’Assemblea Spirituale Nazionale, potete decidere se il delegato debba o no essere sostituito, e se si decide così, come. Nella eventualità del trasferimento in altra sede di un delegato eletto, prima o dopo la Convenzione, potrete decidere se sostituirlo o continuare a considerarlo delegato. Qualunque procedura adottiate uniformemente seguita per tutti i casi simili.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale di Argentina, 3 luglio 1973) 58. L’Assemblea Spirituale Nazionale stabilisce il momento opportuno in cui tenere le Convenzioni di area «... i dettagli sono lasciati alla discrezione dell’Assemblea Spirituale Nazionale, compresi la scelta del momento per l’assegnazione dei delegati e per lo svolgimento delle Convenzioni di area. La Casa di Giustizia puntualizza, comunque, che l’assegnazione dei delegati deve essere effettuata il più tardi possibile, per consentire all’Assemblea Nazionale di prendere in considerazione ogni incremento del numero dei credenti che possa incidere sul numero dei delegati da assegnare.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale del Kenya, 29 Mirza 1987) 59. Consultazione fra i delegati e l’Assemblea Spirituale Nazionale «Temo che questa lettera vi giunga dopo la fine della Convenzione ma spero che vi serva ad assicurarvi sulla necessità di adottare nelle convenzioni future il metodo essenziale di una piena, franca e libera consultazione tra le Assemblee Nazionali e i delegati riuniti. È dovere vitale dei delegati d’aprire il loro cuore, esprimere le loro preoccupazioni, manifestare i loro punti di vista e spiegare i loro motivi. È dovere dell’Assemblea Nazionale d’accordare fervida, pronta e devota considerazione delle vedute dei delegati, pesare attentamente le loro argomentazioni e ponderare i loro giudizi meditati prima di risolversi a votare e d’impegnarsi ad arrivare ad una decisione secondo i dettami della coscienza. Devono spiegare i loro motivi e non imporre: cercare informazioni ed invitare al dibattito.» (Dal postscriptum di una lettera scritta dal Custode all’Assemblea Spirituale di Montreal, Canada, 13 aprile 1927. Estratto da Bahá’í News, n. 18, giugno 1927, p. 3) 60. Posizione legale dei membri dell’Assemblea Spirituale Nazionale alla Convenzione Nazionale «Quanto alla posizione legale dei membri dell’Assemblea Spirituale Nazionale durante le sessioni della Convenzione, il Custode ritiene che si debba dare ai membri di entrambe le assemblee, entrante e uscente, il pieno diritto di partecipare alle discussioni della Convenzione. I membri dell’Assemblea Spirituale Nazionale che sono stati eletti delegati avranno, oltre al diritto di partecipare, anche quello di votare. Il Custode desidera così rendere più efficaci le deliberazioni e le raccomandazioni dei rappresentanti nazionali. Egli pensa che l’esercizio di un tale diritto permetta ai membri dell’Assemblea Spirituale Nazionale di consultarsi più a fondo con i delegati convenuti, di avere uno scambio di vedute più completo e più franco e di esaminare collegialmente gli interessi, le necessità e le esigenze della Causa. Questa, egli crede, è una delle principali funzioni della Convenzione.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti e Canada, 25 dicembre 1933. Compilazione Assemblee Spirituali Nazionali, p. 34, n. 25) 61. È preferibile che i delegati siano presenti alla Convenzione «.. Tuttavia deve essere chiaro per tutti i delegati eletti - ai quali dovrebbe essere ricordato continuamente - che la partecipazione personale alle sessioni della Convenzione è una responsabilità sacra ed è riconosciuta preferibile per prender parte attiva a tutti i lavori e per informare, al ritorno, gli amici delle realizzazioni, decisioni ed aspirazioni dei rappresentanti dei... credenti riuniti.» (Da una lettera scritta dal Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti e Canada, 24 ottobre 1925. Bahá’í Administration, pp. 91/92) 62. Se un delegato non può pagarsi le spese. «.. Per quanto riguarda l’argomento della presenza dei delegati alla Convenzione, l’Assemblea Nazionale dovrebbe specificare che sarebbe desiderabile che gli amici fossero autosufficienti. Se un delegato non può pagarsi le spese per partecipare alla Convenzione, l’Assemblea Locale o i credenti dell’unità elettorale da cui il delegato proviene, dovrebbero essere incoraggiati dall’Assemblea Nazionale perché consideri d’offrire assistenza finanziaria solo quando i fondi non sono reperibili da quelle fonti. Lo stesso principio è valido per le altre attività, quali partecipazione ad Istituti, Conferenze e Scuole Estive.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad un certo numero di Assemblee Spirituale Nazionali, 9 febbraio 1967) 63. Nuova linfa accresce l’energia del gruppo. «Shoghi Effendi non ha mai detto che i membri dell’Assemblea Nazionale debbano essere parzialmente cambiati ogni anno. La cosa importante è che siano eletti in modo corretto. Sarebbe bello che fossero eletti nuovi membri, poiché nuova linfa accresce sempre l’energia del gruppo e tiene alto il suo morale. Ma ciò dipende esclusivamente dalla volontà dei delegati espressa dalla votazione.» (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 27 aprile 1932. Bahá’í News n. 67, p. 4, ottobre 1932) 64. Elezioni di nuovi membri d’Assemblea Spirituale Nazionale - Dovere degli amici di familiarizzare con gli altri credenti «Riguardo all’elezione di nuovi membri dell’Assemblea Spirituale Nazionale, Shoghi Effendi non ritiene vi sia altro metodo pratico, conforme allo spirito degli insegnamenti, tranne quello di acquisire una migliore conoscenza degli amici durante le convenzioni annuali e le scuole estive. È dovere degli amici conoscersi vicendevolmente ed individuare i più idonei a diventare membri di quella istituzione. Si tratta di un processo lento, ma è certamente il migliore e conferisce la massima libertà di scelta agli elettori. Ciascun amico ha il dovere di diventare elettore più intelligente e di votare solo dopo aver studiato con coscienza la situazione.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 16 Mirza 1933) 65. Consultazione fra i delegati di una regione prima della Convenzione - Nessuna obiezione, se i Bahá’í sono abbastanza maturi «La Casa di Giustizia non ha nulla da obiettare se, prima della Convenzione, i delegati di una regione promuovono una consultazione fra loro. Infatti, una delle importanti funzioni di una Convenzione Regionale, nella quale vengono appunto eletti i delegati, si estrinseca nella consultazione fra questi ultimi ed i credenti presenti, al fine di rendersi conto delle loro opinioni ed interessi in vista della propria partecipazione alla Convenzione Nazionale. Come sapete, alla Convenzione Nazionale ogni credente può chiedere ad un delegato di esporre in sua vece un argomento, ed il delegato - se vuole - è libero di farlo; analogamente non vi è nulla da obiettare se uni dei delegati, per risparmiare tempo, parla a nome di tutti i delegati della sua regione, sempre che questi siano d’accordo. D’altra parte, ci si deve rammentare che la Convenzione Nazionale è un’istituzione nazionale bahá’í e che ogni delegato deve innanzi tutto tenere presente gli interessi ed i bisogni della Causa in tutta la nazione e non soltanto quelli della regione in cui è stato eletto. Tutti questi dettagli sono di secondaria importanza e non sono previsti nella Costituzione Nazionale Bahá’í; spetta, quindi, all’Assemblea Spirituale Nazionale prendere - se è il caso - le opportune decisioni. In qualche paese i delegati possono essere abbastanza maturi per avere una preventiva consultazione in gruppi di carattere regionale, ma in un altro, invece, tale consultazione regionale potrebbe portare ad una specie di “riunione al vertice” o ad altri indesiderabili sviluppi. L’Assemblea Nazionale deve assicurarsi che vengano favoriti non semplicemente la forma ma anche lo spirito delle elezioni e della consultazione bahá’í.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad un credente, 26 ottobre 1983) 66. L’Assemblea Spirituale Nazionale presenzia alla Convenzione Nazionale quale Istituzione. «L’Assemblea Spirituale Nazionale presenzia alla Convenzione Nazionale come Istituzione, mentre i suoi membri presenziano quali singoli partecipanti alla consultazione. Questi due aspetti non sono incompatibili fra loro. tutto i delegati ed i membri dell’Assemblea Spirituale Nazionale devono partecipare alla Convenzione in spirito di libera, franca ed amorevole consultazione bahá’í. La maggior parte dei bahá’í esplicano varie funzioni nella loro vita; molto spesso un membro di Assemblea Nazionale è anche delegato, membro di Assemblea Locale, membro di uno o più comitati e, talvolta, anche assistente di un membro del Corpo Ausiliare. Queste molteplici funzioni non devono impedire di esprimere le proprie idee in maniera franca e cortese in qualsiasi consultazione.» (Ibidem) 67. Alla Convenzione Nazionale possono votare solo i delegati. «Alla Convenzione Nazionale hanno diritto di voto solo i delegati, sia per eleggere l’Assemblea Spirituale Nazionale che per le decisioni da adottare. Talune decisioni, come quelle di inviare un telegramma contenente notizie o saluti per il Centro Mondiale o per un’altra Istituzione, possono essere messe immediatamente in atto, ma la maggior parte riguardano specifiche raccomandazioni da fare o meno all’Assemblea Spirituale Nazionale.» (Ibidem) 68. Ogni elettore deve votare per le nove persone più adatte. - Non tradire la sacra fiducia. «È un principio basilare delle elezioni delle Assemblee Spirituali Bahá’í che ogni elettore debba votare per le nove persone a suo giudizio più adatte per questo servizio. Può anche avere una cattiva opinione di tutti gli eleggibili, ma è suo dovere votare per nove persone fra loro che, a suo giudizio, rappresentino meglio il modello per servire in un’Assemblea Spirituale. Ed ora ecco perché è appropriato votare esattamente per nove persone. Dato che i componenti di un’Assemblea sono nove, si potrebbero verificare diverse irregolarità di carattere statistico se fosse permesso votare per meno di nove nomi. Non si verificano nelle elezioni di solito molti casi d’errore dovuti all’indicazione di persone non eleggibili, e pertanto gli effetti statistici sono talmente irrilevanti da non rendere necessaria l’invalidazione dell’intera scheda. Come rilevate, un credente che non intende votare per nove persone può raggiungere il suo scopo indicando di proposito nomi di non eleggibili, ma ciò sarebbe un tradimento della fiducia riposta in lui come elettore bahá’í. Questi fatti non si possono controllare ma - come qualsiasi azione contraria allo spirito della Fede - sono nocivi e devono essere vivamente scoraggiati.» (Ibidem) 69. La Convenzione Nazionale deve essere convocata durante il Ri?ván «Per quanto riguarda la data della vostra Convenzione Nazionale, essa deve avere inizio - e deve aver luogo l’elezione dell’Assemblea Nazionale - prima del tramonto del 2 maggio . È consentito che si prolunghi oltre il 2 maggio, purché sia convocata durante il Ri?ván.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale del Paraguay, 22 giugno 1986) 70. L’elezione dell’Assemblea Spirituale Nazionale deve essere tenuta a metà della Convenzione. «Abbiamo notato che, benché la vostra Convenzione abbia la durata di due giorni, avete programmato l’elezione della nuova Assemblea Nazionale subito dopo l’elezione delle cariche della Convenzione all’inizio del programma. Sappiate che - secondo le disposizioni di Shoghi Effendi - l’elezione dell’Assemblea Nazionale si deve tenere quanto più possibile vicino alla metà della Convenzione.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale del Cile, 17 luglio 1983) 71. La Conferenza Nazionale d’Insegnamento e la Convenzione Nazionale non devono svolgersi nello stesso momento. «In risposta alla vostra lettera del 25 giugno 1982, nella quale chiedete se sia o meno permesso tenere la Conferenza Nazionale d’Insegnamento simultaneamente alla Convenzione Nazionale o nei giorni immediatamente precedenti o seguenti, la Casa Universale di Giustizia ci ha chiesto d’informarvi che la Convenzione Nazionale, qualunque ne sia la durata programmata, deve essere indipendente dalla Conferenza Nazionale d’Insegnamento. Non possono svolgersi simultaneamente, ma è lasciato a voi decidere se tenere prima l’una o l’altra.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’Ecuador, 22 luglio 1982) 72. Il verbale delle presenze dei membri dell’Assemblea Nazionale può essere messo a disposizione dei delegati alla Convenzione Nazionale. «La Casa Universale di Giustizia in materia di rapporti ai delegati alla Convenzione Nazionale per quanto concerne una copia del verbale delle presenze dei membri dell’Assemblea Spirituale Nazionale uscente conferma che ciò rientra completamente nel potere discrezionale della vostra Assemblea. Se desiderate potrete includere queste informazioni nella relazione dell’Assemblea Nazionale alla Convenzione. La stessa procedura può essere applicata quando un’Assemblea Spirituale Locale uscente vuole fornire ai credenti di una comunità locale informazioni sulle presenze dei suoi membri alle sedute.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale del Messico, 26 luglio 1981) 73. Durante la Convenzione Nazionale i seminari non sono adatti. «Egli pensa che i seminari non siano adatti alla Convenzione Nazionale, il tempo a disposizione dei delegati è breve e il loro scopo primario alla Convenzione è d’agire come un corpo che si assuma gli affari della Causa presentati per la discussione, proporre idee e far raccomandazioni. Senza dubbio il seminario in se stesso è una buona tecnica e può essere usato alle scuole estive e perfino - se considerato desiderabile - alle Conferenze, ma per la Convenzione è fuori posto.» (Da una lettera scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti, 25 agosto 1949, Bahá’í News n. 226, dicembre 1949, p. 2) 74. I delegati hanno specifici doveri amministrativi. «I delegati hanno lo specifico dovere amministrativo d’agire come un corpo e di dividersi in piccoli gruppi per consultarsi su questioni che sono gli affari della Convenzione che non è corretto trattare tutti insieme particolarmente perché il tempo dei delegati è limitato.» (Ibidem) 75. Ai non delegati può essere permesso di parlare in Convenzione - Ma di questo permesso non si deve abusare. «Se un suggerimento che è stato permesso ad un non delegato di rivolgere alla Convenzione è approvato dai delegati, va bene. L’Assemblea Nazionale, tuttavia, deve essere attenta che non si abusi di ciò perché non si vanifichi il proposito originale di stimolare i delegati e non li si privi del limitato tempo a loro disposizione per impegnarsi nelle deliberazioni vitali. i delegati debbono tenere a mente che hanno affari di cui occuparsi e in tutti questi casi devono essere considerati i benefici della Convenzione.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale d’Argentina, 18 settembre 1968) 76. Membri del Consiglio Ausiliare presenti alla Convenzione Nazionale. «I membri del Consiglio Ausiliare presenti ad una Convenzione Nazionale non hanno il privilegio di parlare a meno che non ne siano incaricati dal Corpo dei Consiglieri Continentali o ne abbiano avuto il permesso dalla Convenzione.» (A tutti i Corpi dei Consiglieri Continentali dalla Casa Universale di Giustizia, 25 Mirza 1965) 77. È desiderabile che i Membri del Consiglio Ausiliare siano lasciati liberi da doveri amministrativi. «Le Assemblee Nazionali nelle cui aree di giurisdizione risiedono Membri Ausiliari, dovrebbero fra presente ai delegati della Convenzione che, mentre i doveri d’insegnamento e amministrativi non sono incompatibili, è desiderabile che i Membri del Consiglio Ausiliare - tanto per l’insegnamento quanto per la protezione - siano lasciati liberi di concentrarsi sul lavoro loro assegnato... Il seguente estratto Da una lettera del Custode scritta dal suo segretario, può essere condivisa con i delegati per guidarli mentre stanno per votare: Gli insegnanti della Causa possono sicuramente divenire membri di qualunque Assemblea o Comitato. Non vi è alcuna incompatibilità che li concerne. Ma Shoghi Effendi preferirebbe vederli impegnare tutto il loro tempo per insegnare e lasciare le funzioni amministrative a coloro che non possono servire come insegnanti.» (Da una delibera della Casa Universale di Giustizia a tutte le Assemblee Spirituali Nazionali, 25 novembre 1963) 78. Partecipazione di Mani della Causa e di Consiglieri alla Convenzione. «Vi chiediamo di estendere ai Consiglieri Continentali della vostra area un cordiale invito perché partecipino a ciascuna vostra Convenzione annuale. A tutti i Consiglieri presenti ad una Convenzione deve essere accordata la stessa libertà della Convenzione che è concessa alle Mani della Causa. Se nessun Consigliere può essere presente possono incaricare una o due Assemblee del Consiglio Ausiliare perché agiscano come loro speciali rappresentanti che devono essere accolti con calore e con la cortesia dovuta a chi rappresenta il Corpo dei Consiglieri alla Convenzione.» (Ibidem 25 Mirza 1969) 79. I Consiglieri non sono eleggibili come Membri di Corpi Amministrativi. «I Membri di questi Corpi di Consiglieri serviranno per un periodo o periodi la lunghezza dei quali sarà determinata ed annunciata più tardi e, mentre restano in questo campo non sono eleggibili come membri di corpi amministrativi nazionali o locali...» (Casa Universale di Giustizia: Wellspring of Guidance, pp. 141/142) F. Istruzioni agli scrutatori, priorità delle minoranze, approvazione dell’Assemblea uscente * 80. Occorre dare le opportune istruzioni agli scrutatori.- Registrazione di nomi identici. «È compito della vostra Assemblea Nazionale stabilire come dare in anticipo e correttamente ai delegati le opportune istruzioni circa l’indicazione, nelle schede di votazione, di nominativi identici, nonché di stabilire le istruzioni da dar loro quando nel corso dello scrutinio si verifichino casi del genere. Da quel momento in poi, sarà compito degli scrutatori prendere le decisioni e comunicare i risultati alla Convenzione o all’Assemblea... D. Nell’elezione dei delegati, in caso di ballottaggio fra cinque persone per l’elezione di tre delegati, occorre leggere i nomi di tutti e cinque? R. Si D. Nell’elezione delle cariche, è permesso leggere i nomi di chi ha ottenuto lo stesso numero di voti? R. Quando si vota per le cariche di un’Assemblea, si giunge al risultato solo quando un membro ottiene cinque o più voti. Fino a quel momento tutti sono eleggibili per quella data carica e si devono far conoscere i risultati di tutti gli scrutini non validi.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale della Giamaica, 29 luglio 1971) * (Vedi anche n. 31-41) 81. Procedura della Convenzione a proposito del rapporto degli scrutatori «La normale procedura della Convenzione prevede un rapporto degli scrutatori in cui si annuncino i nomi dei nove credenti eletti in Assemblea Spirituale Nazionale, più informazioni sulla media dei voti raccolti. Tuttavia se la Convenzione vota per avere il rapporto completo o una qualunque parte di esso, ha la facoltà di chiedere le informazioni che saranno immediatamente presentate dagli scrutatori in accordo col voto della Convenzione.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti, 16 dicembre 1965) 82. In determinate condizioni si possono annullare uno o più nomi* «In determinate condizioni si può annullare un intero voto. Esse sono: (1) Vi sono più di nove nomi su una scheda; (2) Vi sono meno di nove nomi su una scheda; (3) Doppio nominativo. In altre circostanze, a causa di specifiche irregolarità, si può invalidare uno o più nomi ma considerare valida il resto della scheda. Esso sono: (1) Un nome non è identificabile o è illeggibile; (2) Un nome di una persona non eleggibile, come un giovane o un non residente nell’area di votazione, considerato che naturalmente ogni voto non contenga più o meno di nove voti e che nessun nome sia doppio.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale della Giamaica del 29 luglio 1971) *Il voto non deve essere invalidato se contiene il nome di un membro del Consiglio Ausiliare 83. Senza dubbio bisogna accordare la priorità alla minoranza «Le istruzioni del Custode su questo punto sono inequivocabili: ove sia evidente che una delle persone interessate rappresenti una minoranza, deve essergli accordata la priorità; nei casi incerti occorre effettuare un’ulteriore votazione cui parteciperanno tutti i votanti presenti. Con riferimento alla norma contenuta nell’articolo 5 del Regolamento Nazionale che regola il caso in cui due o più membri abbiano ottenuto lo stesso più alto numero di voti, se uno di essi rappresenta una minoranza bisogna dargli la priorità come se fosse stato scelto dalla sorte.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti, 15 gennaio 1967) 84. La definizione di minoranza e di maggioranza rientra nel potere discrezionale dell’Assemblea Spirituale Nazionale «... la definizione di una minoranza in qualsiasi località rientra nel potere discrezionale dell’Assemblea Spirituale Nazionale. È chiaro che non si devono considerare appartenenti ad una minoranza i pionieri provenienti da altri paesi, né le categorie citate dal Custode ne “L’Avvento della Giustizia Divina”: “fede, razza, classe, nazione e sesso.» La regola fondamentale da applicare nel dubbio che si debba adottare il principio della minoranza è sempre quella di effettuare un’altra votazione.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale del Regno Unito, 5 Mirza 1986) 85. Accettazione dei risultati da parte dell’Assemblea Nazionale ed istruzioni sulla nuova votazione «In risposta alla vostra domanda su chi deve decidere su questa questione, la Casa Universale di Giustizia rende noto che è dovere degli scrutatori comunicare il risultato della votazione all’Assemblea Spirituale Nazionale che ha il dovere d’accettare il rapporto degli scrutatori prima che sia presentato alla Convenzione. Ove risulti un ex equo al nono posto e l’Assemblea Nazionale rilevi che una delle due persone a pari voti appartiene ad una minoranza, dovrà dare istruzione agli scrutatori di annunciare tale risultato senza richiedere una nuova votazione. Comunque, se dovesse sussistere qualche dubbio sul coinvolgimento o meno di una minoranza, l’Assemblea potrà risolvere il problema disponendo che si effettui un’altra votazione per il nono posto.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale della Svizzera, 13 aprile 1975) 86. Nelle successive votazioni prendere in considerazione solo i nomi degli ex equo «Dopo la votazione per l’elezione di un’Assemblea Locale o Nazionale, se ne devono comunicare i risultati inclusi i nomi degli ex equo al nono posto. Si dovrà poi fare un’altra votazione per scegliere fra coloro che per il nono posto hanno ricevuto lo stesso numero di voti. In questo ballottaggio si dovrà votare solo per gli ex equo e lo fanno solo i delegati presenti alla Convenzione.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale delle Bahamas, 18 maggio 1982) 87. Come comunicare la parità di voti «Non è corretto mostrare che la signorina ... ha ottenuto 13 voti. Se ha ottenuto voti al primo scrutinio, occorre indicare che è stata nona alla pari con 6 voti e che al secondo scrutinio ne ha ottenuti 13.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale della Colombia, 16 giugno 1964) 88. In primo luogo, la nuova Assemblea deve prendere in considerazione se accettare dimissioni «.. in primo luogo la vostra Assemblea avrebbe dovuto prendere in considerazione se accettare o meno le dimissioni di Miss... e poi, in caso positivo, si sarebbe dovuto occupare il posto vacante con un’elezione suppletiva in cui tutti i delegati avrebbero dovuto avere l’opportunità di votare. Solamente per decidere su un ex equo votano i delegati presenti alla Convenzione, non per un’elezione suppletiva, a meno che, naturalmente, non siano presenti tutti.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad un’Assemblea Spirituale Nazionale, 6 agosto 1981) 89. Un’elezione suppletiva può essere tenuta durante la Convenzione solo se tutti i delegati sono presenti. «Nel caso sia necessaria un’elezione suppletiva, occorre che a tutti i delegati sia data l’opportunità di votare. Pertanto, se essi sono tutti presenti alla Convenzione, l’elezione suppletiva può aver luogo in una delle sue sessioni; se invece qualche delegato è assente si può organizzare l’elezione raccogliendo, prima che si sciolga la Convenzione, i voti dei delegati presenti e, in un secondo tempo, quelli degli assenti.» (ibidem, 18 maggio 1981) 90. Parità di voti per il nono membro dell’Assemblea Nazionale «Nel caso di parità di voti per il nono membro di un’Assemblea Spirituale Nazionale, si può effettuare subito un altro scrutinio tra i delegati presenti alla Convenzione. Se invece vi è un posto vacante a seguito delle dimissioni - accettate - di uno dei membri della neo-eletta Assemblea Nazionale, si deve indire un’elezione suppletiva, dando cioè a tutti i delegati l’opportunità di votare per qualcuno che ricopra il posto vacante.» (Ibidem, 13 giugno 1976) 91. Un membro del Corpo Ausiliare ha il dovere d’informare l’Assemblea, e non i delegati, della sua intenzione di dimettersi «Il membro del Corpo Ausiliare, ..., deve essere incluso nella lista degli eletti e gli si deve dare l’opportunità di decidere se continuare a servire in quel Corpo o dimettersi ed accettare la sua elezione nel corpo amministrativo. È suo dovere comunicare la sua decisione all’Assemblea Nazionale e non ai delegati o alla Convenzione. Se decide di rimanere nel Corpo Ausiliare e l’Assemblea Nazionale dichiara il posto vacante nel corso della Convenzione, si può organizzare l’elezione suppletiva prima che venga sciolta.» (Ibidem, 26 giugno 1978) 92. I membri del Corpo Ausiliare non devono rassegnare le dimissioni prima di un ballottaggio «Non si deve dare ad un membro del Corpo Ausiliare l’opportunità di rassegnare le dimissioni prima di un ballottaggio perché - giocando in essa altri fattori - potrebbe non essere eletto. Comunque, nel caso fosse eletto, ha il dovere di comunicare all’Assemblea Nazionale se intende accettare la sua elezione o continuare a servire come membro del Corpo Ausiliare. Se rassegna le dimissioni dall’Assemblea, questa dichiara il posto vacante e provvede ad organizzare un’elezione suppletiva.» (Ibidem) 93. Conservazione delle schede «Nei verbali delle vostre sedute di... la Casa Universale di Giustizia ha notato le voci che riguardano le “Schede dell’elezione della Terza Assemblea Nazionale “ e le istruzioni al vostro segretario di distruggerle. Ci è stato chiesto di comunicarvi le istruzioni seguenti. Mentre rientra nel potere discrezionale di un’Assemblea Nazionale stabilire come conservare le schede di votazione relative all’elezione annuale, la Casa Universale di Giustizia fa rilevare che - nell’eventualità sorgesse nell’anno successivo all’elezione una qualunque questione circa la votazione - sarebbe utile che le schede fossero disponibili per un controllo dell’Assemblea Nazionale. Ovviamente, dopo la successiva elezione, non sussisterebbe più la necessità di conservare le schede relative all’elezione dell’anno precedente.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad una Assemblea Spirituale Nazionale, 22 luglio 1980) 94. L’Assemblea ha il diritto d’esaminare le schede «Egli pensa che, ove sussistano dubbi sulla corretta conduzione dell’elezione, l’Assemblea Nazionale ha tutto il diritto di esaminare le schede di votazione. Con la “preservazione” delle schede si intende che debbano essere conservate negli archivi nazionali.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale di Australia e Nuova Zelanda, 14 Mirza 1947) 95. Ai delegati deve essere data l’opportunità di fare un rapporto alla comunità «Ovviamente, al delegato deve essere data l’opportunità di riferire alla comunità le esperienze e le impressioni riportate alla Convenzione.» (Ibidem) G. Cariche delle Assemblee Locali e Nazionale 96. Se sono presenti tutti i membri, si devono eleggere subito le cariche definitive «Se è certamente corretto procedere all’elezione delle cariche definitive di un’Assemblea subito dopo la sua elezione, è altrettanto importante - come stabilito nell’Articolo IV del Regolamento dell’Assemblea Nazionale - che “le cariche siano elette a scrutinio segreto ed a maggioranza assoluta da parte di tutti i membri della Assemblea.» Cioè vuol dire che tutti i membri d’Assemblea devono essere opportunamente avvisati ed avere la possibilità di votare e, in caso di inevitabile assenza, non si contravviene allo spirito del Regolamento se il membro assente esprime il suo voto per posta o anche per telefono. In attesa che tutti e nove i membri siano correttamente avvisati, si possono eleggere le cariche temporanee.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad un’Assemblea Spirituale Nazionale, 27 luglio 1981) 97. Membri di Assemblea o di Comitato possono tentare di evitare d’essere eletti per le cariche «Ci è stato anche chiesto di porre in evidenza che, sebbene per un bahá’í sia un obbligo servire se eletto in una Assemblea Locale o Nazionale, l’amato Custode ha più volte puntualizzato che, se qualche membro ha motivi validi per ritenere di non dover essere eletto ad una delle cariche, era libero di suggerirlo agli altri membri. Anche la Casa di Giustizia ritiene che, in considerazione dell’espansione della Fede e della maggiore importanza dei compiti che le cariche impongono, e particolarmente quelle dell’Assemblea Nazionale, sia consentito e talvolta consigliabile discutere - prima dell’elezione - i compiti richiesti ed i doveri previsti da ciascuna carica.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad un credente, 9 febbraio 1987) 98. È preferibile che una persona non ricopra più di una carica «…. ci è stato chiesto di comunicarvi che è preferibile che una persona non ricopra più di una carica; tuttavia rientra nel potere discrezionale della vostra Assemblea permettere che un membro ricopra due cariche. “Per quanto riguarda lo specifico esempio da voi citato, sarebbe opportuno che valutaste attentamente se una sola persona sia in grado di ricoprire effettivamente entrambe le cariche di Presidente e Segretario, tenuto conto delle loro peculiarità.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale di Togo, 4 luglio 1984) 99. I risultati completi di ogni votazione devono essere resi noti a tutti i membri presenti dell’Assemblea «I risultati completi di ogni votazione devono essere conosciuti da tutti i membri dell’Assemblea. Pertanto gli scrutatori devono comunicare i nomi degli eletti ed i voti ottenuti e, se nessun membro ha raggiunto la maggioranza richiesta, occorre procedere ad un’altra votazione, nella quale comunque le preferenze non devono essere accordate solo a coloro che avevano ottenuto il più alto numero di voti.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad un credente, 4 agosto 1981) 100. Occorre contare sull’integrità dell’elettore «Rileverete dal suddetto stralcio che gli scrutatori hanno l’obbligo di comunicare sia i nomi che i voti ottenuti dagli eletti. La Casa di Giustizia suggerisce che si debba contare sull’integrità dell’elettore di considerare spassionatamente i nomi che elenca nella scheda, senza tener conto dei risultati della precedente votazione.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale del Messico, 2 settembre 1981, che riporta la suddetta citazione n. 99) 101. Per ogni carica si devono ottenere almeno cinque voti «Per ogni carica si devono ottenere almeno cinque voti, anche se sono presenti solo cinque membri. Se è necessaria un’altra votazione, non si possono contare le schede dei membri assenti. Se per qualsiasi motivo, nessun membro ottiene cinque voti, l’Assemblea - in consultazione - nomina una o più cariche temporanee valide fino alla riunione successiva, da indire al più presto possibile per eleggere le cariche definitive.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Locale di Guaynabo, Portorico, 26 settembre 1983) 102. Il Presidente dell’Assemblea «Circa i compiti del Presidente dell’Assemblea Spirituale Locale o Nazionale, si presuppone che prenda parte, liberamente e pienamente, alle discussioni dell’istituzione su qualunque argomento in esame e che voti per ciascuno di essi. Compito di un Presidente bahá’í non è solo quello di guidare il corso della discussione, ma anche di esprimere senza riserve il proprio punto di vista, avendo la facoltà d’esercitare entrambe queste funzioni.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 10 ottobre 1936) 103. Il Vice-Presidente «La Casa Universale di Giustizia ci ha chiesto di notificarvi che la corretta procedura prevede che, in assenza del Presidente, sia il Vice-Presidente a presiedere le riunioni. Nel caso sia assente anche il Vice-Presidente, l’Assemblea deciderà chi fra i presenti dovrà presiedere la riunione.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale del Ciskei, 10 febbraio 1987) 104. Compiti del Segretario Nazionale «La corretta crescita di una comunità è possibile solo quando l’Assemblea Nazionale è in grado di mantenere, attraverso il suo segretario e relativo ufficio, un costante flusso di comunicazioni con i credenti di sua giurisdizione, offrendo loro guida e incoraggiamento. Occorre fare di tutto per consentire al Segretario Nazionale di assolvere i suoi compiti senza essere ostacolato da troppe regole amministrative. Le modalità per raggiungere questo scopo sono lasciate ovviamente alla discrezione di ciascuna Assemblea Spirituale Nazionale. Un fattore chiave per determinare quanta responsabilità sia da riporre sul segretario è la fiducia. Quando fra i membri dell’Assemblea vi è fiducia e amore, molti problemi saranno evitati. Occorre dare facoltà al Segretario Nazionale di prendere autonome iniziative in questioni di routine. Di norma non è necessario che le lettere scritte dal segretario vengano esaminate dagli altri membri, i quali comunque possono sempre accedere alla corrispondenza.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale del Bangladesh, 21 settembre 1983) 105. Il segretario dell’Assemblea Spirituale Nazionale è il suo capo esecutivo «Quali che siano le condizioni personali del credente impiegato, l’Assemblea Nazionale deve rendersi conto che il Segretario è il suo capo esecutivo e, come tale, agisce non solo come collegamento con i comitati nazionali, le Assemblee Locali e tutti gli amici, ma in genere rappresenta l’Assemblea Spirituale Nazionale e la stessa Fede nei rapporti con il mondo non bahá’í, compito sempre più importante man mano che la Causa è sempre più nota.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale d’Italia, 23 gennaio 1981) 106. Il servizio a tempo pieno del segretario può richiedere una remunerazione, che deve essere accordata e debitamente verbalizzata «Una comunità nazionale bahá’í che raggiunge un grado di sviluppo tale per cui il lavoro della sua Assemblea Nazionale richiede il servizio a tempo pieno del segretario, affronta questioni molto difficili e talvolta delicate. Si tratta in genere di un evento stimolante per la stessa comunità che è abituata a vedere il lavoro della Causa svolto da attività volontaria, devota, part-time e spesso amatoriale. Comprendere che la Causa è giunta al punto in cui il suo lavoro e la sua immagine pubblica - così importante per il futuro progresso - non possono essere mantenuti più a lungo con i vecchi metodi, in un primo momento può essere motivo di turbamento. Gli amici, comunque, reagiscono rapidamente alla nuova capacità di comando e guida, e al maggior prestigio acquisito dall’Assemblea Nazionale con la creazione di più solide fondamenta per la sua operatività e sono incoraggiati dal progresso della Causa. La specifica remunerazione e le condizioni del servizio del Segretario Nazionale devono ovviamente essere il risultato di una consultazione e, una volta raggiunto, si registrerà l’accordo non necessariamente in un contratto, ma certamente in un verbale dell’Assemblea e/o con uno scambio di lettere.» (Ibidem) 107. L’assistente del segretario può non essere membro dell’Assemblea. «In risposta alla vostra lettera del 7 novembre 1973 non vi è nulla da obiettare se una persona che non sia membro dell’Assemblea Spirituale Nazionale dattiloscriva i vostro verbali o altri rapporti confidenziali. Molte Assemblee Nazionali impiegano nei loro uffici dattilografi che ne conoscono perfettamente tutto il lavoro. Naturalmente queste persone devono godere della fiducia dell’Assemblea Spirituale Nazionale.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale delle Isole Gilbert e Ellice, 20 febbraio 1973) 108. Il Segretario deve essere nella capitale «Gli è dispiaciuto di aver ritenuto necessario insistere che il segretario della vostra assemblea debba risiedere a Buenos Aires, così che la segreteria venga a trovarsi nella capitale di questa regione; è un principio generale che egli ha insistito gli amici adottassero dappertutto...» (Da una lettera scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale di Argentina, Cile, Uruguay, Paraguay e Bolivia, 29 luglio 1957, Compilazione “Assemblee Spirituali Nazionali”, pp. 51-52) 109. Il Segretario Nazionale deve tenersi in stretto contatto con le Assemblee Locali «Shoghi Effendi crede fermamente che fra l’Assemblea Spirituale Nazionale e l’intero corpo dei credenti deve essere mantenuta una continua consultazione che, al di fuori della Convenzione, può meglio avvenire tramite le segreterie delle Assemblee Locali, una delle cui essenziali funzioni è d’agire da intermediari tra le comunità locali e i loro rappresentanti nazionali.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi, Principles of Bahá’í Administration, p. 70) 110. Contenuto dei verbali «Il contenuto di alcuni verbali che riceviamo potrebbe essere migliorato, e perciò vi diamo i seguenti suggerimenti: i verbali hanno lo scopo di registrare sufficienti informazioni sull’attività dell’Assemblea, in modo che - leggendoli - si possono comprendere le ragioni di una azione. L’Assemblea Nazionale può trovare utile separare le annotazioni dalla azione, senza riportarle insieme. D’altra parte, i verbali non devono essere un dettagliatissimo rapporto delle sedute d’Assemblea e non devono contenere i punti di vista dei singoli membri. Non è necessario prendere nota dei nomi di coloro che fanno le proposte, mentre lo è quando l’Assemblea affida determinati compiti a qualunque dei membri. Inoltre in ogni verbale devono essere indicati il luogo e la data della successiva seduta.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia a tutte le Assemblee Spirituali Nazionali, 27 maggio 1970) 111. Il segretario deve stare attento a trasmettere le decisioni della maggioranza «In linea generale il segretario di un’Assemblea deve preoccuparsi di trasmettere con esattezza il contenuto della decisione o del parere dell’istituzione. Non vi sono sicuramente obiezioni al fatto ch’egli formuli l’argomento in termini adatti e lo chiarisca secondo le decisioni o le istruzioni dell’Assemblea. Ma non deve continuamente introdurre opinioni personali che non siano avvallate dall’Assemblea.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 19 ottobre 1947, Compilazione “Assemblee Spirituali Nazionali”, p. 51-52) 112. In tesoriere dell’Assemblea Spirituale riceve tutte le donazioni e le contribuzioni «E poiché il progresso e lo svolgimento delle attività spirituali dipendono e sono condizionati dai mezzi materiali, è assolutamente necessario che subito dopo la formazione delle Assemblee Spirituali, sia locali che nazionali, venga costituito un Fondo bahá’í da porsi esclusivamente sotto il controllo dell’Assemblea Spirituale. Tutte le donazioni e i contributi devono essere dati al Tesoriere dell’Assemblea con l’esplicito scopo di promuovere gli interessi della Causa in quella località o paese. È sacro obbligo di ogni coscienzioso e fedele servo di Bahá’u’lláh, che desideri veder progredire la Sua Causa, di contribuire volontariamente e generosamente all’incremento di quel Fondo...» (Da una lettera del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti e Canada, 12 Mirza 1923, Il Patto e l’Amministrazione Bahá’í, p. 145) 113. Sui Fondi * «In quanto alla vostra domanda: gli amici possono dare le loro contribuzioni al Tesoriere oppure, se desiderano rimanere anonimi e dare una piccola somma, si può preparare un contenitore apposito. L’Assemblea Locale può decidere su questo argomento.» (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 29 settembre 1951. Istruzioni ai credenti bahá’í, pp. 70-71 n. 83) (Vedere anche: XXI, C, 857-866 114. Obblighi di un bahá’í eletto ad una carica che richieda il servizio a tempo pieno «La Casa Universale di Giustizia ha ricevuto la Sua lettera del 23 gennaio 1987 a proposito degli obblighi d’un bahá’í eletto ad una carica che richieda il servizio a tempo pieno. Siamo stati incaricati di trasmetterle uno stralcio d’una lettera del 7 agosto 1980 scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad un credente che affronta un problema simile a quello da Lei posto. “Il delicato equilibrio fra le esigenze della Causa di Dio e le esigenze della propria professione è una questione strettamente personale che, in ultima analisi, può essere risolta solo secondo la coscienza dell’individuo. Molti bahá’í si sono distinti e si distinguono nelle loro professioni e, nello stesso tempo, hanno reso e rendono grandi servigi alla Causa: è ovvio quindi che le due cose sono realizzabili nel medesimo tempo. La Casa di Giustizia è consapevole comunque che, nei momenti critici delle vicende della Fede, possono concorrere circostanze che richiedano di prendere l’angosciosa decisione di sacrificare le proprie aspettative per l’evidente benessere della Causa. E qui di nuovo la storia della Causa fornisce molti esempi di credenti che hanno volontariamente rinunciato a progressi nella loro professione, o addirittura l’hanno abbandonata per venire incontro alle necessità della Fede. Come per tutte le decisioni difficili che i credenti si trovano a dover prendere, è a loro disposizione il divino procedimento della consultazione: dunque può consultare le Istituzioni della Fede o singoli incaricati come i Consiglieri o i membri del Consiglio Ausiliare, o perfino uno o due amici a scelta. Comunque, anche in questi casi, è il credente a prendere le definitive decisioni.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad un credente, 9 febbraio 1987) 115. Coloro che sono eletti in un’Assemblea devono considerarlo un privilegio e considerare il servizio una responsabilità «.. coloro che sono stati eletti in questa Istituzione devono considerarlo un privilegio, e servire in quel corpo una responsabilità; dovrebbero di conseguenza astenersi dal rassegnare le dimissioni anche se fossero in disaccordo con la maggioranza dei membri. L’obbedienza alle ponderate opinioni della maggioranza ed alle sue politiche deve essere sincera, poiché implica obbedienza e lealtà all’Ordine Amministrativo stesso.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 8 maggio 1939) 116. Procedura per le Assemblee in caso di malcontento verso membri in carica. «Per quanto riguarda la vostra domanda sulla procedura che le Assemblee devono adottare quando sono insoddisfatte dei servizi svolti da un qualche membro con carica, se tale insoddisfazione è dovuta a slealtà verso la Fede, allora si deve procedere alla sua destituzione con una delibera presa a maggioranza di voti; ma se l’insoddisfazione è dovuta ad incompetenza, o semplicemente a trascuratezza nell’assolvere i suoi doveri, ciò non costituisce motivo sufficiente per richiedere le sue dimissioni o per destituirlo dall’Assemblea. Deve essere mantenuto nella sua carica fino a nuove elezioni.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale delle Isole Britanniche, 22 novembre 1940, The National Spiritual Assembly, p. 42) H. Amministratori Locali e Nazionali 117. Funzioni e doveri dei rappresentanti eletti. «..La loro funzione non è comandare, ma consultarsi, non solo fra loro, ma, per quanto possibile, anche con gli amici che essi rappresentano. Non devono considerarsi in altra luce che quella di strumenti scelti per una più efficiente e dignitosa presentazione della Causa di Dio. Non dovranno mai essere indotti a credersi gli ornamenti centrali del corpo della Causa, intrinsecamente superiori agli altri per capacità o per meriti, e i soli promotori dei suoi principi e insegnamenti. Devono, anzi, accostarsi al loro compito con estrema umiltà e, mediante l’apertura mentale, un alto senso della giustizia e del dovere, schiettezza, modestia e completa dedizione al benessere e agli interessi degli amici, della Causa e dell’umanità, devono sforzarsi di conquistare non solo la fiducia, il sincero appoggio ed il rispetto, ma anche la stima e il vero affetto di coloro che essi servono. Devono sempre evitare lo spirito di esclusivismo, l’atmosfera di segretezza, liberarsi da atteggiamenti di superiorità e bandire dalle loro deliberazioni ogni forma di pregiudizio e passionalità.» (Shoghi Effendi: Consultazione, pp. 21-22, n. 25) 118. Devono tenere alto lo stendardo della giustizia «In tutti i casi sottoposti alla sua attenzione, l’Assemblea, nell’emettere il verdetto, deve tenere alto lo stendardo della giustizia, ed in tutti i rapporti con la comunità ed il mondo esterno sforzarsi di mostrare la capacità di guidare. La seguente citazione Da una lettera del Custode riassume in termini semplici la meta immediata che ogni Assemblea deve porsi nello sforzo di perseguire l’alto livello di perfezione impresso nei nostri scritti: “ La prima qualità per la leadership, sia per gli individui che per le Assemblee, è la capacità d’usare le energie e la competenza che esistono nelle file dei seguaci. Altrimenti, i membri più competenti del gruppo cercheranno di trovare altrove un campo di lavoro nel quale possano impiegare le loro energie.” “ Shoghi Effendi spera che le Assemblee facciano del loro meglio nel pianificare tali attività d’insegnamento che ogni singola anima sia tenuta attiva.”» (Da una lettera scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti e Canada)» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale della Bolivia, 30 luglio 1972) 119. Gli amministratori della Fede sono simili a pastori «Gli amministratori della Fede di Dio devono essere simili a pastori. Il loro scopo deve essere quello di dissipare tutti i dubbi, i malintesi e le dannose controversie che possono insorgere nella comunità dei credenti. E ciò si può conseguire in maniera adeguata purché siano motivati da un profondo sentimento d’amore per i confratelli, unito alla ferma determinazione di agire con giustizia in tutti i casi sottoposti alla loro considerazione.» (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 9 Mirza 1934, The Local Spiritual Assembly, p. 23) 120. Coloro che hanno reale autorità si riconoscono dall’umiltà e dallo spirito di sacrificio. «Quelli che hanno una reale autorità si riconoscono dalla loro umiltà e dal loro spirito di sacrificio e dal non mostrare alcun atteggiamento di superiorità verso gli amici. Qualche tempo fa è stata scritta una tavola in cui si afferma che a nessuno è stata conferita una qualsiasi autorità se non allo scopo di servire la Causa in qualità di veri servitori degli amici; e per far ciò nessuna tavola è necessaria. Il servizio, quando è sincero e disinteressato, non richiede annunci, seguaci o documenti scritti. Che il servo si riconosca dalle sue azioni, dalla sua vita! Il suo unico scopo deve essere solo quello d’essere approvato da Dio.» (‘Abdu’l-Bahá: risposte a domande fatte in Terra Santa dal Dr. Edward C. Getsinger e da lui trascritte in quel momento (1905). Star of the West, vol. VI, n. 6, p. 43) 121. La nota fondamentale della Causa di Dio non è l’autorità dittatoriale. «Rammentiamo altresì che la nota fondamentale della Causa di Dio non è autorità dittatoriale, ma umile cameratismo, non potere arbitrario, ma spirito di franca ed amorevole consultazione. Solo lo spirito di un vero bahá’í può sperare di conciliare il principio di misericordia e giustizia, di libertà e sottomissione, di santità del diritto dell’individuo e obbedienza e coraggio dall’altro.» (Shoghi Effendi, Consultazione, p. 21, n. 24) 122. Le Assemblee devono incoraggiare i credenti a presentare con fiducia i loro problemi «.. Siete senz’altro a conoscenza delle esortazioni del diletto Custode circa l’atteggiamento che le Assemblee Nazionali devono sforzarsi di tenere nei rapporti con gli amici della propria giurisdizione. Disse che le Assemblee Nazionali dovrebbero essere come padri amorevoli che sorvegliano ed aiutano i figli, e non come giudici rigorosi che aspettano l’opportunità di ostentare i loro poteri giudiziari. “Shoghi Effendi ha messo in evidenza che le Assemblee Nazionali devono assumere un ruolo tale da incoraggiare i credenti a sottoporre loro con fiducia i propri problemi ed a rispettare ed obbedire senza esitazioni alle loro decisioni e al loro volere. Le Assemblee non devono manifestare la minima traccia di autoritarismo, ma dovrebbe tener presente che la maggior parte degli errori dei credenti sono da attribuire ad immaturità. Questi amici devono essere educati ed aiutati ad acquisire una più profonda consapevolezza delle loro responsabilità dei bahá’í e incoraggiati a comportarsi come tali.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale del Venezuela, 3 giugno 1979) 123. Abusare della fiducia dei credenti nei membri dell’Assemblea significa perderla «..riguardo ai limiti in cui le informazioni confidenziali su alcuni credenti possono essere condivise con altri credenti, per la loro protezione, vi proponiamo in risposta le seguenti considerazioni: 1. Qualsiasi informazione venga a conoscenza di un membro d’Assemblea, per il solo fatto di farne parte, egli non deve divulgarla, anche se successivamente l’Assemblea decida di renderla nota. 2. La stessa Assemblea deve valutare con cura quale informazione sia da considerarsi confidenziale e quindi non condivisibile con altri, e quale invece in particolari circostanze, possa essere divulgata e come. Se notizie confidenziali riguardanti problemi personali dovessero essere a richiesta liberamente condivise con altri ovviamente sarebbe infranta la fiducia dei credenti nell’Assemblea e nei suoi membri. 3. Si deve tener presente che le persone possono emendarsi e che un passato reprensibile non necessariamente impedisce al credente di costruirsi un futuro migliore. Riteniamo che, nell’ambito di questi principi generali, possiate gestire qualsiasi caso ci si presenti. Non si devono imporre regole rigide perché ogni casso richiede un trattamento attento, una decisione assennata e la massima discrezione.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale dei Bahá’í degli Stati Uniti, 18 settembre 1968) 124. L’efficienza amministrativa deve essere accompagnata da un’eguali misura d’amore «L’efficienza e l’ordine nell’amministrazione devono sempre essere accompagnati da un’eguali misura di amore, devozione e sviluppo spirituale. Entrambe le cose sono essenziali e tentare di dissociare le une dalle altre significa uccidere il corpo della Causa. In questi giorni in cui la Fede è ancora infante, si deve fare molta attenzione affinché la pura e semplice routine amministrativa non soffochi lo spirito che deve alimentare il corpo dell’Amministrazione. Quello spirito è la sua forza propellente e l’energia motrice della sua vita. Ma come è già stato sottolineato, sia lo spirito sia la forma sono essenziali per un sano e rapido sviluppo dell’Amministrazione. Mantenerli in perfetto equilibrio è la principale e straordinaria responsabilità degli amministratori della Causa.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti, 10 dicembre 1933. Compilazione Assemblee Spirituali Nazionali, p. 70, n. 84) 125. Gli amministratori devono considerare se stessi come semplici canali tramite i quali Dio protegge e guida la Sua Fede «La Causa...è un’istituzione divina i cui amministratori responsabili devono considerarsi come semplici canali tramite i quali Dio protegge e guida la Sua Fede. Non si deve mai consentire che l’Amministrazione diventi il pomo della discordia fra singoli e gruppi. È al di sopra delle personalità umane e trascende lo scopo delle loro limitate ed inevitabilmente egoistiche opinioni. I suoi custodi devono di continuo purificarsi da ogni traccia di desideri o interessi personali ed essere totalmente imbevuti di spirito d’amore, di cooperazione e di genuina abnegazione.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti, 8 agosto 1933) 126. L’Assemblea Spirituale Nazionale è l’Autorità suprema, la molla delle attività e l’unico legame con la Casa Universale di Giustizia «Desidero ribadire con parole chiare e categoriche il principio già enunciato che sostiene l’autorità suprema dell’Assemblea Nazionale su tutto ciò che attiene agli interessi della Fede nel Paese. Non possono esistere conflitti di autorità, né forme di dualismo in alcuna circostanza o sfera della giurisdizione bahá’í locale, nazionale o internazionale. Comunque l’Assemblea Nazionale, benché sia l’unica interprete del proprio Statuto Costituzionale e dei propri Ordinamenti, è direttamente e moralmente responsabile se permette che qualsiasi ente o istituzione, entro la sua giurisdizione, abusi dei propri privilegi o decada nell’esercizio dei propri diritti e prerogative. Essa è il custode fidato e la molla principale dei molteplici interessi e attività di ogni comunità nazionale nel mondo bahá’í. Essa è il solo anello che collega queste comunità alla Casa Internazionale di Giustizia - suprema istituzione amministrativa della Dispensazione di Bahá’u’lláh.» (Postscriptum del Custode alla lettera scritta a suo nome all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti e Canada, 11 giugno 1934. Compilazione Assemblee Spirituali Nazionali, p. 18, n. 7) 127. L’obbedienza all’Assemblea Spirituale Nazionale è la base dell’unità «.. il Custode desidera che io ribadisca la sua opinione che l’Assemblea Spirituale Nazionale ha autorità assoluta e indiscutibile su tutti gli argomenti che riguardano l’amministrazione della Fede...: è imperativo quindi che i credenti, i delegati, i gruppi e le assemblee obbediscano a quella autorità con totale disponibilità e senza riserve. Egli è convinto che la piena accettazione e la completa applicazione di questa vitale disposizione dell’Amministrazione sia essenziale per mantenere fra i credenti il massimo livello di unità e sia indispensabile perché il meccanismo amministrativo della Fede possa funzionare efficientemente in ogni Paese.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti e Canada, 11 giugno 1934. Compilazione Assemblee Spirituali Nazionali, p. 35 n. 26) 128. L’Assemblea Nazionale è la testa e le Assemblee Locali sono i vari organi «.. il modo migliore per assicurare e consolidare l’unità organica della Sua Fede è di rafforzare l’autorità delle Assemblee Locali e di portarle completamente nell’orbita della giurisdizione dell’Assemblea Nazionale. L’Assemblea Nazionale è la testa del corpo della Causa e le Assemblee Locali ne sono i vari organi. Assicurare una totale collaborazione fra queste varie parti significa salvaguardare i migliori interessi della Fede: permettendole di neutralizzare quelle forze che minacciano di creare una frattura nei ranghi dei credenti. Questa è la missione delicata ed altamente significativa che il Custode vuole affidarvi. Non solo insegnare agli estranei con conferenze pubbliche, ma in aggiunta a ciò - e per far sì che i vostri sforzi siano più vari e ricchi di successo - rendere gli amici edotti degli elementi essenziali dell’Amministrazione, dalla cui piena comprensione dipende in gran parte il futuro progresso della Causa.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 20 settembre 1933, parzialmente nella Compilazione Assemblee Spirituali Nazionali, p. 69-70 n. 83) 129. Funzione vitale dell’Assemblea Spirituale Nazionale «.. tra le funzioni vitali dell’Assemblea Spirituale Nazionale v’è quella di tenere sempre informata sulle condizioni locali di ogni comunità e di sforzarsi di guidare gli amici, individualmente e collettivamente, per mezzo di contatti personali e di una regolare corrispondenza, in tutte le loro attività.» (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 30 gennaio 1938. Compilazione Assemblee Spirituali Nazionali, pp. 40/41 n. 34) 130. L’Autorità e l’influenza delle Assemblee devono essere rafforzate «.. il continuo progresso e consolidamento della Causa di Dio da una parte e la progressiva disintegrazione di un mondo moribondo dall’altra ci imporranno indubbiamente nuovi compiti, l’impegno di ideare nuovi metodi d’insegnamento, di dimostrare più chiaramente al mondo deluso lo stile di vita bahá’í e di rendere più efficienti le istituzioni amministrative della Fede. L’autorità e l’influenza delle Assemblee Spirituali Nazionali e Locali dovranno essere rafforzate perché possano occuparsi di comunità bahá’í più grandi...» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia ai bahá’í del mondo, aprile 1971, Messages from the Universal House of Justice, 1968-1973, p. 72) 131. La “migliore” Assemblea «La migliore Assemblea è quella che trae beneficio dai talenti di tutti i suoi membri tenendoli occupati in varie forme di attiva partecipazione di servizio alla Causa e di diffusione del Messaggio.» (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, agosto 1932; Bahá’í News n. 68, p. 3, novembre 1932) 132. L’accentramento di autorità è espresso nel Testamento del Maestro «La necessità di accentrare l’autorità nell’Assemblea Spirituale Nazionale e di potere nelle varie Assemblee Locali è evidente quando riflettiamo sul fatto che la Causa di Bahá’u’lláh è ancora molto giovane e in uno stadio di transizione e quando ricordiamo che il profondo significato delle universali istruzioni del Maestro, lasciate nel Suo Testamento, non è stato finora pienamente compreso e che il Movimento non ha assunto ancora una connotazione ben definita agli occhi del mondo.» (Shoghi Effendi: Bahá’í Administration, p. 42) 133. Bisogna attenersi alle regole fondamentali dell’Amministrazione bahá’í «Ovviamente, bisogna attenersi alle regole fondamentali dell’Amministrazione bahá’í, ma vi è la tendenza delle Assemblee ad emanare spesso dettagliate procedure e norme per gli amici, ed egli pensa che ciò intralci il lavoro della Causa, oltre che essere del tutto prematuro. Fino a quando sarà possibile, i casi che si presentano devono essere esaminati e risolti in breve tempo, senza adottare una linea di condotta generale che serva per tutti quelli simili. Così facendo si preserva l’elasticità dell’Ordine Amministrativo e si evita che l’insorgere di un eccessivo formalismo intralci il lavoro della Causa... L’uniformità delle regole fondamentali è essenziale ma non in ogni dettaglio. Al contrario è importante la diversità e il risolvere una situazione locale nel modo giusto.» (Da una lettera scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale del Canada, 4 novembre 1948, Messages to Canada, pp. 8-9) 134. Tendenza di tutte le Assemblee Nazionali a super amministrare «La vostra Assemblea deve stare molto attenta a non sovraccaricare i bahá’í con norme, regolamenti, circolari e direttive. In questo momento, lo scopo dell’Amministrazione è di soffiare sul fuoco da poco acceso nel cuore di quelle persone che hanno accettato la Fede, suscitare in loro il desiderio e la capacità di insegnare, facilitare il lavoro dei pionieri e degli insegnanti e aiutare gli amici ad approfondire la conoscenza e la comprensione della Fede. Il diletto Custode vi dà questo avvertimento perché la lunga esperienza ha messo in evidenza che da parte di tutte le Assemblee Spirituali Nazionali vi è la tendenza a super amministrare. Nel loro entusiasmo dimenticano che hanno solo una manciata di anime inesperte da guidare e tentano di lavorare come se avessero da guidare un grande numero di persone! Questo soffoca lo spirito degli amici e il lavoro d’insegnamento ne soffre.» (Da una lettera scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’Asia Nord-Orientale, 15 luglio 1957, Japan Will Turn Ablaze!, p. 67) 135. Non è necessario anticipare situazioni «Non è necessario che la vostra Assemblea prevede situazioni che non si sono verificate e stabilisca norme e regole generali per affrontarle. Sarebbe più saggio esaminare ogni caso singolarmente quando si presenta e poi risolvere i relativi problemi nel modo più adatto e più pratico.» (Da una lettera scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti e Canada, 27 novembre 1937, Assemblee Spirituali Nazionali, p. 60) 136. La superamministrazione è peggiore dell’amministrazione insufficiente «In questo momento, un eccesso di amministrazione può essere per le Fede ancor peggio che un difetto di amministrazione. I credenti sono per lo più giovani nella Causa e se commettono errori ciò è meno grave che se il loro spirito è soffocato da continui ammonimenti e divieti. La nuova Istituzione Nazionale deve essere un genitore amorevole che sorveglia e aiuta i propri figli e non come un giudice severo che aspetta l’occasione di esibire i propri poteri giudiziari. Il motivo per cui egli ve lo fa notare è che nei vent’anni e più che sono trascorsi egli ha sempre fatto altrettanto con le vecchie e provate Assemblee Nazionali e non vuole che le istituzioni più giovani commettano gli stessi errori. I casi devono essere affrontati, quando si presentano, in base agli Insegnamenti che sono sufficientemente disponibili perché i credenti possano affrontare tutti i loro attuali problemi e non è necessario aggiungere ulteriori norme e regole.» (Lettera scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’Alaska, 30 giugno 1957, Assemblee Spirituali Nazionali, p. 63) 137. Le Assemblee Spirituali Nazionali devono essere intransigenti nei principi, ma flessibili nelle procedure «Nella Fede Bahá’í vi sono questioni di principio riguardanti il funzionamento delle sue istituzioni, che sono delineate a grandi linee negli Scritti, e nelle Costituzioni delle Assemblee Spiritual Nazionali e Locali. Ovviamente, le Assemblee Nazionali si troveranno a dover affrontare problemi non contemplati dettagliatamente da questi testi. In simili casi l’Assemblea Nazionale deve adottare procedure che siano confacenti alle condizioni ed alle esigenze della propria comunità: può essere utile adottare procedure già seguite da un’altra Assemblea Spirituale Nazionale, purché - in ultima analisi - le decisioni siano lasciate alla sua discrezione. Pertanto, in questioni di principio occorre uniformità, mentre in questioni di dettaglio e nelle procedure la diversità non solo è permessa, ma anzi incoraggiata. Poiché le condizioni sono diverse da paese a paese e possono variare perfino da comunità a comunità nell’ambito di esso, Shoghi Effendi ha ripetutamente consigliato gli amici d’essere intransigenti nei principi, ma flessibili nei dettagli.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale del Burundi, 22 ottobre 1986) 138. Le Assemblee Nazionali sono custodi del benessere della Fede. «Le Assemblee Nazionali sono custodi del benessere della Fede: responsabilità sacra, gravosa, imprescindibile. Esse devono essere sempre vigili, sempre in guardia, sempre pronte ad agire e, in tutte le fondamentali questioni di principio, devono rifiutarsi di scendere a compromessi, sia pure per un solo istante. Solo in questo modo il corpo della Fede può essere libero da malattie.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale di Germania e Austria, 14 agosto 1957) 139. Tendenza degli ultimi arrivati a sminuire il lavoro fatto. «..Così spesso... si creano particolari situazioni, perché i nuovi arrivati hanno la tendenza - molto umana, ma poco simpatica - di sminuire il lavoro fatto dai primi credenti e urtare i loro sentimenti. Quindi, coloro che hanno la responsabilità della conduzione del lavoro devono essere estremamente delicati ed amorevoli nello sforzo d’evitare dissensi. È molto difficile per gli amministratori della Causa imparare ad essere assolutamente imparziali, saggi e pazienti e per i credenti, imparare a subordinare la volontà personale a quella della maggioranza! Ma questo è il modello di Bahá’u’lláh, e tutti devono di continuo sforzarsi di raggiungerlo.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi al Comitato Inter-Americano, 28 Mirza 1950) 140. Ciascun credente deve poter accedere alle comunicazioni del Centro Mondiale della Fede. «Non occorre sottolineare l’importanza che ogni credente sia messo al corrente del progresso della Fede. Sapere delle vittorie conseguite dalle valenti anime che si sono levate per servire Bahá’u’lláh può costituire uno stimolo e creare un senso di prospettiva mondiale che consente di distogliere il pensiero dalle piccole preoccupazioni e far sì che sentirsi bahá’í dia un significato e uno scopo. Ciascun credente, per esempio, deve avere la possibilità di conoscere le comunicazioni del Centro Mondiale della sua Fede: i Messaggi della Casa Universale di Giustizia e delle Mani della Causa, e notizie provenienti dal Centro Mondiale.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia alle Assemblee Spirituali Nazionali in America Latina, Africa e Sud Pacifico, 28 agosto 1965) 141. Stato giuridico delle Assemblee Spirituali* «È sicuramente molto importante che alle Assemblee Locali venga conferito uno stato giuridico, poiché, man mano che la Causa progredisce ed i suoi aderenti aumentano, dovranno cimentarsi con compiti che ora non possono neanche immaginare. Non solo dovranno stipulare contratti per l’acquisto di locali da adibire alle loro riunioni, ma saranno tenute a creare nuove istituzioni per l’assistenza dei malati, dei poveri e dei vecchi. Speriamo che tra non molto i bahá’í possano permettersi anche d’avere scuole che diano ai bambini un’educazione intellettuale e spirituale com’è stabilito negli Scritti di Bahá’u’lláh e del Maestro.» (Da una lettera scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti e Canada, 25 dicembre 1931, Principles of Bahá’í Administration, p. 48. Parzialmente in Educazione Bahá’í, p. 77, n. 112) * Vedi anche: I.G. Leggi Locali 142. Le Assemblee Locali devono incoraggiare gli insegnanti «Riguardo al principio secondo il quale non si deve permettere che la Causa ruoti attorno ad alcuna personalità bahá’í, il Custode desidera chiarire che con ciò non si intende che alcuni insegnanti ben qualificati non debbano ricevere dall’Assemblea Locale tutto l’incoraggiamento possibile ed ogni facilitazione per parlare in pubblico. Ciò che il Custode intendeva dire è che non si deve mai permettere che la personalità e la popolarità di un oratore possa offuscare l’autorità, o sminuire l’influenza del corpo dei rappresentanti eletti in ogni comunità locale. Questi dovrebbe non soltanto cercare l’approvazione, i consigli e l’assistenza dell’istituzione che rappresenta la Causa della sede in cui vive, ma anzi dovrebbe attribuire ogni merito che potesse derivargli alla saggezza collettiva ed alla capacità dell’Assemblea che ha giurisdizione sull’area in cui presta i suoi servizi. Le Assemblee, e non le persone costituiscono la salda base su cui è edificata l’Amministrazione. Qualsiasi altra cosa deve esservi subordinata e fatta per servire e far progredire i migliori interessi di questi eletti custodi e promotori delle leggi di Bahá’u’lláh.» (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 12 agosto 1933, Principles of Bahá’í Administration, p. 19) 143. La coscienza di classe è contraria ai veri insegnamenti della Fede. «.. sebbene sia essenziale che i credenti mantengano sempre una chiara distinzione fra insegnamento e doveri e funzioni amministrative, tuttavia non devono essere portati a credere che questi due tipi di attività bahá’í, per loro natura, si escludano e quindi non possano essere esercitate da una medesima persona. In realtà, gli amici devono essere incoraggiati a servire in entrambi i campi: quello dell’insegnamento e quello amministrativo. Ma poiché vi sono sempre coloro che hanno una maggiore predisposizione per uno solo di questi due tipi di attività, sembra più opportuno che questi possano acquisire una completa padronanza del lavoro a loro più congeniale. La specializzazione specialmente in questo primo stadio del nostro sviluppo ha infatti il vantaggio di far risparmiare tempo e di produrre una maggiore efficienza. Tuttavia, la specializzazione ha come aspetto negativo che, così facendo, gli amici possono tendere a sviluppare una sorta di coscienza di classe che è certamente contraria sia allo spirito che ai veri insegnamenti dello Fede. Ed è proprio per evitare l’insorgere di questo rischio che il Custode ritiene opportuno che gli amici vengano incoraggiati a servire ogni tanto in tutte e due le sfere - amministrativa e di insegnamento - del lavoro bahá’í, sempre che si sentano portati a farlo.» (Da una lettera scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti e Canada, 29 luglio 1935, Principles of Bahá’í Administration, p. 3) 144. Le Assemblee Spirituali Locali devono assumersi il compito di fissare le mete estensive d’insegnamento. «È arrivato il momento, crediamo, che un sempre maggior numero di Assemblee Spirituali Locali si assuma il compito di aiutare i gruppi, i credenti isolati e le Assemblee Locali limitrofe nel loro lavoro d’insegnamento. Queste mete estensive d’insegnamento devono essere assegnate dall’Assemblea Spirituale Nazionale o da uno dei suoi comitati d’insegnamento o, anche, possono essere spontaneamente fissate dalle Assemblee Spirituali Locali, e devono essere perseguite entro il quadro dei piani globali d’insegnamento del paese. Occorre anche chiarire che l’assegnazione di mete di questo genere non conferisce all’Assemblea Spirituale alcuna giurisdizione sui credenti al di fuori della propria area, e ancor meno su altre Assemblee Locali, ma è un invito a collaborare con loro.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia a tutte le Assemblee Spirituali Nazionali, Naw-Rúz 1974, Piano Settennale, p. 37) 145. I Consiglieri e i Membri del Consiglio Ausiliare devono conoscere i piani delle Assemblee «Sono le Assemblee Spirituali che pianificano e dirigono il lavoro, ma questi piani devono essere pienamente conosciuti dai Consiglieri e dai membri del Consiglio Ausiliare, perché uno dei modi in cui essi possono assistere le Assemblee è spronare continuamente i credenti a sostenerne i piani. Se un’Assemblea Spirituale Nazionale ha indicato una meta preminente nell’anno, i membri del Consiglio Ausiliare devono ricordarsene in tutti i contatti con i credenti richiamando la loro attenzione al piano dell’Assemblea e stimolandoli a sostenerlo con entusiasmo.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia a tutte le Assemblee Spirituali Nazionali, 1 ottobre 1969, Messages from the Universal House of Justice, 1968-1973, pp. 32-33) 146. Rapporti delle Assemblee Spirituali Locali con i Membri del Consiglio Ausiliare «È a questo livello locale della vita comunitaria bahá’í, base della struttura amministrativa della Fede, che tanto spesso troviamo una mancanza di adeguata forza ed efficienza. È a questo livello che il nostro amato Custode esortò i Membri del Consiglio Ausiliare a mettersi in contatto con Assemblee Spirituali Locali, gruppi, centri isolati e singoli credenti e, per mezzo di visite periodiche e sistematiche alle località e di uno scambio di lettere, contribuire a favorire gli interessi del Piano, aiutare affinché le mete siano efficientemente e rapidamente perseguite, vegliate sulla sicurezza della Fede, stimolare e rafforzare il lavoro di insegnanti e pionieri, far capire agli amici l’importanza dello sforzo, dell’iniziativa e del sacrificio personale, e incoraggiarli a partecipare alle attività bahá’í e ad essere sempre uniti.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia a tutti i Corpi dei Consiglieri Continentali, 17 novembre 1971. Piano Settennale, pp. 41-42) 147. Tutte le Assemblee Spirituali Locali devono collaborare con i membri del Corpo Ausiliare ed i loro assistenti «Funzionare correttamente per un’Assemblea Spirituale Locale non vuol dire che può fare a meno dei servigi e del lavoro dei membri del Consiglio Ausiliare e dei loro assistenti, che possono e devono continuare a stimolare ed ispirare, di solito, non solo l’Assemblea e le attività locali, ma anche i singoli credenti.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad un credente, 9 giugno 1980) 148. Quando le Assemblee Spirituali Locali sono veramente efficienti «Simile vita di comunità saldamente stabilita, attiva e felice, quale è quella prevista nel caso in cui le Assemblee Spirituali Locali siano veramente efficienti, assicurerà un saldo sottofondo familiare da cui gli amici potranno trarre coraggio, sostegno ed aiuto affettuoso nel recare il Divino Messaggio ai loro simili e nel conformare le loro vite alla Sua benefica regola.» (Dal Messaggio della Casa Universale di Giustizia ai bahá’í del Mondo, Naw-Rúz 1974. Piano Quinquennale, p. 15) 149. Un’Assemblea Spirituale Locale funzionante - I più importanti obiettivi da raggiungere «In risposta alla vostra lettera del 14 luglio in cui chiedete consiglio sul come deve essere intesa un’Assemblea Locale funzionante, vi inviamo le seguenti osservazioni: L’Amministrazione bahá’í è soltanto il primo abbozzo di come saranno in futuro la vita sociale e le leggi della vita comunitaria. Attualmente i credenti cominciano appena a comprenderla ed a praticarla correttamente. Quindi dobbiamo avere pazienza se a volte questa Amministrazione sembra un po’ impacciata e rigida nel suo funzionamento. Ciò avviene perché stiamo imparando qualcosa di molto difficile, ma meraviglioso: vivere insieme come comunità bahá’í, secondo i gloriosi Insegnamenti.» (Da una lettera del 14 ottobre 1941 ad un credente) «Ciò che si trova espresso negli scritti della nostra Fede è l’eccelso stadio che le Assemblee Spirituali Locali dovranno raggiungere nel loro lento e talvolta doloroso sviluppo. Nell’incoraggiare le Assemblee a pervenire a questa meta, non c’è niente di male che l’Assemblea Spirituale Nazionale indichi di quando in quando certi requisiti minimi, purché sia chiaro che il non raggiungimento di tale modello - che per la sua stessa natura deve essere continuamente rivisto dato il mutare delle condizioni - non giustifica il non riconoscimento delle Assemblee deboli. Non sarebbe perciò proficuo che la Casa Universale di Giustizia formulasse regole universali per il corretto funzionamento delle Assemblea Spirituali Locali poiché esse devono necessariamente differenziarsi da paese a paese, e perfino da regione a regione dello stesso paese, nel processo evolutivo da Assemblee in Case di Giustizia, come previsto da Bahá’u’lláh Tra gli obiettivi più salienti che l’Assemblea Spirituale Locale deve raggiungere nel suo processo di sviluppo verso la piena maturità vi sono i seguenti: fare da amorevole pastore per il gregge bahá’í; promuovere l’unità e la concordia tra gli amici; dirigere il lavoro d’insegnamento; proteggere la Causa di Dio: organizzare programmi per le Feste, Anniversari e incontri regolari delle comunità; informare i bahá’í dei suoi piani; invitare la comunità ad esprimere i suoi consigli; promuovere il benessere di giovani e bambini; partecipare, circostanze permettendo, ad attività di carattere umanitario. Nei suoi rapporti con i singoli credenti, l’Assemblea deve continuamente invitarli ed incoraggiarli a studiare la Fede, a trasmettere il suo glorioso messaggio, a vivere secondo i suoi insegnamenti, a contribuire generosamente e regolarmente al Fondo, a partecipare alle attività comunitarie e a rifugiarsi, se necessario, presso l’Assemblea per averne consiglio e aiuto.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale della Bolivia, 30 luglio 1972. Citata parzialmente in Piano settennale, p. 37) 150. Promuovere cordiali rapporti con personalità eminenti «Un’attività molto importante, che per la verità è stata perseguita solo in pochissimi paesi, riguarda la promozione, pianificata dalle Assemblee Spirituali Nazionali, di cordiali rapporti con personalità eminenti e con responsabili di governo, per far conoscere loro i principi basilari e gli insegnamenti della Fede. Questa attività deve essere condotta con saggezza e discrezione e richiede la costante vigilanza di un comitato responsabile, ed un periodico riesame da parte della stessa Assemblea Spirituale Nazionale. Nelle località in cui l’attività sarà coronata da successo, verosimilmente potrà prevenire le opposizioni alla Fede e spianare la strada a molti aspetti essenziali dello sviluppo della comunità bahá’í.» (Lettera della Casa Universale di Giustizia a tutte le Assemblee Spirituali Nazionali del mondo, Naw-Rúz 1974) 151. Personalità pubbliche «Avvicinare personalità tanto note ed importanti è sempre una questione estremamente delicata, poiché richiede una buona dose di saggezza, coraggio ed abilità. Ma quegli amici che si sentano spinti a farlo e posseggono le necessarie qualità, devono coltivare questi rapporti di amicizia che, se condotti in maniera corretta, possono essere di immenso beneficio alla Causa. In ogni caso, comunque, l’assistenza e l’aiuto delle Assemblee Locali e Nazionali non sono solo utili, ma necessari perché questi importanti contatti siano fruttuosi e promettenti. Il principio della consultazione, che costituisce una delle leggi basilari dell’Amministrazione, deve essere applicato a tutte quelle attività bahá’í che coinvolgano gli interessi collettivi della Fede, poiché è con la collaborazione e con il continuo scambio di idee e di opinioni che la Causa può proteggere e favorire i propri interessi. Le iniziative personali, le capacità e l’ingegnosità dei singoli, sebbene indispensabili, sono affatto incapaci di svolgere un compito sì arduo, a meno che non siano sorrette e arricchite dall’esperienza collettiva e dalla saggezza del gruppo.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 30 agosto 1933. Parzialmente in Consultazione, p. 23, n. 31) 152. I membri dell’Assemblea Spirituale Locale devono approfondirsi «Solo se i membri delle Assemblee Locali si approfondiranno nelle verità fondamentali della Fede e nella giusta applicazione dei principi che governano il funzionamento dell’Assemblea, questa istituzione crescerà e si svilupperà fino a raggiungere il suo massimo rendimento.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia a tutte le Assemblee Spirituali Nazionali, 11 agosto 1970, Piano Settennale, p. 32) 153. I membri delle Assemblee Spirituali devono assumersi le responsabilità «Il Custode costantemente incoraggia e raccomanda ai credenti di tutto il mondo d’imparare a lavorare secondo le leggi ed i principi bahá’í. I membri delle Assemblee Spirituali devono imparare ad assumersi le loro responsabilità; i credenti devono imparare a rivolgersi ad esse e ad attenersi alle loro decisioni. Quando ci rendiamo conto che in Egitto e in Persia tutti i matrimoni, i divorzi, le eredità sono trattati solo dalle Assemblee e che i credenti si attengono alle loro decisioni, vediamo che in Occidente gli amici hanno ancora molta strada da fare. Più presto iniziano, meglio sarà per loro e per la Fede.» (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 17 ottobre 1944) I. Riunioni d’Assemblea, Presenza, Dimissioni 154. Obbligo dei membri d’Assemblea di riunirsi ed assolvere i sacri doveri «Dopo la formazione dell’Assemblea Spirituale Nazionale, lassismo e negligenza nel tenere le riunioni, nell’incontro dei nove membri e nell’assolvimento dei suoi sacri doveri avrà una deleteria ripercussione nella comunità, indebolirà e disonorerà la Causa, produrrà caos e confusione e condurrà al declino della Fede.» (Da una lettera di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Centrale della Persia, 22 aprile 1930, citata nella compilazione della Casa Universale di Giustizia Meetings of the National Spiritual Assembly) 155. Essere membro di un’Assemblea o di un Comitato è un sacro impegno - Ci si deve sforzare d’essere presenti ad ogni riunione «..il Custode desidera che spieghiate bene a tutti i credenti che essere membro di un’Assemblea o di un Comitato bahá’í è un sacro impegno che ogni leale e coscienzioso membro della comunità, ancorché umile e inesperto, deve accettare con gioia e fiducia. Il credente che sia stato eletto per servire in una certa Assemblea ha il dovere di fare il possibile per partecipare a tutte le sedute e per collaborare con i suoi colleghi, a meno che non glielo impediscano serie ragioni come una malattia, e anche in questo caso egli deve informare l’Assemblea. L’Assemblea Spirituale Nazionale ha il dovere di raccomandare, nonché di facilitare la partecipazione alle sedute. Se un membro non è in grado di giustificare con ragioni valide la sua ripetuta assenza dalle sedute, l’Assemblea Spirituale Nazionale deve metterlo sull’avviso, ammonirlo e - se egli ignora deliberatamente questo monito - potrà allora sospendere i suoi diritti di membro votante della Comunità. Tale sanzione amministrativa pare assolutamente imperativa e necessaria e, pur non equivalendo ad una totale espulsione dalla Causa, priva colui che ne è oggetto di qualsiasi reale partecipazione alle sue funzioni e ai suoi affari amministrativi, ed è quindi un’efficacissima misura disciplinare che l’Assemblea può usare contro tutti questi tiepidi e irresponsabili membri della Comunità.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale d’India e Birmania, 2 luglio 1939. Compilazione Assemblee Spirituali Nazionali, p. 50 n. 49) 156. Nelle sedute deve essere data precedenza all’insegnamento «Quando sono in seduta conviene loro di conversare, a nome dei servi di Dio, su questioni che trattano affari ed interessi della gente. Per esempio, deve essere data la precedenza all’insegnamento della Causa di Dio, poiché questa è cosa della massima importanza, così che con quel mezzo tutti gli uomini possano entrare sotto la tenda dell’unità e tutte le genti della terra possano essere considerate come un solo corpo... Se queste anime si adegueranno alle condizioni prescritte saranno, invero, aiutate dalle Sue invisibili elargizioni. Questa è in verità una questione i cui benefici saranno conferiti a tutti gli uomini...» (Bahá’u’lláh: Istruzioni ai credenti bahá’í, pp. 13-14, n. 15) 157. Tutte le riunioni devono essere imperniate attorno ad un unico centro focale: Insegnare «Se le riunioni o l’Assemblea Spirituale si occupano d’altro sprecano il loro tempo. Ogni deliberazione, ogni consultazione, ogni conversazione e discorso deve essere imperniato attorno ad un unico centro focale: Insegnare la Causa! Insegnate! Insegnate! Portate il Messaggio! Risvegliate le anime! “Solo questo serve oggi. Gl’interessi di questa Causa gloriosa non avanzeranno senza una totale attenzione. Mentre portiamo questo carico non possiamo portarne nessun altro !» (‘Abdu’l-Bahá. Riunioni Bahá’í, p. 45, n. 21) 158. Principio su cui basare il lavoro di un’Assemblea «Vi è un solo principio su cui basare il lavoro di un’Assemblea e cioè la supremazia della volontà della maggioranza. Le decisioni della maggioranza devono essere adottate coraggiosamente e messe in atto dall’Assemblea senza tener conto dell’ostinata aderenza ai propri punti di vista cui una minoranza potrebbe aggrapparsi.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 20 novembre 1941, The Local Spiritual Assembly, p. 19) 159. Perché alcune Assemblee Locali non si riuniscono «Molte Assemblee Spirituali Locali non si riuniscono perché non sanno o non comprendono i motivi per cui debbono. Una compilazione sulla funzione dell’Assemblea Spirituale Locale o il Regolamento dell’Assemblea Locale, normalmente, non forniscono ai membri l’incentivo a riunirsi. Uno dei punti del Piano Quinquennale è il vantaggio che ogni Assemblea abbia mete locali. Come vi sono mete internazionali e nazionali, devono esserci in tutto il mondo bahá’í mete locali per ciascuna Assemblea Locale. Esse, come indicato nel nostro Messaggio del Naw-Rúz 1974, possono essere direttamente adottate dalle Assemblee Locali o assegnate loro dall’Assemblea Spirituale Nazionale. L’adozione dell’Assemblea Locale di un proprio piano può esercitare una notevolissima influenza sul suo lavoro e sulla vita della comunità.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia ad una Assemblea Spirituale Nazionale dell’Africa, 24 dicembre 1975) 160. Quante volte riunirsi - Deve decidere l’Assemblea. «L’Assemblea Spirituale deve decidere quante volte riunirsi per condurre correttamente gli affari della Causa sotto la sua giurisdizione. Il punto, comunque non è stabilire se riunirsi due volte alla settimana o due volte al mese, ma essere vitale ed eseguire in modo adeguato il lavoro.» (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 23 ottobre 1949, Bahá’í News, agosto 1951, p. 2) 161. La promessa di Bahá’u’lláh «Bahá’u’lláh ha promesso che in ogni Assemblea in cui prevalgano l’unità e l’armonia, là il Suo glorioso Spirito sarà non solo presente, ma animerà, sosterrà e guiderà gli amici in tutte le loro deliberazioni.» (Da una lettera scritta a nome del Custode alle Assemblee Spirituali di Evanston e Wilmette, 17 novembre 1933. Istruzioni ai credenti Bahá’í, pp. 20-21, n. 22) 162. Non è possibile che ad una riunione di Assemblea Spirituale Nazionale partecipi un estraneo. «... alla luce di quanto ha affermato il Maestro che le deliberazioni dell’Assemblea devono essere segrete e riservate, non è possibile che durante le riunioni dell’Assemblea Spirituale Nazionale siano presenti estranei. Dovete sempre ricordare che, in questioni di principio, non vi possono essere deroghe;... Spesso le Assemblee Nazionali discutono argomenti strettamente personali, che possono compromettere l’onore e la felicità di altri, e il pericolo che la riservatezza sia violata è già abbastanza grande con i nove rappresentanti prescelti dell’intera comunità, senza introdurre anche elementi estranei. È sufficiente che scriviate i verbali in modo più conciso e sacrifichiate, quando sia necessario, un poco di efficienza, pur di uniformarvi a questo importantissimo principio.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti, 5 luglio 1950. Consultazione, pp. 28-29, n. 44) 163. Distribuzione dei verbali delle sedute «Abbiamo ricevuto la vostra lettera... a proposito della consegna ai membri dei verbali delle sedute della vostra Assemblea Nazionale. I due principi da applicare sono i seguenti: 1. Ogni membro dell’Assemblea Spirituale Nazionale ha il diritto d’avere i verbali delle sue sedute 2. L’Assemblea Nazionale ha l’obbligo di prendere adeguate misure per salvaguardare la natura confidenziale di molti argomenti contenuti nei verbali. Rientra nel potere discrezionale della vostra Assemblea Nazionale come dare effetto a questi principi.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’Asia Nord Orientale, 25 Mirza 1971) 164. Accesso agli archivi dell’Assemblea Nazionale «In risposta alla vostra lettera del 13 maggio 1976, la Casa Universale di Giustizia ci ha incaricato di dirvi che tutti i membri di Assemblea sono uguali e devono poter accedere ai documenti ed ai verbali dell’Assemblea di cui fanno parte. Tuttavia, rientra nel potere discrezionale d’ogni Assemblea Spirituale organizzare i suoi archivi in modo tale da classificare certi documenti “confidenziali”, consentendone la visione solo previa una specifica decisione.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’Irlanda, 8 giugno 1976) 165. I lavori possono essere svolti dal quorum «.. È, come dite, oltremodo auspicabile che tutti e nove i membri dell’Assemblea Spirituale siano presenti, ma i lavori possono essere svolti dal quorum di cinque, purché tutti siano stati preventivamente informati della riunione.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’Ecuador, 14 giugno 1972) 166. Quorum d’Assemblea «Abbiamo ricevuto la vostra lettera del 20 luglio 1967 in cui chiedete chiarimenti sull’art. 8, sezione I, del Regolamento dell’Assemblea Spirituale Locale riportato a pagina 19 della “Dichiarazione di Fede.» La maggioranza dei membri presenti, che costituiscono il quorum, è sufficiente per far approvare una mozione, così, se alla riunione sono presenti solo cinque membri dell’Assemblea, è sufficiente la maggioranza di tre voti. Comunque, le Assemblee devono tener conto dell’ultima clausola del primo capoverso dell’art. 8, sezione I, che recita: “... e col dovuto riguardo al principio di unità e cordiale cameratismo richiesto nell’istituzione di un’Assemblea Spirituale.” In altre parole, i membri di un’Assemblea non devono avvantaggiarsi del quorum per approvare una mozione che violerebbe lo spirito della suddetta citazione. Come ha affermato la vostra Assemblea Nazionale è auspicabile che tutti e nove i membri dell’Assemblea Spirituale Locale siano presenti ad ogni seduta e noi speriamo che sarete in grado d’educare i membri delle Assemblee ad assumersi le loro responsabilità a questo proposito.» (Lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti, 6 agosto 1967) 167. Doveri dei membri d’Assemblea «Nelle sue riunioni deve sforzarsi di imparare la difficile ma molto remunerativa arte della consultazione bahá’í, processo che richiede grande autodisciplina da parte di tutti i membri e totale fiducia nel potere di Bahá’u’lláh. Deve riunirsi regolarmente e far sì che tutti i membri siano continuamente informati dell’attività dell’Assemblea, che il Segretario svolga i suoi compiti e il Tesoriere tenga e spenda i fondi nell’interesse della Fede, tenendo una corretta contabilità e rilasciando ricevute per tutte le contribuzioni. Molte Assemblee trovano che alcune delle loro attività, come l’insegnamento, l’osservanza di Feste e Anniversari, la soluzione di problemi personali e altri doveri, siano meglio eseguite da comitati nominati dall’Assemblea stessa e verso di essa responsabili...» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale della Bolivia, 30 luglio 1972. Piano Settennale, pp. 36-37) 168. Nelle votazioni bahá’í non esiste l’astensione «È importante rendersi conto che lo spirito della consultazione bahá’í è molto diverso da quello che anima, nel loro processo decisionale, le istituzioni non bahá’í. L’ideale della consultazione bahá’í è giungere ad una decisione unanime; quando ciò non sia possibile, si deve votare. Secondo le parole dell’amato Custode: .»..allorché si richieda loro di prendere una certa decisione, essi, dopo spassionata, sollecita e sincera consultazione, devono volgersi in preghiera a Dio e, con serietà, convinzione e coraggio, dare il proprio voto e attenersi alla voce della maggioranza che, come il nostro Maestro ci ha detto, è la voce della verità, mai da contrastarsi, anzi da porsi sempre fedelmente in atto. Non appena una decisione è presa, essa diviene la decisione dell’intera Assemblea e non semplicemente di coloro che si sono trovati nella maggioranza. Quando qualcuno propone di porre una questione ai voti, un altro membro dell’Assemblea può ritenere che vi siano altri fatti o opinioni che debbano essere esaminati prima ch’egli si senta pronto a decidere e a votare la proposta consapevolmente. Egli deve esprimere i suoi sentimenti all’Assemblea e a questa spetta decidere se protrarre o non la discussione prima di votare. Quando si decide di votare su una proposta, è necessario unicamente accertare quali membri siano favorevoli: se sono la maggioranza dei presenti, la mozione è accettata: se sono la minoranza, è respinta. Perciò nella votazione bahá’í non esiste il problema dell’astensione. Chi non vota a favore di una mozione, in pratica vota contro, anche se in quel momento ritiene di non essere ancora in grado di prendere una decisione.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale del Canada, 6 Mirza 1970. Compilazione Consultazione, p. 31 n. 46) 169. Ai bahá’í non è richiesto di votare contro coscienza «Non si richiede che i bahá’í votino, in Assemblea, contro coscienza: È certamente meglio che essi si sottomettano alla maggioranza rendendola unanime, ma non sono obbligati a farlo. Ciò che devono fare, però, è conformarsi alla decisione della maggioranza, poiché è ciò che dovrà andare in vigore: non devono indebolire l’Assemblea, raccontando che non erano d’accordo con la maggioranza. In altre parole devono anteporre la Causa alle loro opinioni. Ogni membro (dell’Assemblea Spirituale) può chiedere che l’Assemblea riconsideri una certa cosa, ma non ha il diritto di forzare gli altri membri o di creare disarmonia se essi non vogliono mutare d’avviso. È preferibile l’umanità, ma certamente non è lecito imporla ai membri dell’Assemblea con artifizi simili a quelli usati da altre istituzioni.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 19 ottobre 1947, Consultazione, pp. 27-28, n. 41) 170. Le dimissioni dall’Assemblea sono permesse solo in particolari circostanze «Riguardo alla sua domanda se sia permesso ad un credente dare le dimissioni dall’Assemblea Locale, può farlo in particolari circostanze, quali malattie, ma solo dopo e mai prima della sua elezione a membro d’Assemblea. Divergenze personali e disaccordo fra i membri dell’Assemblea non sono di certo sufficienti motivi per rassegnare le dimissioni e non possono essere valida giustificazione per non partecipare alle sedute. Dallo scontro delle opinioni personali, come ha detto ‘Abdu’l-Bahá, si sprigiona la scintilla della verità e si manifesta la guida divina. Gli amici non devono pertanto scoraggiarsi di fronte alle differenze di opinioni esistenti a volte fra i membri di un’Assemblea, perché queste differenze - come l’esperienza ha dimostrato e come le parole del Maestro attestano - assolvono a una preziosa funzione in tutte le deliberazioni dell’Assemblea stessa. Ma non appena l’opinione della maggioranza si è manifestata, tutti i membri devono automaticamente ed incondizionatamente obbedire e fedelmente porla in atto. I rappresentanti eletti della comunità devono anche sempre improntare le loro discussioni e decisioni a pazienza e moderazione, senza mai indulgere a cavillose dispute senza frutto.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 18 aprile 1939, parzialmente nella Compilazione Consultazione, p. 25 n. 34) 171. Le differenze d’opinione non devono dissuadere dal fare attività bahá’í «È superfluo dire quanto s’è dispiaciuto nell’apprendere che entrambi avete rassegnato le dimissioni dall’Assemblea Spirituale Locale di..., poiché è convinto che in questa situazione il vostro atto avrà un effetto negativo sugli altri credenti e infliggerà un grave danno alla Causa. Le differenze d’opinione, specialmente se dipendono dalle personalità, non devono in nessun caso distogliere un credente dalle sue più importanti attività bahá’í. E quale attività può essere considerata più vitale, e quindi di maggiore responsabilità, che servire in un’Assemblea, e in particolare come Vice-Presidente? Le sue responsabilità a questo proposito sono molteplici e sarebbe quindi un peccato se mancasse, per niente, di farvi fronte fino al limite delle sue possibilità. Per di più, lei facilmente comprende che dimettendosi dall’Assemblea incoraggerebbe - sia pure non intenzionalmente, ma con il semplice effetto dell’esempio - i suoi colleghi a prendere, se necessario, un’analoga decisione in futuro. Tutto ciò, naturalmente, non può che portare, alla fine, allo scioglimento della vostra Assemblea e, nel contempo, sminuire notevolmente l’autorità ed il prestigio di questa istituzione agli occhi del pubblico. In considerazione di tutto ciò, il Custode fa appello specialmente a lei affinché riconsideri la sua decisione di dimettersi dall’Assemblea di... dando così agli amici il buon esempio. Dovesse regolarsi in tal senso, godrebbe senza dubbio dell’assistenza di Bahá’u’lláh Che le darebbe la forza per superare gli ostacoli che, al momento, ritardano così incresciosamente il valido lavoro ed il progresso della vostra Assemblea.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti, 27 novembre 1968) 172. Ci deve essere una valida ragione per le dimissioni «Sebbene sia altamente raccomandabile che tutti i membri dell’Assemblea Nazionale partecipino agli incontri dell’Assemblea, il fatto che un componente non possa avere una buona frequenza di partecipazione alle riunioni per i propri affari o altre circostanze, non è un buon motivo per accettarne le dimissioni. Non si giustifica alcuna accettazione di dimissioni o di dichiarare vacante un posto nell’Assemblea senza una valida ragione, come nel caso di un’assenza prolungata o di una grave malattia che impediscano di svolgere il compito di membro dell’Assemblea Nazionale.» (Da una lettera scritta per conto della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti il 27 novembre 1968) 173. I membri delle Assemblee Spirituali Nazionali devono essere sollevati dal servizio nelle Assemblee Spirituali Locali? «Abbiamo ricevuto la vostra lettera del 28aprile1970 in cui ci domandate se un credente eletto in un’Assemblea Spirituale Locale e nell’Assemblea Spirituale Nazionale possa rinunciare ad essere membro dell’Assemblea Locale per dedicare le proprie energie esclusivamente al lavoro dell’Assemblea Nazionale. In linea generale, coloro che sono eletti in un’Assemblea Locale e in quella Nazionale devono compiere ogni sforzo per servire in entrambe le istituzioni, quali che possano essere i sacrifici personali. Se per un membro è troppo oneroso ed impossibile assumersi la responsabilità di servire nelle due Assemblee, lo deve far presente ad entrambi i corpi e chiedere una consultazione. Ogni caso va esaminato a parte secondo la particolare situazione riguardante il membro interessato: può avvenire, infatti, che se un membro di Assemblea Nazionale ha una carica nell’Assemblea Spirituale Locale, le sue dimissioni da quella carica invece che da membro, possa risolvere il suo problema.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’Africa Nord-Orientale, 7 maggio 1970, Malaysian Bahá’í News, vol. 8, n. 4, dicembre 72 - febbraio 73, p. 28) 174. Non è appropriato eleggere un membro provvisorio d’Assemblea «Riguardo all’elezione d’un membro provvisorio per sostituirne uno assente, l’attuale prassi dell’amministrazione bahá’í non è favorevole a questa procedura, preferendo accertare la durata dell’assenza. Se il periodo di tempo fosse eccessivo, rientra nel potere discrezionale dell’Assemblea dichiarare il posto vacante ed indire un’elezione suppletiva. Questa decisione, tuttavia, non deve essere presa alla leggera e i membri eletti alla Convenzione devono rimanere in carica, a meno che non sussistano insormontabili difficoltà che lo impediscano.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale della Malaysia, 10 dicembre 1970, citato nella Compilazione della Casa Universale di Giustizia Meetings of the National Spiritual Assembly) 175. Assenza dei membri d’Assemblea - Non fissare limiti di tempo «... permettere all’Assemblea di stabilire un limite di tempo alle assenze dei membri alle sue sedute, oltre il quale una persona decade automaticamente dall’Assemblea, con conseguente dichiarazione di un posto vacante, significherebbe stabilire un pericoloso precedente... L’Assemblea non deve fissare alcun limite d’assenze oltre il quale un membro decade. Ogni caso di prolungata assenza dalle sedute di Assemblea deve essere considerato separatamente, e se viene rilevato che la persona non vuole presenziare alle sedute, che è tenuta indefinitamente lontana da esse per malattia o viaggio, allora si può legittimamente dichiarare che vi è un posto vacante e si può procedere all’elezione di un nuovo membro.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente. Bahá’í News n. 208, giugno 1948) 176. Ripetute ed ingiustificate assenze causano la sospensione del diritto di voto «... È dovere dell’Assemblea Spirituale Nazionale esortare ed agevolare i membri a presenziare alle riunioni d’Assemblea. Se un membro non ha validi motivi per giustificare le sue ripetute assenze, va avvisato e perfino ammonito, e se l’ammonizione viene deliberatamente ignorata, l’Assemblea ha la potestà di sospendere il suo diritto di voto quale membro della Comunità. Tale sanzione amministrativa sembra essere assolutamente imperativa e necessaria ed anche se non equivale ad una completa espulsione dalla Causa, priva l’individuo d’ogni concreta possibilità di partecipare ai suoi affari e funzioni amministrative, ed è la più efficace misura correttiva che l’Assemblea può adottare contro individui della Comunità così apatici ed irresponsabili.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’India e Birmania, 2 luglio 1939, Dawn of a New Day, p. 79) 177. Critica, opposizione, confusione non sono motivi per dimettersi - Possono essere necessarie sanzioni «Riguardo alla questione del rifiuto di certi credenti d’accettare una elezione per una carica amministrativa, il Custode pensa fermamente che critiche, contrasti e confusione non giustifichino a sufficienza né il rifiuto della carica né le dimissioni della stessa. Solamente casi di incapacità fisica o mentale, per loro natura estremamente rari, costituiscono motivi validi. Le difficoltà e le prove connesse all’accettazione di cariche amministrative, lungi dall’indurre i credenti a rifiutare il lavoro della Causa, devono spronarli ad una più attiva partecipazione al compito privilegiato di risolvere i problemi che la Comunità bahá’í affronta. Solo se il credente, senza alcuna valida ragione, deliberatamente non tiene conto delle reiterate esortazioni, preghiere ed ammonimenti rivoltigli dall’Assemblea, si deve cancellarlo dalla lista dei votanti. Questa è una misura che si propone di sostenere le istituzioni della Fede oggi e di assicurare che l’abilità ed il talento del suo ancora limitato numero di sostenitori siano correttamente consacrati al suo servizio...» (Lettera scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale dei Bahá’í degli Stati Uniti e Canada, 15 gennaio 1942: Bahá’í News, n. 152, p. 2, aprile 1942) J. Diritti Amministrativi, sanzioni, dissimulazione 178. Condizioni per la privazione del diritto di voto «Condizioni generali per la privazione del diritto di voto sono naturalmente il flagrante comportamento immorale, l’aperta opposizione ai doveri amministrativi della Fede e l’inosservanza delle leggi sullo status personale. Tuttavia, prima di comminare la sanzione, l’Assemblea Nazionale ha il dovere d’incontrare amorevolmente l’interessato per aiutarlo a risolvere il problema; in un secondo momento, d’ammonirlo affinché desista: nel caso perseveri, d’ammonirlo ancora; ed infine, se non si intravedono altri sistemi adatti, può privare la persona del diritto di voto. Il Custode comunque desidera che le Assemblee Nazionali siano molto caute nel comminare queste sanzioni, perché - ove se ne abusasse - perderebbe la sua efficacia. Deve essere usata solo quando non sembrano esserci altri modi per risolvere il problema. Rispondendo, poi, alle specifiche domande da voi poste: se una persona è privata del diritto di voto non può partecipare alla Festa del Diciannovesimo Giorno e, ovviamente, non partecipandovi, non può prendere parte alla consultazione. Pur non essendo proibito agli amici frequentare queste persone, tuttavia è bene che i loro rapporti rimangano formali. Per quanto riguarda l’insegnamento della Causa da parte di chi è stato privato del diritto di voto, naturalmente è libero di farlo, dato che ogni credente è stato incoraggiato da Bahá’u’lláh ad insegnarla.» (Da una lettera a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale del Sud-America, 7 Mirza 1955) 179. L’Assemblea non deve privare il credente del diritto di voto se non per questioni gravissime «Come già dettovi in una precedente comunicazione, egli ritiene che la vostra Assemblea non deve privare le persone del diritto di voto se non per questioni realmente molto gravi; infatti, questa sanzione è in effetti molto seria e, se viene comminata con leggerezza, può provocare amarezza ed inoltre creare il convincimento che vi si ricorra ingiustamente per esercitare forti pressioni. Occorre educare ed assistere gli amici, perché dal punto di vista spirituale sono ancora molto immaturi, ed i loro “peccati” sono in effetti quelli dell’immaturità! I loro cuori sono leali verso la Causa, e questa è la cosa più importante.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale di India e Birmania, 2 agosto 1946) 180. Nessun bahá’í può giurare d’educare i figli secondo i principi di un’altra religione, né sposarsi in chiesa secondo il rito cristiano «... Come il Custode ha precisato... nessun bahá’í può coscientemente giurare d’educare i propri figli in un’altra religione e, naturalmente, non ha il diritto di mentire; pertanto, in occasione del suo matrimonio, non può fare una promessa del genere al coniuge non-bahá’í. Qualsiasi bahá’í contravvenisse a questa regola, deve essere privato del diritto di voto e - com’egli ha già chiarificato - deve essere di necessità privato del diritto di voto anche il credente che contrae matrimonio da cristiano.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi al Comitato Insegnamento Europeo, 13 maggio 1936) 181. Bevande alcoliche - Coloro che continuano a bere «Se un credente continua ad assumere bevande alcoliche, l’Assemblea deve accertare la flagranza della trasgressione e, in caso affermativo cercare di aiutarlo a comprendere l’importanza d’obbedire a questa legge bahá’í. S’egli non smette, lo si deve più volte ammonire e, se non si ha alcun effetto, è soggetto a perdere il diritto di voto. Nel caso d’un alcolista che stia cercando di superare questa debolezza, l’Assemblea deve mostrare una particolare pazienza e può suggerirgli consigli ed assistenza professionale. Se la trasgressione non è flagrante, non occorre che l’Assemblea prenda alcun provvedimento .» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad una Assemblea Spirituale Nazionale, 26 settembre 1978) 182. Divorzio «Nessuna sanzione deve essere comminata semplicemente perché il credente ha iniziato l’azione civile per il divorzio prima che sia trascorso l’anno di pazienza; gli sarà invece comminata se dovesse sposarsi durante quell’anno, non solo perché si tratterebbe di una violazione di esso, ma anche perché il divorzio bahá’í non può essere concesso prima che l’anno di pazienza sia trascorso, anche se nel frattempo è stato accordato quello civile. Per questo nessun matrimonio si può celebrare nel corso dell’anno d’attesa, a meno che le parti nella causa di divorzio non decidano di risposarsi con una cerimonia civile.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’Alaska, 29 Mirza 1966) 183. Associazioni ecclesiastiche e politiche «La stessa sanzione (privazione del diritto di voto) deve essere applicata nei confronti di coloro che ostinatamente rifiutano di dissociarsi da attività politiche ed ecclesiastiche. Si tratta di un principio generale che va applicato in tutto il mondo bahá’í: i credenti orientali sono già pienamente consapevoli dell’assoluta necessità di rifiutare qualsiasi incarico politico o ecclesiastico musulmano.» (Da una lettera scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti e Canada, 15 gennaio 1942. Bahá’í News n. 152, p. 2, aprile 1942) 184. Partecipazione alla politica «La vostra comprensione ed il vostro comportamento riguardo alla partecipazione alla politica sono corretti: l’immediata ammonizione e la pronta privazione del diritto di voto sono azioni necessarie alla protezione degli interessi della Fede.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’Africa Sud-Occidentale, 12 novembre 1965) 185. Gli atti omosessuali sono condannati da Bahá’u’lláh «Circa la domanda postagli a proposito di uno dei credenti che sembra essere chiaramente omosessuale - sebbene entro un certo limite dobbiamo evitare di occuparci della condotta morale delle persone, conseguenza del generale e terribile deterioramento della società in generale - ciò non significa che dobbiamo indefinitamente tollerare un comportamento che stia disonorando la Causa. Occorre far presente all’interessato che quegli atti sono condannati da Bahá’u’lláh e che deve cambiar vita; se necessario dovrà consultare i medici e fare ogni sforzo per vincere questa afflizione, che corrompe lui e nuoce alla Causa. Se, dopo un periodo di prova, non notate un miglioramento, allora dovrete privarlo del diritto di voto. Il Custode, comunque, non ritiene che un’istituzione bahá’í debba assumersi il compito di denunciarlo alle Autorità, a meno che il suo comportamento non rasenti la pazzia.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale del Canada. Messages to Canada, p. 39) 186. Atti di flagrante immoralità «Qualunque atto di flagrante immoralità compiuto da bahá’í deve essere fermamente deplorato. Bisogna esortare gli amici ad abbandonare immediatamente certe relazioni, a mettere ordine nei loro affari ed a comportarsi da bahá’í; se si rifiutano, malgrado gli ammonimenti dell’Assemblea, devono essere puniti con la privazione dei diritti di voto. L’Assemblea Spirituale Nazionale ha la facoltà di decidere sui casi di flagrante immoralità senza bisogno d’informare il Custode.» (Da una lettera del 20 luglio 1946 scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti e Canada. Principles of Bahá’í Administration, p. 87) 187. Credenti accusati di reati «Abbiamo riesaminato attentamente la vostra lettera del 18 aprile 1967 in cui chiedete informazioni sull’atteggiamento che la vostra Assemblea Nazionale deve adottare nei confronti di credenti che sono stati accusati di reati, o siano sospettati d’averli commessi, o siano stati giudicati colpevoli dall’autorità giudiziaria. Il principio da tener presente è che ogni caso che rientri fra quelli menzionati, deve essere considerato singolarmente valutandone i pro e i contro, senza applicare regole rigide. Se le azioni del credente discreditano la Fede in maniera eclatante e ne offendono seriamente la reputazione, l’Assemblea Nazionale a sua discrezione può applicare la sanzione della privazione del diritto di voto. Riteniamo, comunque, che l’Assemblea deve essere molto saggia nel privare i credenti dei diritti amministrativi; ciascun caso deve essere esaminato e valutato e deve essere chiaro che l’applicazione della sanzione bahá’í non è un atto automatico conseguente al verdetto di una corte giudiziaria.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’Africa sud-occidentale, 3 maggio 1967, Guidelines for Local Spiritual Assembly, p. 81) 188. Deve essere data la possibilità di migliorare: Comminare una sanzione più mite «Per quanto riguarda coloro la cui condotta è immorale, in un primo tempo la questione deve essere affidata all’Assemblea Spirituale Locale. Sia il credente membro dell’Assemblea Locale o no, lo si deve dapprima amorevolmente esortare, poi ammonire e quindi gli si ingiunge di rettificare la propria condotta. Se questa non migliora e continua a rappresentare un’onta per la Fede - secondo i casi - l’Assemblea Nazionale può decidere di rimuoverlo semplicemente dall’Assemblea Locale se ne è membro, o di comminare la massima sanzione privandolo del diritto di voto. È impossibile e non è saggio stilare una regola generale valida per tutti i casi.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale d’Italia, 14 gennaio 1996) 189. Non basta una sola trasgressione alla morale per incorrere in una pena grave «In generale, in caso di condotta immorale, non basta una sola trasgressione per incorrere in questa grave punizione, che deve essere applicata solo dopo pazienti raccomandazioni ed in presenza di flagrante immoralità ed evidente cattivo comportamento.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale del Vietnam, 11 gennaio 1967) 190. Matrimonio celebrato solo civilmente «...se un bahá’í si sposa solo civilmente, è soggetto a perdere il diritto di voto. Se l’Assemblea si convince del pentimento di una coppia, il diritto di voto può essere reintegrato, purché venga celebrata la cerimonia bahá’í.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale del Perù, 23 giugno 1969) 190. Il diritto di voto dei genitori può essere sospeso se il consenso non è conforme alla legge bahá’í «In riferimento alla vostra domanda relativa al caso dei signori... e della loro figlia, il Custode ritiene che la vostra Assemblea abbia operato in modo corretto privando tutti e tre del diritto di voto. La loro condotta nel celebrare il matrimonio musulmano, nelle forme contrarie alla legge bahá’í descritte nella vostra lettera, è, a dir poco, più che reprensibile e se tali comportamenti non sono fermamente censurati dai bahá’í, si corre il rischio che altri amici, in certi momenti di debolezza, possano commettere gli stessi errori.» (Da una lettera scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’India, Pakistan e Burma, 10 Mirza 1951) 192. Bahá’í appartenenti alla Massoneria, alla Società Teosofica, ai Cavalieri Rosa Croce e simili organizzazioni * «I seguenti due principi devono esser di guida alla vostra Assemblea in materia di problemi riguardanti bahá’í appartenenti alla Massoneria, alla Società Teosofica, ai Cavalieri Rosa Croce e simili organizzazioni: 1) Non è permessa agli amici la formale affiliazione ad organizzazioni le cui politiche ed i cui programmi non siano pienamente conciliabili con gli Insegnamenti. 2)Gli amici non devono diventare membri di società segrete Vi consigliamo di informare gli amici con la massima esattezza di questi principi, approfondendoli nella comprensione e nell’apprezzamento di essi. Dopo aver accertato che tutti, e specialmente quelli direttamente interessati, li abbiano ben compresi, la vostra Assemblea deve fissare un termine entro il quale essi devono obbedire alla vostra direttiva di ritirarsi dalle suddette organizzazioni. Ogni caso dovrà essere esaminato singolarmente. Alcuni amici potrebbero avere necessità di assolvere certi compiti di cui fossero stati incaricati prima di ritirarsi con onore. Nel fissare il termine, dovrete tener conto di questa eventualità. Benché persistere nella appartenenza in queste o simili organizzazioni sia motivo più che sufficiente per la privazione del diritto di voto. vi suggeriamo, prima di mettere in atto qualsiasi azione disciplinare, di concedere ad ogni amico un adeguato lasso di tempo affinché possa approfondirsi bene ed ottemperare ai principi.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale della Colombia, 26 dicembre 1963) * (Vedi anche XXXV, 1384-1400) 193. Malattie mentali «Per quanto riguarda le persone le cui condizioni mentali non sono state definite dalle autorità civili dopo la diagnosi dei medici, l’Assemblea deve fare immediatamente le opportune indagini su ogni caso che si presenti e dopo essersi consultata con esperti deliberare in merito. Nei casi importanti, tuttavia, la delibera deve essere preceduta da una consultazione con l’Assemblea Spirituale Nazionale. Senza dubbio, la potenza della preghiera è grandissima, ma Bahá’u’lláh ha ingiunto anche la consultazione con esperti, e se questi esperti ritenessero che esiste una anormalità, allora il ritiro del diritto di voto è giustificato.» (Lettera del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti e Canada, 30 maggio 1936, Bahá’í News n. 153, giugno 1942, p. 12) 194. Incapacità mentale «L’interpretazione dell’incapacità mentale non è uguale a quella dell’incapacità fisica. Per inabilità mentale deve intendersi una condizione molto più seria di una qualsiasi deficienza caratteriale o di un’avversione a conformarsi alla maggioranza. Solo nei rari casi di persona realmente squilibrata - e ciò sia stato accertato senza ombra di dubbio - le si può negare il diritto d’essere membro. In questa questione occorre usare la massima cautela e riservatezza.» (Da una lettera scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti e Canada, 15 maggio 1940, Bahá’í Procedure, p. 20) 195. Privare dei diritti amministrativi un malato di mente non costituisce una sanzione «Privare dei diritti amministrativi una persona malata di mente non è una sanzione, ma semplicemente il prendere atto che le condizioni del credente non consentono ch’egli eserciti quei diritti. Da ciò potete dedurre che perché si possa prendere questa misura l’incapacità mentale deve essere molto grave ed essa, di norma, deve essere sostenuta da una certificazione medica specialistica o da un ricovero in ospedale psichiatrico. Inoltre, a seconda del tipo di malattia mentale, tale sospensione del diritto di voto può o meno implicare il non ricevere notiziari bahá’í, l’interdizione a partecipare alla Festa del Diciannovesimo Giorno, ecc.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’Austria, 12 maggio 1982) 196. L’Assemblea Nazionale può proibire a una persona di servire in un’Assemblea Locale senza privarlo del diritto di voto «È inoltre permesso ad un’Assemblea Spirituale Nazionale proibire a un credente di servire in un’Assemblea Locale, senza privarlo del diritto di voto, come di presenziare alla parte consultativa della Festa del Diciannovesimo Giorno. Potete altresì proibire ad un credente di votare alle elezioni, senza comminargli tutte le altre sanzioni connesse all’espulsione amministrativa.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale di Panama, 31 gennaio 1972) 197. Solo l’Assemblea Nazionale può privare i credenti del diritto di voto «Dal verbale della vostra seduta del 13 Mirza 1971 emerge un particolare che desideriamo commentare. Riguarda la vostra decisione di informare l’Assemblea Spirituale di... che può privare un credente dei suoi diritti amministrativi se ritiene che le sue azioni lo meritino. Allo stato attuale, l’Assemblea Nazionale può privare un credente dei diritti amministrativi e questa autorità non deve essere demandata alle Assemblee Spirituali Locali.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’Honduras, 18 aprile 1971) 198. Status di coloro che hanno perduto il diritto di voto «A proposito della sua domanda sullo status di quelle persone che l’Assemblea Locale o Nazionale hanno ritenuto necessario privare del diritto di voto e sospendere dalla partecipazione a riunioni ed incontri locali: questi provvedimenti, comunque giustificati, e non importa quanto severi, che le Assemblee Locali e Nazionali sono state autorizzate a prendere nei confronti di taluni membri recalcitranti, non implicano mai la completa espulsione dalla Causa. La sospensione del diritto di voto e degli altri diritti amministrativi, subordinate a determinate condizioni e perciò temporanei, non possono mai avere implicazioni di così vasta portata perché costituiscono sanzioni puramente amministrative; invece l’espulsione dalla Fede o la scomunica, che possono essere comminate dal Custode * nella sua qualità di supremo capo spirituale della Comunità, hanno gravi implicazioni spirituali che riguardano proprio l’anima di quel credente. La prima - come già detto - è una sanzione amministrativa, mentre la seconda è una sanzione essenzialmente spirituale che coinvolge non solo il particolare rapporto di carattere amministrativo fra il credente e la sua Assemblea Locale o Nazionale, ma la sua stessa esistenza spirituale nella Causa. Ne consegue quindi che un credente può continuare a chiamarsi bahá’í anche se non è più membro votante della Comunità, ma nel caso sia stato espulso dal corpo della Causa per una decisione del Custode, cessa di essere un credente e non può, in alcuna circostanza, identificarsi, neanche nominalmente, con la Fede.» (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 8 maggio 1939) * I diritto di espulsione dalla Fede o di scomunica è ora esercitata dalla Casa Universale di Giustizia quale supremo capo spirituale della Comunità. 199. Non si può celebrare il matrimonio bahá’í se una delle parti è stata privata del diritto di voto - Un bahá’í in regola non può sposarne uno privato «Un bahá’í privato del diritto di voto non può sposarsi con cerimonia bahá’í; un bahá’í in regola non può sposarne uno che ha perduto il diritto di voto; il matrimonio di un bahá’í privato del diritto di voto non rientra nelle competenze di un’istituzione amministrativa bahá’í. In altre parole, i bahá’í che hanno perduto il diritto di voto non possono essere vincolati agli adempimenti amministrativi bahá’í, per quanto la loro coscienza dovrebbe farli agire il più possibile in conformità con i principi e il modello di vita bahá’í.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia ad una Assemblea Spirituale Nazionale, 25 febbraio 1976, citata dal Centro Internazionale d’Insegnamento) 200. La più grave sanzione che abbiamo: la privazione del diritto di voto «... egli pensa che tutte le Assemblee Spirituali Nazionali debbano sempre tenere presente che questa è la sanzione più grave che attualmente esiste nella Fede, ad eccezione della scomunica che rientra nei poteri del solo Custode (ora, della sola Casa Universale di Giustizia, n.d.t.) e, di conseguenza, è un provvedimento molto gravoso da mettere in atto. Ritiene che nessun bahá’í debba essere mai cancellato dalla lista dei votanti e quindi privato dei suoi diritti amministrativi, se non per motivi della massima gravità, e per tali egli intende la violazione di leggi, quali il consenso dei genitori al matrimonio, ecc., o atti talmente immorali da danneggiare il buon nome della Fede.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale del Canada, 3 Mirza 1955, Messages to Canada, p. 51) 201. Prima di privare qualcuno del diritto di voto, occorre avvertirlo ripetutamente «Diversi anni fa egli ha informato l’Assemblea Spirituale Nazionale Americana che, prima di privare qualcuno del diritto di voto, in primo luogo ci si deve consultare con lui ed ammonirlo amorevolmente poi, se persevera nella sua condotta immorale e in qualunque altra gravissima trasgressione lo si avverte o ripetutamente, e alla fine, nel caso che gli avvertimenti risultino vani, lo si priva del diritto di voto.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale del Canada, 3 Mirza 1955, Messages to Canada, pp. 51-52) 202. Non è corretto sospendere il diritto di voto nel corso delle indagini «Non è corretto sospendere i diritti amministrativi di un credente nel corso delle indagini e dell’esame delle questioni nelle quali è coinvolto. Come abbiamo affermato ripetutamente, l’applicazione di sanzioni è un provvedimento molto serio e deve essere messo in atto solo in casi estremi. Inoltre, qualsiasi decisione che riguardi i diritti amministrativi di un credente deve essere presa dall’Assemblea. Quantunque l’Assemblea debba sempre preoccuparsi delle questioni legate al buon nome della Fede, si deve tener presente che un credente coinvolto in tali questioni ha diritto alla comprensione dell’Assemblea e può avere necessità della sua guida e della sua assistenza prima e dopo qualunque decisione sia stata presa sulla sanzione.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti, 16 luglio 1969) 203. Il credente non può evitare l’espulsione dimettendosi al fine di violare impunemente la Legge «Come sapete, un credente non può evitare l’espulsione amministrativa se, al fine di poter violare impunemente le leggi, mette in atto lo stratagemma di dimettersi dalla Fede. Tuttavia l’Assemblea deve essere pienamente convinta che dietro il ritiro vi sia davvero quel motivo. L’inattività di un credente ed il suo generale comportamento verso la Fede possono portare l’Assemblea a concludere ragionevolmente ch’egli si è ritirato in buona fede, anche se immediatamente è seguito un matrimonio e, in questo caso, le dimissioni possono essere accettate.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti, 20 maggio 1971) 204. Dissimulare non significa ritirarsi «Negare di essere bahá’í mentre ancora si crede in Bahá’u’lláh significa dissimulare la propria Fede e non ritirarsi; e la Legge bahá’í non consente di dissimulare allo scopo di violarla. Se ad un credente a cui non piace una determinata legge, fosse permesso di lasciare la comunità per avere la possibilità di violarla e poi di rientrare impunemente, significherebbe farsi beffe della Legge di Dio... Dalle sue lettere è evidentissimo ch’egli ha sempre creduto in Bahá’u’lláh, che conosce bene la legge secondo la quale il matrimonio è condizionato al consenso dei genitori e che ha dissimulato la sua fede allo scopo di violare questa legge impunemente. Deve quindi esser considerato un bahá’í privato dei diritti amministrativi...» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti, 15 maggio 1967) 205. Ignoranza della Legge «In tutte le questioni riguardanti la privazione del diritto di voto, la vostra Assemblea deve tener presente che al momento, in cui l’applicazione delle leggi bahá’í è progressiva ed in cui una larga parte della comunità è costituita da nuovi credenti, l’ignoranza delle leggi, se la vostra Assemblea è convinta ch’essa sussista realmente, può essere accettata come valida giustificazione.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti, 11 ottobre 1965) 206. Figli illegittimi «In linea generale, non occorre sospendere i diritti amministrativi a seguito della nascita di un figlio illegittimo. Le questioni da prendere in considerazione riguardano l’eventuale flagrante condotta immorale della parte interessata, se tale condotta stia causando un danno alla Fede e se il credente persista in questo comportamento, malgrado i ripetuti ammonimenti. Come senza dubbio sapete, la privazione dei diritti amministrativi è una sanzione molto grave che deve essere comminata - secondo i ripetuti avvertimenti del diletto Custode - solo in situazioni estreme. In una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad un’altra Assemblea Spirituale Nazionale, che aveva fatto le stesse domande era stato precisato che compito delle Istituzioni è consigliare ed educare i credenti, dopo di che sta ai singoli bahá’í determinare la propria linea di condotta in relazione alle situazioni delle loro vita quotidiana.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia, 23 Mirza 1983) 207. Perdita del diritto di voto - Equivale all’espulsione amministrativa «Un bahá’í che ha perduto il diritto di voto è amministrativamente espulso dalla comunità e quindi non è soggetto alla giurisdizione dell’Assemblea Spirituale in materia di leggi sullo status personale, come il divorzio, a meno che, ovviamente, la questione non riguardi anche il coniuge bahá’í in regola da cui sta per divorziare. La sua osservanza di queste leggi è un fatto di coscienza e, durante il periodo in cui è privo del diritto di voto, non può essere soggetto ad ulteriori sanzioni a causa dell’inosservanza di leggi bahá’í.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia, 6 aprile 1982) 208. Casi in cui è stata celebrata la sola cerimonia civile «Abbiamo qui la vostra lettera del 9 ottobre 1971 con la quale ci informate d’aver privato ... del diritto di voto per violazione della legge bahá’í sul matrimonio, in quanto si è sposato senza il consenso di tutti i genitori viventi. Avete rilevato che sono state celebrate la cerimonia civile e quella cattolica. La vostra domanda riguarda la possibile reintegrazione dei suoi diritti. Nei casi in cui è stata celebrata la sola cerimonia civile, il diritto di voto può essere ripristinato se l’Assemblea ritiene che il credente sia sinceramente pentito e voglia ottemperare alla legge bahá’í e quindi il suo scioglimento non è un requisito necessario per il ripristino dei diritti amministrativi. In questi casi, se i genitori danno il loro consenso e l’Assemblea è certa che esso sia stato concesso liberamente e non sia stato condizionato dall’avvenuta celebrazione del matrimonio civile, si può celebrare il matrimonio bahá’í. L’Assemblea in questi casi dovrebbe ripristinare il diritto di voto immediatamente prima della cerimonia bahá’í, a condizione che venga celebrata. Dovesse... domandare di riavere il diritto di voto e la vostra Assemblea fosse certa che è veramente pentito dovete offrirgli assistenza per organizzare i particolari aiutandoli ad ottenere il consenso dei genitori.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’Ecuador, 18 novembre 1971) 209. Privazione corretta o erronea del diritto di voto «I credenti privati del diritto di voto che si trasferiscono nell’area di giurisdizione di un’altra Assemblea Spirituale Nazionale rientrano nella giurisdizione di quest’ultima e, in caso di richiesta di reintegrazione dei diritti, questa deve mettersi in contatto con quella che ha applicato la sanzione, per avere tutti i particolari del caso ed il suo parere sulla richiesta. Comunque è l’Assemblea Nazionale sotto la cui giurisdizione vive il credente che ha la competenza per prendere la decisione ed i relativi provvedimenti. In risposta alla seconda domanda della vostra lettera del 17 maggio 1976, non può essere formulata alcuna regola fissa. Può accadere, per esempio, che la sanzione sia stata applicata erroneamente e che il provvedimento errato dell’Assemblea sia proprio il motivo della richiesta del credente per essere reintegrato nel suo diritto. Se la sanzione è stata applicata correttamente, basta che il credente metta in atto le azioni necessarie per riavere il voto; la sua richiesta di reintegrazione e la sua sottomissione alle leggi bahá’í sono segni sufficienti di pentimento. Comunque, se l’Assemblea vede che il credente non comprende il motivo della privazione e tiene un atteggiamento ribelle deve fare il possibile per chiarirglielo. Se il suo atteggiamento è di dispregio per le leggi bahá’í e le sue azioni ne sono state aperta violazione, l’Assemblea può perfino prolungare il periodo di privazione oltre quello concesso per porre rimedio alla situazione; ma tali casi, per loro natura, sono molto rari.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale del Perù, 21 settembre 1976) 210. Azioni disciplinari nei confronti di giovani «In riferimento alla domanda contenuta nella vostra seconda lettera circa le azioni disciplinari che possono essere prese nei confronti di giovani che non hanno ancora raggiunto l’età del diritto di voto, occorre tener presente che la privazione del diritto di voto è un’espulsione amministrativa. Oltre ad essere privato del diritto di votare, il credente non può prendere parte alle Feste o ad altre riunioni per soli bahá’í, non può contribuire al Fondo, né può avere il matrimonio bahá’í. Le restrizioni riguardanti il voto diventeranno operative al raggiungimento dell’età in cui il giovane avrebbe cominciato ad esercitarle.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale del Canada, 14 aprile 1965) 211. Se atti d’immoralità non sono conosciuti - Pettegolezzo «Pensiamo che ciascun caso debba essere riesaminato valutandone tutti gli aspetti. In alcuni è chiaro che non vi sono alternative alla privazione del diritto di voto, per esempio nel caso di matrimonio senza il consenso dei genitori. In altri, invece, come quelli di flagrante immoralità, ci si deve avvalere della privazione del diritto di voto solo raramente. Se gli atti d’immoralità non sono a conoscenza di tutti e vengono alla luce solo a seguito di indagini, si pone la seria questione se sono da considerarsi flagranti. Ci rendiamo conto del grande problema rappresentato dal pettegolezzo nel momento in cui si manifesta nelle comunità bahá’í ed il veleno che può instillare nei rapporti fra gli amici. Comunque, in queste circostanze, la privazione del diritto di voto è di norma poco utile e quindi deve essere applicata solo dopo che altri rimedi non hanno avuto risultati positivi. A nostro avviso sarebbe molto meglio che l’Assemblea Nazionale predisponesse un programma di appropriato approfondimento degli amici e tentasse, con amore e pazienza, di inculcare in loro il rispetto per le leggi bahá’í. Iniziative avventate possono sMirzare lo zelo della comunità e questo deve essere evitato ad ogni costo.» (Da una lettera scritta dalla Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’Africa Sud-Occidentale, 20 agosto 1969) 212. Comportamento della comunità verso coloro che sono privati del diritto di voto «La misura in cui una comunità debba essere attiva e passiva nei riguardi di un credente privato del diritto di voto varia dalle circostanze di ciascun caso. Ovviamente è auspicabile che una persona arrivi a riconoscere il proprio errore e a ratificare la propria situazione. In certi casi gli approcci amichevoli dei bahá’í possono essergli d’aiuto al raggiungimento dello scopo, in altri invece l’individuo può reagire meglio se viene lasciato per un po’ di tempo libero di agire come crede.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia ad una Assemblea Spirituale Nazionale, 1 novembre 1973) 213. Le Assemblee devono essere come il Maestro ed il “Buon Pastore” «Circa l’ammissione di nuovi dichiarati nei diversi gruppi e l’espulsione di qualcuno dalla Comunità, Shoghi Effendi ritiene che le Assemblee non debbano agire affrettatamente. Devono essere accorte e molto prudenti, altrimenti potrebbero fare notevoli danni alla Causa. Devono, quindi, sincerarsi che il nuovo venuto sia veramente a conoscenza degli insegnamenti e, nel momento in cui dichiara di credere nella rivelazione di Bahá’u’lláh, sia consapevole di ciò che dice e dei doveri che si assume. “D’altro canto, l’Assemblea non deve agire affrettatamente neanche quando ha da espellere una persona: questo atto è legato ad una grande responsabilità spirituale. Le Assemblee non hanno solo diritti nei confronti delle persone, ma anche grossi doveri. Devono comportarsi come il Buon Pastore menzionato da Cristo nella Sua nota parabola. Inoltre abbiamo davanti a noi l’esempio del Maestro: i bahá’í erano parti organiche del Suo essere spirituale e ciò che accadeva all’ultimo degli amici Gli procurava profondo dolore e dispiacere. Se per caso qualcuno cadeva in errore, Egli lo consigliava e gli portava maggior amore ed affetto. Solo dopo mesi di costante attenzione, se si accorgeva che quell’amico si rifiutava ancora ostinatamente di modificare il suo comportamento e che il suo stare con gli altri bahá’í danneggiava la loro vita spirituale, allora lo espelleva dal gruppo. Questa deve essere l’attitudine delle Assemblee verso i credenti. Il miglior criterio di valutazione del successo spirituale di un’Assemblea è la misura in cui i suoi membri si sentano responsabili del benessere del gruppo. E nel caso siano costretti a privare una persona del diritto di voto, deve essere fatto solo per la salvaguardia degli altri e non semplicemente per infliggere una punizione.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti e Canada, 11 aprile 1933) 214. I Credenti privati del diritto di voto che si sforzano di emendare i loro comportamenti devono essere aiutati «Privare una persona del diritto di voto deve essere fatto solo in caso di assoluta necessità e l’Assemblea Nazionale deve essere sempre restia a comminare questa pesante sanzione, che è una punizione severa. Talvolta, naturalmente, per proteggere la Causa, occorre che si faccia, ma egli ritiene che, se il credente interessato si sforza d’emendare il suo comportamento, di correggere i suoi errori o ricerca sinceramente il perdono si debba aiutarlo in tutti i modi e lo si debba mettere in grado di reinserirsi nella Comunità come membro in regola.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti e Canada, 18 maggio 1948) 215. I bahá’í non devono mai dissimulare la loro Fede «L’amato Custode mi ha dato istruzione di scrivervi in merito alla notizia appena ricevuta da voi secondo la quale, sulla domanda per ottenere la residenza permanente a... avete indicato che siete Protestanti, anziché bahá’í. Il Custode mi ha chiesto d’informarvi che questa notizia lo ha molto meravigliato e sorpreso e che non approva quanto avete fatto. Ha detto che se foste stati avvertiti in anticipo che questa azione non deve essere compiuta in nessuna circostanza, allora non gli sarebbe rimasto nient’altro da fare che privarvi del diritto di voto. Certamente un’azione del genere comporterà in futuro l’immediata rimozione del diritto di voto. In Persia, perfino durante il periodo delle persecuzioni, quando la vita era in pericolo e veniva promessa la libertà completa a coloro che affermavano d’essere Musulmani e non bahá’í, il Custode non solo privava del diritto di voto chiunque non dichiarava apertamente la sua Fede, ma addirittura lo additava come violatore del Patto. Questo vi farà comprendere che per un bahá’í è del tutto illogico dichiarare, in qualsiasi circostanza, d’essere qualunque cosa fuorché bahá’í, senza badare alle conseguenze cui andrebbe incontro.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi a due credenti, 30 aprile 1957) 216. Sommario delle limitazioni che la privazione del diritto di voto comporta «... Chi ha perduto il diritto di voto è sì considerato bahá’í, ma non amministrativamente in regola, e gli si applicano le seguenti restrizioni e limitazioni: - Non può partecipare alla Festa del Diciannovesimo Giorno, né ad altre riunioni riservate ai bahá’í, incluse le Conferenze Internazionali, e di conseguenza non può prendere parte alla consultazione sugli affari della comunità; - Non può contribuire ai Fondi bahá’í; - Non può ricevere notiziari ed altri bollettini riservati ai bahá’í; - Non può fruire della cerimonia nuziale bahá’í e quindi non può sposare un bahá’í; - Non gli è concesso di fare il pellegrinaggio bahá’í; - È libero di insegnare la Fede per proprio conto, ma non può avere incarichi come insegnante od oratore in attività organizzate da bahá’í; - Gli è vietata la partecipazione amministrativa compreso il diritto di votare in elezioni bahá’í; - Non gli si devono dare credenziali (perché ciò implicherebbe che è amministrativamente in regola).» (Da un allegato alla lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’Olanda, 9 dicembre 1985) 217. Sommario dei diritti e dei privilegi non negati a chi ha perduto il diritto di voto «... Sebbene in linea generale un credente privato del diritto di voto sia soggetto alle restrizioni sopra specificate, non gli sono negati ed anzi sono espressamente garantiti i seguenti privilegi: - Può partecipare alle celebrazioni dei nove Giorni Sacri; - Può partecipare a qualunque riunione bahá’í aperta ai non-bahá’í; - Può ricevere le pubblicazioni accessibili anche ai non-bahá’í; - È libero di insegnare la Fede, poiché Bahá’u’lláh ha ordinato che tutti i credenti insegnino; - Non gli è vietato di stare insieme con altri bahá’í - Può avere il funerale bahá’í, se lo richiede lui o la sua famiglia, ed essere sepolto in un cimitero bahá’í; - Non gli si deve negare la carità bahá’í per il fatto che ha perduto il diritto di voto; - Le Istituzioni bahá’í possono dargli incarichi, ma con discernimento per quanto riguarda il tipo do lavoro da svolgere; - Deve poter essere ricevuto dall’Assemblea Spirituale.» (Ibidem) K. Appelli 218. Diritto di appello e sua procedura «Quando l’Assemblea Locale ha espresso la propria decisione sull’argomento, allora lei ha il diritto di appellarsi, se lo desidera, all’Assemblea Spirituale Nazionale perché il suo caso sia ulteriormente preso in esame. Ma prima di compiere tale azione, come leale e saldo credente, ha il dovere di accettare con totale disponibilità e senza riserve la richiesta dell’Assemblea Spirituale Nazionale di partecipare a una riunione congiunta con la sua Assemblea Locale. Abbia fiducia che obbedendo agli ordini della sua Assemblea Nazionale non solo riuscirà a risolvere i suoi problemi personali con gli amici, ma darà loro inoltre un nobile esempio.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 2 ottobre 1935, Assemblee Spirituali Nazionali, p. 66, n. 76) 219. Appello all’Assemblea Nazionale contro la decisione dell’Assemblea Locale «Ci si può appellare all’Assemblea Nazionale contro una decisione dell’Assemblea Locale e al Custode contro la decisione dell’Assemblea Nazionale. Ma il principio dell’autorità di cui sono investite le nostre istituzioni elette deve essere rispettato. È impossibile impararlo senza difficoltà e prove.» (Da una lettera scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale della Germania e dell’Austria, 30 giugno 1949. Compilazione Assemblee Spirituali Nazionali, p. 67, n. 79) 220. Violazione dei diritti bahá’í «...ogniqualvolta vi sia una violazione di diritti bahá’í o un errore nella giusta procedura, gli amici devono esaminare la questione con l’Assemblea interessata e, se non sono soddisfatti, con l’Assemblea Spirituale Nazionale. È questo un privilegio ed un dovere.» (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 10 luglio 1942, Compilazione Assemblee Spirituali Nazionali, p. 67, n. 77 221. Ogni bahá’í può scrivere direttamente alla Casa Universale di Giustizia, ma gli appelli devono essere proposti tramite l’Assemblea Spirituale Nazionale «Sembrerebbe che la vostra Assemblea Nazionale non abbia ben compreso la procedura per proporre gli appelli. Il signor e la signora..... hanno agito correttamente trasmettendo l’appello alla vostra Assemblea, che avrebbe dovuto poi inoltrarlo alla Casa Universale di Giustizia accompagnato dai vostri commenti sul caso. È vero - come dite nella vostra lettera del 26 maggio 1975 - che ogni bahá’í può scrivere direttamente alla Casa Universale di Giustizia, ma non nel caso di appelli, che devono essere sempre rimessi tramite l’Assemblea Spirituale Nazionale. Solo se quest’ultima non trasmette l’appello entro un ragionevole lasso di tempo, l’appellante può portare direttamente il caso avanti la Casa Universale di Giustizia. Questa procedura è illustrata all’art. VIII della Costituzione della Casa Universale di Giustizia.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale della Germania, 17 giugno 1975) 222. La richiesta dell’appellante di inoltrare l’appello alla Casa Universale di Giustizia non può essere respinta «La Casa Universale di Giustizia comprende ed apprezza le vostre motivazioni sul tentativo di circoscrivere le questioni a livello nazionale e concorda con voi perché si faccia di tutto per risolverle senza ricorrere al Centro Mondiale. Tuttavia, se l’appello viene respinto dall’Assemblea Nazionale, questa non può rifiutarsi di inoltrarlo alla Casa Universale di Giustizia, né deve procrastinare eccessivamente il suo invio.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti, 17 luglio 1979) 223. I Comitati devono discutere i loro problemi con l’Assemblea Spirituale Nazionale «I Comitati, in un primo momento, devono discutere i loro problemi con l’Assemblea Nazionale cercando di risolverli in modo soddisfacente; se sono insoddisfatti, hanno il diritto di appellarsi al Custode *. Il Custode, quindi, deciderà se si tratta di una questione su cui pronunciarsi direttamente o se rimandarla all’Assemblea Nazionale.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 28 Mirza 1943) * (Ora Casa Universale di Giustizia) “Nel caso in cui un membro di comitato non sia d’accordo con gli altri membri su una particolare questione, non ha alcun diritto di appellarsi all’Assemblea, ma deve accettare la decisione della maggioranza.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 26 novembre 1938) L. Regolamenti 224. Scopo dei regolamenti «Lo scopo dei regolamenti è chiarire e potenziare le funzioni amministrative legali di una comunità bahá’í.» (Da una lettera scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti, 5 luglio 1950, Bahá’í News n. 236, pp. 2-3, ottobre 1950) 225. Un bambino può essere considerato bahá’í «... Siccome un credente di 15 anni non può votare, egli (Shoghi Effendi) non vede alcun motivo per inserire nei Regolamenti una norma relativa ai 15 anni. Un bambino è da considerarsi bahá’í; i 15 anni sono semplicemente l’età in cui si è maturi per il digiuno, il matrimonio, e, nel caso dell’America, i giovani sono invitati a dichiararsi a quella età per evitar loro di prestare successivamente servizio militare attivo.» (Ibidem) 226. La versione di New York dei regolamenti è più corretta «... i Regolamenti originali di New York sono più corretti, perché in essi si vede chiaramente la differenza fra “tutti” i membri della comunità ed i membri “votanti” di 21 anni o più. In altre parole, secondo la versione di New York - che è corretta - i fanciulli al di sotto dei 15 anni sono bahá’í mentre secondo la vostra solamente le persone di più di 15 anni sono bahá’í, il che non è corretto... La dichiarazione di fede fatta negli Stati Uniti dai fanciulli che raggiungono 15 anni serve ai giovani americani per chiedere l’esenzione, prevista dalle leggi americane, dal servizio militare attivo. Non ha altro scopo, ma in quel paese è un accorgimento. Non è necessario aggiungere questa clausola nei vostri Regolamenti. Egli desidera che vengano mantenute le cose essenziali, come nel Regolamento di New York, senza integrare o aggiungere niente, perché altrimenti tutto il mondo bahá’í sarebbe indotto a consolidare norme superflue ed a ridurre la libertà e la duttilità della Causa. Come ha più volte detto all’Assemblea Nazionale Americana e ad altre Assemblee Nazionali, è senz’altro meglio affrontare le situazioni e le nuove esigenze nel momento in cui si presentano, piuttosto che avere tutto rigidamente codificato in anticipo.» (Da una lettera scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’Australia e Nuova Zelanda, 22 agosto 1949, Letters from the Guardian to Australia and New Zeland, p. 77) 227. Questione di fede in Bahá’u’lláh e non disponibilità di partecipazione «...tutti coloro che si dichiarano all’età di 15 anni o più e in possesso dei requisiti necessari, sono accettati dalla vostra Assemblea, sono bahá’í secondo il vostro Regolamento e devono essere registrati nelle comunità locali o nel vostro ufficio nazionale. Si tratta di una dichiarazione di fede in Bahá’u’lláh e non necessariamente di una affermazione di disponibilità a partecipare con gli altri credenti alle attività della loro comunità.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti, 18 maggio 1967, National Bahá’í Review n. 2, p. 3, febbraio 1968) 228. L’Assemblea Spirituale Nazionale deve difendere e sostenere i provvedimenti degli Ordinamenti e dello Statuto Costituzionale «... l’Assemblea Nazionale... deve sempre con occhio vigile sostenere, difendere, giustificare e applicare i provvedimenti dello Statuto Costituzionale e degli ordinamenti che sono vincolati tanto per la Convenzione quanto per l’Assemblea Nazionale. L’Assemblea Spirituale Nazionale ha il diritto di formulare, applicare e interpretare la Costituzione Nazionale dei bahá’í in quel territorio. Se desidera rimanere fedele a quella Costituzione, non può stabilire norme, sia pure secondarie, che minimamente ostacolino l’assoluta libertà dei delegati di consigliare e di eleggere coloro che essi ritengono meglio rispondere alle qualifiche necessarie per essere membri di un’istituzione così eccelsa.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti e Canada, 18 agosto 1933, Compilazione Assemblee Spirituali Nazionali, p. 31, n.23) 229. Mantenere un’uniformità internazionale sui punti essenziali «Il Custode compie ogni sforzo per sviluppare in tutto il mondo bahá’í l’uniformità sui punti essenziali, e ciò comporta di frequente un po’ di ritardo nel raggiungimento delle varie mete locali. Tuttavia egli considera la questione abbastanza importante da giustificare i sacrifici che talvolta implica. A questo proposito desidera accennare al vostro Statuto Locale. Pensa che debba conformarsi il più strettamente possibile a quello originale dell’Assemblea di New York. Ciò che è assolutamente essenziale vi è stato inserito e tutte le altre Assemblee Locali, essendo legalmente riconosciute, devono seguirne la traccia tanto fedelmente quanto lo permettano le procedure legali. Questo, di nuovo, per mantenere un’uniformità internazionale nei punti essenziali. Qui non si tratta di sapere se lo Statuto redatto dal vostro Comitato Legale non è più aggiornato e non rispecchia l’ultima parola e senza dubbio lo è e lo rispecchia, ma se ogni paese, nel redigere il suo Statuto Locale, persiste in questo processo di elaborazione, alla fine il requisito dell’uniformità verrà a mancare. Le Assemblee dei paesi orientali hanno aderito così fedelmente allo statuto originale che, in pratica, l’hanno tradotto parola per parola e lo hanno fatto proprio.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’Australia e Nuova Zelanda, 30 dicembre 1948) 230. Le decisioni delle Assemblee Locali e Nazionali sono passibili di revisione da parte della Suprema Istituzione - Nessuna contraddizione degli Statuti «...il sig. ... ha spiegato che era sembrato vi fosse un’apparente contraddizione fra il diritto di appello alla Casa Universale di Giustizia ed il diritto di un’Assemblea Nazionale di prendere decisioni “definitive” su certe questioni, come affermato dalla Costituzione Nazionale Bahá’í. La Casa di Giustizia ci ha incaricato di chiarire che, ovunque è attribuita all’Assemblea Locale o Nazionale la giurisdizione finale, nella sua costituzione esiste una disposizione compensativa. Per esempio: L’Articolo IV dello Statuto dell’Assemblea Locale stabilisce: .».. pur serbando il sacro diritto della decisione finale in tutti gli affari pertinenti alla comunità bahá’í, l’Assemblea Spirituale cerca sempre il consiglio e la consultazione di tutti i membri della comunità, la tiene informata di tutti i suoi affari e la invita a discutere liberamente tutti gli argomenti concernenti la Fede. Ancora, l’Articolo III di quello stesso Statuto Locale dice: “L’Assemblea Spirituale, comunque, riconosce l’autorità ed il diritto dell’Assemblea Spirituale Nazionale di dichiarare in qualsiasi momento quali attività e affari della comunità di... abbiano carattere nazionale e pertanto siano soggetti alla sua giurisdizione.» E all’articolo II è affermato: .».. l’Assemblea Spirituale agisce secondo le funzioni di una Assemblea Spirituale Locale come definite nello Statuto adottato dall’Assemblea Spirituale Nazionale...» Con riferimento a quegli articoli che attribuiscono la giurisdizione finale all’Assemblea Spirituale Nazionale, vi è la superiore disposizione dell’Articolo IX dello Statuto Nazionale: .»..Ovunque in questo Statuto è accordata all’Assemblea Spirituale Nazionale esclusiva e finale giurisdizione, nonché massima autorità esecutiva, in tutte le attività e gli affari della Causa bahá’í in...» si deve intendere che qualsiasi decisione deliberata o azione intrapresa in relazione a tali questioni sarà sottoposta in ogni caso alla definitiva approvazione ed eventuale revisione della Casa Universale di Giustizia. È chiaro, quindi, che la parola “finale” non è usata in senso assoluto; è piuttosto un riferimento al principio enunciato da ‘Abdu’l-Bahá, secondo il quale i credenti devono sostenere con tutto il cuore e lealmente le loro Assemblee ed attenersi alle loro decisioni, perfino se si accorgono che sono in errore. Nello stesso tempo le Assemblee hanno il dovere di consultarsi amorevolmente e francamente con i credenti sotto la loro giurisdizione, e se uno di essi (o un’Assemblea Locale) ritiene che si stia commettendo una seria ingiustizia o che gli interessi della Fede stiano subendo nocumento, allora ha diritto di appello. Quando viene fatto un appello, l’Assemblea la cui decisione è stata contestata deve prestare la sua amorevole collaborazione nel portare avanti la procedura ed insieme all’appellante sottoporre tutte le opportune informazioni alla istituzione immediatamente più elevata perché prenda le decisioni. L’intera materia riguardante gli appelli è chiaramente compendiata negli Articoli VII e VIII della Costituzione della Casa Universale di Giustizia.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale della Spagna, 24 Mirza 1982) 231. Il temporaneo scioglimento dell’Assemblea Spirituale Locale non comporta l’automatica perdita del riconoscimento giuridico «Il problema relativo al riconoscimento giuridico di un’Assemblea è diverso da paese a paese a seconda delle leggi ivi esistenti. Comunque, la Casa di Giustizia ci ha chiesto di attirare la vostra attenzione sul fatto che in molti paesi vi è l’obbligo di notificare alle autorità solo il cambiamento dei membri o delle cariche di un’istituzione già giuridicamente riconosciuta e quindi non è necessario notificare ogni anno l’intera lista dei membri. Si sono verificati perfino casi di scioglimento di Assemblea per un certo periodo di tempo, ma per quanto riguardava l’autorità civile continuò ad esistere.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale del Canada, 22 luglio 1981) M. Nuovi credenti 232. Nella Causa di Dio c’è posto per tutti «Nella Causa di Dio c’è posto per tutti . In verità, non sarebbe la Causa di Dio se non accettasse e non gradisse tutti - poveri e ricchi, letterati ed illetterati, illustri e sconosciuti - Iddio sicuramente li vuole tutti, perché è Lui che li ha creati.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi a due credenti, Insegnamento, p. 30, n. 56) 233. L’esempio di ‘Abdu’l-Bahá - Incoraggiare con pazienza i nuovi credenti «Ricordi l’esempio di ‘Abdu’l-Bahá e le Sue costanti esortazioni a usare gentilezze verso quel ricercatore e ad esemplificare lo spirito degli insegnamenti che si spera di infondere in lui a tal segno, che egli senta spontaneamente l’impulso di aderire a quella Causa che include tali insegnamenti. All’inizio, si astenga dall’insistere su quelle leggi e osservanze che impongono uno sforzo eccessivo alla sua fede neonata; sia paziente, discreto, ma deciso, nel prendersi cura di lui finché egli non giunga a piena maturità e lo aiuti a proclamare la sua completa accettazione di tutto ciò che Bahá’u’lláh ha disposto. E appena quegli sia pervenuto a tale stadio, lo presenti ai suoi confratelli e s’adoperi, perché - frequentando costantemente la comunità e partecipando attivamente alle attività locali - anch’egli partecipi all’arricchimento della sua vita, al progresso dei suoi compiti, al consolidamento dei suoi interessi e al coordinamento delle sue attività con quelle delle altre comunità. Non sia pago finché non abbia infuso nel suo figliolo spirituale un così profondo ardore da indurlo a levarsi spontaneamente anch’egli per dedicare le proprie energie al risveglio di altre anime e alla difesa delle leggi e dei principi stabiliti dalla nuova Fede.» (Shoghi Effendi: L’Avvento della Giustizia Divina, p. 40) 234. I due estremi per portare persone nella Causa «I credenti devono distinguere fra i due estremi di portare le persone nella Causa prima che ne abbiano compreso appieno gli elementi basilari, rendendogliela troppo difficile o aspettandosi troppo da loro prima di accettarli. Ciò richiede veramente un acuto senso di giudizio, perché è ingiusto permettere che una persona abbracci un movimento senza comprenderne pienamente il significato, ma è altrettanto ingiusto aspettarsi che sia un perfetto bahá’í prima che possa entrare nella Fede. Molti problemi d’insegnamento hanno origine da questi due estremi.» (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 22 novembre 1941, Bahá’í News n. 241, p. 2, Mirza 1951) 235. Non devono essere posti ostacoli davanti a nessun’anima «Non si deve porre davanti a un’anima nessun ostacolo che possa impedirle di trovare la verità. Bahá’u’lláh ha rivelato norme, insegnamenti e leggi affinché le anime possano conoscere Dio, e non perché qualche espressione costituisca ostacolo sulla loro strada.» (‘Abdu’l-Bahá in the Holy Land answers questions of Dr. Edward C. Getsinger in 1915. Star of the West, vol. 6, n. 6, p. 43) 236. Nuove registrazioni – Chi ne è responsabile «Perciò, coloro che hanno il compito di accettare le nuove registrazioni devono essere sicuri di una cosa soltanto: che il cuore del postulante è stato toccato dallo spirito della Fede. Su questa base è possibile costruire poi per gradi tutto il resto.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’Africa Centro-Orientale, 8 agosto 1957. L’insegnamento alle masse, p. 33 n. 50) 237. Diventare bahá’í è un processo evolutivo «Il Custode condivide pienamente il suo punto di vista secondo cui sarebbe del tutto insensato ed ingiusto richiedere a chi manifesta l’intenzione di entrare a far parte della Comunità di accettare prima tutte le leggi della Fede. Tale richiesta non sarebbe attuabile dato che molte leggi contenute nell’Aqdas non sono ancora conosciute neanche dai credenti molto saldi e da tempo nella Fede. Come lei ha giustamente precisato, il processo di diventare bahá’í è evolutivo e richiede al nuovo credente notevole sforzo e tempi lunghi. Questioni come il ritiro dalla Chiesa e l’astensione dalle bevande alcoliche, non devono essere imposte al nuovo dichiarato, ma spiegate gradualmente in modo che possa personalmente convincersi della verità che sta alla base delle regole della Causa.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 17 febbraio 1938) 238. Ammissione nella Fede - Requisiti essenziali «Difatti, un requisito essenziale perché ebrei, zoroastriani, indù, buddisti e i seguaci di altre antiche fedi, agnostici e perfino atei possano essere ammessi a far parte del gregge bahá’í è che accettino sinceramente e senza riserve l’origine divina dell’Islam e del Cristianesimo, la funzione profetica di Mu?ammad e di Gesù Cristo, la legittimità dell’istituzione dell’Imamato e del primato di San Pietro, il Principe degli Apostoli. Questi sono i principi centrali, solidi e incontrovertibili che costituiscono la base granitica del credo bahá’í che la Fede di Bahá’u’lláh è orgogliosa di riconoscere, che i suoi insegnanti proclamano, che i suoi apologisti difendono, che la sua letteratura diffonde, che le sue scuole estive spiegano e che la gran massa dei suoi seguaci attesta con parole ed opere. (Shoghi Effendi: Il Giorno Promesso, p. 115) 239. Diventare bahá’í «Quando una persona diventa bahá’í rinuncia al passato solo nel senso ch’egli fa ormai parte di questa nuova e viva Fede di Dio e deve cercare di modellare se stesso, nei pensieri e nelle azioni, sulle linee di condotta enunciate da Bahá’u’lláh. Il fatto che sia di origine ebrea o cristiana, bianco o nero, non ha più importanza, anzi - come sapete - conferisce colore e fascino alla comunità bahá’í, che in tal modo manifesta l’unità nella diversità.» (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 12 Mirza 1949, Bahá’í News n. 251, p. 2, gennaio 1952) 240. Ammonimenti ai neofiti nella Fede «È mio dovere avvertire ogni neofita nella Fede che le promesse glorie della Sovranità, preannunciate negli insegnamenti bahá’í, saranno rivelate soltanto nella pienezza dei tempi, e che i profondi significati impliciti dell’Aqdas (Il Libro più Santo) e delle Ultime Volontà e Testamento di ‘Abdu’l-Bahá, i due depositari gemelli degli elementi costitutivi di quella Sovranità, sono di tale portata che questa generazione non può afferrarne e apprezzarne appieno il significato. Non posso fare a meno di appellarmi a coloro che hanno aderito alla Fede perché si allontanino dalle nozioni prevalenti e dalle fugaci mode del giorno d’oggi, e si rendano più che mai consapevoli che le errate teorie e le vacillanti istituzioni della civiltà odierna debbono necessariamente apparire in netto contrasto con quelle divine istituzioni destinate a sorgere sulle loro rovine.» (Shoghi Effendi: L’Ordine Mondiale di Bahá’u’lláh, pp. 16-17) 241. Non basta accettare alcuni aspetti degli Insegnamenti e rifiutarne altri «..I credenti, e in particolare quelli che non hanno una sufficiente esperienza da insegnanti, devono essere molto accorti nel presentare gli insegnamenti della Causa. Sincerità, devozione e fede non sono le sole condizioni per avere successo; tatto, estrema cautela e saggezza sono egualmente importanti. Non dobbiamo aver fretta quando annunciamo il Messaggio e dobbiamo curarci di presentare gli insegnamenti nella loro integrità, senza alcuna alterazione a beneficio di altri. La devozione alla Fede non può essere parziale o tiepida: o accettiamo la Causa senza riserva o cessiamo di chiamarci bahá’í. I non credenti devono comprendere che, per diventare seguaci della Fede pienamente consapevoli e attivi, non basta accettarne alcuni aspetti e rifiutare quelli che non sono consoni alla loro mentalità. In tal modo, svanirà ogni equivoco e sarà preservata l’unità organica della Causa.» (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 12 giugno 1933, Bahá’í News, n. 80, p. 5, gennaio 1934) 242. Nell’arruolare nuovi credenti dobbiamo essere saggi e gentili «Nell’arruolare nuovi credenti, dobbiamo essere saggi e gentili e non ostacolarne la strada al punto da far loro pensare che sia impossibile accettare la Fede. D’altra parte, una volta riconosciuta loro l’appartenenza alla Comunità dei seguaci di Bahá’u’lláh, è doveroso avvertirli che sono tenuti a vivere secondo i Suoi Insegnamenti e a mostrare i segni di un nobile carattere in conformità con le Sue Leggi. È cosa che si può spesso fare per gradi, dopo che il nuovo credente sia stato arruolato nei ranghi della Causa.» (Da una lettera scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale delle Isole Britanniche, 25 giugno 1953, L’Insegnamento alle Masse, p, 21, n. 25) 243. Se i requisiti per l’arruolamento sono troppo rigorosi, raffredderemo l’iniziale entusiasmo «...Se saremo troppo esigenti nei requisiti, raffredderemo l’entusiasmo iniziale, respingeremo i cuori e cesseremo di espanderci rapidamente. L’essenziale è che il candidato alla registrazione creda nel cuore nella verità di Bahá’u’lláh. Che sia letterato o illetterato, che conosca o meno tutti gli Insegnamenti, sono cose del tutto irrilevanti. Quando esiste la scintilla della Fede il Messaggio c’è e, a poco a poco, ogni altra cosa potrà esservi aggiunta.» (Da una lettera scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’Africa Sud-Occidentale, 9 luglio 1957. L’Insegnamento alla Masse, p. 30, n. 45) 244. Un bahá’í deve essere totalmente bahá’í; non deve essere gretto «...la vera essenza del motivo per cui una persona ha accettato Bahá’u’lláh è che ha deciso che solo questa via risolve i disperati problemi che travagliano l’umanità. Un bahá’í deve essere totalmente bahá’í, deve concentrarsi sul lavoro della Causa e non farsi distrarre da tutti gli influssi devianti a cui, in questi giorni, viene dato rilievo in qualsiasi quotidiano. Ciò non vuol dire, ovviamente, essere gretti, ma concentrarsi con maggiore consapevolezza sul lavoro della Causa.» (Da una lettera scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti, 23 novembre 1951, United States Supplement to Bahá’í News n.82, p. 5, dicembre 1964) 245. Un vero bahá’í deve dar prova di esserlo veramente «Devono provare la loro asserzione d’essere bahá’í con le azioni e non perché ne portano il nome... Vero bahá’í è colui che giorno e notte si sforza di progredire lungo il sentiero dell’umana esperienza, il cui più ardente desiderio è vivere ed agire in modo da arricchire e illuminare il mondo, la cui fonte d’ispirazione è l’essenza della Divina Perfezione, il cui scopo nella vita è comportarsi in modo da promuovere infinito progresso. Solo quando avrà acquisito doti così perfette si potrà dire ch’egli è bahá’í.» (`Abdu’l-Bahá: Bahá’í Revelation, p. 285) 246. La prima ragione per cui si diventa bahá’í «La prima ragione per cui una persona diventa bahá’í deve ovviamente essere che è giunta a credere che le dottrine, gli insegnamenti e l’Ordine di Bahá’u’lláh sono la cosa giusta per questo stadio dell’evoluzione del mondo. I bahá’í, in quanto comunità, hanno un grande vantaggio: sono sinceramente convinti che Bahá’u’lláh ha ragione; hanno un piano e cercano di seguirlo. Ma sarebbe stolto pretendere che essi siano perfetti, che i bahá’í del futuro non saranno cento volte più maturi, più equilibrati, più esemplari nella loro condotta.» (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 5 luglio 1947, L’insegnamento alle masse, p. 14, n. 8) 247. Arare il terreno del cuore «Quando si diventa bahá’í, ciò che avviene in realtà è l’inizio dello sviluppo del seme dello spirito dell’anima umana. Questo seme deve essere innaffiato con le effusioni dello Spirito Santo, e questi doni si ricevono attraverso la preghiera, la meditazione, lo studio delle Parole Sacre e il servizio alla Causa di Dio. In verità il servizio per la Causa è come l’aratro che prepara la terra per la semina. È necessario che la terra venga arata perché sia arricchita e così avvenga una migliore crescita del seme. Avviene esattamente nella stessa maniera l’evoluzione dello spirito tramite l’aratura del terreno del cuore, perché esso diventi il riflesso costante dello Spirito Santo. In questo modo lo spirito umano cresce e si evolve rapidamente. «Naturalmente vi saranno periodi di angoscia e di difficoltà e persino di dure prove; ma se l’individuo si volgerà fermamente alla Manifestazione Divina, studierà attentamente i Suoi Insegnamenti Spirituali e riceverà le benedizioni dello Spirito Santo, scoprirà che in realtà queste prove e queste difficoltà sono state doni di Dio perché egli potesse progredire ed evolversi.» (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 6 ottobre 1954, Guida per una vita bahá’í, p. 105, n. 69) 248. I nuovi credenti non devono essere abbandonati a se stessi «Dopo la dichiarazione i nuovi credenti non devono essere abbandonati a se stessi, ma pazientemente rafforzati e amorevolmente aiutati a conseguire la piena maturità bahá’í mediante lettere e visitatori, attraverso conferenze e corsi d’insegnamento. L’amato Custode, accennando al dovere delle Assemblee bahá’í di assistere i credenti nuovi dichiarati, scrisse: .»..i membri di ogni Assemblea devono adoperarsi, con pazienza, amore, tatto e saggezza, di nutrire, di allevare i neo-dichiarati, dopo la loro accettazione, fino alla maturità bahá’í e di condurli gradualmente ad accettare senza riserve tutto ciò che è stato ordinato negli Insegnamenti.» (Da una lettera scritta dalla Casa Universale di Giustizia a tutte le Assemblee Spirituali Nazionali, 13 luglio 1964. L’insegnamento alle masse, p. 36. n. 54) 249. Approfondire la vita spirituale dei singoli credenti «Soprattutto è fondamentale il dovere di approfondire la vita spirituale dei nuovi dichiarati, perché il destino dell’intera comunità dipende dai credenti. Senza il sincero sostegno di ciascuno degli amici, ogni provvedimento adottato - per quanto ben studiato - è destinato a fallire. Sono i singoli credenti che devono difendere le Assemblee Locali ed i centri già conquistati a costo di grandi sacrifici, sono loro che, infiammati dall’amore di Bahá’u’lláh, devono avanzare per allargare la base dell’attività amministrativa, formando nuove Assemblee ed instaurando il modello di Bahá’u’lláh in nuove località; sono loro che devono levarsi in risposta all’appello di recarsi nei remoti avamposti della Fede e di oltrepassare le frontiere; e sono sempre loro che, con la vostra saggia ed amorevole guida, devono diventare vostri collaboratori per portare avanti la vostra divina missione.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti, 14 agosto 1968, Messages from the Universal House of Justice, 1968-1973, p. 16) 250. Le Assemblea e i Comitati devono mettere i credenti in grado di diffondere il Messaggio di Dio «Ora che hanno eretto la strutture amministrativa della Causa devono destinarla al suo reale uso: servire solo da strumento per favorire il flusso dello spirito della Fede nel mondo. Come i muscoli consentono al corpo di eseguire la volontà dell’uomo, tutte le Assemblee ed i Comitati devono mettere i credenti in grado di portare il Messaggio di Dio alle anime in attesa, a tutti gli uomini l’amore di Bahá’u’lláh, le leggi salutari ed i principi della Fede.» (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 6 luglio 1942) 251. Il passato di una persona non deve costituire ostacolo alla sua accettazione nella Fede «Il Custode pensa che, se una persona si è avvicinata alla Causa, desidera diventare bahá’í ed è determinata a modificare il suo stile di vita, non si debba tener conto del suo passato. Dove sarebbe il perdono, se ogni potenziale bahá’í venisse giudicato dal suo passato? Ma una volta diventato bahá’í ci si aspetta ed è auspicato un cambiamento del suo modo di vivere, e gli amici devono aiutarlo a cambiare.» (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 29 giugno 1951) «Inoltre non vi è alcuna ragione per non accettare la dichiarazione di un detenuto come quella di qualunque altra persona. Essi stanno ora espiando il loro crimine verso la società e, se il loro cuore è mutato ed hanno accettato la Causa, non vi è alcun motivo perché vengano esclusi dalla comunità bahá’í.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale di Honolulu, 23 aprile 1955) 252. Raccomandare ai convertiti di non alienarsi i genitori «È stato molto lieto di sapere che la sua amica ebrea si è recentemente confermata e desidera ardentemente di servire e promulgare la Fede. Sicuramente pregherà per lei affinché, malgrado l’opposizione dei genitori e dei parenti, possa acquisire sempre più profonda conoscenza e comprensione degli Insegnamenti e infiammarsi di tale zelo da levarsi e conquistare la Causa un gran numero dei suoi antichi correligionari. «Ma non deve assolutamente permettere che i suoi genitori le divengano completamente ostili, anzi è suo sacro dovere di compiere uno sforzo paziente, continuo e amorevole, per conquistarne la simpatia alla Fede, e caso mai, ottenerne la confermazione, per quanto profondamente radicato possa essere il loro attaccamento all’Ebraismo.» (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 6 luglio 1938. Compilazione Vita Familiare, p. 98, n. 54) 253. L’Assemblea non deve ostacolare la dichiarazione di persone con una morale discutibile - Dal momento che accettano la Fede i nuovi dichiarati devono comportarsi da bahá’í «La giovane signora in questione deve essere informata da voi o dal credente con cui ha studiato che la decisione di dichiararsi o meno dipende esclusivamente da lei. Se dovesse decidere in senso positivo, la vostra Assemblea non deve ostacolarla; ma chiedendo di far parte della comunità, essa deve ovviamente capire che ci si aspetta da lei un comportamento da bahá’í, sistemando la sua relazione con l’uomo con cui attualmente convive. Ciò significa che o si sposano legalmente o troncano il loro rapporto. «La vostra Assemblea Spirituale Locale è responsabile della guida e dell’assistenza a questa giovane signora...» (Da una lettera scritta dalla Casa Universale di Giustizia ad una Assemblea Spirituale Locale, 4 aprile 1977) 254. Possono esservi occasioni in cui la dichiarazione deve essere rimandata «Vi possono essere motivi per cui si deve rimandare una dichiarazione, come nel caso di qualcuno che ricopra una carica politica, a meno che non sia in condizione e possa - in tutta coscienza - rassegnare subito le dimissioni. Altre volte è possibile accettare la dichiarazione, fissando però una scadenza entro la quale il nuovo dichiarato deve conformarsi a certe leggi come per gli appartenenti alla Massoneria, a chiese o altre organizzazioni ecclesiastiche. Qualche altra volta la persona potrebbe essere incoraggiata a conoscere meglio lo spirito, le leggi e i principi della Fede, prima di chiederne l’ammissione. Comunque, il Custode ha raccomandato di non essere troppo rigidi nelle nostre richieste per accettare i nuovi credenti, e di non porre ostacoli sulla loro strada: Conformare, poi, il carattere e lo stile di vita all’esempio bahá’í è una cosa che deve essere inculcata nel nuovo credente nel corso della sua educazione spirituale e del suo approfondimento.» (Ibidem) 255. Requisiti di un credente «Circa la delicatissima e complessa questione d’accertare i requisiti di un vero credente, non posso, in questo contesto, che enfatizzare con la massima forza la suprema necessità di usare la massima discrezione, tatto e cautela, sia nel decidere chi debba essere considerato vero credente ai nostri occhi, sia nel manifestare ad altri le considerazioni che possono essere state alla base di tale decisione. M’azzarderò solo ad indicare molto brevemente ed in modo adeguato a quanto lo permettano le circostanze attuali, i principali fattori che debbono essere presi in considerazione prima di decidere se una persona può essere considerata un vero credente o no. Pieno riconoscimento del rango del Precursore, dell’Autore e del Vero Esempio della Causa bahá’í, come enunciato nel testamento di `Abdu’l-Bahá; accettazione senza riserve ed obbedienza a tutto ciò che è stato rivelato dalle Loro Penne; leale e salda adesione ad ogni clausola della sacra Volontà Testamentaria del nostro Beneamato; attenersi strettamente tanto allo spirito quanto alla forma della odierna amministrazione bahá’í in tutto il mondo: queste concepisco essere le considerazioni fondamentali ed essenziali che debbono essere accertate con imparzialità, discrezione e ponderazione, prima di giungere ad una tale vitale decisione...» (Shoghi Effendi: Bahá’í Administration, p. 90. Parzialmente tratto da Il Patto e l’Amministrazione Bahá’í, p. 118) 256. Il processo di accettazione varia - Importante il grado di convinzione «Il processo per cui un nuovo credente perviene allo stadio d’accettazione varia secondo le sue capacità individuali. In alcune società, per esempio, la maggior parte dei credenti, prima d’accettare passa attraverso tutti i tipi di processi intellettuali ed alla completa revisione del proprio pensiero. In una società primitiva, il nuovo credente può raggiungere la convinzione in mode del tutto facile e veloce. La cosa importante è raggiungere il grado di convinzione e non il metodo usato per giungervi.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia ad una Assemblea Spirituale Nazionale, 9 novembre 1963) 257. Non occorre che i nuovi dichiarati conoscano tutte le prove - Scintilla di Fede «...Coloro che si dichiarano bahá’í devono essere incantati dalla bellezza degli Insegnamenti e toccati dall’amore di Bahá’u’lláh: non occorre che conoscano tutte le prove, la storia, le leggi ed i principi della Fede; ma, in previsione della dichiarazione, oltre a cogliere la scintilla della Fede, devono essere informati degli aspetti fondamentali delle Figure Centrali della Fede, nonché dell’esistenza di leggi da seguire e di un’amministrazione cui obbedire.» (Da un Messaggio della Casa Universale di Giustizia a tutte le Assemblee Spirituali Nazionali, 13 luglio 1964, L’insegnamento alle masse, p. 36, n. 54) 258. L’accettazione di nuovi credenti è lasciata alla discrezionalità dell’Assemblea «Per quanto riguarda l’accettazione di nuovi credenti, è competenza dell’Assemblea Spirituale Nazionale stabilire l’appropriata procedura. Naturalmente, in presenza di una forte Assemblea Spirituale Locale, come a Bombay, l’Assemblea Nazionale normalmente ne approva l’operato, a meno che non vi sia un valido motivo per disporre accertamenti su qualche specifico caso. Comunque, nell’eventualità di dichiarazioni in zone prive di Assemblea Locale, o in cui ve ne sia una che ha difficoltà nel suo operare, l’Assemblea Spirituale Nazionale - ove lo ritenga necessario - deciderà se accettarle in base al parere o di un comitato d’insegnamento, o di singole persone o di una vicina Assemblea Spirituale Locale. Abbiamo rilevato che avete consigliato alle Assemblee Locali di incontrare i nuovi credenti al momento del loro ingresso nella Fede. Ciò non deve costituire un requisito per l’accettazione dei nuovi nella comunità, anche se è auspicabile che i nuovi credenti familiarizzino con i membri eletti della comunità ciò non è un requisito per l’accettazione di nuovi credenti nella comunità. È completamente a discrezione dell’Assemblea Nazionale stabilire le procedure corrette per l’arruolamento di nuovi credenti tenendo conto delle condizioni delle zone sotto la vostra giurisdizione, considerando che là dove esistono assemblee locali, sarebbe preferibile che fossero accettati da quelle istituzioni. (Estratti da una lettera scritta dalla Casa Universale di Giustizia di pari oggetto e citata in una lettera a un credente del 28 febbraio 1973) 259. L’instabilità mentale non deve pregiudicare l’accettazione di un nuovo dichiarato «In risposta alla vostra lettera dell’11 Mirza 1981, con cui ci trasmettete la domanda di una delle vostre Assemblee Spirituali Locali sull’arruolamento di persone mentalmente incapaci, dedite alla droga, agli alcolici, ecc., la Casa Universale di Giustizia ci ha chiesto di farvi pervenire le seguenti precisazioni: «L’accettazione di una persona nella comunità bahá’í non deve basarsi sull’esemplarità della sua vita, ma piuttosto sulla ragionevole convinzione dell’Assemblea circa la sincerità della sua dichiarazione di fede in Bahá’u’lláh e la sua conoscenza delle leggi che dovrebbero influenzare la sua condotta, di modo che non entri nella comunità vittima di un malinteso. L’instabilità mentale non è pregiudizievole dell’accettazione di un nuovo dichiarato, a meno che sia di tale portata da non consentirgli di giudicare se crede o meno in Bahá’u’lláh.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale delle Isole Hawaii, 19 aprile 1981) 260. Taluni casi particolari impongono un approfondimento della comprensione «Riguardo all’accettazione nella Fede di persone con problemi mentali o dedite alla droga, ecc., la Casa di Giustizia ci ha dato la direttiva di comunicarvi che l’Assemblea le può accettare come credenti, si è convinta della loro sufficiente padronanza della facoltà di comprendere le implicazioni della loro dichiarazione di fede. In altre parole, dovete seguire le normali linee di condotta per l’accettazione dei nuovi credenti. In questi casi, comunque, è opportuno che vi assicuriate che vengano adottate speciali misure per approfondire la comprensione del nuovo bahá’í. Ad un tossicodipendente o ad un alcolista si deve ovviamente dire che droga e alcool sono totalmente vietati dalle leggi bahá’í, e dovrà fare tutto quanto occorre per smettere. Se lo ritenete necessario ed utile, potete metterlo in contatto con organismi specializzati nel recupero da tali dipendenze. Quando un caso è grave, potete avvertire l’interessato che sareste costretti a valutare l’opportunità di privarlo del diritto di voto, se non risolvesse il suo problema entro un ragionevole lasso di tempo.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’Austria, 12 maggio 1982) 261. Accettare normalmente la dichiarazione di coloro che vivono in situazioni immorali o sono membri di organizzazioni vietate - Occorre dare il tempo di emendarsi «Nel caso di accettazione della Fede da parte di persone che vivono in situazioni moralmente non accettabili o facenti parte di organizzazioni vietate ai bahá’í, l’Assemblea deve seguire la normale procedura di accettazione della dichiarazione di fede, consentendo al nuovo credente di diventare membro della comunità bahá’í e di coltivare il suo neonato credo in Bahá’u’lláh, ma allo stesso tempo ha l’obbligo di fargli presente che deve cambiare la sua situazione personale entro un ragionevole lasso di tempo. Se ciò non avviene, malgrado le esortazioni e l’assistenza e le dovute ammonizioni alla scadenza del tempo limite dell’Assemblea, quest’ultima deve prendere in considerazione l’opportunità di privarlo dei diritti amministrativi. In qualche particolare caso, invece, potrebbe essere preferibile spiegare la questione all’interessato e procrastinare la registrazione della sua accettazione della Fede fino al momento in cui non abbia modificato la sua situazione. Questo è accaduto, per esempio, in qualche paese dove la Fede è stata accettata da una persona che ricopriva un’importante carica politica ed aveva la necessità di arrivare al termine del suo mandato prima di ritirarsi onorevolmente.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad un credente, 18 giugno 1985) 262. I fanciulli sono considerati Bahá’í a prescindere dalla loro età «...se i genitori non bahá’í di un giovane di meno di 15 anni permettono che il figlio sia bahá’í, non vi è alcuna obiezione dal punto di vista degli Insegnamenti, a permettere che il giovane, prescindendo dalla sua età, si dichiari. Nel momento in cui dichiara la sua fede in Bahá’u’lláh, sarà accettato nella comunità e sarà trattato come gli altri fanciulli bahá’í.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale di El Salvador, 14 dicembre 1970) 263. Dichiarazione di detenuti «Abbiamo ricevuto la vostra lettera del 16 novembre 1969 in cui chiedete chiarimenti circa lo status dei bahá’í detenuti e se è permesso arruolare detenuti nella Fede. «Potete accettare dichiarazioni di fede da parte di detenuti, i quali però potranno esercitare il loro diritto di voto solo dopo che saranno scarcerati. Essere stati in carcere non priva un bahá’í dall’esercitare il diritto di voto dopo la scarcerazione e non vi e neanche necessità di un periodo di prova. Comunque, ove ci fossero altri fattori che potrebbero indicare all’Assemblea Nazionale che in un caso particolare si debba sospendere il diritto di voto, l’Assemblea può avvalersi del proprio giudizio.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale del Pacifico Meridionale, 8 dicembre 1969) 264. La firma delle schede serve per esigenze amministrative - Vi è differenza fra carattere e fede «Ha chiesto se la mera dichiarazione di fede fatta da un nuovo venuto basta per accettarlo come bahá’í e se vivere la vita bahá’í non debba essere il presupposto per l’ammissione nella Fede. Deve considerare che la firma della scheda, la registrazione della data della dichiarazione e delle generalità del dichiarante soddisfano esigenze puramente amministrative che riguardano l’ingresso del nuovo credente nella comunità. Le implicazioni più profonde della dichiarazione di fede riguardano l’individuo e Dio. Shoghi Effendi ha fatto diverse dichiarazioni su questo importante argomento, e ci è stato richiesto di riportarne due inviate a credenti diversi: “Vi è differenza tra il carattere e la fede; è un fatto spesso è difficile da comprendere e da accettare, ma rimane la circostanza che una persona può credere e amare la Causa fino al punto di morire per essa, e non avere un buon carattere o una personalità difforme dagli insegnamenti. Dobbiamo cercare di cambiare, consentire al Potere di Dio di aiutarci a ricreare e renderci veri bahá’í nelle azioni e nelle credenze. Qualche volta però, il processo è lento e qualche volta non avviene perché il singolo non si sforza abbastanza. Ma queste cose ci fanno soffrire e creano prove nei confronti dei nostri compagni di fede, ancora di più se gli amiamo e siamo stati loro insegnanti!” “Il processo di diventare bahá’í è necessariamente lento e graduale. L’essenziale non è che il principiante abbia una completa e dettagliata conoscenza della Causa, ovviamente impossibile nella grande maggioranza dei casi, ma che, per un suo atto volitivo, desideri sostenere e seguire la verità e la guida indicata dagli Insegnamenti aprendo così il cuore e la mente alla realtà della Manifestazione.”» (Da una lettera scritta per conto della Casa Universale di Giustizia a un credente il 7 giugno 1974, Bahá’í News of India, p. 2, luglio/agosto 1974) 265. Scheda di registrazione - Non richiesta dappertutto «Nell’amministrazione bahá’í non vi è alcuna norma perché un nuovo credente firmi una scheda di registrazione. Le modalità da seguire per la dichiarazione di fede sono demandate alle decisioni dell’Assemblea Spirituale Nazionale secondo le condizioni dell’area di loro giurisdizione. In diversi paesi per vari motivi è stato rilevato che la scheda di dichiarazione è un modo semplice e utile per registrare i nuovi credenti, ma non è una norma generale...» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale della Germania, 28 ottobre 1975) 266. Doveri dell’Assemblea verso i nuovi credenti «La vostra Assemblea deve, soprattutto, compiere ogni sforzo per familiarizzare i nuovi credenti con le fondamentali verità spirituali della Fede e con la nascita, le mete, gli scopi e i metodi di questo Ordine Amministrativo di origine divina; deve far sì che essi apprendano ancora meglio la storia della Fede; deve infondere in loro una più profonda comprensione dei Patti di Bahá’u’lláh e di ‘Abdu’l-Bahá; arricchirne la vita spirituale; destarli a un maggior impegno e a una più stretta partecipazione sia nell’insegnamento della Fede sia nella amministrazione delle sue attività, e ispirarli a compiere i necessari sacrifici per promuovere i suoi vitali interessi. Infatti, man mano che s’ingrossano le file dei seguaci dichiarati della Fede, e che si allarga la base della struttura del suo Ordine Amministrativo, e la rinomanza di questa fiorente comunità si spande per il mondo, se si vuole che i frutti già raccolti durino, allora è necessario conseguire un progresso parallelo nel rinvigorimento spirituale dei suoi membri e nell’approfondimento della loro vita interiore.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale del Canada, 26 giugno 1956, Compilazione Approfondimento, p. 40, n. 89) N. Relazioni dei credenti con le Assemblee 267. Essere bahá’í è essenzialmente una cosa interiore «È bene che i bahá’í imparino che essere bahá’í è una cosa interiore o un modo di vivere, e non dipende da schemi fissi. Per quanto importanti siano le nostre Istituzioni, esse non sono la Fede. La forza della Causa cresce a prescindere da quanto possano essere temporaneamente interrotte le sue attività. E ciò lo si vede sempre nei paesi dove la Fede viene per qualche tempo bandita, nel momento in cui i credenti vengono perseguitati e perfino uccisi, nei luoghi dove servono la Causa da soli, sparsi e isolati...» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi al Comitato Programmi di Geyserville, 11 novembre 1951, Bahá’í News n. 257, p. 4, luglio 1952) 268. Dobbiamo rispettare le Assemblee Nazionali e Locali «Dobbiamo rispettare le Assemblee Spirituali Nazionali e Locali perché sono Istituzioni fondate da Bahá’u’lláh. L’istituzione non ha nulla a che fare con le persone che la compongono, ma è di gran lunga superiore. Sarà un gran giorno quello in cui gli amici, dentro e fuori dalle Assemblee, avranno compreso completamente che ciò che conta non sono le persone che formano l’Assemblea, ma l’Assemblea come istituzione.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 7 luglio 1949, Compilazione Assemblee Spirituali Nazionali, p. 25, n. 18) 269. Questo grande premio, questo dono di Dio: l’Assemblea Spirituale Locale «...Gli amici sono chiamati a dare il loro completo aiuto e la loro collaborazione all’Assemblea Spirituale Locale, in primo luogo votando per l’elezione dei suoi membri e poi attuando energicamente i suoi piani e programmi, volgendosi ad essa nel momento dell’afflizione e delle difficoltà, pregando per il suo successo e rallegrandosi per l’accrescersi della sua influenza ed onore. Questo grande premio, questo dono di Dio in ogni comunità deve essere tenuto caro, curato, amato, assistito, obbedito e si deve pregare per esso.» (Dal Messaggio della Casa Universale di Giustizia ai Bahá’í del Mondo, Naw-Rúz 1974. Piano Quinquennale, pp. 14-15) 270. L’Assemblea è una nascente Casa di Giustizia - Gli individui, gli uni verso gli altri sono guidati dall’amore, dall’unità, ecc. «...Vi è la tendenza di confondere le funzioni dell’amministrazione cercando di applicarle ai rapporti fra i singoli, il che è infruttuoso perché l’Assemblea è una nascente Casa di Giustizia che, secondo gli Insegnamenti, è tenuta ad amministrare gli affari della comunità. Ma i singoli individui, fra di loro, si lasciano guidare dall’amore, dall’unità, dal perdono e da un occhio che non vede i difetti. Quando gli amici capiranno questo andranno meglio d’accordo, ma ora continuano a giocare gli uni con gli altri all’Assemblea Spirituale e si aspettano che l’Assemblea agisca come un individuo...» (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 5 ottobre 1950, Guida per una vita bahá’í, p. 103, n .64) 271. Due tipi di bahá’í « Si potrebbe dire che esistono due tipi di bahá’í: coloro la cui religione è la religione bahá’í e coloro che vivono per la Fede. È inutile dire che agli occhi di Dio è più lodevole l’appartenere a quest’ultima categoria e potersi annoverare nell’avanguardia degli eroi, dei martiri e dei santi.» (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 16 aprile 1950, Guida per una vita bahá’í, pp. 101-102, n. 61) 272. I figli spirituali non devono far propri i concetti errati dei loro insegnanti «Riguardo alla sua domanda circa i figli spirituali che entrano nella Causa portandosi dietro delle vecchie idee: ognuno deve studiare la Fede da sé, e non è detto che perché l’insegnante bahá’í di una persona ha qualche concetto non strettamente bahá’í il nuovo credente debba condividerlo; i vecchi credenti, ed i nuovi, debbono costantemente sforzarsi di crescere sempre di più nell’ambito del pensiero bahá’í e nella vita. Ogni anima riceve il dono della Fede per sé e da quel momento è bahá’í per diritto proprio, indipendentemente dal suo insegnante.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 17 luglio 1945) 273. Le Assemblee devono ispirare fiducia nei credenti «... le Assemblee Locali devono ispirare fiducia nei singoli credenti, e questi, a loro volta, devono dimostrare di essere pronti ad attenersi pienamente alle decisioni e alle direttive dell’Assemblea Locale; i due corpi (Assemblea Spirituale Locale e credenti) devono imparare a cooperare e a rendersi conto che soltanto così le istituzioni della Causa possono funzionare efficacemente e permanentemente. Sebbene l’obbedienza all’Assemblea Locale deve essere totale e sincera, pure quell’istituzione deve rendere esecutive le sue direttive in modo da evitare di dare l’impressione che sia animato da moventi dittatoriali. Lo spirito della Causa è quello della reciproca cooperazione e non quello dell’impostazione.» (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 28 ottobre 1935, Istruzione ai credenti Bahá’í, pp. 33-34) 274. Un cumulo di informazioni amministrative soffoca le prime scintille «...Il processo dell’educazione di uomini di costumi e culture diverse deve essere svolto con la massima pazienza e comprensione, senza imporre regole e regolamenti, se non quando si tratti di principi assolutamente essenziali. Egli è sicuro che la vostra Assemblea è in grado di svolgere il proprio lavoro in questo spirito, senza soffocare le prime scintille con un cumulo di informazioni e di regolamenti amministrativi.» (Da una lettera scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’Africa Sud-Occidentale, 9 luglio 1957, L’Insegnamento alle Masse, p. 30, n. 45) 275. Cercare la guida negli Insegnamenti «Per quanto queste difficoltà possano essere il risultato di cattiva condotta o di mancanza di capacità e lungimiranza da parte di certi membri della comunità, Lei non deve sentirsi assolutamente scoraggiato, né permettere che La facciano deviare dalla sua fede e lealtà basilare per la Causa. Certamente, per valutare e misurare l’autorità divina e la missione della Fede non si dovrebbero mai prendere i credenti come pietra di paragone, per quanto possano essere capaci di insegnare o di amministrare, e per quanto alti siano i loro meriti intellettuali e spirituali. I credenti devono cercare guida e ispirazione negli Insegnamenti e nella vita dei Fondatori della Causa, e soltanto attenendosi rigorosamente a questo giusto atteggiamento possono sperare di affermare la lealtà verso Bahá’u’lláh su durevoli ed inattaccabili basi. Perciò deve farsi coraggio e, con rigorosa vigilanza ed incessanti sforzi, tentare di svolgere appieno il suo compito nel graduale sviluppo di questo Divino Ordine Mondiale.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 23 agosto 1939, Guida per una vita bahá’í, pp. 83-84, n. 22) 276. Due principi da seguire, unità nella dottrina e nell’amministrazione «Vi sono due principi fondamentali che il Custode desidera che gli amici tengano sempre a mente e seguano con coscienza e fedeltà. Il primo è il principio dell’incondizionata e sincera lealtà alla Parola rivelata. I credenti devono stare attenti a non deviare dagli Insegnamenti, neanche per lo spessore di un capello; impegno supremo deve essere quello di salvaguardare la purezza dei principi, dottrine e leggi della Fede, perché è solo con questi mezzi che possono sperare di mantenere l’unità organica della Causa, dove non possono e non devono esserci né liberali, né conservatori, né moderati, né estremisti; infatti tutti i credenti sono soggetti ad un’unica legge, la Legge di Dio, che trascende tutte le differenze, tutte le tendenze personali o locali, tutte le mode e le aspirazioni. “L’altro è il principio dell’assoluta ed immediata obbedienza alle Assemblee, sia locali che nazionali. È responsabilità di questi corpi amministrativi di mettere in grado la comunità d’acquisire ed approfondire incredibilmente la conoscenza e comprensione della Causa. Unità nella dottrina ed unità nell’amministrazione sono i due pilastri portanti che sostengono l’edificio della Causa e che la proteggono dai furiosi assalti dell’opposizione.» (Da una lettera scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’India e Birmania, 5 settembre 1936, Dawn of a New Day, p. 61) 277. Amministrazione bahá’í - Strumento dello spirito della Fede «Gli amici non debbono mai commettere l’errore di ritenere che l’amministrazione bahá’í sia fine a se stessa. È semplicemente lo strumento dello spirito della Fede. Questa Causa è una Causa rivelata da Dio all’umanità intera. È destinata a beneficare l’intera razza umana, e il solo modo per raggiungere questo scopo è di riformare la vita comunitaria dell’umanità e cercare di rigenerare l’individuo. L’amministrazione bahá’í è soltanto il primo abbozzo di come diverranno in futuro la vita sociale e le leggi della vita comunitaria. Attualmente i credenti cominciano appena a comprenderla ed a praticarla correttamente. Quindi dobbiamo avere pazienza se a volte sembra un po’ impacciata e rigida nel funzionamento. Ciò avviene perché stiamo imparando qualcosa di molto difficile, ma meraviglioso: come vivere insieme come comunità bahá’í secondo gloriosi Insegnamenti.» (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 14 ottobre 1941, The Local Spiritual Assembly, pp. 28-29) 278. La comunità mondiale produce nuove cellule, nuovi organi «Nel corpo umano ogni cellula, ogni organo, ogni nervo ha la sua funzione. Quando tutto funziona il corpo è sano, vigoroso, radioso, pronto a rispondere ad ogni stimolo. Nessuna cellula, per quanto modesta, vive separata dal corpo, servendolo e ricevendo da lui. La stessa cosa si può dire per il corpo dell’umanità nel quale Dio ha dotato ciascun umile essere di abilità e talento, ed ancora più vero è per il corpo della Comunità Mondiale Bahá’í, poiché questo corpo è già un organismo, unito nelle aspirazioni, unificato nei metodi, che cerca assistenza e confermazione dalla stessa Sorgente, ed è illuminato dalla consapevolezza della sua unità... La Comunità Mondiale Bahá’í, crescendo come un corpo nuovo e sano, sviluppa nuove cellule, nuovi organi, nuove funzioni e poteri mentre procede verso la maturità, momento in cui ogni anima, vivendo per la Causa di Dio, da Essa riceverà salute, sicurezza e le traboccanti munificenze di Bahá’u’lláh che si effondono per mezzo del Suo Ordine divinamente concepito.» (Messaggio della Casa Universale di Giustizia ai Bahá’í del Mondo, settembre 1964, Wellspring of Guidance, pp. 37-38) 279. I credenti devono rivolgersi alle Assemblee per consiglio e aiuto «I credenti devono imparare a rivolgersi più spesso e più tempestivamente alle loro Assemblee per consiglio e aiuto, e le Assemblee a loro volta devono agire con maggior vigilanza ed il più grande senso di responsabilità comunitaria in ogni situazione che possa danneggiare il prestigio della Fede agli occhi del pubblico. Quando l’Assemblea ha preso le sue decisioni, queste devono essere messe in atto lealmente e volentieri da tutti gli interessati.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 13 Mirza 1944, The Local Spiritual Assembly, p. 26) 280. Gli amici sono i Fiduciari della Missione di Bahá’u’lláh «Gli amici hanno un grande dovere, in primo luogo verso la Causa e poi verso la società in generale. Bahá’u’lláh è venuto sulla Terra con un Messaggio Divino e, nella speranza di affermarlo saldamente, gli ha consacrato tutta la vita ed ha sopportato ogni forma di persecuzione. Noi siamo ora i Fiduciari di quella Missione. Sta a noi portare a termine il compito iniziato da Bahá’u’lláh; se dovessimo fallire, saremmo stati infedeli al nostro Signore e sordi al grido dell’umanità, che implora salvezza.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 15 novembre 1931, Bahá’í News n. 71, p. 2, febbraio 1933) 281. I credenti devono avere fiducia nell’Assemblea «I credenti devono aver fiducia nelle direttive e negli ordini delle loro Assemblee anche se possono non essere convinti della loro giustizia ed esattezza. Una volta che l’Assemblea, a maggioranza dei suoi membri, giunge ad una decisione, gli amici devono obbedire prontamente. In particolare, quei membri dell’Assemblea che dissentono e la cui opinione è contraria a quella della maggioranza dei loro colleghi, devono dare l’esempio alla comunità sacrificando i loro punti personali per obbedienza al principio della prevalenza della maggioranza che caratterizza il funzionamento di tutte le Assemblee bahá’í.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 28 ottobre 1935, Istruzione ai credenti Bahá’í, pp. 38-39, n. 47) 282. Se l’Assemblea prende una decisione incauta, questa deve essere sostenuta «Uno dei principi fondamentali del nostro Ordine Amministrativo, che - è bene ricordare - diverrà il modello del nostro Ordine Mondiale, è di sostenere, per salvaguardare l’unità della comunità, anche una decisione incauta che l’Assemblea può prendere. È consentito appellarsi avverso la decisione dell’Assemblea Spirituale Locale rivolgendosi all’Assemblea Nazionale... Ma il principio di autorità di cui sono investiti i nostri corpi eletti deve essere difeso e non si può apprendere senza prove e cimenti...» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale di Germania e Austria, 30 giugno 1949, The Local Spiritual Assembly, p. 26) 283. Se l’Assemblea commette un errore «L’Assemblea può commettere un errore, ma - come il Maestro ha messo in evidenza - se la comunità o il singolo bahá’í non si adeguano alle sue decisioni il risultato sarà peggiore, poiché minerebbe la stessa istituzione che deve invece essere rafforzata per poter sostenere i principi e le leggi della Fede. Il Maestro ci dice che Dio raddrizzerà quello che è stato fatto male. Dobbiamo aver fiducia in ciò ed obbedire alle nostre Assemblee. Egli perciò la sollecita fervidamente a lavorare immediatamente sotto la guida della sua Assemblea, ad accettare le sue responsabilità di membro ed a fare del suo meglio per creare armonia nella comunità.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 1949, Istruzioni ai credenti Bahá’í, p. 39, n. 48) 284. Obbedienza, pazienza e moderazione «Gli amici non devono pertanto scoraggiarsi di fronte alle differenze di opinioni esistenti a volte fra i membri di un’Assemblea, perché queste differenze, come l’esperienza ha dimostrato e come le parole del Maestro attestano, assolvono a una preziosa funzione in tutte le deliberazioni dell’Assemblea stessa. Ma non appena l’opinione della maggioranza si è manifestata, tutti i membri devono automaticamente e incondizionatamente obbedire e fedelmente porla in atto. I rappresentanti eletti della comunità devono anche sempre improntare le loro discussioni e decisioni a pazienza e moderazione, senza mai indulgere a cavillose dispute senza frutto.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 18 aprile 1939, Consultazione, p. 25, n. 34) 285. Critiche nei confronti delle Assemblee - I bahá’í possono esprimere i loro punti di vista «I bahá’í hanno pieno diritto di muovere critiche alle loro Assemblee e sono liberi di esprimere, sia a quella Locale che Nazionale, i loro punti di vista sul loro modo di condursi o su singoli membri dei corpi eletti, ma poi - secondo i principi enunciati in materia nell’amministrazione bahá’í - devono accettare di tutto cuore i consigli e le decisioni dell’Assemblea.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’Australia e Nuova Zelanda, 13 maggio 1945, Letters from the Guardian to Australia and New Zeland, p. 55) 286. La Fede non ha protezione se gli amici non si sottomettono ai Corpi Amministrativi «Non può esservi protezione per la Fede, se gli amici non sono disposti a sottomettersi ai loro organi amministrativi, specialmente quando questi agiscono in buona fede; i credenti non si trovano mai nella posizione di poter giudicare la loro Istituzione Nazionale. Se è stato commesso un errore dobbiamo rimetterlo nelle mani di Dio, sapendo che - come disse ‘Abdu’l-Bahá - Egli lo correggerà e nel frattempo non dobbiamo portare scompiglio nella Causa di Dio continuando a insistere su questi temi.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 3 febbraio 1957, Compilazione Assemblee Spirituali Nazionali, p. 45, n. 42) 287. Se i bahá’í minano l’autorità di chi li guida «Il Custode crede che le difficoltà da cui i credenti... si sentono afflitti siano in gran parte causate da errori di comprensione e di pratica dell’amministrazione. Sembra che essi - molti di loro - siano inclini a sollevare contestazioni e critiche contro le decisioni delle Assemblee. Scalzando proprio quelle guide che cercano, sia pure con poca maturità, di coordinare le attività bahá’í e di amministrare gli affari bahá’í, criticandone continuamente le azioni e contestandone o sminuendone le decisioni, i bahá’í non solo impediscono un reale e rapido progresso nello sviluppo della Fede, ma allontanano gli estranei che giustamente potrebbero chiedersi come pensiamo di unire il mondo se tra noi c’è così poca unità!” (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 26 ottobre 1943, Compilazione Le Assemblee Spirituali Nazionali, p. 42 n. 37) 288. I credenti hanno il diritto di esprimere la loro critica ad una azione dell’Assemblea, ma non in modo da sminuirne l’autorità «...facendo riferimento alla sua lettera nella quale ella ha chiesto se i credenti hanno il diritto di esprimere apertamente la loro critica ad un’azione o linea di condotta dell’Assemblea: ogni leale ed intelligente membro della comunità ha non solo il diritto, bensì il sacro dovere di esprimere in modo franco e completo, ma con il dovuto rispetto e considerazione per l’autorità dell’Assemblea, qualsiasi suggerimento, raccomandazione o critica senta in coscienza di dover fare per migliorare o rimediare certe condizioni o tendenze esistenti nella sua comunità locale, e l’Assemblea ha il dovere di considerare attentamente ogni opinione, chiunque sia il credente che l’ha presentata. A tal fine l’occasione migliore è la Festa del 19° Giorno la quale, oltre ad avere un aspetto spirituale e sociale, soddisfa varie esigenze e necessità amministrative della Comunità, tra cui - in primo luogo - la necessità di critiche e discussioni aperte e costruttive sui fatti e sulle circostanze relative agli affari interni della Comunità bahá’í. Se deve però mettere in chiaro che è necessario evitare scrupolosamente ogni critica e discussione negativa che possa dar luogo ad un indebolimento dell’autorità dell’Assemblea quale istituzione, perché altrimenti verrebbe messo in pericolo l’ordine stesso della Causa e nella Comunità regnerebbero discordia e confusione.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 13 dicembre 1939, Compilazione Festa del 19° Giorno, p. 70 n. 27) 289. L’obbedienza alle decisioni dell’Assemblea Locale deve essere incondizionata e sincera «L’argomento più vitale su cui il Custode vuole che vi concentriate completamente è il consolidamento delle basi dell’Amministrazione. Finché il vostro gruppo non imparerà a lavorare in modo efficiente, obbedendo all’Assemblea Locale e sotto la sua guida, non vi può essere speranza di espansione futura. Tutti gli amici devono rendersi conto della necessità di una disciplina e di un ordine interni, che solo una istituzione correttamente eletta e che funzioni con efficienza come l’Assemblea Locale può effettivamente mantenere. L’obbedienza alle decisioni dell’Assemblea deve essere incondizionata e sincera, perché solo così la comunità può lavorare come un corpo unico e realizzare qualcosa di costruttivo e duraturo.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ai Bahá’í di Vienna, 5 aprile 1936) 290. L’Assemblea Locale non deve criticare la politica dell’Assemblea Nazionale «Per quanto riguarda il problema sorto in relazione al notiziario pubblicato e diffuso dall’Assemblea di..., il Custode vi ha già scritto in merito dicendo che in nessuna circostanza una Assemblea Locale ha il diritto di criticare, e meno che mai opporsi, alla politica debitamente approvata ed adottata dall’Assemblea Spirituale Nazionale. È sua speranza che d’ora in avanti il problema dei rapporti fra la vostra Assemblea e le Assemblee Locali, su questioni di questa natura, alla luce delle sue istruzioni, sarà pienamente compreso dai credenti e dalle Assemblee.» (Da una lettera scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti e Canada, 19 maggio 1934) 291. Un solo rimedio - Studiare l’amministrazione «Il rimedio è uno solo: studiare l’amministrazione, obbedire alle assemblee e cercare di perfezionare il proprio carattere in quanto bahá’í. Non potremo mai avere sugli altri l’influenza che possiamo avere su noi stessi. Se siamo migliori, se mostriamo amore, pazienza e comprensione della debolezza altrui, se cerchiamo di non criticare mai ma di incoraggiare, gli altri faranno lo stesso e potremo realmente aiutare la Causa con l’esempio e la forza spirituale. Quando l’amministrazione viene insediata, i bahá’í inizialmente incontrano molte difficoltà di adattamento. Devono imparare ad obbedire per amore dell’unità, anche quando le assemblee sbagliano. Entro certi limiti devono sacrificare la propria personalità affinché la vita della Comunità possa crescere e svilupparsi organicamente. Sono cose difficili, ma dobbiamo renderci conto che quando la Fede si è correttamente insediata secondo l’amministrazione, tutto ciò comporta un modo di vita molto più elevato e perfetto.» (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 26 ottobre 1943, Compilazione Assemblee Spirituali Nazionali, pp. 42-43, n. 37) 292. Il destino della comunità dipende da ogni singolo credente «Ogni singolo credente da cui, in ultima analisi, dipende il destino dell’intera comunità, è senza dubbio il primo a dover affrontare questa sfida così dura e incalzante ma anche tanto gloriosa. Egli rappresenta l’ordito e la trama da cui dipendono la qualità ed il disegno dell’intero tessuto; è uno degli innumerevoli anelli della possente catena che attualmente cinge il globo; uno degli innumerevoli mattoni che sorreggono la struttura ed assicurano la stabilità dell’edificio amministrativo che è già sorto in ogni parte del mondo. Senza il suo sostegno, ad un tempo generoso, continuo e sincero, ogni misura adottata ed ogni piano formulato dall’istituzione che agisce da rappresentante nazionale della comunità a cui appartiene sono destinati a fallire. Lo stesso Centro Mondiale della Fede si paralizza se gli viene a mancare l’appoggio delle file e dei ranghi della comunità. Lo Stesso Autore del Piano Divino non può raggiungere il Suo scopo se Gli mancano gli strumenti adatti per l’esecuzione del Suo disegno. La forza sostenitrice di Bahá’u’lláh, il Fondatore della Fede, sarà negata ad ogni persona che a lungo andare manchi di levarsi a svolgere il suo ruolo.» (Shoghi Effendi: Citadel of the Faith, pp. 130-131) O. Credenti inattivi 293. Lista dei votanti, i nominativi non devono essere cancellati «La vostra Assemblea non deve cancellare i nominativi dei bahá’í dalla lista dei votanti solo perché non partecipano alla riunioni o il loro indirizzo è sconosciuto: È difficile avere dei bahá’í e dovete cercare di aiutarli e renderli attivi e, se possibile, rintracciare coloro il cui indirizzo è sconosciuto.» (Da una lettera scritta per conto del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’Argentina, Bolivia, Cile, Paraguay e Uruguay, il 26 settembre 1957) 294. Cancellazione dei nomi dalla lista dei votanti «Le persone che da anni non partecipano più alle riunioni o che mostrano scarsissimo interesse per la Causa possono essere cancellate dalla lista dei votanti; tuttavia, coloro che sono impossibilitati a partecipare alle riunioni, ma si considerano ancora bahá’í e desiderano mantenere i loro contatti con la Fede, devono ovviamente essere mantenuti nella lista dei votanti (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale delle Isole Britanniche, 29 maggio 1946) 295. I credenti inattivi ed apatici spesso hanno bisogno d’incoraggiamento «Egli ritiene che le persone inattive non devono essere automaticamente cancellate dalla lista dei votanti; in tali situazioni, ogni individuo deve essere considerato come un caso a sé. Egli cerca continuamente d’evitare l’inutile proliferazione di regole e procedure e perciò esorta gli amici e le istituzioni responsabili ad avere pazienza, saggezza e tatto nel trattare casi del genere e a non avviare nuove regole empiriche per risolvere il problema nel complesso. Quando si accettano nuovi credenti non dobbiamo certamente metterli di fronte al loro passato, ma sperare che la fede in Bahá’u’lláh li aiuti a cambiare il loro carattere ed il loro modo di vivere, poiché sappiamo che ciò spesso avviene. Non dobbiamo aggiungere altre condizioni alla loro appartenenza alla comunità bahá’í, oltre quelle già indicate dallo stesso Custode come assolutamente necessarie. È molto scoraggiante vedere che esistono credenti inattivi e apatici; d’altra parte dobbiamo renderci conto che molte anime sono deboli, immature ed incapaci di sopportare un onere di natura amministrativa. Hanno bisogno d’incoraggiamento e d’amore da parte degli amici bahá’í e di assistenza. È inutile biasimarle perché non fanno di più per la Causa, e possono in realtà avere una saldissima fede in Bahá’u’lláh che, con la dovuta attenzione, potrebbe infiammarsi. Se alcune di queste persone isolate e inattive si volgono gradualmente verso interessi diversi dalla Causa, non dobbiamo sempre biasimarle: probabilmente hanno bisogno di più aiuto, più incitamento, più educazione, più cameratismo bahá’í di quelli che hanno avuti.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 25 aprile 1947) 296. Credenti inattivi: i nomi devono essere cancellati solo se affermano chiaramente di non credere più in Bahá’u’lláh «Può esservi utile ulteriore guida e quindi vi rimettiamo alcuni stralci di una lettera scritta il 4 settembre 1966 dalla Casa Universale di Giustizia ad un’altra Assemblea Spirituale Nazionale: ...Sebbene sia imbarazzante lasciare i nomi dei credenti inattivi nell’elenco credenti, l’inattività e la non partecipazione alle riunioni bahá’í non sono presupposti validi per la cancellazione dei loro nomi. Un nome può essere cancellato solo quando una persona afferma chiaramente di non credere più in Bahá’u’lláh e vuole che il suo nome venga tolto dalla lista dei credenti. Se non si conosce il luogo ove il credente si trova, il suo nome non deve essere cancellato, ma inserito in una lista speciale che riporta i nomi di coloro di cui non si sa l’indirizzo e che, ovviamente, non vengono considerati determinando la ripartizione dei delegati.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale della Malaysia, 25 settembre 1973, Malaysian Bahá’í News, vol. 9, n. 2-3, giugno-novembre 1973) 297. I motivi dell’inattività devono essere accertati «Riguardo alla vostra domanda sui credenti inattivi, la Casa Universale di Giustizia ritiene che sarebbe alquanto avventato eliminarli dalla lista semplicemente perché sono stati assenti dalle riunioni o comunque inattivi. Occorre avvicinarli per appurare i motivi della loro assenza o inattività, e solo quando l’indagine vi porta a concludere che il credente in questione non crede più in Bahá’u’lláh ciò può essere ammesso in modo preciso. Ogni caso di inattività deve essere esaminato a fondo ed i credenti devono essere amorevolmente incoraggiati ad essere attivi. Bisogna fare una distinzione fra coloro la cui inattività rivela la completa mancanza d’interesse per la Fede fino al punto d’aver cessato in effetti d’essere bahá’í. In quest’ultimo caso la cancellazione dalla lista rappresenta semplicemente il riconoscimento di questo fatto.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale del Pacifico nord-occidentale, 18 dicembre 1974) 298. Le riunioni devono essere così interessanti da attrarre i vecchi credenti «Lei ha accennato in una delle sue ultime lettere che alcuni vecchi credenti, allontanatisi da diversi anni, stanno ora tornando a partecipare alle riunioni. Come sarebbe meraviglioso se queste persone, insieme a tutte quelle che incontrarono il Maestro e la cui vita fu cambiata dalla Sua influenza, venissero e ci aiutassero a diffondere questi divini insegnamenti! Forse gli amici devono prendere l’iniziativa e rendere le riunioni così ispiranti e le attività così interessanti ed importanti per la loro vasta portata da indurle a farsi avanti spontaneamente per darci il loro aiuto. Sarebbero veramente un grosso esercito!» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 9 Mirza 1932) 299. Bisogna aiutare coloro che hanno una condotta sconveniente a modificare il loro modo di vivere «Riguardo ad alcuni membri votanti da lungo tempo inattivi e la cui condotta disapprovate, egli vi suggerisce di sforzarvi d’accertare se credono ancora nella Fede e, se è così e vogliono farne parte, devono essere aiutati a correggersi. Se questo paziente ed amorevole metodo non ha successo e rifiutassero di identificarsi con la Fede, devono essere cancellati dalla lista dei votanti.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale delle Isole Britanniche, 8 maggio 1947) 300. Se una persona non vuole essere considerata membro della Comunità «...Se una persona dichiara apertamente di non voler essere considerata membro attivo della Comunità bahá’í, esservi affiliato ed esercitare il proprio diritto di voto, allora il suo nome va cancellato dalla lista dei votanti. Se una persona invece si considera bahá’í e per varie ragioni non è in grado di partecipare alle attività della Comunità, non deve essere certo cancellata dalla lista dei votanti...» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale di Germania e Austria, 2 Mirza 1951, La Festa del 19° Giorno, p. 74 n. 40) 301. La situazione personale di un bahá’í può impedirne l’attività «La Casa di Giustizia ci ha chiesto di precisarvi che, in linea di massima, una volta che una persona ha dichiarato il suo credo in Bahá’u’lláh e la sua dichiarazione è stata accettata dall’Assemblea, si deve ritenere che continui ad essere bahá’í finché non affermi il contrario. Se i credenti divengono inattivi ovviamente è bene che l’Assemblea Spirituale Locale tenti di mantenere i contatti con loro e li incoraggi a tornare attivi, a meno che naturalmente sia evidente che la loro situazione personale non ne impedisca l’attività. Per esempio, un bahá’í sposato ad una non-bahá’í può certamente, entro un certo grado, limitare la propria attività pur di mantenere l’unità in famiglia. Se invece di questi contatti risulta chiaro che il bahá’í in questione ha cessato di fatto di credere in Bahá’u’lláh e non desidera più essere membro della comunità bahá’í, l’Assemblea avrebbe allora pieno motivo per accettare le sue dimissioni.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale di Spagna, 7 maggio 1975) 302. Coloro che non credono più in Bahá’u’lláh... «Di norma spetta alla vostra Assemblea Spirituale Nazionale decidere chi debba essere cancellato dalla lista dei votanti, ma esiste una guida in materia sia dell’amato Custode che della Casa Universale di Giustizia. È ovvio che coloro che non credono più in Bahá’u’lláh e quelle che sono diventate talmente inattive da non mostrare ormai il minimo interesse per la Fede possono essere cancellate dalla lista dei votanti. D’altro canto non si devono automaticamente cancellare tutti gli inattivi. Di ogni caso bisogna valutare i pro e i contro. Talvolta è possibile rinvenire una scintilla di fede che, con le dovute cure, può essere trasformata in fiamma. Occorrono pazienza e saggezza.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad un credente, 10 luglio 1975) 303. Credenti di cui non si conosce l’indirizzo «Se, malgrado le ricerche, non si sa dove si trovi un credente e non se ne conosce l’indirizzo, il suo nome può essere inserito in un elenco di casi sospesi in previsione che possa magari farsi vivo in un’altra comunità e non deve essere contato nell’assegnazione dei delegati. Siete nel giusto ritenendo che questi credenti conservino i loro pieni diritti amministrativi. Tuttavia alla lista dei votanti si può aggiungere un elenco a parte di coloro di cui non si conosce l’indirizzo. Mentre questa categoria di persone non va considerata nella distribuzione dei delegati, si può invece includere nelle liste contenenti il numero dei credenti, nei rapporti semestrali, etc...» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale del Paraguay, 22 aprile 1982) II. MALDICENZA, CRITICA, PEDANTERIA, PETTEGOLEZZO, BUGIE, CALUNNIA, ECC. 304. Le Parole Celate di Bahá’u’lláh “Non palesare i peccati altrui perché anche tu sei peccatore. Se dovessi trasgredire a questo comandamento, maledetto saresti, ne fo’ Io testimonianza.» (Le Parole Celate di Bahá’u’lláh - dall’arabo n. 27) 305. Definizione di maldicenza «Riguardo alla maldicenza, ossia discutere dei difetti degli altri in loro assenza, gli insegnamenti sono molto chiari ed energici. In una Tavola ad un amico americano il Maestro scrisse: “La peggiore qualità dell’uomo ed il peccato più grave è la maldicenza, ancor più quanto proviene dalla lingua dei credenti di Dio. Se fossero escogitati mezzi per chiudere per sempre le porte della maldicenza e se ogni credente schiudesse le labbra per lodare gli altri, allora gli Insegnamenti di Sua Santità Bahá’u’lláh si diffonderebbero, si illuminerebbero tutti i cuori, gli spiriti sarebbero glorificati e l’umanità raggiungerebbe la felicità eterna (Citato in “Star of the West”, vol. IV, p. 192). Nelle Parole Celate Bahá’u’lláh dice: “Non palesare i peccati altrui perché anche tu sei peccatore. Se dovessi trasgredire a questo comandamento, MALEDETTO SARESTI.» Difficilmente la maldicenza potrebbe essere condannata in termini più duri di quelli di questo passo ed uno dei principali doveri dei bahá’í è, ovviamente, proprio quello di opporsi a questa abitudine. Perfino se quanto viene detto contro qualcuno risponde a verità, parlare con altri dei suoi falli rientra nella maldicenza ed è proibito.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi alla Assemblea Spirituale Nazionale delle Isole Britanniche, 11 febbraio 1925) 306. Astenersi dalla pedanteria e dalla maldicenza «Negli insegnamenti bahá’í non vi è argomento, su cui maggiormente si insista, dalla necessità di astenersi dalla pedanteria e dalla maldicenza, contemporaneamente alla necessità di essere ansiosi di scoprire e di sradicare i propri difetti, superando le proprie manchevolezze. Se professiamo lealtà per Bahá’u’lláh, per il diletto Maestro e per il caro Custode, allora dobbiamo dimostrare il nostro amore ubbidendo a questi espliciti insegnamenti: questi richiedono fatti e non parole, e nessuna fervida dichiarazione di lealtà o tante belle frasi potranno compensare l’errore di non aver vissuto nello spirito degli insegnamenti.» (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 12 maggio 1925, Guida per una Vita Bahá’í, p. 76, n. 7) 307. Gelosia ed atteggiamento meschini si possono vincere solo con tatto e amore «...egli le suggerisce di scrivere con spirito amorevole all’Assemblea Spirituale Nazionale facendo rilevare quanto l’addolora pensare che, dopo così tanti anni di servizio, asserzioni che la riguardano e che considera ingiustificate non siano rimaste riservate. Ma perfino se non sono prese dai verbali ciò non le rende né vere né false. Molte cose sono verbalizzate come opinioni; nessuno ha espresso un giudizio sull’argomento. L’unico modo per vincere la gelosia o gli atteggiamenti meschini è l’amore ed il tatto dell’insegnante; queste non sono cose che si risolvono con una norma.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 30 luglio 1946) 308. Come comportarsi con bahá’í che agiscono in maniera nociva per la Causa «Il comportamento da tenere con coloro che si ritengono bahá’í ma agiscono in maniera che crediamo sia nociva agli interessi della Causa è una questione veramente difficile. Se pensiamo di poter essere d’aiuto con un franco ed amichevole colloquio con l’interessato. astenendoci dal giudicare o condannare, ma facendo rilevare nel modo più gentile possibile perché, a nostro avviso, il tipo di comportamento in questione sia dannoso alla Causa o tra quelli proibiti dagli insegnamenti, allora sembra opportuno tentare questo metodo prima di ricorrere a quello più incisivo di riportare il caso all’Assemblea Spirituale. Ma se quello fallisce o se pensiamo che sia infruttuoso affrontare la questione in quel modo, mentre contemporaneamente il caso è così serio da richiedere che venga risolutamente trattato per l’interesse della Causa, allora la via migliore è di portarlo in Assemblea perché sia discusso in modo franco ed esauriente e siano esaminate le testimonianze necessarie al suo chiarimento. Dopo la completa valutazione, l’Assemblea Spirituale prende l’iniziativa che le sembra più opportuna e incombe a tutti i membri d’essere leali verso qualsiasi sua decisione. Esiste, naturalmente il diritto d’appello all’Assemblea Nazionale e da questa a Shoghi Effendi*, ma il caso deve essere trattato in prima istanza dall’Assemblea Spirituale Locale. ...Quando c’è un conflitto e viene francamente discusso da un gruppo di persone debitamente autorizzato e responsabile, sinceramente desideroso di trovare la migliore soluzione ed esente da pregiudizi e fini personali, allora vi è una buona probabilità di risolverlo; ma le discussioni sui difetti altrui alle loro spalle, da persone non autorizzate e che non hanno autorità per prendere iniziative in materia è sicuramente una delle più fertili cause - probabilmente la più fertile causa - di disunità, e l’importanza di mettere fine a questa abitudine deve essere bene inculcata in tutti i bahá’í.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale delle Isole Britanniche, seguita da un brano del post-scriptum del Custode, 11 febbraio 1925) *( Ora la Casa Universale di Giustizia) 309. Imparare a non occuparsi dei difetti altrui «Riguardo alla maldicenza, la Casa di Giustizia mette in evidenza che imparare a non occuparsi dei difetti altrui sembra essere una delle più difficili lezioni da apprendere e il non riuscire in ciò è un fertile motivo di disputa fra i bahá’í, com’è tra gli uomini e le donne in generale. In “Star of the West”, ottavo volume, paragrafo n. 10, pag. 138, è riportata una risposta che nel 1913 a Parigi ‘Abdu’l-Bahá diede in un colloquio privato. Gli fu chiesto: “Come posso evitare di vedere i difetti altrui o non accorgermi degli errori altrui?”, ed Egli rispose: “Voglio dirtelo. Quando ti accorgi di un difetto negli altri, pensa a te! Quali sono le mie imperfezioni? - e cerca di eliminarle. Fai ciò ogni volta che sei messo a dura prova dalle parole o dalle azioni degli altri. Così crescerai e diverrai più perfetto. Vincerai il tuo io e non avrai neanche il tempo di pensare ai difetti altrui...» «Avete compreso benissimo l’importanza di evitare la maldicenza; questa attenta alla vera unità della comunità bahá’í. In una lettera scritta a nome del Custode ad un credente si afferma: «Se siamo migliori, se manifestiamo amore, pazienza e comprensione delle debolezze altrui, se facciamo in modo di non criticare mai, ma anzi di infondere coraggio, gli altri faranno altrettanto, e potremo aiutare realmente la Causa con il nostro esempio e la nostra forza spirituale.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia, 13 agosto 1980) 310. I credenti hanno bisogno, fra loro, di più costruttori di pace - Un compito per quelli più vecchi e più maturi «Ciò di cui i credenti hanno bisogno è non solo - come dite - di studiare veramente gli insegnamenti, ma anche d’avere fra loro più costruttori di pace. Sfortunatamente, non solo le persone comuni, ma anche i comuni bahá’í, sono molto immaturi; pettegolezzo, istigazione, critica, sembra si possano mettere in pratica più facilmente dell’amore, delle parole costruttive e della cooperazione. Uno dei compiti dei bahá’í più vecchi e più maturi è quello d’aiutare i deboli ad appianare le loro difficoltà, imparare a lavorare seriamente e a vivere da veri credenti!» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 11 gennaio 1950) 311. Essere tolleranti, pazienti e pietosi, piuttosto che cedere alla maldicenza e alla critica «Nella sua lettera chiede consigli sulle implicazioni che la proibizione alla maldicenza comporta, più specificatamente, se nei momenti di rabbia o depressione, al credente è permesso rivolgersi agli amici per sfogarsi e discutere i suoi problemi in un rapporto umano. Normalmente è possibile illustrare situazioni inerenti ad un problema e cercare aiuto e consigli per risolverlo, senza necessariamente fare nomi. i credenti dovrebbero cercare di farlo sia che consulti un amico - bahá’í o no -, sia che un amico consulti lui. ‘Abdu’l-Bahá non permette critiche contro individui di cui si faccia il nome in discussioni fra amici, persino se chi critica ritenga di proteggere gli interessi della Causa. Se la situazione è di tale gravità da danneggiare la Fede, la lagnanza - come l’Assemblea Spirituale Nazionale ha affermato - deve essere sottoposta all’esame dell’Assemblea Locale o - come lei ha detto - ad un rappresentante del corpo dei Consiglieri, perché la valutino ed agiscano. In questi casi, naturalmente, sarà necessario fare il nome della persona o delle persone interessate. Lei ha anche chiesto cosa si dovrebbe fare per “gestire depressione e rabbia nei confronti di qualcuno” di cui si abbia “un’opinione molto positiva. La Casa Universale di Giustizia suggerisce di richiamare alla mente gli ammonimenti che si trovano nei nostri Scritti sulla necessità di ignorare i difetti degli altri, di perdonare e celare le loro cattive azioni, non rivelare le loro cattive qualità, ma scoprire e confermare quelle degne di lode e sforzarsi di essere sempre tolleranti, pazienti e pietosi. Brani come i seguenti, estratti Da una lettera scritta a nome del diletto Custode dal suo segretario, le saranno pure d’aiuto: “Ciascuno di noi risponde di una vita soltanto: la propria. Ciascuno di noi è incommensurabilmente lontano dall’essere perfetto come è perfetto il Padre Divino, ed il compito di perfezionare la propria vita ed il proprio carattere richiede tutta la nostra attenzione, tutta la nostra volontà e tutte le nostre energie... Negli insegnamenti bahá’í non vi è argomento su cui maggiormente si insista della necessità di essere ansiosi di scoprire e di sradicare i propri difetti, superando le proprie manchevolezze”.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad un credente, 23 settembre 1975. Parzialmente dalla compilazione Guida per una vita bahá’í, p. 76, n. 7) 312. La maldicenza: il più grande peccato «...Hai scritto riguardo alle intenzioni. Come sono benedette queste intenzioni, specialmente la prevenzione della maldicenza! Spero che possa essere confermato in essa, perché la peggiore qualità dell’uomo ed “il più grande peccato è la maldicenza”, ancor più quanto proviene dalla lingua dei credenti di Dio. Se fossero escogitati mezzi per chiudere per sempre le porte della maldicenza e se ogni credente di Dio schiudesse le labbra per lodare gli altri, allora gli insegnamenti di Sua Santità Bahá’u’lláh si diffonderebbero, si illuminerebbero i cuori, gli spiriti sarebbero glorificati e l’umanità raggiungerebbe la felicità eterna. Spero che i credenti di Dio rifuggano totalmente dalla maldicenza, che ciascuno lodi cordialmente l’altro e creda che “la maldicenza provoca la collera divina” a tal punto che se una persona sparla di un’altra anche con una sola parola può essere disonorata in mezzo agli uomini, perché la più odiosa caratteristica dell’uomo è l’ipercritica. Si devono mettere in evidenza le qualità lodevoli dell’anima e non quelle negative; gli amici devono trascurare le loro manchevolezze e colpe e parlare delle loro virtù e non dei loro difetti. Si racconta che un giorno Sua Santità il Cristo - possa la mia vita essere sacrificata per Lui -, accompagnato dai Suoi apostoli, passò accanto alla carogna d’un animale. Uno di loro disse: “Come si è decomposto questo animale!” Un altro esclamò: “Come si è gonfiato!” Un terzo gridò: “Che fetore” Che brutta carogna!” Ma Sua Santità il Cristi disse: “Guardate i suoi denti! Come sono bianchi!” Considera ch’Egli non guardò affatto i difetti dell’animale, ma anzi lo guardò bene finché non trovò i bei denti bianchi. Osservò solo il candore dei denti e trascurò del tutto la deformità del corpo, la decomposizione degli organi ed il cattivo odore. Questo è l’attributo dei figli del Regno. Questo è il comportamento dei veri bahá’í. Spero che tutti i credenti raggiungano questo stadio elevato.» (‘Abdu’l-Bahá: Tavola al Dr. M.G. Skinner, 12 agosto 1913. Star of the West, vol. IV, n. 11, p. 192) 313. La maldicenza “spegne la luce del cuore” «...La maldicenza spegne la luce del cuore e distrugge la vita dell’anima.» (Bahá’u’lláh: Il Libro della Certezza, p. 204) 314. La critica: una calamità «...La critica malevola è veramente una calamità. La sua origine è la mancanza di fede nel sistema di Bahá’u’lláh, cioè nell’Ordine Amministrativo, e il disobbedirGli perché Egli l’ha proibita! Se i bahá’í, nelle votazioni, nelle elezioni, nelle decisioni, nel servire e nel rispettare le delibere delle Assemblee, si attenessero alle leggi bahá’í, tutto questo spreco di energie nel criticare gli altri sarebbe convertito in cooperazione e raggiungimento del Piano...» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 18 dicembre 1949, Bahá’í News n. 233, p. 2, luglio 1950) 315. Sopprimere ogni pensiero di critica ed ogni parola dura «Quando osserviamo la condizione in cui si trova il mondo di oggi, dobbiamo sicuramente dimenticare queste agitazioni interne che sono completamente prive di importanza ed affrettarci su un fronte unito a salvare l’umanità. Ella deve incoraggiare i suoi amici bahá’í ad adottare questo punto di vista ed a sostenersi energicamente nel tentativo di sopprimere ogni pensiero di critica ed ogni parola dura, per permettere che lo spirito di Bahá’u’lláh permei l’intera comunità unendola nel Suo amore ed al Suo servizio.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 16 febbraio 1951, Guida per una vita bahá’í, p. 103, n. 65) 316. Azioni o affermazioni incaute «...azioni o affermazioni incaute fatte da un bahá’í in un paese potrebbero provocare una grave recessione della Fede lì o altrove, e perfino la morte di amici.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia ad un credente, 8 dicembre 1967, Wellspring of Guidance, p. 131) 317. Differenze personali e piccole preoccupazioni «Egli ritiene che dovreste fare il possibile per richiamare l’attenzione degli amici su queste grandi cose e su questi veri trionfi e distrarla dalle differenze personali e dalle piccole preoccupazioni. Adesso non è certo il momento per nessun uomo di pensare a se stesso o di occuparsi delle debolezze del fratello, ma piuttosto ogni bahá’í deve concentrarsi sui compiti da eseguire e rigenerarsi servendo Bahá’u’lláh.»“(Da una lettera scritta a nome del Custode al Comitato Nazionale d’Insegnamento (USA), 17 luglio 1950, Bahá’í News, ottobre 1970, p. 3) 318. Come aratori, ciascuno ha da controllare gli animali aggiogati «...Ciascuno di noi risponde di una vita soltanto: la propria. Ciascuno di noi è incommensurabilmente lontano dall’essere perfetto come è perfetto il Padre divino, ed il compito di perfezionare la propria vita e il proprio carattere richiede tutta la nostra attenzione, tutta la nostra volontà e tutte le nostre energie. Se permettiamo che l’attenzione e le energie si impegnino nello sforzo di raddrizzare gli altri e di rimediare ai loro difetti, perdiamo tempo prezioso. Siamo come aratori, ciascuno dei quali ha da controllare gli animali aggiogati, da dirigere il proprio aratro e, per tenere dritto il solco, deve tenere l’occhio alla meta concentrandosi sul proprio compito. Se guarderà da una parte e dall’altra per vedere come se la cavano Tizio e Caio e per criticarne l’aratura, allora di sicuro il suo solco verrà storto.» (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 12 maggio 1925, Guida per una vita bahá’í, p. 76, n. 7) 319. Essere amici di tutto il genere umano «Si deve vedere in ogni essere umano solo ciò che merita lode. Quand’è così, è possibile essere amici di tutto il genere umano. Ma se guardiamo un uomo nelle sue colpe, allora essergli amico è un’ardua impresa.» (‘Abdu’l-Bahá: Antologia, p. 163, n. 144) 320. I bahá’í si devono distinguere «Desidero per voi la distinzione. I bahá’í devono emergere dal resto dell’umanità. Ma non dipenda tale distinzione dalla ricchezza - che debbano diventare più ricchi degli altri. Non desidero per voi una distinzione pecuniaria. Non è una comune distinzione che desidero per voi; non è una distinzione scientifica, o commerciale o industriale. Per voi desidero una distinzione spirituale: cioè dovete emergere e segnalarvi nella moralità. Dovete distinguervi da tutti gli altri nell’amore per Dio; dovete eccellere perché amate l’umanità; per unità e concordia; amore e giustizia. In breve, dovete rendervi noti per tutte le virtù del mondo umano: fedeltà e sincerità, giustizia e fedeltà, fermezza e saldezza, opere filantropiche e servizio al mondo umano, amore per ogni essere umano, unità e concordia con tutti, perché eliminate i pregiudizi e favorite la pace internazionale. Infine dovete distinguervi per illuminazione celestiale e per acquisizione delle largizioni di Dio. Questa è la distinzione che desidero per voi: questo il punto in cui dovete distinguervi dagli altri.» (‘Abdu’l-Bahá: The Promulgation of Universal Peace, p. 190, Eccellenza in ogni cosa, p. 55 n. 29) 321. I credenti devono servirsi dell’amore reciproco «In verità i credenti non hanno ancora imparato perfettamente a servirsi dell’amore reciproco per trarne forza e consolazione nei momenti di bisogno. La Causa è dotata di enormi forze, ed il motivo per cui i credenti non ne traggono un maggior vantaggio è perché non hanno imparato ad attingere completamente dal grande amore, dalla forza e dall’armonia generate dalla Fede.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 8 maggio 1942, Guida per una vita bahá’í, p. 86 n. 27) 322. I peggiori nemici della Causa sono nella Causa «I peggiori nemici della Causa sono nella Causa e menzionano il Nome di Dio. Non bisogna temere i nemici esterni, perché con loro si può facilmente trattare, mentre con i nemici che si dichiarano amici e che violano di continuo ogni fondamentale legge di amore e unità è difficile trattare perché la misericordia di Dio è ancora grande. Ma fra breve questa porta di misericordia si chiuderà e questi nemici subiranno furiosi attacchi...» (‘Abdu’l-Bahá: risposte poste alle domande del Dr. E. C. Getsinger in Terra Santa. Star of the West, vol. 6 p. 45) 323. La maldicenza crea divisioni «...Se qualcuno parla male di una persona assente, l’unico risultato sarà chiaramente questo: costui sMirzarà lo zelo degli amici e tenderà a renderli indifferenti, perché la maldicenza crea divisioni, è la principale causa tra gli amici della propensione a ritirarsi. E se qualcuno parla male di una persona assente è doveroso che coloro che lo sentono lo fermino con modi spirituali e amichevoli, e gli dicano: Gioveranno queste accuse a qualche utile scopo? Farebbero piacere alla Bellezza Benedetta, potranno contribuire al durevole onore degli amici, promuovere la santa Fede, sostenere il Patto, o giovare in qualche modo a qualcuno? Nient’affatto! Al contrario, esse possono far depositare tanta cenere sul cuore che le orecchie non udrebbero più e gli occhi non vedrebbero più la luce della verità.» (‘Abdu’l-Bahá: Antologia, pp. 218-219, n. 193) 324. Quando nascono la critica e le parole dure «Quando in una comunità nascono la critica e le parole dure, non vi è altro rimedio se non quello di dimenticare il passato persuadendo tutti gli interessati a cominciare una nuova pagina e, per amor di Dio e della Sua Fede, astenersi dal parlare degli argomenti che portarono al malinteso ed alla disarmonia. Più gli amici continuano a disputare, ognuno affermando che il proprio punto di vista è quello giusto, peggiore diventerà l’intera situazione. Quando osserviamo la condizione in cui si trova il mondo di oggi, dovremmo sicuramente dimenticare queste agitazioni interne che sono completamente prive d’importanza ed affrettarci su un fronte unico a salvare l’umanità. Lei deve incoraggiare i suoi amici bahá’í ad adottare questo punto di vista ed a sostenerla energicamente nel tentativo di sopprimere ogni pensiero di critica ed ogni parola dura, per permettere che lo spirito di Bahá’u’lláh permei l’intera comunità unendola nel Suo amore e al Suo servizio.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 16 febbraio 1951, Compilazione Guida per una vita bahá’í, p. 103, n. 65) 325. Se ascoltiamo siamo colpevoli di complicità «È ovvio che, se ascoltiamo coloro che si lagnano con noi dei difetti altrui, siamo colpevoli di complicità nella loro maldicenza. Dovremmo quindi, con tutto il tatto possibile, ma in maniera ferma, fare di tutto per impedire agli altri di lanciare accuse o esprimere lagnanze nei confronti di terzi in nostra presenza.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale delle Isole Britanniche, 11 febbraio 1925) III BAHÁ’Í A. Archivi Bahá’í 326. Bahá’u’lláh raccomanda di conservare accuratamente le Tavole «...Il popolo di Dio deve fare tutto ciò che è in loro potere per proteggere e preservare le Tavole. Nella Terra di Tá alcuni incuranti presero tutto ciò che si trovava in casa degli amici. Abbiamo ordinato a tutti di salvaguardare quel che è disceso dalla Penna dell’Altissimo. Chiediamo a Dio di aiutarli ad agire secondo la Sua volontà ed il Suo desiderio e di attrarli a Sé vicino. Egli è invero l’Onnipotente, il Forte. Abbiamo ordinato a tutti di agire con saggezza, ma negli amici vediamo incuranza e negligenza. Devono proteggere le Tavole come proteggono i loro occhi, anzi con maggiore attenzione, se sono di coloro che comprendono. In verità, nessuno dovrà essere negligente nella salvaguardia delle Tavole Divine. In passato, quando si ordirono piani per catturare alcuni amici, prima di ogni altra cosa furono gli scritti che caddero nelle mani del nemico. Ciò non è permesso. Gli amici devono designare un luogo stabile e sicuro per conservare i Versetti Divini, di modo che non possano essere toccati da mani indegne, anche se quei Versetti sono, e saranno sempre, tali “che toccare non possono che i puri.1” (Bahá’u’lláh: da tre Tavole ancora inedite, citate nella Compilazione della Casa Universale di Giustizia “L’importanza della raccolta e della salvaguardia degli Scritti Bahá’í) (1) Corano, 56:79 327. Tavole e Versetti da conservare negli Archivi «In una Tavola, la Penna dell’Altissimo - riferendosi a questa fondazione (1) che consente i migliori, più sicuri, più resistenti e più perfetti mezzi per riunire, salvaguardare e classificare la sparpagliata ma crescente quantità di Scritti sacri e reliquie - affermò: “Compito dell’Unico Vero è rivelare e compito dell’uomo è diffondere ciò che è stato rivelato. Egli, invero, promulgherà la Sua Causa tramite le mani dei Suoi angeli sparsi e favoriti. Di certo le anime spirituali emergeranno da dietro il velo della protezione divina e raccoglieranno insieme i segni ed i Versi di Dio e li sistemeranno in eccellente ordine. Questo è il Suo infallibile ed irrevocabile decreto”.» (Shoghi Effendi: Messaggio di Naw-Rúz 1954 ai Bahá’í orientali, tradotto dal persiano e citato in Extracts from the Bahá’í Writings on the Subject of Writers and Writings, compilazione della Casa Universale di Giustizia, luglio 1980) (1) L’edificio degli Archivi Internazionali 328. Istituzione degli Archivi Bahá’í «L’importanza dell’istituzione degli Archivi Bahá’í non è dovuta solo alle diverse agevolazioni che procura al lavoro d’insegnamento; è essenziale che sia fondata per l’enorme quantità di dati storici ed informazioni che offre sia agli attuali amministratori della Causa, che agli storici bahá’í del futuro- L’Istituzione degli Archivi Bahá’í è veramente il più prezioso deposito di informazioni riguardanti tutti gli aspetti della Fede: storici, amministrativi e dottrinali.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi citata in una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale della Guyana, 3 febbraio 1982) 329. Le generazioni future apprezzeranno gli Archivi «...Le future generazioni di credenti saranno certamente in una condizione migliore di quella attuale per apprezzare veramente ed adeguatamente i molti vantaggi e le agevolazioni che l’istituzione degli Archivi offre ai singoli e all’intera comunità.» (Ibidem) 330. Le Assemblee devono nominare un Comitato per la revisione del materiale degli archivi «Rientra nella discrezione e competenza delle Assemblee Nazionali o Locali decidere quali documenti dei loro schedari non hanno più valore e quindi possono essere distrutti, e quali invece possono rivestire un valore storico. La selezione del materiale destinato alla conservazione nell’archivio o all’eliminazione non deve, comunque essere lasciata al giudizio di una sola persona. Perciò, quando il segretario o altra persona incaricata ha passato al vaglio i documenti, quelli destinati alla distruzione devono essere esaminati da un comitato nominato dalla vostra Assemblea, che tenga presente il valore storico di questi atti degli affari nazionali. La Assemblea potrà prendere le definitive decisioni sui suggerimenti del comitato. Gli stessi valgono per gli archivi delle Assemblee Locali.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale della Guyana, 3 febbraio 1982) 331. Ogni credente ha la responsabilità di collaborare per la preservazione delle Sacre Reliquie «...ha suggerito al Custode di chiedere alla vostra Assemblea Spirituale Nazionale di rivolgere un appello ai credenti di... per sollecitarli a cooperare con gli Archivi Nazionale e Locali di... alla raccolta e preservazione delle sacre reliquie bahá’í e, in particolare, delle Tavole e alla loro sicurezza. Poiché allo stato attuale indubbiamente si tratta di uno dei più urgenti compiti che stanno di fronte ai credenti, egli ritiene fermamente che la vostra Assemblea Spirituale Nazionale debba ancora una volta insistere con gli amici sulla necessità di dare il loro pieno e continuo appoggio al preziosissimo lavoro che i Comitati Archivi, sia Nazionali che Locali, compiono per la nostra amata Fede... Ora che la Causa attraversa rapidamente varie e molto differenti fasi della sua evoluzione è il momento che gli amici facciano del loro meglio per preservare quante più sacre reliquie e tanti altri oggetti preziosi legati alle vite dei Fondatori della Fede, ed in particolare le Tavole da loro rivelate. Ogni credente dovrebbe capire che ha una precisa responsabilità da svolgere al riguardo e quindi aiutare il più possibile per portare a termine con successo il prezioso lavoro che i Comitati Archivi Bahá’í Nazionali e Locali compiono così devotamente per la Fede a...» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti, 25 novembre 1936) 332. Si devono istituire Archivi Bahá’í in ogni centro amministrativo «Un’altra necessaria ed altamente encomiabile iniziativa è l’istituzione di un Archivio Bahá’í in ogni centro amministrativo provinciale... Chiunque di sua spontanea volontà e specialmente se i suoi eredi non sono bahá’í o egli non li consideri degli di fiducia doni del materiale agli Archivi della sua Assemblea Spirituale Nazionale, Tavole, libri, quadri, oggetti e simili, avrà compiuto un atto altamente meritorio agli occhi di Dio, il suo nome sarà perpetuato negli atti delle Assemblee Spirituali e la sua memoria custodita per sempre negli Archivi.» (Shoghi Effendi. Da una lettera ai Bahá’í Orientali, luglio 1925, tradotta dal persiano, citata nella compilazione della Casa Universale di Giustizia L’importanza della raccolta e della salvaguardia degli Scritti Bahá’í) 333. I documenti di valore storico non devono essere distrutti «La Casa Universale di Giustizia ha ricevuto la vostra lettera del 13 novembre 1975 in cui chiedete quale metodo seguire per la conservazione della corrispondenza e siamo stati incaricati di darvi la seguente risposta: “Sebbene rientri nella competenza dell’Assemblea Spirituale Nazionale decidere quali documenti dei propri schedari non abbiano più valore e vadano distrutti, dovete sempre tenerne presente il valore storico. Lettere che in questo momento sembrano di scarso valore potrebbero rivestire un grande interesse per i futuri storici dello sviluppo della Causa di Bahá’u’lláh a... Vi suggeriamo che una volta che il vostro segretario ha tirato fuori dalla documentazione quelle carte che ritiene possano essere distrutte, nominiate un comitato composto da membri della vostra Assemblea Nazionale per rivederli sotto il profilo del valore storico e sottoporne il risultato alla vostra Assemblea Nazionale. Ovviamente vanno conservati i documenti o le lettere necessari per motivi legali.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale delle Isole Gilbert e Ellice, 26 novembre 1975) B. Arti Bahá’í e Teatro 334. Le tre Figure Centrali non possono essere rappresentate «La Fede può certamente essere messa in scena, ma si devono tener presenti due condizioni: nessuno deve interpretare le Figure del Báb, di Bahá’u’lláh o del Maestro; si possono usare solamente le Loro Parole. La nota dominante del lavoro deve essere: massima dignità.» (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 19 agosto 1951) 335. Lavori teatrali «Riguardo alla vostra domanda se le Figure del Báb e di Bahá’u’lláh possono essere interpretate da attori in lavori teatrali scritti da credenti, Shoghi Effendi è dell’opinione che qualsiasi tentativo di mettere in scena le Manifestazioni sarebbe molto irriverente, per cui deve essere evitato dagli amici; e ciò anche per la Figura del Maestro. D’altra parte sarebbe praticamente impossibile realizzare un programma del genere in maniera fedele, degna e conveniente.» (Da una lettera scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti e Canada, 27 gennaio 1935) 336. I ballerini devono essere vestiti decentemente «I ballerini possono esibirsi, ma è necessaria molta attenzione perché siano vestiti in modo decente e perché i balli non siano volgari. Naturalmente non devono esserci ballerini durante le normali riunioni bahá’í. Possono esibirsi invece solisti vocali.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 19 agosto 1951) 337. La presentazione artistica della Fede attrarrà una certa categoria di persone «Luci, suoni, decorazioni floreali, etc., anche il Tempio, tutto può essere usato, purché si tenga presente che si deve raggiungere una effettiva bellezza e dignità, e si deve evitare di dare l’impressione, anche remota che si stia praticando un culto o un gruppo di “artisti”. È sempre bene ricordare che una presentazione più artistica della Causa attrarrà solo un certo genere di persone, per fortuna finora ignorato nel nostro contatto col pubblico; altri metodi devono essere usati per attrarre altre categorie, tipo gli intellettuali e le persone più riservate.» (Ibidem) 338. L’arte può risvegliare meglio sentimenti nobili «Shoghi Effendi è stato molto interessato nell’apprendere del successo di “Spettacolo delle Nazioni” da lei rappresentato... È attraverso tali manifestazioni che possiamo suscitare l’interesse di un gran numero di persone per lo spirito della Causa. Essa si propagherà come un violento incendio il giorno in cui il suo spirito ed i suoi insegnamenti saranno presentati come un tutt’uno in campo teatrale, artistico e letterario. L’arte, rispetto ai freddi ragionamenti, può meglio risvegliare sentimenti nobili, specialmente fra la massa della gente. Dobbiamo aspettare solo pochi anni per vedere come lo spirito alitato da Bahá’u’lláh troverà espressione nel lavoro degli artisti. Ciò che lei ed alcuni altri bahá’í state sforzandovi di fare sono solo i deboli raggi che precedono la fulgente luce di un giorno glorioso. Non possiamo ancora valutare il ruolo che la Causa è destinata a svolgere nella vita della società; dobbiamo darle tempo. La materia che questo spirito deve plasmare è troppo grezza e scadente, ma alla fine si piegherà e la Causa di Bahá’u’lláh si rivelerà in tutto il suo splendore.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 10 ottobre 1932) 339. Prendere parte a lavori teatrali - Ballo «Negli Insegnamenti non vi è nulla contro il ballo, ma gli amici dovrebbero ricordare che il modello di Bahá’u’lláh è modestia e castità. L’atmosfera delle moderne sale da ballo, dove regnano tanta promiscuità, il bere ed il fumo, è veramente cattiva, ma balli decenti non sono di per sé nocivi. Non vi è nulla di male nella danza classica o nell’imparare la danza nelle scuole. E non vi è certo niente di male nel prender parte a lavori teatrali o cinematografici. La cosa nociva, oggigiorno, non è l’arte in se stessa, ma la deplorevole corruzione che spesso ruota attorno a queste arti. Come bahá’í non è necessario evitare nessuna arte, bensì le azioni e l’atmosfera che talvolta accompagnano queste professioni.» (Da una lettera scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’india, 30 giugno 1952, Dawn of a New Day, p. 153) 340. Case cinematografiche «Riguardo alla sua domanda relativa all’opportunità che dei bahá’í siano legati a case cinematografiche: sebbene, in linea di principio, nulla vieti che qualche credente desideri diventare attore cinematografico, tuttavia, tenuto conto della notevole corruzione attualmente esistente in questo campo di lavoro, il Custode non consiglierebbe a nessun credente di scegliere questa professione, a meno che non sia l’unica possibile a dargli i mezzi di sostentamento.» (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 4 settembre 1935) 341. Film «Riguardo alla.. domanda se sia permesso ai bahá’í vedere film, non vi è nulla negli Insegnamenti che lo proibisca.» (Da una lettera scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’India, 14 dicembre 1940, Dawn of a New Day, p. 85) 342. Adattamento scenografico di episodi storici della Fede «A proposito della domanda relativa all’opportunità di adattare per le scene episodi della storia bahá’í, il Custode approva certamente ed anzi incoraggia gli amici ad impegnarsi in tali attività letterarie che, senza dubbio, possono avere un immenso valore per l’insegnamento. Desidera, però, che i credenti evitino di rappresentare i personaggi del Báb, di Bahá’u’lláh e di ‘Abdu’l-Bahá, considerandoli cioè come personaggi, attori che appaiano in scena, poiché ritiene - come ha già messo in evidenza - che sia proprio irriverente. Il semplice fatto d’apparire in scena costituisce un atto di mancanza di riguardo che non si concilia in nessun modo con il Loro eminentissimo rango. È preferibile che i Loro discepoli-attori riportino ed esprimano il Loro Messaggio e le Loro Parole originali.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 25 luglio 1936) 343. Non usare la luce come personificazione della Manifestazione «L’uso della luce, sia di grande intensità che in vari colori necessita della vostra attenta considerazione. Se la luce suggerisce in qualche modo una personificazione della Manifestazione di Dio non deve essere usata, ma nulla vieta il suo uso se non dà la sensazione che stia rappresentando o personificando il Profeta.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad un credente, 12 agosto 1975) 344. Proibizione di rappresentare in dipinti o disegni tutte le Manifestazioni di Dio «La proibizione di rappresentare la Manifestazione di Dio in dipinti, disegni o lavori teatrali si applica a tutte le Manifestazioni. Esistono, naturalmente, grandi capolavori artistici delle passate Dispensazioni, molti dei quali raffigurano le Manifestazioni di Dio con spirito di reverenza e amore. Ma in questa Dispensazione la maggiore maturità dell’umanità e la maggiore consapevolezza del rapporto tra la Suprema Manifestazione e i Suoi servi consentono di renderci conto dell’impossibilità di rappresentare - in qualsiasi forma umana, pittorica, scultorea o teatrale - la Persona della Manifestazione di Dio. Enunciando questo divieto bahá’í l’amato Custode ha messo in evidenza questa impossibilità.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad un credente, 9 Mirza 1977) 345. Occorre capacità per produrre un valido film sulla storia della Fede «Come senza dubbio sapete, non è permesso rappresentare le Manifestazioni di Dio in lavori teatrali e si può capire che occorre una notevole capacità per produrre un valido film sulla storia della Fede, in cui né il Báb né Bahá’u’lláh possono effettivamente apparire. Considerato l’eccelso significato del messaggio e della Rivelazione Bahá’í, qualsiasi film prodotto sotto l’egida della comunità bahá’í deve essere di ottima qualità in tutti i suoi dettagli.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad una Assemblea Spirituale Nazionale, 24 settembre 1978) C. Autori/Scrittori Bahá’í 346. Gli autori bahá’í dovrebbero scrivere in modo da attrarre le anime «...Qualsiasi cosa sia scritta non deve andare oltre i limiti del tatto e della saggezza e le parole usate devono celare le proprietà del latte, affinché i figli del mondo possano essere nutriti e giungere alla maturità. Abbiamo già detto in passato che una parola ha l’influenza della primavera e indurre i cuori a rinfrescarsi ed inverdire, mentre un’altra è come la nebbia che d’inverno fa appassire frutteti e fiori. Conceda Dio che gli amici-autori scrivano in maniera tale da essere bene accetti alle anime equanimi, e non inducano la gente a cavillare.» (Bahá’u’lláh: Estratti dagli Scritti Bahá’í sul tema Scrittori e Testi: una compilazione, p. 3, luglio 1980) 347. Gli scrittori bahá’í, prima di pubblicare le loro opere, devono ottenere l’approvazione dell’Assemblea Nazionale del paese nel quale saranno pubblicate «Non è competenza del Centro Mondiale revisionare gli scritti che i bahá’í intendono pubblicare. Come Lei sa, gli autori bahá’í che scrivono sulla Fede, prima di pubblicare le loro opere, devono ottenere l’approvazione dell’Assemblea Nazionale del paese in cui saranno pubblicate. Nulla da obiettare alla presentazione del suo manoscritto ad un editore non bahá’í, purché approvato, prima, dall’Assemblea Nazionale.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad un credente, 10 dicembre 1981) 348. Autori e scrittori bahá’í dovrebbero accettare di buon grado la revisione delle loro opere «Gli autori bahá’í dovrebbero accettare di buon grado la revisione delle loro opere e possono dare un grande aiuto a questo lavoro facendo avere a ciascun membro del Comitato di Revisione una copia del manoscritto. Gli autori bahá’í possono far revisionare le loro opere ad una qualsiasi Assemblea Spirituale Nazionale e, una volta approvate, possono farle pubblicare da qualunque editore piaccia loro, bahá’í o non bahá’í, nazionale o estero. Comunque, è bene ricordare che l’approvazione deve essere data dall’Assemblea Spirituale Nazionale del paese in cui l’opera sarà pubblicata per la prima volta; e, nel caso in cui l’editore non sia bahá’í, l’autore deve pretendere che venga impiegato il sistema di traslitterazione attualmente usato nella Fede per le lingue con alfabeto romano. È auspicabile che gli autori bahá’í assicurino un costante flusso di nuovi lavori. Libri introduttivi, commentari, dissertazioni sui vari aspetti della Rivelazione, libri di testo, racconti, riviste, materiale audiovisivo, sono mezzi che servono tutti a stimolare lo studio della Fede ed a promuovere il vitale lavoro d’insegnamento.» (Casa Universale di Giustizia, da Memorandum on Bahá’í Publishing - Ri?ván 1971) 349. Revisione di articoli scritti da credenti per riviste «A pagina 3 del numero di febbraio di Bahá’í News è detto che articoli sulla Causa scritti da credenti secondo la loro comprensione degli insegnamenti e da pubblicarsi su riviste non necessitano di revisione ufficiale. Egli pensa che questa affermazione alla luce delle istruzioni del Maestro, secondo Cui articoli sulla Causa non devono essere pubblicati su iniziativa di singoli, a meno che non siano approvati da qualche istituzione responsabile, sia poco saggio. “l Custode dice che le Assemblee Locali possono rivederli senza rimetterli ad un comitato nazionale. Spesso le persone, sulla scia del loro entusiasmo, esprimono concetti nocivi alla Fede, e quindi è necessario che sottopongano i loro articoli alla loro Assemblea Spirituale locale o al Comitato Nazionale di Revisione.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti Canada, 13 aprile 1946) 350. Comitato Revisioni «È consigliabile che il Comitato Revisioni sia piccolo, composto da due o tre credenti con adeguata istruzione e conoscenza della Causa. È essenziale che i lavori sottoposti siano esaminati rapidamente. Le norme che i revisori devono osservare sono le seguenti: a) conformità agli insegnamenti, b) precisione, c) dignità nell’esposizione. L’Assemblea Nazionale, in base al rapporto del Comitato Revisioni, concede o meno l’approvazione. “...In linea generale la funzione di un comitato revisioni consiste nell’accertare che il lavoro presenti la Causa in maniera accettabile. I revisori potranno guadagnarsi la gratitudine e la simpatia degli autori richiamando la loro attenzione su eventuali errori ortografici o grammaticali, ma non si può rifiutare l’approvazione su queste basi. Questo dettagli sono questioni editoriali da discutere fra autore ed editore.» (Casa Universale di Giustizia: Memorandum circa le Pubblicazioni Bahá’í - Ri?ván 1971) 351. Dovere dei bahá’í di presentare la Fede in modo dignitoso «Approviamo che abbiate scritto al Dipartimento della Pubblica Informazione e pubblicato una dichiarazione rivolta agli autori bahá’í, perché non tentino o non si facciano convincere a scrivere articoli sulla Fede per pubblicazioni dozzinali. Tutti i bahá’í devono presentare la Fede in modo dignitoso e quindi, scrivendo articoli su di essa prendere anche in considerazione il tipo di rivista o altro giornale in cui dovranno apparire. Ci fosse qualche perplessità sulle loro caratteristiche dovrebbero consultarsi con l’Assemblea Spirituale Nazionale. Inoltre tutti gli autori devono ricordare che qualsiasi scritto sulla Fede destinato alla pubblicazione deve essere revisionato prima d’essere presentato all’editore.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti, 15 settembre 1968) 352. Funzione e scopo della revisione «La funzione della revisione è essenzialmente quella di verificare l’esposizione che l’autore fa della Fede Bahá’í e dei suoi insegnamenti che può includere anche il controllo di qualunque citazione dagli Scritti. Questa funzione non deve essere confusa con la valutazione del valore letterario ed editoriale del lavoro, che normalmente è prerogativa dell’editore...» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale delle Isole Britanniche, 11 Mirza 1965) 353. Scopo della revisione «...Scopo della revisione è proteggere la Fede - in questo primo stadio della sua esistenza - dalla esposizione errata dei suoi stessi seguaci, dato che sono relativamente poche le persone che hanno qualche conoscenza d’essa. Un’errata presentazione degli Insegnamenti su un giornale culturale, da parte di un bahá’í considerato erudito, per questo solo fatto farebbe maggior danno di un’erronea presentazione di un oscuro autore bahá’í senza alcuna pretesa di cultura.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad un credente, 8 ottobre 1980) 354. Nessun divieto per i bahá’í di scrivere romanzi storici «Non vi sono obiezioni a che i bahá’í scrivano romanzi che raccontino eventi storici e rappresentino figure della Fede. Comunque, considerata l’impossibilità di descrivere adeguatamente la persona della Manifestazione di Dio e l’implicita mancanza di rispetto insita in simile tentativo, la Casa di Giustizia ritiene che ciò non debba essere fatto. Naturalmente possono essere riportate le Sue parole e possono essere raccontati gli eventi della Sua vita, ma in tal caso occorre essere molto attenti affinché vengano citate le parole esatte disponibili nelle traduzioni autorizzate, e perché non vengano distorti gli eventi della storia bahá’í. In generale, romanzi e novelle - che gli scrittori sperano favoriscano la conoscenza della Causa di Dio - raggiungeranno meglio questo scopo se si mettono a confronto gli antefatti di particolari eventi o si descrive il processo di sviluppo della Causa che non descrivendo semplicemente gli stessi avvenimenti storici e le persone che vi presero parte. La realtà dei fatti accaduti e dei veri personaggi è così molto più convincente di qualsiasi resoconto romanzato. A questo proposito il segretario del Custode così scrisse a suo nome: “Egli non consiglierebbe il romanzo come strumento d’insegnamento: le condizioni del mondo sono troppo critiche per consentire di procrastinare l’insegnamento diretto legato al nome di Bahá’u’lláh. Ma qualunque adatto approccio alla Fede, che soddisfi questo o quel gruppo, è certamente meritevole d’essere tentato, dato che vogliamo portare la Causa agli uomini di tutte le classi sociale e di ogni mentalità.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad un credente, 23 settembre 1980) 355. Giornalisti «Nulla in contrario che lei faccia il giornalista, purché cerchi di evitare gli argomenti politici e specialmente le grosse questioni Est-Ovest. Lei ha talento nello scrivere e ciò le può essere d’aiuto sia dal punto di vista finanziario, che per instaurare contatti con la Fede.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 30 novembre 1950) 356. Scienze che cominciano e finiscono con parole - Bahá’u’lláh non ha mai inteso includere i romanzi in questa categoria «Ciò che Bahá’u’lláh intende principalmente con “scienze che cominciano e finiscono con parole” sono quei trattati teologici e quei commentari che confondono la mente umana piuttosto che aiutarla a raggiungere la verità. Gli intellettuali passano la vita a studiarli, ma non arrivano a nulla. Certamente Bahá’u’lláh non ha inteso mai includere in questa categoria i romanzi; inoltre, sapere di stenografia e dattilografia è una capacità utilissima, indispensabile nell’attuale vita sociale ed economica. Ciò che Lei può e deve fare è usare i suoi racconti perché siano sorgente d’ispirazione e guida per coloro che li leggono. Con questi mezzi a sua disposizione può diffondere lo spirito e gli insegnamenti della Causa, mostrare i mali della società e come porvi rimedio. Se possiede un vero talento nello scrivere, lo consideri un dono di Dio e faccia di tutto per usarlo per migliorare la società.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 30 novembre 1932, citata nella compilazione della Casa Universale di Giustizia, Writers and Writings) 357. La Fede ha bisogno di autori bahá’í «Circa il consiglio che gli ha chiesto, egli pensa che consacrare tutta la propria vita agli studi con l’obiettivo di diventare un autore bahá’í è piuttosto rischioso. Abbiamo molto bisogno di autori bahá’í, ma deve essere sicuro che il suo talento le consenta di guadagnarsi da vivere e di servire contemporaneamente la Fede. Egli ritiene che la miglior cosa da fare per lei è dedicarsi ai suoi studi per acquisire una buona istruzione, se preferisce secondo un percorso letterario. (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 14 maggio 1957) 358. Tesi di laurea e simili «È stato deciso che le tesi di laurea e relazioni simili da presentare per il conseguimento di titoli di studio non siano soggetti a revisione bahá’í, a meno che non debbano essere pubblicati più ampiamente di quanto sia richiesto per il conseguimento del titolo in questione.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad un credente, 11 maggio 1982) 359. Nessun editore da il diritto di modificare un manoscritto «Una casa editrice ha il diritto di rifiutare la pubblicazione di qualunque particolare libro, come un’Assemblea Nazionale ha il diritto di revisionare, per motivi di esattezza ed opportunità, qualsiasi pubblicazione bahá’í le venga sottoposta. Ma nessun editore può alterare o modificare il manoscritto di un autore a sua insaputa e senza il suo consenso.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti, 28 luglio 1966) D. Pubblicazioni bahá’í, traduzioni, revisioni e diritti d’autore 360. Notiziari e bollettini bahá’í - Perché la diffusione è limitata ai soli bahá’í «In risposta alla vostra richiesta del 18 novembre 1982 sul perché la diffusione dei notiziari e bollettini bahá’í è limitata ai soli credenti, la Casa Universale di Giustizia ci ha chiesto di citarvi qui appresso passi tratti da lettere scritte da lui o per suo conto ad altre Assemblee Spirituali Nazionali che avevano fatto domande simili: “Con riferimento alla vostra lettera del 31 ottobre sul perché la diffusione dei Notiziari bahá’í deve essere circoscritta ai soli bahá’í, vogliamo sottolineare che le motivazioni sono le stesse che limitano la partecipazione alla Festa del Diciannovesimo Giorno. Un bollettino bahá’í presuppone che il lettore sia bahá’í e che contenga quindi notizie di carattere strettamente interno di nessun interesse per il pubblico in generale, il quale - non avendo dimestichezza con gli insegnamenti bahá’í - in taluni casi potrebbe trarre da esse una cattiva impressione. Comunque, non abbiamo nulla in contrario che gli amici mostrino i Notiziari ai non bahá’í o perché desiderano vederlo, o perché a volte lo trovano utile. Inoltre se le parole “Solo per Bahá’í” stampate su alcuni notiziari dovessero apparire offensive ai non bahá’í, non è necessario che compaiano su tutte le copie. In risposta alla vostra domanda circa la pratica di riservare i Bollettini Bahá’í solo ai credenti, la Casa di Giustizia ci ha chiesto di spiegarvi che la loro diffusione è limitata ad essi perché contengono principalmente notizie di carattere interno e le Assemblee devono essere in condizione di scrivere liberamente ai credenti senza preoccuparsi di comunicare talune informazioni che potrebbero facilmente risultare incomprensibili ad un lettore non bahá’í. In altre parole, un Bollettino bahá’í non è segreto, ma è semplicemente un giornale ad uso interno, concepito per lettori informati”.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale del Messico, 19 dicembre 1982) 361. Uso degli accenti delle parole arabe e persiane nei testi spagnoli «Quanto alla vostra domanda sull’uso o meno degli accenti della parola bahá’í (e veramente anche delle altre parole traslitterate dall’arabo e dal persiano) quando viene stampata interamente con lettere maiuscole, è opportuno che in tutto il mondo di lingua spagnola venga seguito un criterio uniforme, a meno che il loro uso vari in maniera significativa da paese a paese. Vi suggeriamo, quindi, di girare la domanda alle due Case Editrici bahá’í spagnola ed argentina, per avere i loro consigli. L’elemento che deve guidarvi non è l’uso degli accenti sulle parole spagnole, ma l’uso degli accenti sulle lettere maiuscole delle parole straniere - come la dieresi tedesca, etc. - nei testi in lingua spagnola. Si deve tener presente che, mentre in spagnolo l’accento indica semplicemente una tonalità più intensa, nella traslitterazione delle parole persiane indica una variazione nell’articolazione della vocale. Per esempio, le parole “Váhid” e “Vahíd” hanno differente significato e diversa pronuncia.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale del Messico, 22 luglio 1984) 362. Pubblicazioni del Centro Mondiale - Nessun divieto di citazione «Per gli autori bahá’í, le istituzioni e le case editrici non esiste alcun divieto d’utilizzare citazioni tratte da pubblicazioni del Centro Mondiale, e non occorre richiedere il permesso. Questo si applica anche alle compilazioni del Centro Mondiale già pubblicate. Il permesso di riportare citazioni da pubblicazioni di Case Editrici deve essere invece accordato espressamente dalla casa editrice interessata, eccetto che nei casi in cui abbia semplicemente stampato la compilazione ricevuta dal Centro Mondiale. Ovviamente, gli autori bahá’í devono sottoporre i loro lavori a revisione da parte dell’Assemblea Nazionale del paese nel quale verranno stampati.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia, 11 dicembre 1980) 363. Autorizzazione di copyright per le Sacre Scritture non necessaria per credenti ed Assemblee Bahá’í «La Casa Universale di Giustizia ha avuto modo recentemente di notare che, in diverse parti del mondo, le Assemblee e i singoli credenti abbiano la convinzione che, prima di riportare in qualche pubblicazione passi dalle Sacre Scritture, si debba ottenere l’autorizzazione di copyright. Siamo stati incaricati di chiarirvi che le Assemblee Spirituali e i credenti sono liberi di citare nelle loro pubblicazioni qualunque brano degli Scritti delle tre Figure Centrali della Fede o di quelli dell’amato Custode, sia in lingua originale che tradotti senza ottenerne l’autorizzazione dal titolare dei diritti d’autore a meno che - nel caso di traduzione - il titolare non sia un individuo o un’istituzione non bahá’í. Ci rendiamo conto che questa regola può compromettere i diritti d’autore, ma pensiamo che sia un rischio da correre. La norma tende a far sì che le Sacre Scritture della nostra Fede e gli scritti del diletto Custode siano liberamente utilizzati dai credenti, e ciò non cambia la richiesta già esistente che i credenti, prima della pubblicazione, sottopongano a revisione i loro lavori sulla Fede, né solleva le Assemblee Spirituali dalla responsabilità di salvaguardare la sua dignità e di mantenere un profondo rispetto nell’uso delle Sacre Scritture. Quindi se un’Assemblea si avvede che un amico sta facendo un uso non adatto dei Sacri Testi deve ammonirlo e - se necessario - intimargli di smettere.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti, 4 settembre 1981) 364. In inglese scrivere i pronomi in maiuscolo «Il Custode desidera che il vostro Comitato scriva tutti i pronomi in maiuscolo quando si riferiscono a Bahá’u’lláh, al Báb ed al Maestro, anche se i notiziari non usano farlo.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi al Comitato Bahá’í News Service, 5 febbraio 1938) A proposito della sua domanda sull’uso delle lettere maiuscole nei pronomi, il Custode comprende che ciò appare un poco strano per i non bahá’í, ma ritiene che noi - essendo credenti ed avendo piena consapevolezza del rango delle Figure Centrali della Fede - dobbiamo farlo sempre come segno di rispetto.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 22 novembre 1949) 365. Uso, nelle altre lingue, della maiuscola per i pronomi «Gli interessa che si realizzino due cose: che nelle lingue europee vi sia quanta più uniformità possibile con il testo inglese e che le traduzioni bahá’í non vengano effettuate in aperta violazione delle regole della lingua in cui viene tradotta la nostra letteratura. Il vostro Comitato deve studiare con cura la questione e poi fare del suo meglio affinché la letteratura bahá’í in francese soddisfi gli alti modelli della lingua e della grammatica. Se in francese gli aggettivi ed i pronomi possessivi e dimostrativi, che si riferiscono a Dio, non vengono mai scritti in maiuscolo, allora non dovrà essere fatto nemmeno nella letteratura bahá’í; ma se esiste un precedente, allora occorre farlo. Lo stesso vale per gli attributi di Dio.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi al Comitato Nazionale Francese di Traduzione e Pubblicazione, 15 febbraio 1957) 366. Virgolette - Deve essere mantenuto il rigoroso modello inculcato dalla Causa «Inoltre il Custode ritiene sia assolutamente essenziale che in tutte le pubblicazioni del vostro Comitato vengano usate le virgolette ogni qualvolta si citino passi dagli Scritti sacri bahá’í. Gli amici devono stare attenti a mantenere sempre il rigoroso modello instillato dalla Causa, senza scendere facilmente a compromessi con quelli attualmente comunemente accettati.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi al Comitato del Bahá’í News Service, 5 febbraio 1938) 367. L’Assemblea Spirituale Nazionale autorizza le traduzioni tramite un Comitato Traduzioni - Uso del metodo di traslitterazione del Custode «L’Assemblea Spirituale Nazionale che intraprende una traduzione, - generalmente tramite un apposito Comitato di traduttori bahá’í - è anche l’istituzione che la “autorizza” e l’approva. In alcuni casi, in mancanza di traduttori bahá’í, non vi sono obiezioni - in linea di principio - che si affidi il lavoro a non bahá’í. Completata la traduzione, solitamente l’Assemblea Spirituale Nazionale nomina un Comitato Revisione o stabilisce comunque i sistemi per provvedere alla revisione. Noterete dall’accluso memorandum che - ferme le eccezioni lì indicate - le traduzioni dei Testi Sacri in lingue diverse dall’inglese devono essere fatte da quelle inglesi del Custode se esistono, e quando non esistono, si chiede il parere della Casa Universale di Giustizia. Nel caso della lingua spagnola, per evitare una duplicazione di sforzi e per ottenere la massima precisione, l’Assemblea Nazionale è libera di consultare l’EBILA e/o l’Assemblea Spirituale Nazionale spagnola; infatti la Casa di Giustizia incoraggia la più stretta collaborazione fra tutte le istituzioni amministrative e le case editrici responsabili della produzione letteraria in spagnolo. Riguardo alla traslitterazione delle parole persiane e arabe, la Casa di Giustizia richiede che venga seguito il metodo adottato dall’amato Custode e descritto in diversi volumi del “Bahá’í World”, poiché esso permette a tutte le lingue con alfabeto latino di traslitterare quei termini nello stesso modo in tutto il mondo bahá’í.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale di Panama, 16 luglio 1979) 368. Istruzioni per la traduzione degli Scritti sacri bahá’í «Le traduzioni in lingue diverse da quelle di ceppo arabo e persiano devono essere fatte dalle traduzioni inglesi approvate, piuttosto che dagli originali. In questi casi è sempre utile che il traduttore possa anche controllare gli originali. Tutte le nuove traduzioni in inglese e le revisioni delle prime traduzioni in questa lingua devono essere controllate dal Centro Mondiale e approvate ufficialmente prima della pubblicazione. Ogni credente è libero di tradurre per suo uso personale ciò che desidera, ma la divulgazione e la pubblicazione di tali lavori deve essere sottoposta all’approvazione della competente Assemblea Spirituale Nazionale o, nel caso di traduzioni in inglese, del Centro Mondiale. a) Se un credente, di sua iniziativa, fa la traduzione di un brano può, se vuole, metterla a disposizione di un’Assemblea Spirituale, ma ciò non gli può essere imposto. b) Se una traduzione, fatta spontaneamente da un credente, viene approvata e pubblicata, egli conserva il diritto d’autore, a meno che, ovviamente, non voglia cederlo. Quando un’Assemblea Nazionale desidera si faccia una traduzione è preferibile che il compito sia svolto da un comitato, piuttosto che da singoli credenti, come ebbe a spiegare ‘Abdu’l-Bahá a) I membri del comitato non devono necessariamente essere tutti bahá’í b) Le traduzioni fatte da un comitato sono di proprietà dell’Assemblea che lo ha nominato e non dei membri di esso. c) Ad eccezione di quelle in inglese, la traduzione fatta da un comitato non necessita di controllo, a meno che l’Assemblea non lo ritenga utile. d) Secondo le istruzioni di Shoghi Effendi, sui libri tradotti deve essere indicato il nome del comitato, ma non quello dei singoli membri.» (Casa Universale di Giustizia: da Istruzioni per la traduzione degli Scritti sacri bahá’í, allegate a una lettera scritta a suo nome all’Assemblea Spirituale Nazionale di Panama, 16 luglio 1979) 369. Incarico di traduzione affidato a singoli - Traduzioni di proprietà dell’Assemblea «Se non è possibile formare un comitato traduzioni, occorrerà necessariamente affidare il lavoro a singole persone. a) Quando una persona è incaricata da un’Assemblea di fare una traduzione, questa non è di proprietà del traduttore, bensì dell’istituzione, anche se il lavoro è fatto gratuitamente. È consigliabile che, prima di iniziare il lavoro, si concordino per iscritto questa ed altre eventuali questioni, affinché in seguito non sorgano malintesi. b) Se possibile, prima della pubblicazione, una traduzione fatta da una sola persona deve essere controllata ed è bene che ciò sia fatto da un comitato, piuttosto che da un individuo c) Nel caso di traduzione fatta da un singolo, il suo nome - se lo desidera - può essere indicato sul testo pubblicato. Generalmente il ringraziamento ai traduttori deve comparire su tutti i lavori integrali e le compilazioni che vengono pubblicate, come sui libri che riportano brani tradotti. a) Il ringraziamento per la traduzione non deve invece apparire nel caso di brani citati nelle comunicazioni provenienti da istituzioni bahá’í, anche se vengono pubblicate. b) Ugualmente, non occorre che compaia sui volantini e gli opuscoli, a meno che non sia previsto dalla legge.» (Ibidem) 370. Traduzione di letteratura bahá’í in un linguaggio semplice - Semplificazioni e parafrasi non devono essere pubblicati come Scritti «In risposta alla vostra lettera del 20 aprile circa le traduzioni in francese o creolo adoperando parole più semplici di quelle dei testi originali, la Casa Universale di Giustizia ci ha incaricato di trasmettervi le seguenti tre citazioni. Esse chiariscono che un brano in inglese può essere reso in un inglese più semplice al fine di facilitarne la traduzione in un’altra lingua o dialetto. Tuttavia, non è permesso pubblicare come Scritti Bahá’í semplificazioni o estratti parafrasati da quelli. Abbiamo notato che in molti paese vi è la tendenza a tradurre la letteratura bahá’í nel linguaggio corrente semplice ed usuale di quel paese. A ciò comunque, non va attribuita molta importanza. Diverse Tavole di Bahá’u’lláh e di ‘Abdu’l-Bahá sono scritte nell’originale persiano e arabo in un linguaggio eccelso, molto poetico e noterete, per esempio, che per le traduzioni degli Scritti di Bahá’u’lláh in inglese il diletto Custode non usa l’inglese colloquiale dei nostri giorni, bensì uno stupendo stile altamente poetico, ricco di espressioni arcaiche che ricordano le traduzioni della Bibbia.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia ad un’Assemblea Spirituale Nazionale, 7 ottobre 1973) « Ovviamente la letteratura per l’insegnamento e i libri divulgati sulla Fede possono essere scritti in un inglese semplice. Comunque, riteniamo che gli Scritti sacri si debbano pubblicare usando nella traduzione un inglese normale, ma non abbiamo nulla da obiettare che vi compaia accanto un inglese semplice con il chiarimento che si tratta di parafrasi della Parola Sacra. Quindi, per la gente di..., che ha difficoltà a capire l’inglese medio, la versione semplificata verrà usata come una spiegazione comprensibile degli Scritti. Nel caso di letteratura per l’insegnamento che contenga citazioni dagli Scritti, queste potrebbero essere parafrasate o si potrebbe usare un inglese elementare con la versione normale delle note a piè di pagina. Questo metodo inoltre darebbe alla gente di... la possibilità di migliorare la sua conoscenza della lingua inglese.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad un’Assemblea Spirituale Nazionale, 20 settembre 1973) Naturalmente è permesso tradurre gli Scritti Bahá’í in altre lingue e dialetti. È possibile inoltre semplificarli o parafrasarli per consentirne la traduzione in lingue e dialetti che dispongono di un limitato vocabolario. Però non è permesso pubblicare come Scritti Bahá’í semplificazioni o parafrasi di essi.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad un’Assemblea Spirituale Nazionale, 13 Mirza 1969) (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale della Guadalupa, 13 maggio 1986) 371. I traduttori devono utilizzare le edizioni più recenti dei libri «La Casa Universale di Giustizia ci ha incaricato di consigliarvi di basare la traduzione di tutti i libri sulle loro edizioni in corso. In ogni caso potete consultare l’editore originario e richiedere l’ultima ristampa o l’edizione più recente per essere certi che tutte le correzioni approvate siano contenute nella vostra traduzione.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale di Taiwan, 22 maggio 1984) E. Argomenti Vari 372. Venerdì - giorno di riposo nel calendario bahá’í «‘Abdu’l-Bahá non dà alcuna spiegazione sul perché il venerdì sia stato scelto quale giorno di riposo nel calendario bahá’í; Egli, semplicemente lo afferma.» (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 10 luglio 1939, Bahá’í News n. 162, aprile 1943, p. 5) 373. Uso delle date bahá’í «È consigliabile usare sia le date bahá’í, secondo il calendario bahá’í, sia le date secondo l’usuale calendario gregoriano. Ora gli amici sono liberi di fare come credono.» (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 24 dicembre 1943, Bahá’í News n. 173, febbraio 1945, p. 11) 374. Designazione di Fede Bahá’í «In risposta alla vostra lettera del 26 gennaio, ci rendiamo conto che vi sono occasioni in cui può essere giustificato e utile l’uso del termine “Fede Mondiale Bahá’í”. In ogni modo, speriamo che gli amici perdano a poco a poco l’abitudine di usare così largamente come fanno ora questo termine; la designazione di “Fede Bahá’í” è più dignitosa e preferibile. Ogni aggettivo aggiunto a questo nome tende a sminuirne il rango e può dare l’errata impressione che esistano altre Fede Bahá’í.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale delle Isole Britanniche, 5 febbraio 1967. Copia a diverse Assemblee Spirituali Nazionali) 375. Simbolo della Fede Bahá’í - La stella a cinque punte «...A rigor di termini, la stella a cinque punte, così come adoperata dal Báb e secondo i Suoi chiarimenti, è il simbolo della nostra Fede. Ma il Custode non ritiene che sia saggio o necessario complicare le nostre spiegazioni sul Tempio aggiungendo questa precisazione.» (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 28 ottobre 1949), U.S. Supplement to Bahá’í News n. 50, p. 4, aprile 1962) IV. VITA BAHÁ’Í, EGO, SACRIFICIO, IO E SERVIZIO A. Vita Bahá’í 376. La cosa importante è “vivere la vita” «La cosa importante è “vivere la vita”: fare in modo che la nostra vita sia così satura degli insegnamenti divini e dello spirito bahá’í che la gente non possa fare a meno di vedere nel nostro carattere e in ciò che facciamo una gioia, una forza, un amore, una purezza, una radiosità ed un’efficienza che ci distingueranno dalle persone che sono attaccate alle cose terrene e farà sì che la gente si domandi quale sia il segreto della nostra nuova vita. Dobbiamo diventare tanto altruisti e dediti a Dio che ogni giorno ed ogni momento dovremmo cercare di fare soltanto ciò che Dio vorrebbe e nel modo in cui Egli vorrebbe. Se facciamo così con sincerità saremo in perfetta unità e armonia l’un con l’altro. Ovunque vi sia carenza di armonia, manca il vero spirito bahá’í. Se nella nostra vita non possiamo dimostrare questa trasformazione, questo nuovo potere, questa armonia e questo amore reciproco, allora per noi gli insegnamenti bahá’í non sono che parole.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 2 febbraio 1925. Compilazione Guida per una vita bahá’í, p. 75, n. 6) 377. Distinzione «Desidero per voi la distinzione. I bahá’í devono emergere dal resto dell’umanità. Ma non dipenda tale distinzione dalla ricchezza - che debbano diventare più ricchi degli altri. Non desidero per voi una distinzione di natura economica. Non è una comune distinzione che desidero per voi; non è una distinzione scientifica, o commerciale, o industriale. Per voi desidero una distinzione spirituale: dovete cioè emergere e segnalarvi nella moralità. Dovete distinguervi da tutti gli altri nell’amore per Dio; dovete eccellere perché amate l’umanità; per unità e concordia; amore e giustizia. In breve, dovete distinguervi per tutte le virtù del mondo umano; lealtà e sincerità, giustizia e fedeltà, fermezza e saldezza, opere filantropiche e servizio al mondo umano, amore per ogni essere umano, unità e concordia con tutti, perché eliminate i pregiudizi e favorite la pace internazionale. Infine dovete distinguervi per illuminazione celestiale e per acquisizione delle largizioni di Dio. Questa è la distinzione che desidero per voi; questo deve essere il vostro tratto di distinzione.» (‘Abdu’l-Bahá: Promulgation of Universal Peace, p. 190. Compilazione Eccellenza in ogni cosa, p. 55, n. 29) 378. Necessario vivere secondo gli insegnamenti per attrarre i cuori degli altri «In verità se gli amici cercassero e si sforzassero di diventare loro stessi dei bahá’í al cento per cento, vedrebbero quanto la loro influenza sugli altri aumenterebbe e con quanta rapidità si diffonderebbe la Causa. Il mondo non è alla ricerca di compromessi, ma dell’incarnazione di un alto e luminoso ideale. Più gli amici vivranno secondo gli insegnamenti in ogni aspetto della loro vita, a casa, negli affari, nei rapporti sociali, maggiore sarà la forza d’attrazione che eserciteranno sul cuore del prossimo. Egli si è compiaciuto di vedere che lei, con naturalezza, convinzione e buona volontà verso tutti, vive con gente di colore e insegna loro. Se i bahá’í vivessero, come dovrebbero, secondo gli insegnamenti, aumenterebbe ancora di più - malgrado l’opposizione di alcuni - l’ammirazione delle persone equanimi.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 23 gennaio 1945, parzialmente in compilazione Eccellenza in ogni cosa, p. 64, n. 45) 379. I bahá’í devono restare aggrappati alla loro Fede e gli uni agli altri «In questi giorni in cui discordia e disunità dilagano nel mondo, i bahá’í devono restare aggrappati alla loro Fede e gli uni agli altri, e proteggere l’unità della Causa a dispetto di ogni difficoltà e sofferenza. Spesso i primi tentativi dell’amministrazione della Fede di lavorare armoniosamente sono ardui, perché il singolo deve imparare a sottomettere la sua volontà a quella dell’insieme; comunque questi sono dettagli e gli amici devono concentrarsi sul lavoro costruttivo per la Causa.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un gruppo di credenti, 7 maggio 1941) 380. La Fede si proclama con amore, ospitalità, comprensione e volontà di aiutare «Egli si è molto compiaciuto di vedere con quanto amore e devozione lei ha accettato la nostra amata Fede e come è desideroso di servirla. Non siamo tutti in grado di servire alla stessa maniera, ma ogni bahá’í può diffondere la Fede tramite l’esempio. Questo tocca il cuore molto più profondamente di quanto non possano fare le parole. L’amore che manifestiamo agli altri, l’ospitalità e la comprensione, la volontà di aiutarli, questi sono i modi migliori per proclamare la Fede. La gente ne vorrà sentire parlare quando vedrà queste cose nel nostro modo di vivere. Il Custode pregherà affinché Bahá’u’lláh la aiuti e le dia forza per insegnare la Sua Causa a molte anime.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 14 ottobre 1943. Parzialmente in compilazione Insegnamento, p. 31, n. 60) 381. Come acquisire pace interiore «...La pace interiore si ottiene concentrando la coscienza spirituale sul Profeta di Dio; perciò deve studiare gli insegnamenti spirituali e ricevere l’Acqua di Vita dalle Parole Sante. Poi, trasformando in azione questi alti ideali, il suo intero essere proverà gioia ed entusiasmo.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 15 ottobre 1952) 382. Non dare l’impressione di essere fanatici - Cercare d’essere versatili, normali ed equilibrati «Ha fatto una domanda a proposito della insofferenza spirituale: i bahá’í devono cercare di essere versatili, normali ed equilibrati di mente e di spirito. Non dobbiamo dare l’impressione di essere fanatici, ma dobbiamo contemporaneamente vivere secondo i nostri principi.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 12 Mirza 1946. Compilazione Guida per una vita bahá’í, p. 93, n. 44) 383. Quello che conta è la vita intima dello spirito «La gente dovrebbe capire che ciò che conta è la vita intima dello spirito; ma è così accettato ed ingannato dai desideri mondani da attirare su di sé tutte le sofferenze che vediamo oggi nel mondo. I bahá’í cercano di ricondurre le persone alla conoscenza del loro vero io e del vero scopo per cui furono create e quindi alla massima felicità e benessere.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 24 luglio 1943) 384. Approfondendosi e vivendo la vita si diventa saldi come rocce «Egli spera che queste anime ricettive da lei attratte nel movimento diventino, approfondendosi nello studio e vivendo la vita bahá’í, salde come rocce su cui la Causa possa erigere il suo futuro tempio spirituale: il tempio dei cuori. In uno dei Suoi più belli ed entusiasmanti poemi scritto nei primi giorni della Sua missione, Bahá’u’lláh ci impone di non estraniarci e non divenire un ostacolo se desideriamo vivere e raggiungere il nostro benessere. Nel caso, tuttavia, fossimo pronti a sacrificarci interamente sul sentiero di Dio, allora dovremmo affrettarci verso di Lui e seguire la Sua via. La Causa ha bisogno proprio di ferventi ed altruisti servi e non di tiepidi seguaci pronti a raccogliere i frutti, ma restii a partecipare al conseguimento della vittoria. Shoghi Effendi spera, quindi, che lei farà di tutto per rendere i suoi figli spirituali del genere voluto da Bahá’u’lláh e per cercare non dei passivi ammiratori ma attivi servitori del Nuovo Ordine Mondiale.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 6 novembre 1932) 385. Evoluzione dell’anima «Riguardo alle sue domande circa la condizione dell’anima durante le malattie, nelle Spigolature vi sono alcuni brani che chiariscono completamente come i disturbi fisici, per quanto gravi, non possono portare alcun mutamento nella condizione intrinseca dell’anima. Come Bahá’u’lláh dice: “Lo spirito è stabile e saldo nel suo stadio”. Il velo o l’ostacolo che si frappone fra l’anima ed il corpo durante una malattia è la malattia stessa. Questa rivela una disarmonia nell’organismo ed uno squilibrio nelle forze essenziali al normale funzionamento del corpo umano.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 8 Mirza 1936) B. Ego - Io 386. Il significato di Io «Riguardo alle domande da lei poste: effettivamente, negli Scritti bahá’í, la parola io ha due significati, cioè viene usata in due modi. Da un lato indica l’io, l’identità dell’individuo creata da Dio. È questo l’io menzionato in passi come “ha conosciuto Dio colui che ha conosciuto se stesso”, etc.. L’altro io è l’ego, l’oscura eredità animalesca che ciascuno di noi ha, la natura inferiore che può trasformarsi in un mostro di egoismo, brutalità, lussuria, etc. È questo l’io contro il quale dobbiamo combattere, o questo lato delle nostre nature, al fine di rafforzare e liberare lo spirito dentro di noi e di aiutarlo a conseguire la perfezione. Auto sacrificio significa subordinare questa natura bassa ed i suoi desideri al lato più nobile e divino del nostro io. In definitiva, auto-sacrificio, nel suo significato più alto, vuol dire cedere a Dio la nostra volontà, tutto, perché faccia ciò che Gli piace. Allora Egli purificherà e glorificherà il nostro vero io finché diventi una realtà splendente e meravigliosa.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 10 dicembre 1947. Compilazione Guida per una vita bahá’í, p. 97, n. 53) 387. L’ego è l’animale dentro di noi «L’ego è l’animale dentro di noi, l’eredità della carne piena di desideri egoistici. Obbedendo alle leggi di Dio, cercando di vivere la vita prescritta nei nostri insegnamenti, pregando e lottando, potremo soggiogare il nostro ego. Chiamiamo “Santi” quelle persone che hanno conseguito il massimo della padronanza del proprio ego. “Non vi è nessuna contraddizione fra quanto detto nelle Spigolature a pag. 74 e pag. 287. In un brano Egli dice che lo specchio non sarà mai libero dalla patina, nell’altro dice che sarà “così purificato da poter” ecc.; si tratta di un termine relativo: la perfezione non potrà mai essere conseguita, ma è possibile compiere progressi sempre più grandi.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 8 gennaio 1949, Psicologia, n. 20) 388. La vita è una lotta continua contro le forze che ci circondano e il nostro ego «La vita è una lotta continua non solo contro le forze che ci circondano, ma soprattutto contro il nostro ego. Non possiamo mai riposare, perché - se lo fossimo - ci vedremmo presto di nuovo portati via dalla corrente. Molti di coloro che si lasciano trascinare lontano dalla Causa lo fanno perché hanno cessato di procedere sulla via dello sviluppo. Sono soddisfatti di se stessi o sono divenuti apatici e, di conseguenza, hanno smesso di trarre dalla Causa la forza spirituale e la vitalità di cui avrebbero bisogno. A volte, naturalmente, le persone falliscono per una prova cui semplicemente non hanno fatto fronte, e spesso le prove più ardite ce le infliggiamo gli uni gli altri. Ovviamente i credenti devono cercare d’evitare queste cose, e - se accadono - di porvi rimedio con l’amore. Generalmente su dieci problemi che assillano gli amici, nove sono causati dal non agire da bahá’í nei rapporti con gli altri, con le istituzioni o nella vita personale.» (Ibidem) 389. I profeti sono gli unici ad essere liberi dalla “patina dell’ego” «Circa le domande poste nella sua lettera: le uniche persone veramente libere dalla “patina dell’ego” sono i Profeti, poiché essere liberi dall’ego è il contrassegno della perfezione. Noi esseri umani non diventeremo mai perfetti, perché la perfezione appartiene ad un regno nel quale non siamo destinati ad entrare. Tuttavia dobbiamo costantemente salire più in alto, cercare di essere più perfetti.» (Ibidem - Psicologia, n. 20) 390. Chiave per il controllo dell’ego «Oggi le confermazioni del Regno di Abhá sono destinate a coloro che rinunciano a se stessi, dimenticano le proprie idee, mettono da parte la propria personalità e pensano al benessere degli altri... Chiunque badi solo a sé vaga nel deserto dell’incuria e del dolore. La “Chiave” per il dominio dell’ego è il disinteresse. La strada per il palazzo della vita passa attraverso il sentiero della rinuncia.» (‘Abdu’l-Bahá: Star of the West, vol. XVII, p. 348) 391. Cercando Dio, conosciamo noi stessi «Più cerchiamo noi stessi, meno probabilmente scopriremo la nostra vera natura; più cerchiamo Dio e serviamo il nostro prossimo, più profondamente conosceremo noi stessi e più sicuri saremo interiormente. Questa è una delle grandi leggi spirituali della vita.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 18 febbraio 1954) 392. Acquisire consapevolezza di sé è un processo graduale «Lei ha chiesto a quale punto della sua evoluzione l’uomo comincia ad avere consapevolezza di sé. La coscienza di sé nell’uomo è un processo graduale e non ha inizio in un momento definito; cresce in lui in questo mondo e continua nel futuro mondo spirituale. L’uomo è certamente in grado di ricordare esperienze passate della sua evoluzione, e anche quando la sua anima ha lasciato questo mondo ancora ricorderà il suo passato.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 20 novembre 1937) 393. L’evoluzione dell’uomo è di natura individuale e collettiva «L’evoluzione dell’uomo è di natura sia individuale che collettiva, a causa del suo duplice rapporto con se stesso e con la società in cui vive. l’Evoluzione individuale inizia nei primi momenti della sua esistenza e anche la sua consapevolezza aumenta con questa evoluzione.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 14 gennaio 1938) 394. La Causa ha il potere spirituale di ricrearci «I credenti - lo sappiamo tutti - devono sforzarsi di dare un tale esempio di vita e comportamento personale che gli altri si sentano spinti ad abbracciare una Fede che trasforma il carattere umano. Ma sfortunatamente non tutti conseguono facilmente e rapidamente la vittoria sull’io. Quello che ogni credente, nuovo o vecchio, deve capire è che la Causa ha il potere spirituale di ricrearci se facciamo lo sforzo di permettere che quel potere ci influenzi, e sotto questo aspetto il più grande aiuto viene dalla preghiera. Dobbiamo supplicare Bahá’u’lláh di aiutarci a superare le manchevolezze del nostro carattere ed inoltre usare la nostra forza di volontà per dominare noi stessi. Egli pregherà di certo per il lavoro dell’amata Causa costì e specialmente perché nuove anime siano attratte ed abbraccino la Fede. Pregherà inoltre perché i credenti possano - per grazia di Dio - avvicinarsi l’un l’altro e non permettano che le reciproche manchevolezze siano causa di disunità e, di conseguenza, mezzo per privare le anime assetate di questo vivificante Messaggio! Il mondo è pieno di forze oscure e letali e gli amici non devono permettere che abbiano il controllo su di loro sentimenti e pensieri negativi gli uni verso gli altri.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 27 gennaio 1945. Parzialmente in Psicologia, n. 20) 395. Bisogna volgere i pensieri a Dio con determinazione, intelligenza e tranquillità «Egli si è molto dispiaciuto d’apprendere le condizioni della sua cara sorella e la consiglia di volgere i suoi pensieri a Dio con determinazione e intelligenza - e con ciò intendo tranquillità -, rendendosi conto ch’Egli perdona, che in un sol momento può, con la Sua Benedetta Misericordia, spazzar via il nostro il nostro senso di fallimento ed aiutarci a far meglio in futuro, se lo vogliamo sinceramente; di rivolgersi a Lui in preghiera e cercare d’esserGli più vicina; d’accettare la Sua Volontà sottomettendo i suoi desideri e le sue opinioni al Suo Volere e ai Suoi progetti per lei. Oggi nel mondo c’è un buoi tremendo, dovuto al fatto che l’umanità va contro le Leggi di Dio facendo emergere il lato animale della natura umana. La gente deve rendersene conto e lottare con coscienza contro pessimismo e depressione.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 14 luglio 1945) 396. Dovremmo concentrarsi sulla Gloria della Causa e non sulle nostre manchevolezze «Riguardo alla sua condizione, Egli la esorta con vigore a non soffermarsi su se stesso. Ciascuno di noi, se guarda alle proprie manchevolezze, sicuramente si sente indegno e sconsolato: ma questo sentimento non serve ad altro che a frustrare i nostri sforzi costruttivi e a farci perdere tempo. La cosa su cui dobbiamo concentrarci sono la gloria della Causa e il Potere di Bahá’u’lláh che possono fare di una piccola goccia un mare spumeggiante! Non ha alcun diritto di sentirsi negativo: ha abbracciato questa gloriosa Fede, si è levato con devozione a servirla ed il suo lavoro è molto apprezzato sia dal Custode che dagli amici bahá’í. Possedendo una cosa così positiva come la Fede ed i suoi insegnamenti, dovrebbe essere veramente pieno di fiducia, ed egli pregherà affinché lo diventi. “Sfortunatamente non vi sono mezzi per trasfondere in un uomo la bontà di un altro; esiste il libero arbitrio e tutti noi credenti - e perfino la stessa Manifestazione di Dio - non possiamo far altro che offrire la verità all’umanità. Se i popoli del mondo persistono - come sembra facciano - nel loro cieco materialismo, dovranno sopportarne le conseguenze, prolungando la presente condizione, se non il suo peggioramento. Il nostro dovere di bahá’í è quello di sviluppare fra noi un tale amore e una tale unità da attrarre gli altri nella Causa con la sola forza di questo esempio. Dobbiamo inoltre insegnare quanto più possibile e rafforzare la Comunità bahá’í nella sua amministrazione. Di più non ci è possibile fare per evitare le grandi sofferenze che apparentemente sono ancora davanti al mondo nel suo disgraziato stato attuale.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 13 ottobre 1947. Parzialmente in La Potenza dell’aiuto divino, p. 37, n. 78) 397. Non bisogna soffermarsi sui pensieri e sui comportamenti altrui «Non dobbiamo mai soffermarci troppo a considerare gli atteggiamenti e i sentimenti degli altri credenti nei nostri riguardi; è della massima importanza favorire l’amore e l’armonia ignorando qualsiasi rimprovero possiamo ricevere. In questo modo non si ingrandiscono le debolezze della natura umana e le caratteristiche o l’atteggiamento di una persona in particolare, ma ciò diviene insignificante in paragone all’importanza del comune servizio alla Fede che tutti amiamo.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 19 settembre 1948. Guida per una vita bahá’í, p. 98, n. 55) C. Autodifesa 398. In caso di emergenza i bahá’í hanno il diritto di difendere la propria vita «Riguardo alla sua domanda: in caso di emergenza ed in mancanza di un mezzo legale a portata di mano cui ricorrere, un bahá’í ha tutto il diritto di difendere la propria vita.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 24 luglio 1943) 399. Autodifesa «Dai testi di cui già disponete risulta chiaramente che Bahá’u’lláh ha affermato che è preferibile essere uccisi sul sentiero del compiacimento di Dio piuttosto che uccidere, e che le persecuzioni contro i bahá’í non devono mai trasformarsi in alcun tipo di guerra, poiché questa è del tutto proibita negli Scritti. La Casa di Giustizia - nel momento attuale - non intende andare oltre la linea di principio sopra enunciata. Fondamentalmente si tratta di una questione di coscienza e, in ciascun caso, il credente coinvolto deve usare il suo giudizio per stabilire quando fermare la propria autodifesa per evitare che degeneri in vendetta. Naturalmente questi principi si applicano anche nel caso di bahá’í coinvolti in disordini civili. Abbiamo comunque consigliato l’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti che, date le attuali condizioni di quel paese, è preferibile che i bahá’í non acquistino armi per difesa personale o dei propri familiari.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale del Canada, 26 maggio 1969, Messages from The Universal House of Justice, 1968-1973, p. 26) 400. Pioniere residente in una zona remota senza protezione: casi in cui un bahá’í ha tutto il diritto di difendere la propria vita «Abbiamo ricevuto la vostra lettera del 2 Mirza 1972 in cui chiedete se... una coppia di pionieri, che vive in una zona remota senza la protezione della polizia, possa tenere un’arma per difendersi, essendo già stati derubati due volte da ladri penetrati nella loro casa. In una Tavola ancora non tradotta, ‘Abdu’l-Bahá indica che, in caso di aggressione da parte di ladri o rapinatori, un bahá’í non deve arrendersi, ma cercare - per quanto possibile - di difendersi e successivamente presentare una denuncia alle autorità. In una lettera scritta a nome del Custode si afferma che, in caso di emergenza ed in mancanza di alcun mezzo legale a portata di mano a cui appellarsi, un bahá’í è giustificato nel difendere la propria vita. Sebbene abbiamo consigliato alcune Assemblee Spirituali Nazionali di paesi che attualmente stanno fronteggiando crescenti disordini civili che è preferibile che i bahá’í non acquistino armi per difesa personale e dei loro familiari, riteniamo che - nelle circostanze descritte nella vostra lettera - sia permesso a quella famiglia di pionieri di tenere un’arma in casa, purché ciò sia consentito dalla legge.» (Da una lettera scritta dalla Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’Honduras, 20 Mirza 1972) D. Auto sacrificio e Servizio 401. Il mistero del sacrificio «O ancella di Dio! Il mistero del sacrificio è nella rinuncia dell’uomo a tutte le sue condizioni per il Divino Rango di Dio. Il Rango di Dio è Misericordia, Gentilezza, Perdono, Sacrificio, Favore, Grazia, Vivificazione di spiriti e accensione del fuoco del Suo Amore nel cuore e nelle arterie. Ho chiesto a Dio di far di te un segno di misericordia, bandiera di gentilezza fra le Sue ancelle.» (‘Abdu’l-Bahá: Tablets, p. 65) 402. Il significato di auto sacrificio «Auto sacrificio significa subordinare questa natura bassa e i suoi desideri al lato più nobile e divino del nostro “io”. In definitiva auto sacrificio, nel suo significato più alto, vuol dire cedere a Dio la nostra volontà, tutto, perché faccia ciò che Gli piace. Allora Egli purificherà e glorificherà il nostro vero “io”, fino a che esso diventi realtà splendente e meravigliosa.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 10 dicembre 1947, Guida per una vita bahá’í, p. 97, n. 53) 403. Fino a che punto dobbiamo sacrificare la nostra vita per l’interesse della Causa? «Il problema di quanto dobbiamo sacrificare del nostro tempo per gli interessi della Causa dipende dai mezzi di cui ciascuno dispone e dalle circostanze. Si tratta di un problema personale che dobbiamo risolvere individualmente. Una persona può dedicare tutto il suo tempo all’insegnamento e fare assegnamento su un reddito modesto, mentre un’altra può ritenersi più portata agli affari ed offrire la sua parte di servizio sotto forma di assistenza finanziaria.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 18 dicembre 1930) 404. Accettare di soffrire nell’interesse reciproco «Riguardo alla sua domanda se le persone possano aiutarsi reciprocamente accettando di soffrire l’uno nell’interesse dell’altro. Certamente un sacrificio per il nostro prossimo può dare utili risultati. La legge del sacrificio agisce nella nostra vita, come in quella delle Manifestazioni Divine.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 31 Mirza 1938) 405. Il servizio: magnete per le confermazioni divine «...Non vi è niente nella Fede che attiri il successo come il servirla. Il servizio è la forza magnetica che attira le confermazioni divine. Perciò, quando si è attivi, si riceve la benedizione dello Spirito Santo, ma quando si è inattivi lo Spirito Santo non trova posto in noi, e siamo quindi privati dei suoi raggi risanatori e vivificatori.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 6 ottobre 1954. Guida per una vita bahá’í, p. 106, n. 69) 406. Assistenza delle schiere delle Coorti divine «Un individuo deve porre tutto il suo cuore e la mente nel servizio alla Causa, come prevedono gli alti criteri fissati da Bahá’u’lláh. Quando questo avverrà,le schiere delle Coorti Supreme accorreranno ad assisterlo e ogni difficoltà od ostacolo, sarà gradualmente superata.» (Da una lettera scritta per conto del Custode a un credente il 6 ottobre 1954, ibidem) 407. Un irresistibile impulso di servire - Non guardare alle proprie imperfezioni «... Questo irresistibile impulso di servire che lei sente e che l’ha spinta ad offrirsi per lavorare nel campo dell’insegnamento è di per sé un chiaro sintomo della guida che l’Onnipotente le elargisce affinché raggiunga la più nobile meta di questa vita. Quale più grande destino si può sperare di avere se non quello che Bahá’u’lláh ha tracciato per ognuno dei Suoi leali credenti, e cioè consacrare interamente se stessi al servizio ed alla glorificazione della Sua Fede! Questa certezza, in verità, deve rinsaldare ancor più le sue speranze e metterla in grado di scacciare qualsiasi senso di insoddisfazione e indegnità che le affiori nel cuore impedendole di servire con gioia ed attivamente la Causa. Non deve guardare ai suoi limiti, ma trarre piena fiducia al pensiero che - per quanto limitate possano essere le sue risorse e capacità - i suoi sforzi saranno rafforzati dalle confermazioni divine, purché condivida ed assolva pienamente e coscienziosamente i suoi obblighi di credente. La sua perseveranza attrarrà su di lei, come un magnete, i favori e le benedizioni di Bahá’u’lláh. Sia dunque felice e fiducioso e, rinvigorito da tale certezza, si levi a contribuire con tutto quanto è in suo potere al progresso ed alla promulgazione della nostra amata Causa.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 30 gennaio 1939) 408. Non esiste alcuna regola che imponga al credente di servire in un campo piuttosto che in un altro «Qualunque sia il particolare campo di servizio da lei scelto, sia quello dell’insegnamento o quello dell’amministrazione, il punto essenziale è che perseveri senza permettere che la consapevolezza delle sue limitazioni estingua lo zelo e la trattenga da un attivo e gioioso servizio. “Non esiste una regola generale o un particolare criterio che imponga ad un credente di servire in un campo piuttosto che in un altro. Ogni credente è libero di scegliere qualsiasi lavoro con il quale ritenga coscienziosamente di rendere il più alto grado di servizio alla Causa. Prima di intraprendere il lavoro scelto, può chiedere consiglio alla sua Assemblea o ai suoi compagni di fede, ma non è obbligato a farlo.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 6 febbraio 1939. Parzialmente in Guida per una vita bahá’í, p. 82, n. 19) V. ACCATTONAGGIO, BENEFICIENZA E POVERTÀ A. Accattonaggio 409. L’Accattonaggio è proibito - La Casa di Giustizia provvede agli inabili «Ci è stato chiesto di condividere con Lei il seguente stralcio da una delle Tavole di ‘Abdu’l-Bahá sull’accattonaggio: “Dai sacri versetti: ‘L’accattonaggio è proibito, come anche fare l’elemosina ad un accattone significa che sia la mendicità che fare la carità alle persone che si dedicano all’accattonaggio come professione è proibito . Lo scopo di ciò e debellare completamente la mendicità. Tuttavia, nel caso in cui una persona fosse afflitta da estrema povertà o avesse bisogno di aiuto, incombe ai ricchi o ai fiduciari provvedere al suo sostentamento con una somma mensile. Quando sarà istituita, la Casa di Giustizia costruirà case per gli inabili. In questo modo nessuno sarà costretto a chieder l’elemosina, proprio come dice la parte successiva del sacro versetto: ‘Si ingiunge a tutti di procurarsi i mezzi di sostentamento’; e dopo: ‘È demandato ai fiduciari ed ai ricchi di provvedere adeguatamente alle esigenze degli inabili’; per ‘fiduciari’ si intendono i rappresentanti del popolo, cioè i membri della Casa di Giustizia.” La Casa Universale di Giustizia non ritiene di dover andare oltre le delucidazioni del Maestro sopra citate e, per il momento, ogni questione non specificatamente trattata in questo passo è lasciata alla coscienza dei singoli credenti.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia a un credente, 15 agosto 1974) 410. Accattoni - Agli occhi di Dio gli uomini più spregevoli «Agli occhi di Dio, il più spregevole fra gli uomini è colui che sta pigramente seduto e mendica. Aggrappatevi alla corda dei mezzi materiali, con piena fiducia in Dio, di tutti i mezzi Provvidente. Quando l’uomo si dedica a un mestiere o a un commercio, al cospetto di Dio questa sua occupazione è in sé considerata un atto di preghiera; e ciò altro non è che un pegno del Suo onnicomprensivo, infinito favore.» (Bahá’u’lláh. Tavole di Bahá’u’lláh, p. 24) B. Carità 411. La carità è la vera essenza degli Insegnamenti «Questo insegnamento bahá’í di fratellanza umana e benevolenza implica che dobbiamo essere sempre pronti a dare tutta l’assistenza e l’aiuto di cui siamo capaci agli indigenti e a coloro che soffrono. La carità bahá’í è la vera essenza degli Insegnamenti e deve quindi essere sviluppata in ogni comunità bahá’í. Istituzioni filantropiche, come orfanotrofi, scuole gratuite e ospedali per i poveri, sono una parte indispensabile del Tempio. È responsabilità di ogni comunità locale bahá’í assicurare, con ogni mezzo possibile, il benessere dei suoi membri poveri e bisognosi. Ma, naturalmente, non si deve mai consentire che l’assistenza ai poveri in qualsiasi forma interferisca seriamente con i superiori interessi collettivi della Comunità bahá’í, intesi in maniera distinta dagli interessi puramente personali dei suoi membri. Le esigenze della Causa trascendono quelle degli individui e quindi bisogna dare loro la precedenza. Ma queste due fasi della vita sociale bahá’í, sebbene non di eguale importanza non sono affatto contraddittorie: entrambi sono essenziali e devono essere favorite, ma ciascuna secondo il suo grado d’importanza. Sono le Assemblee Spirituali ad avere la responsabilità di decidere quando gli interessi individuali debbano essere subordinati a quelli connessi al benessere collettivo della comunità. Tuttavia - come già detto - entro certi limiti si devono sempre salvaguardare gli interessi del singolo, e provvedere che non condizionino seriamente il benessere del gruppo nel suo insieme.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 26 giugno 1936) 412. Contribuzioni per beneficenza fatte da Assemblee e singoli individui «In primo luogo esiste il principio che ogni credente può prestare servizi personali, o vendere proprietà a chiunque e disporre del ricavato come meglio crede, incluso donare tutto o parte per scopi bahá’í. Così, se un artista bahá’í dà un concerto, il cui ingresso è a pagamento, è libero - se vuole - di devolvere l’incasso al Fondo o ad un istituto di carità di sua scelta. Comunque, non deve far sapere ai non bahá’í che il concerto è a beneficio dei Fondi bahá’í, o è tenuto a nome di bahá’í per beneficenza, il che ci porta al secondo principio: è scorretto per i bahá’í sollecitare fondi da non bahá’í a nome della Fede e per qualsiasi scopo. Se un non bahá’í insiste nel voler fare una contribuzione in denaro, può essere accettata a condizione che sia espressamente chiarito che sarà impiegata per scopi esclusivamente di beneficenza o filantropici; ma queste contribuzioni dovrebbero essere scoraggiate, non incoraggiate. Il terzo principio riguarda le contribuzioni fatte dai bahá’í per beneficenza. Le Assemblee Spirituali possono fare, naturalmente, beneficenza _ poiché l’assistenza ai poveri ed ai bisognosi è uno dei doveri loro imposti dagli Scritti Bahá’í -, ma devono soppesare molto accuratamente le loro responsabilità e ricordare che in un paese altamente organizzato come il Regno Unito i poveri sono aiutati da una moltitudine di organizzazioni pubbliche e private, mentre solo i bahá’í possono contribuire alla costruzione del Regno di Dio sulla terra. La questione richiede chiaramente una saggia moderazione. Le Assemblee, inoltre, devono compiere le loro opere di carità con purezza d’intenti e non con lo scopo di fare propaganda alla Fede. Naturalmente, ogni bahá’í è libero - se lo desidera - di fare la carità, traendola dalle proprie risorse, ma - come bahá’í - deve tener sempre presente le necessità del Fondo bahá’í che può essere alimentato solo dai credenti.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia ad un’Assemblea Spirituale Locale, 19 Mirza 1973) 413. Il mezzo più sicuro per sollevare una volta per tutte il peso della fame e della miseria «...in primo luogo ogni credente è libero di seguire la voce della propria coscienza per quanto riguarda il modo con cui spendere il proprio denaro. In secondo luogo, dobbiamo sempre ricordare che ci sono così pochi bahá’í nel mondo, in confronto alla popolazione mondiale, e così tanta gente bisognosa, che anche se tutti noi dessimo tutto quello che possediamo, ciò non allevierebbe altro che un’infinitesima parte delle sofferenze. Questo non significa che non dobbiamo aiutare i bisognosi: dobbiamo farlo; ma le nostre contribuzioni alla Fede sono il mezzo più sicuro per togliere all’umanità una volta per tutte, il peso della fame e della miseria, perché solo per mezzo del sistema di Bahá’u’lláh - di origine divina - il mondo può essere rimesso in piedi e possono essere eliminati il bisogno, il timore, la fame, la guerra, ecc. I non bahá’í non possono dare un contributo al nostro lavoro, né possono farlo per noi; così in realtà il nostro primo obbligo è quello di finanziare il nostro lavoro di insegnamento, e ciò porterà al risanamento delle nazioni.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 8 dicembre 1947 Istruzioni ai credenti bahá’í, pp. 69.70, n. 81) 414. Ci sono molti modi per aiutare coloro che soffrono «È comprensibile che i bahá’í che sono testimoni delle condizioni miserabili in cui tanti esseri umani devono vivere, quando sentono di improvvisi disastri che hanno colpito una certa area del mondo, siano spinti a fare qualcosa di pratico per migliorare quelle condizioni e aiutare i loro fratelli che soffrono. Ci sono molti modi con cui fornire aiuto. Ogni bahá’í ha il dovere di praticare un commercio o una professione con la quale guadagnare tanto da mantenere se stesso e la sua famiglia; nella scelta di tale lavoro egli può cercare quelle attività che sono di beneficio per i suoi fratelli e non solo quelle che favoriscono i suoi interessi personali, ancora meno quelle i cui effetti sono pericolosi. Ci sono anche situazioni in cui un singolo bahá’í o un’Assemblea Spirituale si trovano davanti a un bisogno urgente che né la giustizia né la compassione possono permettere di lasciare inascoltato o senza aiuto. Quanti sono gli episodi che si raccontano di ‘Abdu’l-Bahá in tali situazioni, quando Egli si sarebbe perfino tolto un abito che portava e l’avrebbe dato ad un uomo che tremava tutto stracciato. Ma nella nostra preoccupazione per tali immediati ovvi richiami al nostro soccorso, non dobbiamo dimenticare il continuo, spaventoso peso di sofferenze sotto il quale gemono milioni di esseri umani - un peso che essi hanno sopportato per secoli e che è missione di Bahá’u’lláh alleviare. La causa principale di questa sofferenza, che ognuno può vedere ovunque si volga, è la corruzione della morale ed il prevalere di pregiudizio, sospetto, odio, disonestà, egoismo e tirannia fra gli uomini. Non è il puro benessere materiale che la gente cerca. Ciò di cui le persone hanno disperatamente bisogno è sapere come vivere la vita: hanno bisogno di sapere chi sono, a quale scopo esistono e come devono comportarsi gli uni con gli altri; ed una volta a conoscenza delle risposte a queste domande hanno la necessità di essere aiutate ad applicare gradualmente dette risposte al loro comportamento quotidiano. È verso la soluzione di questo fondamentale problema dell’umanità che devono essere convogliate la maggior parte delle nostre energie e risorse...» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale d’Italia, 19 novembre 1974, in Notiziario, anno II, n. 8) 415. I bahá’í posseggono il rimedio divino per i mali dell’umanità «Ci sono potenti organizzazioni in questo mondo, governi, fondazioni, istituti di vari tipi con vastissime risorse finanziarie che lavorano per migliorare la parte materiale degli esseri umani. Nulla noi bahá’í potremmo aggiungere a tali risorse sotto specie di fondi speciali o contribuzioni che sarebbero solo una goccia in un oceano. Tuttavia, soli fra gli uomini, noi abbiamo il rimedio donatoci da Dio per le vere malattie dell’umanità ; nessun altro sta facendo o può fare questo importantissimo lavoro e se noi rivolgiamo le nostre energie e i nostri fondi in campi nei quali altri stanno già facendo più di quello che noi potremmo sperare di fare, noi ritarderemo la diffusione del Messaggio Divino che è fra tutti il compito più importante. A causa di tale atteggiamento, come pure per il nostro rifiuto di coinvolgerci nella politica, i bahá’í sono accusati spesso di tenersi lontani dai “reali problemi” dei loro fratelli. Ma quando sentiamo questa accusa non dimentichiamoci che quelli che la lanciano sono generalmente materialisti idealisti per i quali il bene materiale è il “solo” bene, mentre noi sappiamo che il funzionamento del mondo materiale è nient’altro che il riflesso delle condizioni spirituali e prima che queste ultime possano essere cambiate non ci potrà essere un mutamento duraturo in meglio della situazione materiale. Dobbiamo inoltre ricordare che la maggior parte delle persone non hanno il chiaro concetto del tipo di mondo che vorrebbe costruire, né di come costruirlo. Anche quelli che sono impegnati a migliorare le condizioni del mondo si limitano quindi a combattere ogni male palese che attiri la loro attenzione. Il desiderio di combattere i mali, o sotto forma di situazioni o incarnati in uomini cattivi, è quindi diventato per la maggioranza della gente la pietra di paragone con la quale giudicare il valore morale di una persona. I bahá’í, al contrario, conoscono la meta per la quale lavorano e sanno cosa devono fare passo dopo passo per raggiungerla. L’intera loro energia è convogliata alla costruzione del bene, un bene che ha una tale forza positiva che di fronte ad esso la moltitudine dei mali - che sono in essenza negativi - scompariranno e non esisteranno più. Entrare nella gara stravagante di demolizione dei mali uno per uno in questo mondo è, per un bahá’í, una inutile perdita di tempo e di energie. La sua intera vita è diretta verso la proclamazione del Messaggio di Bahá’u’lláh, per far rivivere la vita spirituale dei suoi fratelli, unendoli nell’Ordine Mondiale divinamente creato, e quindi, quando quell’Ordine cresce in forza ed influenza, vedrà la potenza di quel Messaggio che trasforma l’intera società umana, risolve progressivamente i problemi e rimuove le ingiustizie che hanno per così lungo tempo tormentato il mondo.» (Ibidem) 416. Eventualità per un bahá’í di chiedere aiuto agli altri «Quando un bahá’í ritiene necessario chiedere l’aiuto di altri ovviamente può - dopo aver rilevato che gli sforzi propri, dei suoi familiari e degli amici più intimi si sono rivelati inadeguati - rivolgersi all’Assemblea Spirituale Locale che si consulterà sul suo problema, gli tenderà una mano d’aiuto se le condizioni del Fondo Locale lo permettono, e - cosa più importante - gli darà consigli e suggerimenti sulle opportunità che gli sono aperte e su quali passi potrebbe intraprendere per cercare di risolvere il suo problema. Se l’Assemblea Locale ritiene di dover richiedere il sostegno o il parere dell’Assemblea Spirituale Nazionale, senza dubbio può rimetterle la questione.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad un credente, 1 settembre 1980. Da Giving to the Poor, una compilazione della Casa Universale di Giustizia) 417. Le Assemblee Spirituali Locali devono dare una mano d’aiuto ai poveri «Esse [le Assemblee Spirituali Locali] devono fare il possibile per dare in qualunque momento una mano d’aiuto ai poveri, ai malati, ai disabili, agli orfani ed alle vedove, senza distinzione di colore, casta o credo religioso. Devono promuovere con ogni mezzo a loro disposizione l’istruzione materiale e spirituale dei giovani, provvedere all’educazione dei fanciulli, istituire ovunque possibile centri di educazione bahá’í, organizzare e sovrintendere al loro lavoro e fornire i mezzi migliori per il loro progresso e sviluppo.» (Da una lettera scritta da Shoghi Effendi ai Bahá’í Occidentali, del Giappone e dell’Australia) 418. Come i bahá’í possono aiutare i compagni di fede tramite le Istituzioni «Nei nostri rapporti con gli altri credenti, a parte la necessità di dare la priorità ai bisogni della Fede, ci si deve ricordare - come lei ha messo in evidenza nella sua lettera - di certi fattori, come la saggezza, e l’importanza di evitare quelle azioni che possano incrinare i reciproci rapporti cordiali. Se un credente non è in grado di risolvere di persona e con devozione un problema di questo tipo dovrebbe - a seconda dei casi - o chiedere consigli all’Assemblea Spirituale, o rinviare gli altri credenti a quella istituzione. Un bahá’í che vuole aiutare un compagno di fede in bisogno può farlo personalmente o in modo impersonale attraverso l’Assemblea Spirituale, se ritiene che questo sistema risponda di più a criteri di obiettività per la valutazione dei reali bisogni in questione o possa mantenere meglio i reciproci rapporti. Questa è quindi un’ulteriore ragione per cui dobbiamo sforzarci di sostenere, rafforzare le basi e favorire lo sviluppo delle Assemblee Spirituali Locali, affinché diventino punti di riferimento per gli amici e veri pastori del gregge divino.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad un credente, 9 aprile 1973) C. I Poveri 419. I ricchi devono avere la massima considerazione per i poveri «Coloro che posseggono ricchezze, però, debbono avere la massima considerazione per i poveri, poiché grande è l’onore destinato da Dio a quei poveri che sono saldi nella pazienza. Per la mia vita! Non v’è onore, ad eccezione di quello che a Dio piaccia concedere, che possa paragonarsi a questo onore. Grande è la benedizione destinata ai poveri che sopportano pazientemente e nascondono le loro sofferenze, e beati i ricchi che elargiscono le loro ricchezze ai bisognosi e li preferiscono a se stessi. Voglia Dio che i poveri si adoprino e si sforzino di guadagnare i mezzi di sostentamento. È questo un dovere prescritto a tutti in questa grande Rivelazione e considerato, agli occhi di Dio, al pari di una buona azione. A chiunque osservi questo dovere non mancherà certamente l’aiuto dell’Invisibile. Egli può arricchire - per grazia Sua - chiunque voglia. Egli, invero, ha potere su tutte le cose...» (Bahá’u’lláh, Spigolature, p. 197) 420. Il dono più grande che possiamo fare ai poveri «Riguardo alla sua domanda sull’aiuto ai poveri, i bahá’í - se possono e vogliono - non devono astenersi dal fare la carità ai bisognosi. Comunque, in questa come in molte altre cose, devono essere moderati. Il dono più grande che possiamo fare ai poveri ed agli oppressi è quello di contribuire ad edificare le divine istituzioni portate da Bahá’u’lláh in questo giorno, perché, una volta stabilito, questo Ordine Mondiale eliminerà le cause di povertà e ingiustizia che affliggono i poveri. Dovremmo, quindi, fare entrambe le cose: sostenere il Fondo bahá’í ed essere amorevoli e generosi verso i poveri.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 11 Mirza 1942) 421. Non addolorarsi d’essere poveri - Alcune grandi anime furono fra i più poveri della terra «Caro fratello, non affliggerti per la povertà, perché, di contro, sei ricco nella fede e nello spirito. Questa è una ricchezza divina per la quale il più ricco della terra proverà invano un ardente desiderio. Certo dobbiamo lavorare duro, guadagnare e far vivere la nostra famiglia in felicità e prosperità, ma dobbiamo avere sempre la consapevolezza che la nostra vita deve essere dedita a cose più elevate e più sublimi. Dobbiamo ricordare che fra i più poveri del mondo vi furono grandi anime, la cui vita è ancora di ispirazione a centinaia di migliaia di persone.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 18 maggio 1927) VI. CALAMITÀ E CRISI 422. Il mondo è in agitazione «Il mondo è in agitazione e la sua inquietudine aumenta di giorno in giorno. Il suo viso è volto verso la perversità e la miscredenza. Tale sarà la sua triste sorte che svelarla adesso non sarebbe né conveniente né opportuno. La sua perversità durerà a lungo, e all’ora stabilita apparirà improvvisamente ciò che farà tremare le membra dell’umanità. Allora, e soltanto allora, sarà fissato lo Stendardo Divino e l’Usignolo del Paradiso gorgheggerà la sua melodia.» (Bahá’u’lláh: Spigolature, p. 115) 423. Forze potenti stanno portando al parossismo questo portentoso secolo «...Forze potenti, operanti all’interno e all’esterno della Causa di Dio, stanno portando al parossismo la duplice tendenza di questo portentoso secolo. Fra i molti segni che rivelano tale processo possiamo citare da un lato il continuo aumento dell’arbitrio, del terrorismo, della confusione economica, dell’immoralità e la crescente minaccia della proliferazione degli armamenti, dall’altro l’espansione, il consolidamento e la rapida comparsa della Causa alla ribalta degli affari del mondo, un processo coronato dalla meravigliosa fioritura del Monte Carmelo, la montagna di Dio, la cui divina primavera sta ora sbocciando in tanta magnificenza.» (Da un Messaggio della Casa Universale di Giustizia ai Bahá’í del mondo, Ri?ván 1983) 424. Alle genti di Bahá è assicurata la guida divina «...la Penna del Centro del Patto ha ripetutamente profetizzato le intollerabili calamità che devono ancora colpire questa ribelle umanità, prima che presti ascolto ai vivificanti insegnamenti di Bahá’u’lláh. “Il caos e la confusione aumentano quotidianamente nel mondo. Raggiungeranno una intensità tale che l’umanità non sarà più in grado di sopportarli. Solo allora l’uomo aprirà gli occhi e si renderà conto che la religione è la roccaforte inespugnabile e la luce evidente del mondo, e le sue leggi, esortazioni ed insegnamenti la sorgente di vita sulla terra”. Ogni occhio discernente vede con chiarezza che i primi stadi di questo caos si estrinsecano in manifestazioni quotidiane che interessano la struttura della società; le sue forze distruttrici sradicano istituzioni da tempo onorate, che nel passato furono punto di riferimento e rifugio per gli abitanti della terra ed attorno a cui ruotavano tutti gli affari umani. Le stesse forze distruttrici stanno anche sconvolgendo l’equilibrio politico, economico, scientifico, letterario e morale del mondo e distruggono i più bei frutti della presente civiltà. Le macchinazioni politiche di coloro che detengono l’autorità hanno posto in disuso i principi cardine dell’ordine mondiale. Ingordigia, passione, disonestà, ipocrisia, tirannia e orgoglio caratterizzano e dominano i rapporti umani. Le scoperte e le invenzioni, frutti del progresso scientifico e tecnologico, sono nelle mani dei malvagi e sono divenuti strumenti di distruzione e sterminio di massa. Perfino la musica, l’arte e la letteratura, che rappresentano ed ispirano i sentimenti più nobili e le aspirazioni più elevate e dovrebbero essere sorgente di conforto e tranquillità per le anime afflitte, hanno deviato dal retto sentiero e sono ora gli specchi degli sporchi cuori di questa confusa, amorale e disordinata epoca. Proprio questa perversione produrrà gli ardui cimenti profetizzati dalla Bellezza Benedetta con le seguenti parole: “Ogni giorno una nuova calamità colpirà la terra ed una nuova afflizione apparirà.» “Si avvicina il giorno in cui il fuoco della civiltà divorerà le città.” In questo momento di afflizione, in cui l’umanità è sconcertata e gli uomini più saggi sono perplessi quanto al rimedio, le genti di Bahá, fiduciose nella Sua indefettibile grazia e nella Sua guida divina, sono certe che ciascuna di queste tormentose prove ha una causa, uno scopo, un preciso risultato: esse sono tutte strumenti essenziali per l’attuazione dell’immutabile Volere di Dio sulla terra. In altre parole, da una parte l’umanità è colpita dalla sferza del Suo castigo che inevitabilmente riunirà le sparse e sconfitte tribù della terra; dall’altra, i pochi deboli che Egli ha nutrito nella protezione della Sua amorevole guida continuano, in questa età formativa, in questo periodo di transizione, a costruire in mezzo a questi tumultuosi flutti un’inespugnabile fortezza che resterà l’unico rifugio per quelle moltitudini perdute. Perciò i cari amici di Dio, avendo davanti a sé una visione così ampia e chiara, non sono turbati da questi eventi, né terrorizzati da questi tonanti fragori, non affronteranno questi sconvolgimenti con timore e trepidazione, né si lasceranno distogliere, neppure per un istante, dall’adempimento delle loro sacre responsabilità. Una delle loro [dei credenti persiani] sacre responsabilità è di esemplificare nelle loro vite gli attributi che sono accetti alla Sua Sacra Soglia.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ai credenti iraniani residenti in vari Paesi del mondo, 10 febbraio 1980. Parzialmente in Crisi e Vittoria, p. 50, n. 69, e in Note Bahá’í, 30 settembre 1980) 425. Se i bahá’í falliscono sono in parte responsabili dell’agonia dell’umanità «Esiste così tanta sofferenza, un tale grande e disperato bisogno d’un vero rimedio, che i bahá’í dovrebbero capire che loro sacro dovere è quello di porgere il Messaggio agli uomini subito e su scala quanto più vasta possibile. Se non lo fanno, sono in effetti parzialmente responsabili del prolungarsi dell’agonia dell’umanità.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 18 dicembre 1943) 426. Il mondo proverà dolori ed affronterà prove come mai in passato «Siamo stati incaricati di dirle che, sebbene tutto lasci prevedere che il mondo proverà dolori ed affronterà prove quali non ebbe mai, non si sa quale forma avranno questi sconvolgimenti, quando accadranno esattamente, quanto saranno duri, né quanto a lungo dureranno. La Fede stessa, nell’emergere dall’oscurità, soffrirà severe prove. Le anime sensibili come la sua sono particolarmente consapevoli di questi prossimi sviluppi. Comunque, Bahá’u’lláh ci ha dato l’Ordine Amministrativo, canale attraverso cui lo spirito e la guida fluiscono verso i bahá’í e verso l’umanità. Il diletto Custode ha speso la vita intera aprendo e spiegando la strada, ed è questa macchina amministrativa che dobbiamo cercare di sostenere e rafforzare. Per quanto debole e fragile sia in questi anni formativi della Fede, rappresenta ancora il rifugio e la protezione dei bahá’í e del mondo. La incoraggiamo quindi a profondere le sue energie ed i suoi multiformi talenti nell’insegnamento e nel consolidamento della comunità bahá’í sulla base delle direttive dell’Assemblea Spirituale Nazionale e dei suoi rappresentanti.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad un credente, 19 Mirza 1981) 427. Le calamità continueranno finché l’umanità non sarà purificata a sufficienza... «Lei si riferisce alle calamità e chiede specificatamente se ve ne sarà qualcuna, quando si verificherà e con quale intensità. La Casa di Giustizia ha notato i commenti che ha letto su ciò che Bahá’u’lláh ebbe a dire sul crollo del vecchio ordine mondiale e sul sorgere del nuovo, che recentemente gli amici, tornando dal pellegrinaggio, hanno parlato di riunioni con Mani della Causa e con membri della Casa di Giustizia in cui l’epoca dei grandi sconvolgimenti mondiali era collocata “intorno alla fine del Piano Quinquennale e successivamente”. La Casa di Giustizia puntualizza che calamità si sono già verificate, stanno accadendo e continueranno ad esserci finché l’umanità non si sarà sufficientemente purificata per accettare la Manifestazione di Dio per questo giorno. ‘Abdu’l-Bahá ha anticipato che la Pace Minore potrebbe essere stabilita prima della fine del ventesimo secolo. Comunque, i bahá’í non dovrebbero distrarsi dal lavoro della Causa per timore delle catastrofi, ma dovrebbero cercare di capire perché accadono. L’amato Custode ne ha spiegato le motivazioni in innumerevoli passi, e poiché - come detto sopra - accadono di tanto in tanto non dobbiamo interessarcene fino a che non si verificano.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad un credente, 15 aprile 1976) 428. I bahá’í non devono perdere tempo congetturando sulle prossime calamità «La Casa di Giustizia sottolinea che Bahá’u’lláh in inequivocabili termini ha detto: “O popoli del mondo! Sappiate in verità che un’imprevedibile calamità v’insegue e una dolorosa punizione v’attende. Non crediate che le azioni che avete commesso siano state occultate alla Mia vista”. Perciò ritiene che sarebbe vano tentare di prevedere il momento o il tipo di calamità che Bahá’u’lláh stesso definì “impreveduta”. Indubbiamente il notevole incremento delle ricerche in campo scientifico aiuta gli studi degli esperti di sismologia. Ma non possiamo essere certi che previsioni su terremoti, eruzioni vulcaniche o maremoti causati da questi fenomeni si possano identificare coi disastrosi eventi ai quali si riferisce Bahá’u’lláh. In lettere ad altri credenti che facevano domande simili alle sue, la Casa di Giustizia ha fatto rilevare che gli amici non devono sprecare tempo ed energie in speculazioni inutili su questo argomento. Piuttosto, dovrebbero dedicare ogni oncia di energia al raggiungimento delle mete del Piano Quinquennale, che hanno ben chiare davanti a loro, fiduciosi di sapere che qualsiasi cosa possa accadere nel mondo - per quanto apparentemente disastrosa - promuoverà l’inalterabile scopo di Dio dell’unificazione dell’umanità.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad un credente, 20 giugno 1976) 429. È importante che i bahá’í abbiano un corretto atteggiamento in attesa di catastrofi «Quello che è importante per i bahá’í è avere, in attesa d’una catastrofe, atteggiamenti, modi di agire e risposte corrette. Noi tutti sappiamo che la Causa di Bahá’u’lláh è l’unica salvezza del mondo, che il nostro dovere è d’insegnare attivamente alle anime ricettive e fare del nostro meglio per il consolidamento delle istituzioni della Fede. Solo così,possiamo offrire la nostra parte di servizio alla Sua Soglia, lasciando ch’Egli faccia il resto”. (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad un credente, 18 novembre 1980) 430. In caso di interruzione delle comunicazioni dal Centro Mondiale o gli uni dagli altri, i bahá’í saranno guidati dalle Assemblee Spirituali Nazionali dirette dai Consiglieri «Ogni istituzione di questo Ordine Divino è un rifugio in più per la gente turbata; ogni anima illuminata dalla luce del sacro Messaggio è un anello in più verso l’unità dell’umanità, un servitore in più che provvede ai bisogni di un mondo sofferente. Perfino se, negli anni a venire, fossero interrotte le comunicazioni fra le comunità bahá’í ed il Centro Mondiale o fra di loro - come per talune si è già verificato - i bahá’í non si fermeranno, né esiteranno: essi continueranno a perseguire i loro obiettivi guidati dalle Assemblee Spirituali, e diretti dai Consiglieri, dai Membri del Consiglio Ausiliare e loro assistenti...» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ai Bahá’í del mondo, 3 novembre 1980) 431. I bahá’í possono contribuire a mitigare le sofferenze dell’umanità «Non vi è dubbio che con l’attuale sforzo dei bahá’í del mondo di diffondere la Causa e dividere secondo i suoi insegnamenti, le sofferenze dei popoli del mondo saranno in parte mitigate. Ma sembra chiaro che non aver tenuto in nessun conto le istruzioni, gli appelli e gli ammonimenti lanciati nel 19° secolo da Bahá’u’lláh, ha ora spinto in mondo su un sentiero, ed ha liberato forze che avranno il loro culmine in uno sconvolgimento ed in un tormento ancora più violenti. Ciò è fuori dalla nostra portata ed è troppo tardi per evitare queste prove catastrofiche.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 8 gennaio 1949) 432. La gente di oggi soffre per i suoi peccati di omissione e di azioni errate «Non deve considerarsi insensibile, perché vede in questa sofferenza mondiale la nascita di un mondo nuovo e migliore. Questo è proprio ciò che i bahá’í devono insegnare agli altri. Per quanto grandi possano essere la pietà e la commiserazione per l’umanità, tuttavia siamo in grado di capire che la gente di oggi soffre per i suoi peccati di omissione e di azioni errate. Dobbiamo aiutarla a rendersi conto di ciò ed a rivolgere i pensieri e le azioni nei canali divinamente prescritti da Bahá’u’lláh.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 14 luglio 1943) 433. Dobbiamo mettere la Fede innanzi a tutto per avere eterna sicurezza e felicità «Non sappiamo come sarà l’immediato futuro. A causa delle passioni così ostinate dell’umanità e della sua sordità alla voce di Bahá’u’lláh, senza dubbio ci saranno grandi sofferenze. Ciò che sappiamo comunque, è che siamo bahá’í e che la nostra salvezza sta in questa Fede mandataci da Dio. Tanto ci volgiamo a Dio, Lo serviamo e Lo amiamo, tanto Egli ci dispenserà la Sua misericordia, la Sua guida e la Sua protezione. Dobbiamo, in ogni momento, dare la precedenza alla Fede e poi ai nostri personali desideri e comodità. Avendo la Fede abbiamo sicurezza e felicità eterne che niente ci potrà mai portar via, per quante afflizioni possano colpire questo mondo senza fede. La Causa di Dio è la nostra certezza e la fiducia in Bahá’u’lláh la nostra protezione.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 5 novembre 1949) 434. Non sappiamo quanto durerà la catastrofe «Shoghi Effendi non ha mai fatto dichiarazioni sulla portata degli effetti di una futura guerra mondiale, o su quali altri catastrofi potrebbero accompagnarla seguirla. Dai nostri insegnamenti sappiamo che l’umanità può e deve aggregarsi in qualche forma d’unità politica, come per esempio uno stato federale mondiale, grazie ad un’intensa sofferenza, poiché sembra che solo questa sia capace di stimolare negli uomini gli sforzi spirituali richiesti. Appare chiaro ad ogni persona ragionevole che la guerra sarà la causa principale di questo livello di sofferenza». (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi a un credente, 5 settembre 1954) 435. L’unificazione dell’umanità «...Malgrado i nostri difetti e nonostante le formidabili forze dell’oscurità che oggi ci assediano, nella pienezza dei tempi l’unità del genere umano delineata e assicurata dall’Ordine Mondiale di Bahá’u’lláh sarà solidamente e permanentemente instaurata. Questa è la promessa di Bahá’u’lláh e a lungo andare nessuna forza sulla terra potrà impedirne o anche solo ritardarne il giusto adempimento. Perciò gli amici non si perdano d’animo, ma pienamente consapevoli della loro forza e del loro ruolo perseverino nei loro possenti sforzi per estendere e consolidare sulla terra il dominio universale di Bahá’u’lláh.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 6 novembre 1933, Compilazione La Pace, p. 58, n. 59) 436. La crisi serve un grande scopo «L’attuale crisi mondiale non è limitata agli agricoltori ; i suoi effetti hanno raggiunto ogni mezzo di sostentamento. Gli agricoltori, in un certo senso, stanno meglio perché almeno hanno il cibo. Ma nel complesso la crisi è utile ad un grande scopo. Sta sviluppando il modo di vedere dell’uomo, gli insegna a pensare su scala internazionale, lo obbliga a prendere in considerazione il benessere del prossimo, se vuole migliorare le sue stesse condizioni. In breve, costringe l’umanità ad apprezzare il significato ed a seguire i precetti disposti da Bahá’u’lláh. Il presente e forse l’imminente futuro è oscuro, ma abbiamo di fronte a noi le meravigliose promesse del Maestro che diventeranno tutte realtà...» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 3 febbraio 1932) 437. Il Custode non ritiene che Dio permetterà all’uomo di autodistruggersi... «Riguardo alle sue domande: la rapidità con cui gli essere umani progrediranno dipende certamente dai loro sforzi ma non ritiene che Dio permetterà all’uomo di autodistruggersi. Alle sue spalle sta una lunga evoluzione ed una altrettanto lunga l’aspetta perché ciò si verifichi! Ovviamente non dobbiamo attendere un solo momento. Sono quasi cento anni che gli ammonimenti di Bahá’u’lláh risuonano alle orecchie degli uomini, ed abbiamo tutti i motivi per credere che terribili cose potranno ancora accadere all’umanità se continua a non ascoltare la soluzione divina proposta dalla Manifestazione di Dio per questo giorno. A questo proposito egli ha costantemente sottolineato ai bahá’í che il lavoro diretto - l’insegnamento, il perfezionamento della amministrazione, la diffusione della Causa di Dio - è il loro lavoro prioritario perché è, per così dire, organicamente spirituale. Ciò che stanno facendo libererà forze che combatteranno la terribile disintegrazione della società di cui siamo testimoni in ogni campo: politico, economico o di altro tipo...» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente il 5 luglio 1947) 438. Privazioni e sfortune, disillusioni e disperazioni assaliranno i popoli... «Sappilo: privazioni e sfortune aumenteranno di giorno in giorno e i popoli saranno sconvolti. Le porte della gioia e della felicità saranno chiuse da tutti i lati. Guerre terribili avranno luogo. Disillusioni e disperazioni assaliranno i popoli da ogni parte fino a che saranno obbligati a volgersi a Dio. Allora le luci della felicità grandissima illumineranno l’orizzonte, così che il grido di ‘Yá Bahá’u’l-Abhá’ possa innalzarsi da tutte le parti. Tutto ciò accadrà.» (‘Abdu’l-Bahá: da una Tavola a Isabella D. Brittngham, tratto da Bahá’u’lláh e la Nuova Era, p. 340) 439. Sconvolgimenti apocalittici «Egli Le consiglia di andare avanti e di programmare la sua istruzione universitaria. Non abbiamo nessuna indicazione sull’esatta natura dell’apocalittico sconvolgimento che avverrà: potrebbe essere un’altra guerra... ma, come studiosi dei nostri Scritti, sappiamo che più a lungo sarà impedito al “Medico Divino” (Bahá’u’lláh) di curare le malattie del mondo, più dure saranno le crisi e più terribili le sofferenze del paziente.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 12 novembre 1949) 440. Le condizioni del mondo stanno portando molte questioni alla massima tensione «... le attuali condizioni del mondo stanno portando molte questioni alla massima tensione. Sarebbe forse impossibile oggi non trovare una nazione o un popolo in crisi. Il materialismo, l’abbandono della vera religione e il conseguente manifestarsi delle più basse forze della natura umana hanno portato il mondo intero sull’orlo della maggiore crisi che probabilmente ha mai affrontato o che dovrà affrontare. I bahá’í sono una parte del mondo e anche loro sentono le grandi pressioni oggi esercitate su tutte le persone, chiunque e dovunque siano. D’altra parte, il Piano Divino, che è il metodo di lavoro diretto per l’instaurazione della pace e dell’Ordine Mondiale, ha di necessità raggiunto un importante ed impegnativo punto del suo svolgimento; a causa dei disperati bisogni del mondo, i bahá’í, sebbene pochi di numero, finanziariamente deboli e con scarso prestigio, si sentono chiamati ad assumersi una grande responsabilità.» (Da una lettera scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti, 19 luglio 1956) 441. Calamità e crisi «Come l’umanità precipita sempre più in quelle condizioni di cui Bahá’u’lláh scrisse: ‘rivelarle ora non è opportuno né conveniente ‘, così i credenti devono sempre più distinguersi come persone sicure, coscienti ed essenzialmente felici, conformandosi al modello che - in netto contrasto con il comportamento ignobile ed amorevole della società moderna - è la sorgente del loro amore, della loro forza e della loro maturità. È questo marcato contrasto fra il vigore, l’unità e la disciplina della comunità bahá’í, da un lato, e la crescente confusione, la disperazione e il ritmo febbrile di una società condannata, dall’altro, che attirerà - nei turbolenti anni a venire - gli occhi dell’umanità al santuario della Fede di Bahá’u’lláh, redentrice di tutto il mondo.» (Messaggio della Casa Universale di Giustizia ai Bahá’í del Mondo, Ri?ván 1966, Wellspring of Guidance, pp. 79-80) 442. Distruzione interiore e caos esteriore stanno accelerando «...Gli anni che si profilano davanti a tutti noi sono veramente significativi. I processi paralleli della distruzione interiore e del caos esteriore accelerano di giorno in giorno, avvicinandosi inesorabilmente al culmine. Si possono già sentire i brontolii che precederanno l’eruzione di quelle forze che devono far ‘tremare le membra dell’umanità’. ‘Il tempo della fine’, ‘gli ultimi anni’, predetti nelle Scritture, alla fine ci sovrastano. La Penna di Bahá’u’lláh e la voce di ‘Abdu’l-Bahá hanno ripetutamente, insistentemente ed in termini inequivocabili avvertito una distratta umanità del pericolo imminente. La Comunità del Più Grande Nome - il lievito che deve far fermentare la massa, gli eletti superstiti che sopravvivranno all’abrogazione del vecchio, screditato, vacillante Ordine e parteciperanno allo sviluppo del nuovo che lo sostituirà - è pronta, vigile, ispirata e risoluta...» (Da una lettera del di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti e Canada, 5 settembre 1938, Messages to America 1932-1946, pp. 13-14. Parzialmente in Crisi e Vittoria, p. 22, n. 22) 443. Situazione mondiale sempre più grave - Molti si tengono in disparte e si torcono le mani «Nella sempre più grave situazione mondiale, gravida di dolori dovuti a guerre, violenze e improvviso sradicarsi di istituzioni stabilite da lungo tempo, si vede il compiersi delle profezie di Bahá’u’lláh, dei ripetuti ammonimenti del Maestro e del diletto Custode sull’inevitabile destino di un sistema sociale deplorevole e difettoso, d’una guida non illuminata e d’una umanità ribelle ed empia. I governi e i popoli delle nazioni sviluppate o in via di sviluppo, le istituzioni sociali, secolari e religiose - incapaci di invertire il corso degli odierni catastrofici eventi - sono disorientati ed oppressi dall’enormità e dalla complessità dei problemi che devono affrontare. In questa fatidica ora della storia dell’uomo, sfortunatamente, molti si contentano di tenersi in disparte e di torcersi le mani dalla disperazione o si uniscono alla Bábele delle grida di quelli che protestano a gran voce, senza offrire, però, nessuna soluzione alle sventure e ai dolori che tormentano la nostra epoca. Ciononostante, un numero sempre maggiore di uomini e donne, preoccupati e giusti, riconoscono, nel clamore delle contese, nel dolore e nella distruzione che ha raggiunto ora proporzioni orrende, i segni del castigo divino, e si volgono a Dio divenendo sempre più ricettivi alla Sua Parola. Le attuali circostanze senza dubbio, sebbene tragiche ed impressionanti per le loro immediate conseguenze, servono ad attrarre l’attenzione sulla necessità, per i bisogni dell’epoca attuale, degli Insegnamenti di Bahá’u’lláh e forniranno molte opportunità di raggiungere innumerevoli anime in attesa, affamate ed assetate di guida divina.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia ai Bahá’í del Mondo, 16 novembre 1969, Messages from the Universal House of Justice, pp. 33-34) 444. Un abisso senza fondo minaccia «...Sono stati tentati tutti i sistemi, eccetto quello dell’unificazione della razza umana, tentati anche ripetutamente, ma si sono rivelati fallimentari; guerre su guerre si sono combattute, e convocate conferenze senza fine per prendere vane deliberazioni; trattati, patti ed accordi sono stati diligentemente intavolati, conclusi e poi modificati. Sono stati pazientemente messi alla prova nuovi sistemi di governo, e continuamente rimodellati o sostituiti; si sono accuratamente concepiti e meticolosamente messi in pratica piani economici per la ricostruzione. E nonostante tutto, a una crisi ne è succeduta un’altra ed è corrispondentemente aumentata la rapidità di declino di un mondo pericolosamente instabile; un abisso senza fondo minaccia di far crollare in un medesimo comune disastro nazioni soddisfatte ed insoddisfatte, democrazie e dittature, capitalisti e salariati, europei ed asiatici, ebrei e gentili, bianchi e neri. Qualche cinico può giungere a pensare che un’irata Provvidenza abbia abbandonato il nostro sventurato pianeta al suo fato e fissato senza speranza d’appello la sua sorte. L’umanità, messa a dura prova e disillusa, che ha senza dubbio perso l’orientamento e, sembrerebbe, anche la fede e la speranza, ondeggia paurosamente, priva di guida e di visione, sull’orlo del precipizio. L’ha invasa, pare, una sensazione di fatalità; tenebre sempre più oscure s’abbattono sulle sue fortune man mano ch’essa lascia progressivamente le frange esterne della buia zona della sua agitata esistenza per avviarsi verso l’abisso della perdizione.» (Shoghi Effendi: L’Ordine Mondiale di Bahá’u’lláh, pp. 193-194) 445. La furia di una catastrofe mondiale: il fuoco dell’ordalia «...Diventa sempre più evidente che solo la furia di una catastrofe mondiale potrà affrettare questa nuova fase del pensiero umano; e che solo il fuoco di una durissima ordalia, mai prima sperimentata con tale intensità, potrà fondere e saldare le parti discordi che costituiscono gli elementi dell’odierna civiltà nelle parti integrali della futura Confederazione mondiale, è verità che i futuri eventi dimostreranno sempre più chiaramente. ...Diventa sempre più evidente che solo la furia di una catastrofe mondiale potrà affrettare questa nuova fase del pensiero umano; e che solo il fuoco di una durissima ordalia, mai prima sperimentata con tale intensità, potrà fondere e saldare le parti discordi che costituiscono gli elementi dell’odierna civiltà nelle parti integrali della futura Confederazione mondiale, è verità che i futuri eventi dimostreranno sempre più chiaramente. ...Null’altro che uno spaventoso cimento, dal quale il genere umano uscirà purificato e preparato, sarà in grado di creare quel senso di responsabilità che le guide di questa neonata era dovranno addossarsi.» (Ibidem, pp. 46-47) 446. I bahá’í non devono perdere la speranza nel futuro per la crisi che travolgerà il mondo «...Nel momento in cui una simile crisi travolgerà il mondo, nessuno può sperare di rimanerne immune. Facciamo parte di un’unità organica e quando una parte dell’organismo soffre, tutto il corpo ne sente le conseguenze. Questo in effetti il motivo per cui Bahá’u’lláh richiama la nostra attenzione sull’unità dell’umanità. Ma, come bahá’í, non dobbiamo permettere che queste sofferenze ci facciano perdere la speranza nel futuro...» 447. Un periodo di purificazione è indispensabile - I bahá’í non dovrebbero desiderare di non essere toccati «...Sembra che vi lagnate delle calamità che si abbattono sull’umanità. Un periodo di purificazione è indispensabile nel processo dello sviluppo spirituale dell’uomo, perché solo così i sopravvalutati bisogni materiali appaiono nella loro vera luce. Fino a quando l’umanità non imparerà a dare maggiore importanza alle cose spirituali, non sarà mai in grado di entrare nell’età d’oro predetta da Bahá’u’lláh. Le attuali catastrofi fanno parte di questo processo di purificazione e soltanto tramite loro l’uomo imparerà la lezione. Servono d’insegnamento alle nazioni, affinché vedano le cose da un punto di vista internazionale e fanno sì che l’individuo dia più importanza al suo benessere morale che a quello materiale. Durante questo processo di purificazione, mentre tutta l’umanità spasima per le atroci sofferenze, i bahá’í non devono sperare di non essere toccati. Se considerassimo la trave che abbiamo negli occhi, capiremmo che esse sono destinate anche a noi che asseriamo di essere arrivati. Questa crisi mondiale è necessaria per richiamare la nostra attenzione sull’importanza dei nostri doveri e dell’esecuzione dei nostri compiti. La sofferenza aumenterà le nostre energie per mostrare la strada della salvezza all’umanità e ci scuoterà dalla flemma, poiché siamo ancora lontani dal fare del nostro meglio per insegnare la Causa e trasmettere il Messaggio che ci è stato affidato...» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente in risposta ad una lettera del 14 ottobre 1931. Bahá’í News n. 58, p. 1, gennaio 1932) 448. I pericoli che minacciano l’America «Gli è stato detto che alcuni amici si sono turbati da quanto è stato riferito dai pellegrini sui pericoli che in futuro minacceranno l’America nel caso di un latro conflitto mondiale. Egli non ritiene che i bahá’í debbano sprecare tempo soffermandosi sugli aspetti oscuri delle cose. Qualunque persona intelligente si rende conto, per l’esperienza acquistata con l’ultima guerra mondiale, e considerando i nuovi esperimenti scientifici moderni nel campo degli armamenti in vista di guerre future, che le grandi città in tutto il mondo sono in tremendo pericolo. Questo ha detto il Custode ai pellegrini. A prescindere da ciò, ha esortato i bahá’í ad uscire da questi centri di intenso materialismo, dove la vita d’oggigiorno è così incalzante ed oppressiva, e - per servire la Fede - disseminandosi vadano in città e villaggi e portino il Messaggio per tutta l’unione Americana. Crede fermamente che il campo al di fuori delle grandi città sia più fertile, che alla fine i bahá’í saranno più felici per aver compiuto questo passo, e che - nel caso scoppiasse un’altra guerra - sarebbero più al sicuro, proprio come è più protetta qualsiasi altra persona che vive in campagna o fuori dalle grandi aree industriali. Sono annotazioni come queste che i pellegrini hanno riportato nei loro appunti. Egli non vede motivo d’allarme, ma certamente pensa che i bahá’í dovrebbero soppesare queste considerazioni ed essere attivi nel diffondere la Fede di Bahá’u’lláh ed anche per la loro definitiva felicità: le due cose, infatti, vanno insieme.» (Da una lettera scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti, 20 giugno 1954) 449. L’uomo vede la vita in modo troppo rozzo e materialistico «Infatti la causa principale dei mali che imperversano oggi nel mondo è la mancanza di spiritualità. La civiltà materialistica del nostro tempo ha tanto assorbito le energie e l’interesse dell’umanità che in genere la gente non avverte più il bisogno d’innalzarsi al di sopra delle forze e delle condizioni della quotidiana esistenza materiale. Non c’è richiesta sufficiente di cose che dobbiamo chiamare spirituali per distinguerle dai bisogni e dalle esigenze dell’esistenza terrena. Le cause della crisi universale dell’umanità sono perciò fondamentalmente spirituali dell’era è, nel suo insieme, irreligioso. Oggi l’uomo vede la vita in modo troppo rozzo e materialistico per poter assurgere ai reami superiori dello spirito . È questa condizione, così tristemente malsana, nella quale la società è caduta, che la religione cerca di migliorare e trasformare...» (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 8 dicembre 1935, Preghiera, Meditazione, Devozione, p, 24-25, n. 41) 450. Prove psicologiche che i credenti occidentali patiranno «Eppure, quante volte sembra che dimentichiamo i chiari e ripetuti ammonimenti dell’amato Maestro, il quale - specialmente negli ultimi anni della sua missione sulla Terra - pose l’accento sulle severe prove psicologiche che inevitabilmente avrebbero travolto i Suoi cari amici occidentali... prove che li avrebbero purificati, mandati e preparati alla loro nobile missione nella vita. Allora, nostro è il dovere ed il privilegio di lavorare giorno e notte in mezzo alle tempeste e alle tensioni di questi giorni difficili, per acuire lo zelo del nostro compagno, riaccendere le sue speranze, stimolare i suoi interessi, aprire i suoi occhi alla vera Fede di Dio ed ottenere il suo attivo sostegno nell’esecuzione del nostro comune compito per la pace e la rigenerazione del mondo.» (Da una lettera scritta da Shoghi Effendi ai credenti dell’Australia e Nuova Zelanda, 2 dicembre 1923, Letters from the Guardian to Australia and New Zeland, 1923-1957, pp. 1-2) 451. Una civiltà lacerata da conflitti «Nel mezzo d’una civiltà lacerata da conflitti e debilitata dal materialismo, il popolo di Bahá costruisce un nuovo mondo. In questo momento abbiamo di fronte opportunità e responsabilità di vasta portata e molto urgenti. Nell’intimo del proprio cuore ciascun credente decide di non essere sedotto dalle effimere lusinghe della società che lo circonda, di non essere trascinato nelle sue contese e nei suoi passeggeri entusiasmi, ma invece di trasferire tutto ciò che può dal vecchio al nuovo mondo, che è la visione dei suoi ardenti desideri e che sarà il frutto delle sue opere.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia ai Bahá’í dell’Est e dell’Ovest, 18 dicembre 1963) 452. Violenti e molteplici saranno gli assalti che la Fede sosterrà «...La maggior parte dell’umanità, cieca e schiava, è totalmente inconsapevole del potere risanatore di cui questa comunità è stata dotata, né può ancora sospettare il ruolo che essa è destinata a giocare per la sua redenzione. Violenti e molteplici saranno gli assalti con cui governi, razze, classi e religioni, gelosi del crescente prestigio della Causa e timorosi del suo prosperante vigore, cercheranno di farne tacere la voce e di distruggerne le fondamenta. Ma questa comunità - ne sono certo - indifferente alla relativa oscurità che oggi la circonda e imperterrita davanti alle forze che in futuro le si schiereranno contro, e nonostante le strazianti agonie di quest’era travagliata, continuerà a perseguire il proprio destino, senza lasciarsi deviare nel suo cammino e turbare nella sua serenità, incrollabile nel suo proposito, irremovibile nelle sue convinzioni.» (Shoghi Effendi, Messages to America, p. 14. Parzialmente in Quando i venti impetuosi soffiano, p. 15, n. 22) 453. È nostro dovere redimere i nostri compagni «...È nostro dovere redimere il maggior numero possibile dei nostri compagni e illuminarne i cuori, prima che essi siano sopraggiunti da una grande catastrofe che li inghiottirà irrimediabilmente o dalla quale usciranno purificati e rafforzati e pronti a servire. quanto più numerosi saranno i credenti che, quando quel momento verrà, si ergeranno quali fari nella notte, tanto meglio sarà; di qui la suprema importanza del lavoro di insegnamento in questo momento...» (Da una lettera scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’Africa Meridionale ed Occidentale, 9 luglio 1957, L’Insegnamento alle Masse, p. 29, n. 45) 454. I bahá’í sono il lievito di Dio, il Popolo eletto di Dio «...I bahá’í sono il lievito di Dio, che deve far lievitare la propria nazione. La protezione concessa non solo a loro, ma a tutto il loro Paese, sarà direttamente proporzionale al loro successo. Queste sono le immutabili leggi di Dio, dalle quali non c’è scampo: “Poiché a chi molto è stato dato, molto sarà richiesto”. Non possono essere il popolo eletto di Dio - coloro che hanno goduto della munificenza di accettarlo nel Suo Giorno, i destinatari del Piano Divino del Maestro - e non far nulla. Il dovere di insegnare è un obbligo per ciascun bahá’í e, in particolare, i doveri dei bahá’í americani nei confronti dell’umanità sono grandi e inderogabili. Nella misura in cui essi adempiranno ai doveri, saranno benedetti, protetti, felici e soddisfatti.» (Da una lettera scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti, 21 settembre 1957. Parzialmente in Insegnamento, p. 48, n. 116) 455. Gli occhi del mondo sono puntati su di noi «...Gli occhi dei popoli del mondo incominciano a puntarsi su di noi e, peggiorando le sorti dell’umanità, i non bahá’í ci guarderanno con attenzione sempre maggiore per vedere se diamo un sincero appoggio alle nostre istituzioni; se siamo o no la gente della nuova creazione; se viviamo all’altezza delle nostre convinzioni, principi e leggi, tanto nei fatti quanto nelle parole. Non saremo mai abbastanza solleciti, mai abbastanza esemplari.» (Da una lettera scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale delle Isole Britanniche, 5 agosto 1955, Eccellenza in ogni cosa, p. 67, n. 52) 456. I bahá’í hanno il compito di purificare l’umanità con le regole e l’esempio «In molte lettere e in molte occasioni il diletto Custode ha avvertito che il processo di disgregazione penetrerà sempre più profondamente nel cuore della società umana e che l’umanità dovrà sopportare molte sofferenze prima che il fuoco di una calamità universale la fonda in un unico organico commonwealth. Anche quando saranno pienamente riconosciuti il suffragio universale e tutti gli altri diritti attualmente rivendicati dai movimenti per i diritti civili, ai bahá’í rimarrà ancora l’incompiuto compito di purificare l’umanità con le regole e l’esempio da ogni traccia di pregiudizio razziale. Null’altro che la Fede di Dio può far ciò.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti, 30 Mirza 1965) 457. Gli eletti di Dio non devono contentarsi di una distinzione ed eccellenza relativa «Gli eletti di Dio... non devono guardare alla depravazione della società in cui vivono, né ai segni della degradazione morale, né al comportamento frivolo di coloro che stanno loro intorno. Non devono semplicemente contentarsi di distinguersi e di eccellere in parte, ma piuttosto fissare lo sguardo ad altezze più nobili assegnandosi, quale meta suprema, i consigli e le esortazioni della Penna della Gloria. Allora si renderanno conto facilmente di quanto siano numerosi gli stadi che rimangono ancora da percorrere e quanto distante sia la meta desiderata, meta che non è altro che il divenire esempio di principi morali e di virtù divine.» (Lettera di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Locale di Tehran, Guida per una vita bahá’í, pp. 74-75, n. 3) 458. Ostacoli che s’incontrano sul sentiero «Il rozzo materialismo che oggigiorno sommerge l’intera nazione; l’attaccamento ai beni terreni che avvolge l’anima degli uomini; le paure e le ansietà che ne distraggono le menti; il piacere e la dissolutezza con cui occupano il tempo; i pregiudizi e le animosità che ne oscurano la vista; l’apatia e l’indolenza che ne paralizzano le facoltà spirituali: questi sono alcuni dei formidabili ostacoli che s’incontrano sul sentiero di ogni sedicente guerriero al servizio di Bahá’u’lláh; ostacoli contro cui deve lottare e che deve superare nella sua crociata per la redenzione dei concittadini.» (Shoghi Effendi, Citadel of Faith, p. 148) 459. La civiltà sopporta prove dure e senza pari «Preghiamo Iddio che - in questi giorni di buio che circonda il mondo, in cui le tenebrose forze della natura, dell’odio, della ribellione, dell’anarchia e della reazione minacciano l’intera stabilità della società umana, e i più preziosi frutti della civiltà sopporta prove dure e senza pari - possiamo capire, più profondamente che mai, che pur essendo tanto pochi fra le masse in fermento del mondo, in questo giorno siamo gli strumenti scelti dalla grazia di Dio, che la nostra missione è la più urgente e vitale per il destino dell’umanità e che, fortificati da questi sentimenti, ci leviamo per conseguire il santo scopo di Dio per l’umanità.» (Shoghi Effendi: Bahá’í Administration, p. 35) VII. CERIMONIE 460. Non è esatto affermare che la Fede Bahá’í non ha cerimonie «Non è esatto affermare che la Fede Bahá’í non ha cerimonie: esempi di esse, negli insegnamenti, sono la cerimonia matrimoniale ed il servizio funebre. In realtà sarebbe corretto affermare che la Fede ha certe leggi fondamentali e osservanze semplici prescritte da Bahá’u’lláh e che i Suoi insegnamenti mettono in guardia dallo svilupparli in un sistema di rigidi ed uniformi rituali aggiungendo formalità e pratiche concepite dall’uomo, come quelle che esistono nella Chiesa Cattolica nella celebrazione della Messa e nell’amministrazione dei sacramenti da parte di un membro del clero. Nell’applicare le leggi fondamentali della Fede, gli amici devono sempre attenersi alla massima semplicità ed essere flessibili per tutti i dettagli.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale della Colombia, 31 agosto 1967) 461. Cerimonie per l’imposizione del nome «Abbiamo ricevuto la vostra lettera del 22 agosto 1966 in cui avete chiesto se cerimonie per l’imposizione del nome ai bambini debbano essere incoraggiate come attività della comunità. in una lettera del 20 dicembre 1938 indirizzata ad un credente, il diletto Custode disse: “Riguardo la sua domanda se c’è una speciale cerimonia che i credenti dovrebbero tenere quando vogliano dare il nome ad un neonato; gli Insegnamenti non prevedono nessuna cerimonia per queste occasioni. Nella Causa non vi è alcun ‘battesimo’ simile a quello cristiano. Ma non ci sarebbe alcuna obiezione al fatto che gli amici si riuniscano in queste felici occasioni, purché non tengano una cerimonia pubblica ufficiale ed inoltre evitino del tutto che si pratichino in modo rigido ed uniforme...” Riteniamo che ciò debba essere lasciato alla discrezione dei genitori.» (Lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti, 7 settembre 1966) 462. Battesimo spirituale dei figli «Hai domandato dell’imposizione del nome ai figli: Quando vuoi dare il nome ad un neonato, organizza una riunione; intona i versetti, con spiritualità supplica ed implora la Soglia dell’Unità affinché il bambino sia sempre guidato e confermato da saldezza e costanza; quindi dai il nome ed offri con gioia un rinfresco e dolci. Questo è un battesimo spirituale.» (‘Abdu’l-Bahá: Tablets of ‘Abdu’l-Bahá, pp. 149-150) 463. Battesimo dei figli «Abbiamo ricevuto la vostra lettera del 14 settembre in cui chiedete del battesimo di un bambino i cui genitori sono uno cristiano e l’altro bahá’í. Ovviamente, se entrambi i genitori sono bahá’í non possono battezzare il figlio; nel caso, invece, che il coniuge non bahá’í insista nel voler battezzare i figli, in una lettera del 18 febbraio 1965 all’Assemblea Nazionale di Spagna dicemmo: “‘Il genitore bahá’í può assistere alla cerimonia a condizione che non assuma alcun impegno o faccia una promessa contraria ai principi della Fede.”» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti, 21 settembre 1966) 464. I bahá’í possono e dovrebbero partecipare ad innocue celebrazioni culturali e tradizionali «Nel decidere se partecipare o meno ad attività tradizionali, i bahá’í devono evitare due estremi: primo, abbandonare inutilmente innocue celebrazioni culturali, allontanandosi così dai loro familiari ed amici non bahá’í; secondo, continuare a seguire pratiche ormai abrogate di precedenti dispensazioni, e così minare l’indipendenza della Fede e creare sgradite distinzioni fra loro e gli altri bahá’í...» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad una Assemblea Spirituale Nazionale, citata in una lettera ad un’altra Assemblea Spirituale Nazionale, 13 ottobre 1985) 465. Cerimonie religiose alle quali i bahá’í non dovrebbero partecipare «Vi sono talune cerimonie religiose a cui i bahá’í non dovrebbero partecipare, per salvaguardare l’indipendenza della Fede. A questo proposito l’amato Custode ha dato il seguente consiglio ad un’altra Assemblea Nazionale: ‘In questi giorni gli amici, per quanto possibile, dovrebbero dimostrare con le loro azioni l’indipendenza della Santa Fede di Dio, e la sua autonomia da usanze, riti e pratiche da un passato screditato ed abrogato’. Seguendo questo principio, la Casa di Giustizia consiglia i bahá’í di trovare un giusto equilibrio tra l’adesione alla Causa e l’obbedienza alle sue leggi da una parte, ed il loro ruolo sociale dall’altro. Quando una persona diventa bahá’í acquisisce - come sapete - una maggiore devozione verso le Manifestazioni di Dio. Scorrendo questo nuovo modello di vita, deve fare attenzione di non isolarsi dalla famiglia e dai parenti e mostrare rispetto per la sua passata religione. I bahá’í, naturalmente, devono evitare qualunque atto che possa far supporre la loro appartenenza ad un’altra religione o che sia contrario ai principi bahá’í. Vi è una netta differenza fra partecipare ad avvenimenti festivi e culturali e prendere parte a riti e cerimonie religiose. Bisogna ricordare che discostarsi dalle abitudini e dalle tradizioni radicate da secoli nelle comunità è per i bahá’í un processo lungo e graduale. Quindi, mentre, da un lato l’Assemblea Nazionale deve evitare d’essere rigida, dall’altro non deve scendere a compromessi quando sono in gioco gli interessi, l’integrità e l’indipendenza della Fede.» (Ibidem) 466. I genitori bahá’í possono partecipare a cerimonie di battesimo, ma non possono prendere alcun impegno o fare promesse «In risposta alla vostra lettera del 5 settembre 1984 in cui comunicate che un credente di... si sposerà presto con una persona di religione cattolica romana e chiedete se gli è permesso di far battezzare i figli, la Casa Universale di Giustizia ci ha chiesto di trasmettervi le sue istruzioni. I figli di coppie come questa possono essere battezzati, se così vuole il genitore cristiano; dal punto di vista bahá’í il battesimo non ha effetto. È bene comunque sottolineare che il genitore bahá’í, pur essendo del tutto libero di partecipare alla cerimonia, non deve prendere alcun impegno o fare promesse contrarie alle leggi bahá’í, né deve rinunciare al suo diritto di genitore d’impartire gli insegnamenti bahá’í al figlio.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale della Svizzera, 20 settembre 1984) VIII. FANCIULLI A. Bambini adottati e orfani 467. “Colui che educa il proprio figlio o il figlio di un altro...” «Chi educa il proprio figlio o il figlio di un altro è come se educasse uno dei Miei; su di lui si posino la Mia gloria, la Mia gentilezza amorevole, la Mia misericordia, che hanno pervaso il mondo.» (Bahá’u’lláh: Kitáb-i-Aqdas, par. 48) 468. Bahá’u’lláh e ‘Abdu’l-Bahá lodano coloro che adottano bambini «È stato un piacere per Shoghi Effendi ricevere la sua lettera del 26 maggio ed apprendere che ha adottato dei bambini. Questa è un’azione veramente bahá’í, specialmente perché è stata spesso lodata da Bahá’u’lláh ed ‘Abdu’l-Bahá ed il Custode ha fiducia che cresceranno per diventare attivi bahá’í e ripagarla così della sua amorevole generosità.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 20 giugno 1931) 469. Figli adottati e genitori naturali * “È chiaro che la separazione di un figlio dai suoi genitori naturali è una tragedia che la società deve prevenire o mitigare con tutti i mezzi possibili. È chiaro altresì che per il figlio in certi casi è preferibile l’effettiva separazione che continuare a vivere con un genitore che a causa del suo carattere e del comportamento è indegno della sua sacra funzione. Per questo il Custode ha esplicitamente affermato che, in taluni casi, la legge di Dio permette di troncare i legami familiari e di rinunciare alle responsabilità che legano genitori e figli, ma che la Casa Universale di Giustizia dovrà legiferare in materia. Ogni qual volta la legge del paese o il provvedimento di adozione proibiscano che il figlio adottato abbia futuri contatti con i genitori naturali, la legge bahá’í non richiede che, per il proprio matrimonio, il figlio ottenga il consenso di quei genitori. Comunque, nel caso in cui i contatti siano permessi, se sono stati interrotti, fissare il momento per ristabilirli è una questione di saggezza e discrezione. Proprio come l’amore che si nutre per una persona non implica che se ne ami di meno un’altra, così l’unità con i genitori adottivi non comporta che venga meno o scemi l’unità tra un figlio ed i genitori naturali, o viceversa. Su ciò ha effetto il carattere e l’atteggiamento delle persone interessate...” (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia ad un credente, 17 febbraio 1971) *(Vedi anche: Leggi sul matrimonio: Consenso dei genitori) 470. I bahá’í non possono promettere d’educare i figli adottati in un’altra religione «Un bahá’í non può assumersi un impegno che lo obblighi a compiere atti contrari ai principi della Fede. In altre parole, la signora. ... non può acconsentire ad allevare un bambino secondo religione cattolica. Inoltre, nel caso sia necessario sposarsi con rito cattolico per poter procedere all’adozione, la signora ... deve precisare alle autorità ecclesiastiche di essere bahá’í, che intende rimanere bahá’í e che non può assumersi alcun impegno contrario alle leggi ed ai principi della Fede.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti, 26 novembre 1964) 471. Un bahá’í che giura d’allevare i figli in un’altra Fede è soggetto a sanzione amministrativa «...nessun bahá’í può consapevolmente giurare d’educare i suoi figli secondo un’altra religione, e naturalmente non ha il diritto di mentire, quindi gli è impossibile fare una promessa del genere sposando un non bahá’í. Qualsiasi bahá’í che contravviene a ciò deve essere privato del diritto di voto e - come è già stato chiarito - lo devono essere anche i bahá’í che si sposano come cristiani.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi al Comitato Europeo d’Insegnamento, 13 maggio 1956) 472. Doveri verso gli orfani «In questa santa Causa la questione degli orfani è molto importante. Si deve mostrare la massima considerazione verso gli orfani; bisogna istruirli, addestrarli ed educarli. Soprattutto bisogna dare loro, per quanto possibile, gli insegnamenti di Bahá’u’lláh. Supplico Iddio che tu divenga un genitore gentile per gli orfani, vivificandoli con le fragranze dello Spirito Santo, affinché giungano alla maggior età come veri servi del mondo dell’umanità e luminose candele nell’umano consesso.» (‘Abdu’l-Bahá: Educazione Bahá’í, p. 61, n. 85) B. Padrini o comparatico 473. Padrini bahá’í «In risposta alla vostra lettera del 28 settembre 1984 sul suddetto argomento, la Casa Universale di Giustizia ci ha incaricato di mandarvi le seguenti istruzioni. La posizione del ‘padrino’ varia considerevolmente da paese a paese e da una confessione cristiana all’altra. In molti casi implica la sua partecipazione ad un servizio religioso come appartenente alla chiesa in questione e l’obbligo di educare il bambino secondo gli insegnamenti di quella chiesa. È ovvio che a queste condizioni è impossibile per un bahá’í fare il padrino. Comunque, nei casi in cui si sia assunto un impegno del genere prima di diventare bahá’í, la Fede non richiede che si rinneghi la promessa, ma semplicemente che si informino i genitori d’aver cambiato religione, in modo che - se lo desiderano - possano sostituirli. In alcuni paesi il padrino o la madrina sono considerati dalla maggior parte della gente come buoni amici di famiglia che annualmente fanno un regalo al bambino. Se il loro compito si esaurisce in questo, non vi è ovviamente alcuna obiezione perché un bahá’í accetti di fare da padrino o madrina. Comunque, anche in quei paesi è probabile che, oltre ad assumersi questa responsabilità, il padrino abbia l’obbligo di partecipare alla cerimonia del battesimo e - sebbene molti cristiani la prendano molto alla leggera - un bahá’í deve essere conscio della solennità attribuita dalla chiesa a questo rito e non assumersi quindi impegni che non può mantenere o far qualcosa che implicherebbe un diniego della sua fede.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale della Svizzera, 4 novembre 1984) 474. Le coppie bahá’í non devono battezzare i figli «La Casa di Giustizia ha notato il grande risalto che date agli aspetti sociali ed economici del comparatico del vostro paese e il cenno alla motivazione religiosa dell’usanza. Per quanto sia grande nei Dominicani lo scemare del fervore cristiano, tuttavia non si possono minimizzare le origini del battesimo e gli altri aspetti religiosi del comparatico, in modo particolare per la gente di campagna che verosimilmente può ricevere pressioni dai parroci. La vostra Assemblea comprende che una coscienziosa coppia bahá’í non deve battezzare i figli, né i bahá’í - di norma - devono partecipare da padrini, in cerimonie di battesimo, poiché ciò potrebbero far credere alla gente che siamo affiliati alla chiesa...» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale della Repubblica Dominicana, 17 febbraio 1980) 475. Se le condizioni sono chiare un bahá’í può fare da padrino ad un bambino non bahá’í «Chiedete se un bahá’í ‘che abbia chiarito di essere bahá’í, e non può promettere di educare il bambino secondo la religione cattolica e non è affiliato alla Chiesa... possa fare da padrino ad un bambino figlio di non bahá’í’. Può farlo, poiché, in tal caso, tutti gli interessati sono a conoscenza del suo credo. Se gli viene richiesto, si può - con l’ausilio dell’Assemblea Locale o di un legale - stendere un accordo per definire gli elementi sociali del rapporto di comparatico omettendo quelli religiosi.» (Ibidem) 476. Essere padrini prima di diventare bahá’í «Avete chiesto chiarimenti riguardo a coloro che prima di abbracciare la Fede Bahá’í erano già padrini: la fidatezza è una delle grandi qualità che devono caratterizzare i bahá’í, ed il nuovo credente, lungi dal ripudiare gli impegni assunti prima di diventare bahá’í, deve essere ancora più coscienzioso nell’assolverli. Tuttavia, vi sono certi atti che violerebbero i principi bahá’í ed il credente deve astenersene. Altri sarebbero incompatibili con la sua fedeltà alla Fede, come la promessa di educare il figlioccio secondo gli insegnamenti della Chiesa Cattolica. In questi casi il nuovo credente potrebbe suggerire ai genitori che, per sua nuova comprensione del Cristianesimo, essi probabilmente preferirebbero annullare questi specifici impegni, confermando comunque la sua volontà di continuare ad assolvere le funzioni del comparatico relativi agli aspetti sociali ed economici. L’intera questione dovrebbe essere trattata in modo gentile e conciliante nella speranza di conservare l’amicizia e la fiducia di tutti gli interessati .» (Ibidem) 477. Padrini non bahá’í di bambini bahá’í «Nel caso di non bahá’í padrini di bambini bahá’í, i genitori di questi possono tranquillamente spiegare loro il cambiamento del loro ruolo, sottolineando che ora potrebbero desiderare d’essere esonerati dai loro obblighi, e che comunque, aspetti religiosi del rapporto, non possono più sussistere.» (Ibidem) 478. Comparatico fra due bahá’í «Avete chiesto se è permesso a due bahá’í avere un rapporto di comparatico: non vi è nulla in contrario.» (Ibidem) C. Educazione e addestramento dei bambini 479. In primo luogo si devono addestrare i bambini sui principi della religione «...Le scuole devono in primo luogo addestrare i bambini secondo i principi della religione, in modo che la Promessa e la Minaccia, registrare nei Libri di Dio, possono tenerli lontani dalle cose proibite e adornarli col manto dei comandamenti; ma ciò in misura tale da non danneggiare i bambini portandoli al fanatismo ignorante o al bigottismo.» (Bahá’u’lláh, Tavole, p. 63. Educazione Bahá’í, p. 15, n. 15) 480. Incoraggiare i bambini fin dalla prima infanzia «Incoraggiate i bambini a conoscere a fondo fin dai primi anni ogni tipo di sapere, e instillate in loro il desiderio di divenire esperti in ogni arte, affinché, mediante la grazia ed il favore di Dio, ogni cuore divenga come uno specchio che dischiude i segreti dell’universo e penetra nell’intima realtà di tutte le cose; e ciascuno di loro acquisti fama mondiale in tutti i rami del sapere, della scienza e delle arti. Certamente, certamente non trascurate l’educazione dei bambini. Allevateli in modo che posseggano qualità spirituali e siate certi dei doni e dei favori del Signore.» (‘Abdu’l-Bahá, Educazione Bahá’í, p. 39, n. 52) 481. Incombe ai bambini bahá’í di superare gli altri «Fa’ d’uopo che i bambini bahá’í superino gli altri nell’acquisizione delle scienze e delle arti, perché essi sono stati cullati nella grazia di Dio. Ciò che gli altri fanciulli imparano in un anno, i bambini bahá’í l’imparino in un mese. Il cuore di ‘Abdu’l-Bahá brama, nel suo amore, di scoprire che i giovani bahá’í sono noti in tutto il mondo per le loro conquiste intellettuali. Non v’é dubbio che essi applicheranno tutti i loro sforzi, le loro energie, il loro senso dell’orgoglio, per apprendere scienze ed arti.» (‘Abdu’l-Bahá, Eccellenza in ogni cosa, p. 47, n. 12) 482. I genitori sono responsabili verso Dio dell’educazione dei figli «Per questo motivo, in questo Nuovo Ciclo, nel Libro di Dio è scritto che l’educazione e l’istruzione sono obbligatorie e non volontarie. Cioè è imposto al padre ed alla madre il dovere di fare tutto il possibile per educare figlie e figli, per nutrirli al petto del sapere e per allevarli al seno delle scienze e delle arti. Se trascureranno ciò, saranno ritenuti responsabili e degni di biasimo al cospetto del severo Signore.» (‘Abdu’l-Bahá, Educazione Bahá’í, p. 36, n. 43) 483. Gli insegnanti dei bambini servono Bahá’u’lláh «...insegnare ai bambini è un servizio alla Perfezione Benedetta. Chiunque serve il genere umano in questo o in qualsiasi altro modo serve Sua Santità Bahá’u’lláh. Egli vi darà la ricompensa celeste. L’educazione dei bambini è uno dei più grandi servigi. Tutti questi bambini sono miei; se li educate e li illuminate è come se educaste i miei stessi figli...» (‘Abdu’l-Bahá, dai discorsi in Terra Santa, Star of the West, vol. XIII, n. 6, p. 172) 484. Non educare i figli è un peccato imperdonabile «Questo è un peccato imperdonabile, perché hanno fatto di quel povero bambino un vagabondo nel Sahara dell’ignoranza, sfortunato e tormentato, che rimarrà per tutta la vita prigioniero dell’ignoranza e della superbia, negligente e senza discernimento. In verità sarebbe senz’altro preferibile che quel bambino lasciasse questo mondo nell’infanzia. In questo senso, la morte è meglio della vita, la perdita della salvezza, la non esistenza più amabile dell’esistenza, la sepoltura meglio del palazzo, un’angusta e tetra tomba meglio di una reggia, perché agli occhi dell’umanità quel bimbo è umiliato e degradato, e agli occhi di Dio debole e imperfetto. Nelle riunioni è pieno di vergogna e nell’arena delle prove sconfitto e sottomesso da giovani e vecchi. Che errore sarebbe! Quale eterna umiliazione!” (‘Abdu’l-Bahá, Tablets of `Abdu’l-Bahá, vol. III, n. 579) 485. I bambini abbandonati a se stessi crescono nell’ignoranza «Non vi è dubbio che se un bambino viene abbandonato a se stesso e non riceve educazione, crescerà ignorante e analfabeta e le sue facoltà mentali subiranno una recessione e si intorpidiranno; in effetti diverrà come un animale...» (‘Abdu’l-Bahá, The Promulgation of Universal Peace, p. 311) 486. Piuttosto che crescere ignorante, è meglio che un bimbo non viva. «Perciò l’amato di Dio e l’ancella del Misericordioso debbono educare i loro figli dando tutti se stessi ed istruendoli alla scuola della virtù e della perfezione. Non devono essere né negligenti, né inefficienti in questo compito. In verità, sarebbe meglio che il bambino non vivesse, piuttosto che lasciarlo crescere nell’ignoranza, perché quel bimbo innocente, poi, nella vita sarebbe pieno di innumerevoli difetti, responsabile verso Dio al quale dovrà rispondere, biasimato e respinto dalla gente. Quale grave colpa e che omissione sarebbe! Attenti! Attenti! non sottraetevi a questo compito. Sforzatevi con tutto il cuore e con gioia d’educare i vostri figli, specialmente le bambine. Nessuna scusa è accettabile in questa materia.» (‘Abdu’l-Bahá, Tablets of ‘Abdu’l-Bahá, vol. III. p° 579) 487. Il bambino non deve essere oppresso o biasimato* «Il bambino non deve essere oppresso o biasimato perché non è sviluppato, deve essere educato con pazienza...» (‘Abdu’l-Bahá, The Promulgation of Universal Peace, pp. 175-176) 488. Lo scolaro deve essere incoraggiato * «Se a uno scolaro viene detto che la sua intelligenza è minore di quella dei suoi compagni, questo è un grande svantaggio e ostacolo al suo progresso. Egli deve essere incoraggiato a progredire dicendogli: “Sei molto dotato e se farai uno sforzo otterrai il più elevato titolo di studio.» (‘Abdu’l-Bahá, The Promulgation of Universal Peace, p. 73. Parzialmente in Educazione Bahá’í, p. 93, n. 150) * (Vedi anche: VIII C. Disciplina, doveri e educazione religiosa) 489. Rango di coloro che servono ed educano i bambini «O tu maestro dei figli del Regno! Ti sei accinto a svolgere un servizio che ti darebbe diritto di vantarti su tutti i maestri della terra. Perché i maestri di questo mondo si servono dell’educazione umana per sviluppare le facoltà spirituali o materiali dell’umanità, mentre tu coltivi queste giovani piante nei giardini di Dio secondo l’educazione del Cielo, e dai loro le lezioni del Regno. Il risultato di questo tipo d’insegnamento sarà quello di attrarre le benedizioni di Dio e di rendere palesi le perfezioni dell’uomo. Attieniti fermamente a questo tipo d’insegnamento, perché i suoi frutti saranno molto grandi. Si devono educare i bambini sin dall’infanzia, in modo che diventino spirituali e buoni bahá’í. Se saranno educati in questo modo, rimarranno salvi da ogni prova.» (‘Abdu’l-Bahá, Educazione Bahá’í, p. 47, n. 67) 490. Metodi per insegnare ai fanciulli «Se questi bambini saranno allevati secondo gl’insegnamenti bahá’í, molte anime benedette sorgeranno tra loro. Se il giardiniere la coltiva con cura, la pianta diventa buona e produce frutti migliori. A questi bambini si deve dare una buona educazione sin dalla prima infanzia. Bisogna dar loro un’educazione sistematica che ne favorisca lo sviluppo giorno per giorno, affinché acquistino un maggior intuito e la loro sensibilità spirituale divenga più profonda. Bisogna educarli a partire dall’infanzia. Non è possibile istruirli sui libri. Molte scienze elementari devono essere spiegate loro nella scuola materna; le devono imparare giocando e divertendosi. Molte idee bisogna insegnarle con le parole e non studiando sui libri. I bambini devono farsi domande su queste cose tra loro e tra loro devono darsi la risposta. In questo modo faranno grandi progressi. Per esempio, anche i problemi matematici devono essere insegnati in forma di domanda e risposta. Un bambino fa una domanda e l’altro deve dare la risposta. In seguito i bambini parleranno spontaneamente tra loro su questi stessi argomenti. I primi della classe devono ricevere un premio. Bisogna incoraggiarli e quando uno di loro dimostra di aver fatto buoni progressi, se si vuole aiutarlo a progredire ulteriormente, si deve lodarlo e incoraggiarlo. Lo stesso per le cose di Dio. Devono essere fatte domande verbali e le risposte devono essere date a voce. Devono discutere tra loro in questo modo.» (‘Abdu’l-Bahá, The Bahá’í World, vol. IX, p. 543. Educazione Bahá’í, p. 91, n. 147) 491. Un saggio insegnante «Un saggio insegnante deve far uscire i suoi scolari dall’aula per un’ora perché giochino o pratichino la ginnastica, in modo che le menti e i corpi si ristorino e durante le ore di lezione apprendano con più facilità. Se un insegnante dà la dimostrazione che i suoi scolari fanno progressi, nessun ispettore ha il diritto di criticare il suo sistema, di mettere in dubbio la saggezza o d’affermare che sprechi il tempo dei ragazzi. Se un padre saggio gioca con i figli, chi ha il diritto di dire che non è un bene per loro? Egli li chiama vicini a sé come la chioccia chiama i pulcini; sa che sono piccoli e devono essere convinti con pazienza, proprio perché sono giovani e piccini.» (Dalle parole di ‘Abdu’l-Bahá, Star of the West, vol. IX, n. 8, p. 91) 492. Il corso di studi deve essere uguale per figlie e figli «Egli ha promulgato l’adozione dello stesso corso di studi, favorendo in tal modo l’unità dei sessi. Quando tutta l’umanità riceverà le stesse opportunità di educazione e l’uguaglianza tra uomini e donne sarà realizzata, le fondamenta della guerra saranno completamente distrutte. Senza uguaglianza ciò sarà impossibile, perché tutte le differenze e le distinzioni conducono alla discordia ed alla lotta. L’uguaglianza tra uomini e donne conduce all’abolizione delle guerre perché le donne non saranno mai disposte a sanzionarle. Le madri non daranno i figli in sacrificio sui campi di battaglia dopo vent’anni di ansietà e di amorevole devozione nell’allevarli sin dall’infanzia, qualsiasi causa essi siano chiamati a difendere. Non c’è dubbio che quando le donne otterranno la parità di diritti, le guerre cesseranno del tutto fra gli uomini.» (‘Abdu’l-Bahá, The Promulgation of Universal Peace, p. 174-175, Educazione Bahá’í, p. 94, n. 152) 493. L’inizio dell’educazione formale «...La loro educazione formale deve avere inizio all’età di cinque anni. Cioè, durante il giorno devono essere sorvegliati in un luogo dove vi sia un insegnante e devono imparare la buona condotta. Qui si devono insegnare loro, come per gioco, lettere e parole e un po’ di lettura - come si fa in certi paesi, dove formano lettere e parole con dolci, dandoli poi ai bambini. Per esempio, fanno un “a” di zucchero candito e dicono che il suo nome è “a”, o fanno una “b” di zucchero candito e la chiamano “b”, e così via per tutto l’alfabeto, dandole ai bimbetti. In questo modo i bambini imparano presto le lettere... Quando i bambini sono pronti per andare a letto, la madre legga o canti per loro le Odi della Bellezza Benedetta, in modo che essi vengano educati da questi versetti di guida fin dai primi anni.» (‘Abdu’l-Bahá, Educazione Bahá’í, p. 54, n. 77) 494. Cose da insegnare ai bambini nelle scuole «Le cose da insegnare ai bambini della scuola sono molte, e per mancanza di tempo possiamo toccarne solo alcune: la prima e la più importante è insegnare il comportamento e il buon carattere, correggere le qualità, stimolare il desiderio di realizzarsi, di acquisire le virtù, di essere fedeli alla religione di Dio e rimanere fermi nelle Sue Leggi, di accordare assoluta obbedienza a tutti i governi giusti, di essere leali e fidati verso i governanti del tempo, di essere amici dell’umanità e gentili con tutti. E poi insegnare, oltre all’ideale del carattere, anche le arti e le scienze che sono utili e le lingue straniere. E anche a recitare preghiere per la prosperità dei governanti e dei sudditi; a evitare i lavori materialistici comuni tra coloro che vedono solo casualità materiali, le storie d’amore e i libri che suscitano passioni. Per concludere, siano tutte le lezioni interamente dedicate all’acquisizione delle virtù umane.» (‘Abdu’l-Bahá: da una tavola pubblicata in The Bahá’í World, vol. 16, p. 36. Compilazione Educazione Bahá’í, p. 57, n. 79) 495. L’educazione formale deve iniziare all’età di cinque anni «La Tavola di ‘Abdu’l-Bahá riguardante l’educazione dei bambini si riferisce in modo particolare alla loro educazione formale, che - Egli dice - deve iniziare all’età di cinque anni. Il Maestro afferma chiaramente che durante il giorno i bambini di quell’età e anche più grandi devono essere seguiti da insegnanti. Dovrebbero imparare la buona condotta e si deve insegnare loro a leggere e scrivere e specifica che ciò si può fare con giochi semplici. I bambini di tutte le età possono beneficiare dei consigli che ‘Abdu’l-Bahá dà alle madri, leggere o cantare quando stanno per andare a letto versi di Bahá’u’lláh, in modo da essere educati fin dalla primissima infanzia dalle parole della Bellezza Benedetta. La Casa di Giustizia aggiunge che siete liberi di tenere classi per bambini al di sotto dei cinque anni, purché teniate presente che la loro attenzione ha una durata relativamente breve e quindi la lezione deve commisurarsi ad essa.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Locale di Newton, Kansas, 24 Mirza 1976) 496. Negli insegnamenti non vi sono prescrizioni che vietino la separazione dei figli dai genitori per i primi cinque anni «Negli insegnamenti non esistono prescrizioni che affermino specificatamente che i figli, per i primi cinque anni della loro vita, non debbano separarsi dai genitori o allontanarsi da casa. In una Tavola, comunque, ‘Abdu’l-Bahá sottolinea che l’educazione formale a scuola comincia all’età di cinque anni. Shoghi Effendi, in una delle sue lettere, ha chiarito che il metodo di educazione basato sugli insegnamenti si può intraprendere solo gradualmente e deve essere realizzato dagli studiosi bahá’í e dai pedagoghi del futuro.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti, 10 Mirza 1975) 497. La madre ha il dovere principale di educare i bambini «Il compito di educare i bambini bahá’í, come sottolineato più volta negli Scritti bahá’í, è il principale dovere delle madri, che hanno il privilegio impareggiabile di creare in casa quelle condizioni che conducano al benessere e al progresso tanto materiale quanto spirituale dei figli. L’educazione che il bambino riceve in primo luogo attraverso la madre costituisce la più solida base per il suo sviluppo futuro...» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente in India, 16 novembre 1939, Educazione Bahá’í, p. 83, n. 125) 498. La madri sono le prime educatrici dei bambini e degli infanti «...Avete l’obbligo di educare i bambini sin dalla prima infanzia! ...Avete l’obbligo di occuparvi di loro in ogni aspetto e circostanza, in quanto Dio - glorificato ed esaltato Egli sia - ha ordinato che la madre sia la prima educatrice dei bambini e degli infanti. Questa è una cosa grande e importante e una posizione eminente ed elevata e non è permessa alcuna trascuratezza!” (Ibidem, Educazione Bahá’í, p. 66, n. 92) 499. Educazione dei bambini nel caso che uno dei genitori non sia bahá’í «Il problema dell’istruzione e dell’educazione dei bambini, nel caso in cui uno dei genitori non è bahá’í, riguarda solo i genitori i quali devono decidere nel modo che ritengono migliore e più confacente al mantenimento dell’unità della famiglia ed al bene futuro dei figli. Ma quando il bambino ha raggiunto la maggiore età, gli si deve piena libertà di scegliere la propria religione senza tener conto dei desideri e delle speranze dei genitori.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’India, 14 dicembre 1940, Educazione Bahá’í, p. 84, n. 128) 500. Il massimo servizio reso dall’uomo a Dio Onnipotente: insegnare ai bambini a fare discorsi di alta qualità «Tra i massimi servigi che l’uomo può rendere a Dio Onnipotente c’è l’educazione e l’addestramento dei bambini... Ma è molto difficile svolgere questo servizio, e ancor più difficile farlo con successo. Spero che vi disimpegnerete bene in questo importantissimo compito, e che vincerete la vostra battaglia e diverrete un’insegna dell’abbondante grazia di Dio; che questi bambini, allevati tutti nei santi Insegnamenti, sviluppino caratteri simili alle dolci auree spiranti sui giardini del Gloriosissimo ed esalino la loro fragranza in tutto il mondo. Dovete considerare la questione del buon carattere come una questione di primissima importanza. Ogni padre e madre hanno il dovere di consigliare i figli per un lungo periodo e di guidarli a quelle cose che conducono ad eterno onore. Incoraggiate gli scolari, sin dai primissimi anni, a fare discordi di alta qualità, così che nel tempo libero si occupino di pronunziare discorsi persuasivi ed efficaci, esprimendosi con chiarezza ed eloquenza.» (‘Abdu’l-Bahá, Antologia, pp. 130-131, n. 106 e 108) 501. È preferibile che i figli ricevano la prima educazione in casa dalla madre, piuttosto che in un asilo infantile «A proposito della domanda sull’educazione dei bambini: data l’importanza attribuita da Bahá’u’lláh e da ‘Abdu’l-Bahá al fatto che i genitori educhino i figli quando sono ancora in tenera età, sarebbe preferibile che questi ricevessero la loro prima educazione in casa dalla madre, piuttosto che essere mandati in un asilo infantile. Ma se le circostanze obbligano una madre bahá’í a scegliere quest’ultima strada, non vi sono obiezioni.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 13 novembre 1940, Compilazione Educazione Bahá’í, p. 84, n. 127) 502. Le Assemblee Spirituali devono fornire alle madri un programma ben concepito «Finché le madri non educheranno i figli e non li avvieranno su una buona strada, l’educazione che essi riceveranno in seguito non potrà sortire il suo pieno effetto. Incombe alle Assemblee di fornire alle madri un programma ben concepito per l’educazione dei bambini, mostrando come il bambino debba essere sorvegliato e istruito fin dall’infanzia. Tali istruzioni devono essere date a ogni madre perché le servano da guida, così che ciascuna di loro educhi ed allevi i propri figli conforme agli Insegnamenti.» (‘Abdu’l-Bahá, Antologia, p. 135, n. 113) 503. È difficile insegnare e raffinare il carattere quando la pubertà è passata «È molto difficile insegnare all’individuo e raffinare il suo carattere quando la pubertà è passata. Allora, come l’esperienza ha dimostrato, anche se si farà tutto il possibile per modificare alcune sue tendenze, non servirà a nulla. Potrà forse migliorare un poco oggi; ma lascia che passino un po’ di giorni e se ne dimenticherà e ritornerà alla sua condizione abituale e alle sue solite maniere. Pertanto l’infanzia è il momento in cui si devono gettare solide fondamenta. Finché il ramo è verde e tenero, è facile raddrizzarlo. Vogliamo dire che le qualità dello spirito sono le basi fondamentali e divine e adornano la vera essenza dell’uomo; e il sapere è la fonte del progresso umano. Gli amati di Dio devono dare grande importanza a questo argomento ed occuparsene con entusiasmo e zelo.» (‘Abdu’l-Bahá, Educazione Bahá’í, p. 35, n. 42) 504. Educare i bambini ad imparare a memoria preghiere e tavole * «Egli è molto lieto di sapere che attribuite grande importanza all’educazione dei bambini, perché tutto ciò che essi imparano nelle prime fasi del loro sviluppo lascerà tracce in loro per tutta la vita. Diventa parte della loro natura. Il Maestro era solito attribuire grande importanza all’imparare a memoria le Tavole di Bahá’u’lláh e del Báb. Ai suoi tempi imparare a memoria le Tavole era un lavoro abituale per i bambini della casa; ora però quei bambini sono cresciuti e non hanno il tempo di farlo. Ma questa abitudine è molto utile per inculcare nella mente dei bambini le idee e lo spirito che quelle parole contengono. Con ‘The Dawn Breakers’ potete anche preparare interessanti storie sugli inizi del Movimento che ai bambini piacerà ascoltare. Vi sono anche storie sulla vita di Cristo, di Mu?ammad e di altri Profeti che, dette ai bambini, possono eliminare i pregiudizi religiosi che potrebbero aver appreso da persone anziane di poca intelligenza.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Locale di West Englewood, 19 ottobre 1932. Parzialmente tradotta in Educazione Bahá’í, p. 77, n. 113) *(Vedi anche paragrafo n. 1516) 505. Sacri doveri dei figli verso i genitori «…I frutti che più s’addicono all’albero della vita sono fidatezza e devozione, veridicità e sincerità; ma più grande d’ogni cosa, dopo il riconoscimento dell’unità di Dio, lodato e glorificato sia, è il riguardo verso i diritti dovuti ai genitori. Questo insegnamento è stato menzionato in tutti i Libri di Dio e ribadito dal Calamo Più Eccelso….» (Bahá’u’lláh, Il Kitáb-i-Aqdas, Domande e risposte, p. 126) «Vi sono anche certi sacri doveri dei figli verso i genitori, doveri che sono scritti nel Libro di Dio, come appartenenti a Dio *. La prosperità (dei bambini) in questo mondo e nel Regno dei Cieli dipende dal compiacimento dei genitori, e senza questo essi saranno palesemente svantaggiati.» (‘Abdu’l-Bahá, Educazione Bahá’í, p. 67, n. 93) 506. Educare i bambini a capire il significato spirituale delle riunioni bahá’í «La Casa Universale di Giustizia ha ricevuto la Vostra lettera del 14 settembre 1982 in merito al ruolo delle Assemblee Spirituali Locali nella guida ai genitori e figli sul comportamento dei bambini nelle riunioni della comunità, tipo Feste del 19° Giorno e Giorni Sacri bahá’í. In aggiunta alla lettera che abbiamo scritto a suo nome il 28 giugno 1977, la Casa di Giustizia ci ha incaricato di comunicarvi che i bambini devono essere educati a capire il significato spirituale delle riunioni dei seguaci della Bellezza Benedetta e ad apprezzare l’onore e la munificenza di prendervi parte, comunque siano. Ci rendiamo conto che alcune celebrazioni bahá’í sono molto lunghe e che per i bambini molto piccoli è difficile stare quieti per tanto tempo. In tal caso uno o l’altro dei genitori può mancare alla riunione per badare ai figli. L’Assemblea Spirituale può aiutare i genitori organizzando in una stanza separata una celebrazione adatta ai bambini durante una parte di quella tenuta dalla comunità. La partecipazione all’intera celebrazione degli adulti diventa quindi un segno di crescente maturità e di distinzione da acquisire con il buon comportamento. In ogni caso la Casa di Giustizia sottolinea che i genitori sono responsabili dei loro figli e devono fare in modo che si comportino come si deve durante le riunioni bahá’í; se i bambini continuano a disturbare, devono essere allontanati. Ciò non è necessario solo per consentire un dignitoso proseguimento della riunione, ma perché è un aspetto dell’educazione dei figli che riguarda la cortesia, il rispetto per gli altri e la reverenza e obbedienza ai genitori. (Da una lettera del a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale del Canada, 14 ottobre 1982) 507. Pochi bambini sono realmente cattivi «Gli dispiace sentire che il suo ragazzino non si sviluppa in modo soddisfacente; pochissimi bambini sono realmente cattivi. Talvolta essi hanno, è vero, personalità complesse e hanno bisogno di un trattamento molto saggio per poter crescere e diventare adulti normali, morali, felici. Se pensa che suo figlio trarrà un beneficio reale andando alla scuola di..., lo può mandare. Ma in generale dovremmo certamente evitare di mandare bambini bahá’í in scuole religiose ortodosse, specialmente cattoliche, perché i bambini ricevono l’impronta di credenze religiose che noi come credenti sappiamo essere antiquate e non più adatte a quest’epoca. Pregherà in modo particolare per la risoluzione di questo problema.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi, 30 maggio 1947, Compilazione Educazione Bahá’í, p. 87, n. 136) 508. Zuffe tra bambini «A proposito della sua domanda sulle zuffe tra bambini: l’affermazione del Maestro di non fare a botte non deve essere presa così alla lettera che i bambini bahá’í debbano accettare di essere tiranneggiati e picchiati. Se sono in grado di riuscire a mostrare un modo di risolvere le dispute migliore dell’autodifesa attiva, naturalmente lo dovranno fare.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 11 maggio 1945. Compilazione Educazione Bahá’í, p. 86, n. 134) 509. Punizioni fisiche «Riguardo alla sua domanda sulle punizioni fisiche come mezzo di educazione dei figli, sebbene vi sia una Tavola del Maestro che non le considera tollerabili, ciò non include necessariamente ogni forma di punizione corporale. Per avere piena comprensione del pensiero del Maestro circa le punizioni, occorre studiare tutte le Sue Tavole su questo argomento. Per il momento è sufficiente non essere duri e non stabilire regole rigide e i genitori devono usare la propria saggia discrezione fino al momento in cui i tempi saranno maturi per una più chiara spiegazione ed applicazione dei principi sull’educazione bahá’í dei bambini.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad un credente, 12 agosto 1975) 510. Bambino con problemi: una disciplina è indispensabile «A proposito dell’affermazione attribuita ad ‘Abdu’l-Bahá e che lei ha citato nella sua lettera riguardante un ‘bambino problematico”: a queste affermazioni del Maestro, anche se vere nella loro sostanza, non si deve dare un’interpretazione letterale. ‘Abdu’l-Bahá non può mai aver voluto dire che un bambino deve essere lasciato a se stesso, interamente libero. Infatti l’educazione bahá’í, come qualsiasi altro sistema educativo, si fonda sul presupposto che in ogni bambino, per quanto dotato egli possa essere, vi sono certe deficienze naturali che i suoi educatori, genitori, maestri di scuola o le sue guide e precettori spirituali devono cercare di correggere. Una disciplina, fisica, morale o intellettuale, è veramente indispensabile e nessuna educazione si può dire completa e fruttuosa se trascura quest’elemento. Il bambino, quando nasce, è ben lontano dall’essere perfetto. Non è soltanto impotente, ma è realmente imperfetto, è perfino per natura incline al male. Deve essere educato, le sue inclinazioni naturali devono essere armonizzate, aggiustate e controllate, e se necessario soppresse o regolate, in modo da assicurargli un sano sviluppo fisico e morale. I genitori bahá’í non possono limitarsi ad assumere un atteggiamento di non resistenza verso i loro figli, particolarmente quelli che sono indisciplinati e violenti per natura. Non è neppure sufficiente che preghino per loro. Devono piuttosto sforzarsi di inculcare, con gentilezza e pazienza, nelle loro giovani menti i principi della condotta morale e di iniziarli ai principi ed agli insegnamenti della Causa con una sollecitudine così accorta e amorevole da permettere loro di diventare “veri figli di Dio” e di trasformarsi in leali e intelligenti cittadini del Suo Regno. Questo è l’alto scopo che Bahá’u’lláh Stesso ha chiaramente definito la principale meta di educazione.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 9 luglio 1939. Educazione Bahá’í, p. 82, n. 124) 511. Non è permesso percuotere un bambino. «Pensino le madri che tutto quanto concerne l’educazione dei bambini è di primaria importanza. Facciano tutto il possibile a questo riguardo, perché, quand’é verde e tenero, il ramo cresce nel modo in cui lo si coltiva. Pertanto le madri hanno l’obbligo di allevare i loro piccoli come il giardiniere che accudisce alle sue pianticelle. Si sforzino giorno e notte di infondere nel cuore dei figli fede e certezza, timor di Dio, amor per l’Amato dei mondi e ogni buona qualità e caratteristica. Quando una madre vede che suo figlio ha agito bene, lo lodi e lo applauda e rallegri il suo cuore; e se dovesse manifestarsi la più piccola qualità indesiderabile, ammonisca il bimbo e lo punisca e si serva di mezzi basati sulla ragione, anche un lieve castigo verbale se fosse necessario. Ma non è permesso percuotere un bambino, od offenderlo, perché se il bambino verrà sottoposte a percosse o insulti, il suo carattere sarà completamente rovinato.» (‘Abdu’l-Bahá, Educazione Bahá’í, p. 66, n. 91) E. Registrazione dei bambini 512. I bambini bahá’í non ereditano automaticamente la Fede dei genitori «Rispondendo a quesiti sulla registrazione dei bambini e dei giovani, la Casa Universale di Giustizia ha cercato di evitare di stabilire nelle sue lettere regole applicabili universalmente. Ma ora per aiutare le Assemblee Spirituali Nazionali ha preparato il seguente compendio delle direttive e delucidazioni che sono state date. Dobbiamo ricordare che è bene evitare qualsiasi schema troppo rigido, affinché un fatto procedurale non abbia ad eclissare la realtà spirituale della fede, che è un rapporto squisitamente personale fra l’anima e il suo Creatore. “A differenza dei fanciulli di molte altre religioni, i fanciulli bahá’í non ereditano automaticamente la Fede dei loro genitori. Ma i genitori hanno la responsabilità dell’educazione e del benessere spirituali dei figli e le Assemblee Spirituali hanno il dovere di assistere i genitori e, all’occorrenza, di adempiere questi obblighi, sì che i fanciulli siano allevati alla luce della Rivelazione di Bahá’u’lláh ed imparino sin dai primissimi anni ad amare Dio e la Sua Manifestazione e a seguire la via della Legge di Dio. È pertanto naturale considerare bahá’í figli di bahá’í, a meno che non vi siano motivi per affermare il contrario. È del tutto sbagliato pensare che i fanciulli bahá’í vivano in una specie di limbo spirituale fino all’età di quindici anni e che solo a tale età possano diventare bahá’í. Da quanto sopra si deducono le seguenti conclusioni: - i bambini nati da una coppia bahá’í sono da considerarsi bahá’í dall’inizio della loro vita e l’Assemblea Spirituale deve registrare la loro nascita; - deve essere registrata anche la nascita di quei bambini, uno dei cui genitori non è bahá’í, a meno che il genitore non bahá’í non si opponga; - le Assemblee Spirituali possono accettare la dichiarazione di un fanciullo di genitori non bahá’í e registrarlo come fanciullo bahá’í, purché i genitori diano il loro consenso.» (Da una lettera del 19 luglio 1982 scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale del Regno Unito. Note Bahá’í, anno 5, n. 55, 9 gennaio 1983) 513. Bambini i cui genitori diventano bahá’í «In quanto ai fanciulli i cui genitori diventano bahá’í, molto dipende dall’età e dalle reazioni dei fanciulli interessati. Occorreranno molto amore e comprensione ed ogni caso deve essere giudicato a parte. Ciò vale a maggior ragione quando solo uno dei genitori abbia accettato la Fede, nel qual caso è importantissimo l’atteggiamento dell’altro coniuge; i bahá’í devono sempre mirare a favorire l’unità familiare. Registrato come bahá’í o no, l’importante è che il fanciullo sia aiutato a sentirsi benaccetto nelle classi per i fanciulli e nelle altre riunioni della comunità.» (Ibidem) 514. Status dei fanciulli al di sotto dei 15 anni «Abbiamo ricevuto la vostra lettera del 18 agosto 1971 circa lo status dei fanciulli al di sotto dei 15 anni che vogliono diventare bahá’í. Condividiamo con voi lo stralcio di una lettera su questo tema scritta a nome del diletto Custode dal suo segretario: “Fino a 15 anni i fanciulli devono seguire le direttive dei loro genitori. A 15 anni possono dichiarare con coscienza la loro Fede ed essere registrati come giovani bahá’í, sia che i genitori siano o non siano bahá’í. I fanciulli al di sotto dei 15 anni, figli di genitori bahá’í, che desiderino partecipare a riunioni e stare insieme con gli amici, come bahá’í, possono farlo. È ugualmente permesso ai figli minori di 15 anni di genitori non bahá’í, previo il loro consenso, di partecipare alle riunioni bahá’í e, di fatto, essere bahá’í.” (All’Assemblea Spirituale Nazionale della Germania, 23 luglio 1954)» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’Australia, 29 agosto 1971) 515. L’età di 15 anni si riferisce alle funzioni ed agli obblighi di carattere spirituale. «L’età di 15 anni fissata da Bahá’u’lláh si riferisce solo alle funzioni ed agli obblighi puramente spirituali, e non al grado della capacità amministrativa che è totalmente diversa, e che per ora è fissata ai 21 anni.» (Da una lettera del 15 maggio 1940 scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti. Bahá’í News, n. 138, p. 1, settembre 1940) 516. I fanciulli sotto i 15 anni non possono sposare «Domanda: In un trattato in lingua persiana su vari temi, l’età della maturità è stata fissata a quindici anni; pure il matrimonio è condizionato al conseguimento della maturità o è permesso anche prima? Risposta: Poiché nel Libro di Dio è richiesto il consenso di ambo le parti e poiché, prima della maturità, il consenso o la sua assenza non possono essere accertati, pertanto il matrimonio è condizionato al conseguimento dell’età della maturità e prima di allora non è permesso.» (Bahá’u’lláh, Il Kitáb-i-Aqdas, Domande e Risposte, n. 92, p. 121) 517. Da 15 anni in poi i fanciulli devono osservare le leggi dell’Aqdas «Per quanto riguarda i fanciulli, dall’età di 15 anni devono osservare le leggi dell’Aqdas: preghiera, digiuno, ecc. Ma quelli al di sotto di 15 anni possono osservare i Giorni Sacri bahá’í e non andare a scuola in quei giorni, sempre che se ne possa ottenere il permesso.» (Da una lettera scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti, 25 ottobre 1947) 518. I figli di genitori bahá’í sono considerati bahá’í «Benché i figli di genitori bahá’í siano considerati bahá’í, per il momento nulla vieta di chiedere loro di dichiarare le loro intenzioni, più o meno, a quindici anni, sia per motivi statistici sia per accertare se i giovani siano sinceri credenti, pronti a servire la Fede. Il Custode ci spiega che questa procedura fu originariamente adottata in America per dare ai giovani bahá’í di sesso maschile la possibilità di compiere alcuni passi per ottenere il riconoscimento, una volta giunti all’età del servizio militare, del loro stato di non-combattenti. Negli Insegnamenti o nell’Amministrazione non esiste nulla di simile e la vostra Assemblea è libera di fare a tal proposito come meglio crede.» (Da una lettera scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale delle Isole Britanniche, 17 giugno 1954. Da una compilazione della Casa Universale di Giustizia di estratti di lettere scritte a nome del Custode su vari aspetti relativi all’età ed ai doveri. Note Bahá’í, anno 5, 9 gennaio 1983) 519. Registrazione dei fanciulli al compimento del 15° anno di età «...la prassi da seguire per la registrazione dei fanciulli bahá’í al compimento del 15° anno di età, rientra nella discrezione di ciascuna Assemblea Spirituale Nazionale; nulla vieta di adoperare per questo scopo la comune scheda, o un’altra che serva esclusivamente per i fanciulli bahá’í che compiono i 15 anni. È importante, comunque, che - qualunque sia il metodo adottato ed il tipo di scheda - questi fanciulli siano perfettamente consapevoli che erano già bahá’í fino a quel momento e che, al raggiungimento dell’età della maturità spirituale, riaffermano solamente il loro credo in Bahá’u’lláh. Anche la forma e la dicitura della scheda di arruolamento o registrazione sono stabilite dall’Assemblea Spirituale Nazionale.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale della Germania, 28 ottobre 1975. Da una compilazione di lettere scritte a nome del Custode e della Casa Universale di Giustizia sull’arruolamento dei fanciulli. Inclusa in una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’Ecuador, 9 agosto 1979) 520. Al compimento dei 15 anni il fanciullo deve riaffermare la sua Fede «...Sia i figli di genitori bahá’í sia i fanciulli che, con il consenso dei genitori non bahá’í, dichiarano la loro fede in Bahá’u’lláh prima d’avere quindici anni, sono considerati bahá’í, e sta alla discrezione dell’Assemblea Spirituale chieder loro di svolgere qualche lavoro di cui sono capaci al servizio della Fede, come per esempio, in idonei comitati. Comunque, al raggiungimento del quindicesimo anno il fanciullo diventa spiritualmente maturo e può assumersi la responsabilità di dichiarare se intenda o no rimanere membro della comunità bahá’í. Allora se non riafferma la sua fede, deve essere trattato - dal punto di vista amministrativo - come non bahá’í.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale del Brasile, 12 dicembre 1975: ibidem) 521. Registrazione di figli di bahá’í «In risposta alla vostra lettera... circa la registrazione dei figli di genitori bahá’í, la Casa Universale di Giustizia ci ha incaricato di comunicarvi che, allo stato attuale, preferisce lasciare i dettagli di tale questione alla discrezione di ciascuna Assemblea Spirituale Nazionale. Un’Assemblea Nazionale, per esempio, spedisce una bella lettera ad ogni fanciullo bahá’í della comunità in occasione del suo quindicesimo compleanno (a meno che, naturalmente, abbia motivo di dubitare che il ragazzo in questione sia bahá’í), spiegandogli il significato del raggiungimento dell’età della maturità e porgendogli i migliori auguri dell’Assemblea per i suoi futuri servizi alla Causa. Questo metodo non implica che ogni ragazzo risponda, ma gli dà l’opportunità - se lo vuole - di chiarire la sua posizione. La Casa di Giustizia puntualizza che l’Assemblea deve agire con saggezza in maniera da non dare l’impressione, da un canto, di dubitare della fede di un ragazzo cresciuto come devoto bahá’í, e, dall’altro, di spingerlo contro la sua volontà ad essere membro della comunità. (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale della Germania, 5 ottobre 1978: Ibidem) 522. Possono esservi circostanze in cui i fanciulli non devono essere registrati. «Rientra nella discrezione della vostra Assemblea Spirituale Nazionale decidere se i figli devono essere registrati come bahá’í nei casi in cui uno dei genitori non è bahá’í. Sebbene i figli sotto i 15 anni, di genitori bahá’í, sono considerati bahá’í, vi possono essere circostanze per cui non devono essere registrati come tali, ed anche in questo caso la decisione è lasciata alla vostra discrezione. Le Assemblee Spirituali Locali devono aiutare i genitori raccomandando loro di considerare importante dovere l’allevare i figli in spirito d’amore e dedizione verso la Fede.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’Ecuador, 13 ottobre 1976) F. Argomenti vari riguardanti i fanciulli 523. Libertà per i fanciulli di scegliere la loro religione «Shoghi Effendi desidera che le accusi ricevuta della sua lettera riguardante il matrimonio cattolico e la promessa che i figli che ne nasceranno debbano essere Cattolici. Il principio fondamentale della Causa è l’indipendente ricerca della verità, che si applica tanto a noi quanto ai nostri figli. Devono essere liberi di scegliere per sé qualsiasi religione vogliano. Promettere che apparterranno ad una certa Fede piuttosto che ad un’altra è quindi non solo contraria ai nostri principi, ma anche inutile. Cosa possiamo fare perché le future generazioni pensino come noi o seguano le nostre imposizioni. Dio li ha fatti liberi. Tutto ciò che possiamo fare è aprire loro gli occhi e dire ciò che pensiamo sia la verità.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 3 Mirza 1931) 524. Insegnare ai bambini a pronunciare il Più Grande Nome nei momenti di crisi «Egli pensa che abbiate dimostrato saggezza nel non separarvi da vostro figlio e pregherà affinché possa crescere senza fare questa esperienza rafforzandosi fisicamente e spiritualmente. Gli sarebbe d’aiuto che gli insegnaste a dire il Più Grande Nome nei momenti di crisi e di sofferenza.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad una coppia bahá’í, 4 dicembre 1954) 525. Criticare la Fede davanti ai figli «Riguardo alla sua domanda sull’abitudine in una famiglia bahá’í di criticare la Fede davanti ai figli, il Custode ritiene che per questo fatto non è possibile stabilire una regola generale. Molto dipende dall’età dei figli, e se siano in grado di ragionare con la propria testa e se uno dei genitori abbia abbastanza influenza su di loro da compensare l’effetto delle critiche dell’altro. Poiché sembrerebbe che i bambini siano molto piccoli e risentano dell’influenza di entrambi i genitori, sarebbe più saggio evitare di discutere della Fede davanti a loro; ma quando il genitore devoto bahá’í è solo con loro deve solo incoraggiarli a riverire e sostenere la Fede.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 16 aprile 1951) 526. Il reale scopo della vita - Il Custode prega per i bambini «Il Custode pregherà affinché ciascuno di voi diventi una luce brillante in questo mondo oscuro e, al momento giusto, porti molte anime ricercatrici allo Splendore della Causa di Dio. Questo è il reale scopo della vita ed egli spera che tutta la vostra educazione sia un mezzo per plasmare i vostri caratteri ed arricchire il vostro spirito, sì che possiate insegnare la Fede e diventare strenui sostenitori delle sue istituzioni.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ai fanciulli bahá’í di Kenosha, Wisconsin, 28 dicembre 1956) 527. Insegnate ai figli a trattare bene gli animali «Abituate i vostri figli sin dai primissimi giorni a essere oltremodo teneri ed amorevoli con gli animali. Se l’animale è ammalato, cerchino i fanciulli di guarirlo; se è affamato, lo nutrano; se è assetato, ne plachino la sete; se è stando, provvedano al suo riposo. La maggior parte degli uomini sono peccatori, ma gli animali sono innocenti. Sicuramente chi è senza peccato merita massima gentilezza e amore - tutti tranne gli animali nocivi, come i sanguinari lupi, le serpi velenose e altre creature pericolose, perché gentilezza verso di loro è ingiustizia verso gli esseri umani e verso gli altri animali... Tenerezza e bontà sono principi basilari del celeste Regno di Dio. Dovete tenerlo bene in mente.» (‘Abdu’l-Bahá, Antologia, p. 154, n. 138) 528. I fanciulli bahá’í possono contribuire al Fondo. Nessuna regola è stabilita per i fanciulli non bahá’í; l’insegnante deve risolvere le situazioni «Ogni bahá’í, adulto o fanciullo, può contribuire ai Fondi della Causa. Non è necessario sia fatta alcuna dichiarazione su questo soggetto. I bambini bahá’í hanno sempre dato alla Causa, ovunque. Ogni situazione che si crea in una classe dove sono presenti anche i bambini non bahá’í deve essere risolta dall’insegnante della classe. Nessuna regola deve essere stabilita in merito a queste cose.» (Da una lettera scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti, 12 dicembre 1949, Istruzioni ai credenti bahá’í, p. 80, n. 97) 529. Risposte della Casa Universale di Giustizia a domande dei fanciulli sulle catastrofi «I calorosi messaggi dei fanciulli partecipanti alla Convenzione Distrettuale dell’Indiana pervenutaci con la sua recente lettera hanno arrecato grande gioia alla Casa Universale di Giustizia, che ora le chiede di trasmettere gentilmente a quei cari fanciulli i suoi commenti sulle diverse domande che hanno fatto. Parlando della Fede con persone che non sono d’accordo su ciò che dite, non entrate in disputa con loro. Cercate di trovare un punto d’accordo e, se non è possibile, lasciateli. Avete fatto quanto potete parlando della Fede. Ora affidateli a Bahá’u’lláh. Circa le cattive condizioni dei bahá’í in Iran e a ciò che i fanciulli possono fare al riguardo, la Casa di Giustizia suggerisce che ricordiate questi cari amici nelle preghiere quotidiane e che incoraggiate i vostri genitori a sostenere gli sforzi delle Assemblee Spirituali Locali e dell’Assemblea Nazionale per portare questa terribile situazione all’attenzione dei mass-media e delle autorità. Un bambino ha chiesto: ‘Perché si chiama Casa Universale di Giustizia?’ Nel Libro Più Santo, il Kitáb-i-Aqdas, Bahá’u’lláh ha scritto: ‘Il Signore ha ordinato che in ogni città sia stabilita una Casa di Giustizia...’; noi le conosciamo con il nome di Assemblee Spirituali Locali. ‘Abdu’l-Bahá, nelle Sue Ultime Volontà e Testamento, ha affermato ‘e ora riguardo alla Casa di Giustizia che Iddio ha preordinato quale fonte d’ogni bene e libera da errore, essa deve essere eletta a suffragio universale, cioè dai credenti... Con questa Casa s’intende la Casa Universale di Giustizia; cioè in ogni paese deve essere istituita una Casa Secondaria di Giustizia (Assemblea Spirituale Nazionale) e queste Case Secondarie di Giustizia devono eleggere i membri di quella Universale. Studiando i meravigliosi Scritti di Bahá’u’lláh ed ‘Abdu’l-Bahá, e le spiegazioni di Shoghi Effendi, troverete molti riferimenti a questa Suprema Istituzione Amministrativa che vi aiuteranno a comprendere perché è chiamata Casa Universale di Giustizia. Due domande sono in un certo qual senso collegate: ‘Il sole morirà molto presto?’ e ‘il mondo finirà se ci sarà una guerra nucleare?’ Senza dubbio entrambe sono dettate dall’ondata di voci sulle incombenti calamità che attualmente circolano fra gli adulti e che sono udite per caso dai fanciulli. Senza minimizzare la seria situazione cui deve dar fronte un mondo incurante delle ammonizioni di Bahá’u’lláh, dobbiamo ricordare che Egli riferisce anche che deve arrivare la civiltà dell’Età d’Oro. La Casa di Giustizia spera che gli insegnanti bahá’í ed i genitori si prodighino al massimo per incoraggiare i fanciulli a studiare le spiegazioni dell’amato Custode sui processi gemelli operanti nel mondo; la costante crescita della Fede e le devastanti forze disgregatrici che assalgono le superate istituzioni dell’odierna società. C’è stato chiesto di assicurarle che la Casa di Giustizia ricorderà lei ed i fanciulli della sua classe alla Sacra Soglia.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad un credente, 29 dicembre 1981) IX. CHIESE 530. I bahá’í non devono affiliarsi a Chiese «...noi, come bahá’í, non dobbiamo affiliarci a chiese o partiti politici. È sicuro che, se meditaste su questo argomento, vi accorgereste della sua saggezza. Da bahá’í non possiamo essere conosciuti come ipocriti e insinceri nelle nostre affermazioni ed è per questo motivo che non possiamo aderire alla Fede di Bahá’u’lláh e contemporaneamente ai dogmi della Chiesa. Le Chiese aspettano la venuta di Gesù Cristo; noi crediamo ch’Egli è già tornato nella gloria del Padre. Le Chiese insegnano dottrine - diverse nei vari credi - che come bahá’í non accettiamo: la resurrezione del corpo, la confessione o, in taluni credi, la negazione dell’immacolata concezione. In altre parole, non vi è oggi Chiesa Cristiana i cui dogmi noi bahá’í possiamo dire, in tutta sincerità, d’accettare totalmente. Quindi continuare ad appartenere alla Chiesa non è corretto per noi, perché in realtà facciamo finta di appartenervi; dobbiamo pertanto ritirarci da esse, ma continuare a frequentare - se vogliamo - i suoi fedeli ed i suoi ministri. Il nostro credo in Cristo - come bahá’í - è in realtà così fermo, così incrollabile e così elevato che pochissimi Cristiani oggigiorno Lo amano, Lo riveriscono ed hanno fede in Lui, come noi. È solamente dai dogmi e dai credi delle Chiese che ci dissociamo, non dallo spirito del Cristianesimo.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ai Bahá’í di Vienna, 24 giugno 1947) 531. Il coraggio delle convinzioni «...Nessun bahá’í può dissimulare la sua Fede, ubbidire alle leggi ed alle ordinanze di una precedente Dispensazione e chiamarsi, nel contempo, credente. Nessun compromesso, nessuna indecisione può essere più tollerata. Lei deve avere il coraggio delle sue convinzioni e preservare l’integrità della nostra gloriosa Causa...» (Poscritto ad una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 21 maggio 1933) 532. Diventando bahá’í dobbiamo ritirarci dalla Chiesa «Se una persona fa parte di una determinata chiesa o di una organizzazione religiosa simile, diventando bahá’í deve ritirarsi da essa. Nel caso di nuovi credenti, deve essere loro chiarito - nel corso dell’insegnamento della Fede - che una persona non può essere bahá’í e contemporaneamente membro di un’altra organizzazione religiosa; è semplicemente una questione di rettitudine ed onestà. Una gran parte degli insegnamenti di Gesù Cristo riguarda la Sua Seconda Venuta e la preparazione dei Suoi seguaci a tenersi pronti per quell’evento. I bahá’í credono ch’Egli è venuto. Nessuna Chiesa Cristiana vi crede; al contrario, o Lo aspettano ancora o hanno cessato di credere che verrà. Per un bahá’í, pertanto, essere membro d’una comunità che ha tali credenze significa essere sleale verso Cristo ed ipocrita verso i Cristiani. Non dovete formalizzare il metodo con cui porre in atto il ritiro dalla chiesa e certamente niente va aggiunto alla scheda di dichiarazione, se la usate. Sarà l’Assemblea Spirituale Locale che accetta la dichiarazione a stabilire - volta per volta e come meglio crede - che il nuovo credente ha già rassegnato le dimissioni dalla chiesa e che lo faccia entro un ragionevole lasso di tempo dalla sua dichiarazione. Per quanto riguarda i vecchi credenti, la vostra Assemblea deve chiarire loro con tatto e cortesia la posizione bahá’í e convincerli gentilmente a dimettersi dalle loro chiese d’origine. È una questione che richiede notevole tatto e discrezione e, se qualche credente si ostina a non farlo, dovete valutare l’opportunità di privarlo del diritto di voto.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale della Svizzera, 21 novembre 1968 533. I bahá’í credono ardentemente in Cristo «Gli amici devono essere incoraggiati con ogni mezzo a ritirarsi dalla Chiesa ed a capire che - sebbene come bahá’í crediamo ardentemente in Cristo - non sosteniamo né possiamo sostenere istituzioni e dottrine clericali, dato che Cristo è ritornato ed ha portato nuove leggi per il mondo ed i bisogni di oggi; aderire a formalità. la maggior parte fatte dall’uomo ed ormai superate e non più necessarie, è un nonsenso. Ciò non significa che non si debba più frequentare gli aderenti alla Chiesa, ma soltanto che occorre cessare di esserne membri. (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 5 maggio 1943) 534. I ministri di culto che si considerano bahá’í devono ritirarsi dalla Chiesa «Come vi ha già informato, il Custode ritiene che sia giunto il momento di richiedere a qualunque ministro di culto che si professa bahá’í, ma è ancora affiliato alla Chiesa, di ritirarsi apertamente da essa, seguendo l’esempio della Mano della Causa, l’ex Arcidiacono Townshend, il quale con grande coraggio si dimise dalla sua alta carica sfidando l’opinione dei suoi colleghi, dei suoi parenti e del pubblico. Se gli amici si rendono conto che le prime persone ad accettare il Báb erano preti, e per il loro atto subirono il martirio, non sembra di chiedere troppo se devono fare apertamente appello al Regno del Padre in cui credono e per il cui avvento non possono, nelle loro chiese, continuare a ragione a incoraggiare la gente a pregare.» (Da una lettera scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti, 19 luglio 1956) 535. Appartenenza alla Sinagoga «Circa l’appartenenza di Mr. ... alla sinagoga, poiché questo fatto riguarda la moglie ebrea ed è importantissimo per lei tanto da conservare perfino il luogo della sua sepoltura, il Custode ritiene che non sia giusto chiedergli di agire in maniera da privarla dei suoi diritti religiosi. D’altra parte, non vede perché il sig. ... non debba scrivere una lettera alla competente autorità di quella sinagoga, per spiegare d’essere bahá’í praticante e di mantenere l’appartenenza alla sinagoga solo a beneficio della moglie e dei figli...» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale delle Isole Britanniche, 8 maggio 1947) 536. Ritiro dalla Chiesa di giovani bahá’í «Abbiamo ricevuto la vostra lettera del 25 ottobre ed abbiamo pienamente compreso il problema che si pone nel caso di un giovane che accetta Bahá’u’lláh e i cui genitori si oppongano energicamente al suo ritiro dalla Chiesa. In casi del genere e ove l’unità della famiglia risulterebbe minata dall’insistenza del giovane, è permesso procrastinare il ritiro fino al raggiungimento del 21° anno di età. Ciò, ovviamente, non influenza in alcun modo la sua accettazione nella comunità bahá’í, poiché - come giustamente affermate - questo è proprio il momento in cui un nuovo dichiarato - in quella condizione - ha bisogno di tutto l’approfondimento e le confermazioni possibili.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale della Germania, 6 novembre 1972) 537. Per amore dell’unità familiare si può fare una concessione ai giovani «In risposta alla vostra lettera del 26 gennaio, riteniamo che .benché sia importante avere una certa flessibilità nel richiedere ai nuovi credenti, specialmente ai giovani che possono incontrare opposizioni da parte dei genitori, di ritirarsi da altre organizzazioni religiose - non si possa permettere che questa flessibilità arrivi a compromettere le leggi bahá’í. Due bahá’í che devono sposarsi non possono celebrare il matrimonio con la cerimonia religiosa di un’altra Fede. Quanto all’età della maturità, il diritto di voto nell’Ordine Amministrativo Bahá’í viene acquisito a 21 anni e da parte vostra può essere tranquillamente fissato a quell’età il limite per lo scioglimento di quei legami religiosi che ai membri della comunità bahá’í non è consentito mantenere. Il punto essenziale, per quanto riguarda il ritiro dalla Chiesa è che, per amore dell’unità familiare, possono essere fatte concessioni ai giovani, ma nel contempo si deve fare tutto il possibile per incoraggiare tutti i credenti, compresi i giovani, ad osservare ogni requisito di appartenenza alla Fede, perfino a costo di sofferenze o di inconvenienti.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale del Regno Unito, 11 febbraio 1973) 538. Atteggiamento bahá’í nei confronti della Chiesa «In merito alle questioni relative alla Chiesa, l’articolo del Dr. Townshend deve essere usato e diffuso il più possibile. Non importa qual’è l’atteggiamento della gente nei confronti delle chiese in generale, esso non ha niente a che vedere con l’atteggiamento bahá’í, Townshend lo ha affermato con coraggio, e la sua affermazione ha gran peso, tenuto conto della posizione che prima occupava nella Chiesa.» (Da una lettera scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti, 18 agosto 1949. Bahá’í News, n. 226, dicembre 1949, p. 2) (Questa lettera è stata scritta in riferimento all’articolo del Dr. Townshend, Le vecchie Chiese e la Nuova Fede Mondiale, che è pubblicato in forma di pamphlet) 539. Circa l’espulsione dalla Chiesa «...Hai scritto che sei stato espulso dalla Chiesa e che i tuoi amici stanno manifestando una certa avversione nei tuoi confronti. Ciò è l’inizio delle tue prove. Vi sono prove più grandi di altre. Perciò non essere triste, anzi sii felice e colmo di buone nuove. Nessun’offesa ti è stata fatta espellendoti dalla Chiesa... Sei entrato nella Gerusalemme Celeste ed hai scoperto la via per il Santo dei Santi del Regno. Quella chiesa è di pietra e cemento, mentre questo Santo dei Santi è di abbagliante Luce. Ma, più gli amici che ti tormentano ti evitano, più sta loro vicino; più ti deridono e ti biasimano, più amore ed affetto mostra loro. Non guardare ai loro difetti, considerali tutti figli di Dio e sforzati d’agire giustamente e d’avere buoni propositi. Sono ignoranti, non capiscono; perciò ti sfuggono, ti criticano e ti deridono.» (‘Abdu’l-Bahá, Tablets of ‘Abdu’l-Bahá, vol. III, p. 504) 540. Pagamento di tributi alla Chiesa «...riguardo al pagamento di tributi alla Chiesa, se nello stato di... esiste una legge che impone ai cittadini di pagare tale imposta, i credenti devono obbedire e farlo. Se invece non vi è alcuna legge in materia, ma si tratta di un atto volontario lasciato agli individui, allora non lo paghino. In mancanza di una legge, che di conseguenza consente ai bahá’í di non pagare più questo tributo per il mantenimento della Chiesa, non è opportuno dire con poco tatto ai simpatizzanti e ai nuovi credenti di non farlo, ma è preferibile aspettare prima che siano confermati e rafforzati nella Fede e poi far comprendere loro la saggezza e la necessità di questo passo. È ovvio che non bisogna dare pubblicità a questa delicata questione. In altre parole, come bahá’í dobbiamo prima inquadrare il problema, stabilire poi la meta da raggiungere, e lavorare con saggezza, costanza e pazienza per la sua realizzazione.» Se, in relazione a questa imposta, sorgessero situazioni delicate, come quelle legate all’impiego di un insegnante in una scuola, è compito dell’Assemblea andare a fondo della questione e cercare di trovare la soluzione giusta, tenendo presente la meta al cui raggiungimento gli amici lavorano: il diritto di essere cittadini in regola, ma non membri di una chiesa.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi al Comitato d’Insegnamento Europeo, 26 ottobre 1949) 541. Contribuzioni alle Chiese «Il primo caso è quello dell’anziana signora cattolica sofferente d’una grave malattia cardiaca e quindi soggetta al rischio di morire in qualsiasi momento. In questo caso, come anche in quello di credenti sofferenti, le Assemblee, Locali e Nazionali, devono agire con tatto, pazienza ed in spirito di amicizia e cordialità. Sapendo quanto penoso e dannoso è per questi credenti ripudiare i loro passati doveri ed allontanare le vecchie amicizie, devono cercare di persuaderli gradualmente della saggezza e necessità di tale azione, e invece di imporre loro un nuovo principio devono farglielo accettare interiormente per reale convinzione e desiderio. In questi casi, agire in modo troppo severo ed immediato è non solo vano, ma - alla fine - nocivo. Fa allontanare la gente, invece di conquistarla alla Causa. L’altro punto riguarda l’opportunità di offrire contribuzioni ad una chiesa. Anche in questo caso gli amici devono capire che queste contribuzioni, specialmente se non regolari, non sottintendono necessariamente affiliazione. I credenti occasionalmente possono fare offerte, sempre che siano certi che ciò non li faccia considerare membri di una qualsiasi chiesa. Non bisogna fare confusione fra i termini affiliazione ed associazione. Mentre non è permessa l’affiliazione in organizzazioni ecclesiastiche, l’associazione con esse non solo è tollerata ma perfino incoraggiata. Non vi è modo migliore per dimostrare l’universalità della Causa. Bahá’u’lláh, infatti, esorta i Suoi seguaci ad associarsi con tutte le religioni e le nazioni con la massima amicizia e amore. Ciò costituisce la vera essenza del Suo Messaggio all’umanità.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti e Canada, 11 dicembre 1935) 542. Storia della Chiesa primitiva «...Alla base dell’organizzazione della Chiesa Cristiana vi è di certo un elemento di verità. Per esempio, il primato di Pietro ed il suo diritto di successione dopo Gesù è stato da Lui stabilito, sia pure oralmente e non in modo esplicito e preciso. Il vero motivo per cui Cristo non fece alcuna esplicita dichiarazione circa la Sua successione non è noto e non può essere conosciuto. D’altra parte, come possiamo pretendere, - noi poveri mortali - di svelare i misteri della volontà di Dio, i Suoi scopi e comprendere le inscrutabili Dispensazioni della Sua Provvidenza. Il massimo che possiamo fare è dare alcune spiegazioni, ma queste ovviamente non consentono la reale comprensione del problema che cerchiamo di risolvere.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 28 dicembre 1936) X. COMITATI A. Nomina Comitati 543. Libertà di nominare qualsiasi bahá’í qualificato per il lavoro «Esaminando i verbali della vostra recente seduta di Assemblea Spirituale Nazionale egli ha notato che avete deciso di fare il possibile per eliminare dai Comitati Nazionali i membri di Assemblea Nazionale. Sebbene comprenda pienamente i motivi che vi hanno spinto a prendere questa decisione, ritiene che ciò violi uno dei principi basilari del nostro ordine amministrativo che è la libertà di scelta: libertà degli elettori di eleggere ai corpi locali o nazionali chiunque loro gradiscano, e libertà dei membri di questi corpi di nominare in un Comitato qualsiasi bahá’í sembri meglio qualificato per il lavoro da svolgere. La primaria considerazione deve essere sempre quella di cercare la persona più qualificata per un compito, ed in ciò i membri di Assemblea Nazionale non devono essere discriminatori né a favore né contro, per posizione che occupano in seno al corpo nazionale.» (Da una lettera scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti e Canada, 16 giugno 1947) 544. Continuità della permanenza in un Comitato «Sebbene le Assemblee Nazionali e Locali possono assicurare la continuità della permanenza in un Comitato rinnovando annualmente i membri, non possono però nominarli per un periodo di tempo superiore ad un anno.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti, 20 dicembre 1966) 545. È preferibile che serva nei Comitati qualche qualificato credente «Non vi è nulla in contrario che un membro di Assemblea Spirituale Nazionale serva in un Comitato Nazionale d’Insegnamento, ma se membri dell’Assemblea Spirituale Nazionale dovessero predominare nel Comitato, sarebbe vanificato lo scopo di nominarlo, che è quello di alleggerire l’Assemblea dei dettagli del lavoro. È inoltre preferibile che siano qualificati credenti locali a servire nel Comitato Nazionale d’Insegnamento, in modo che possano abituarsi a portar avanti il lavoro. ...il beneamato Custode presta grande attenzione ai progetti di carattere amministrativo per l’Insegnamento centrale, con Comitati Regionali responsabili verso di esso. Una volta ebbe a puntualizzare che risulta manifestamente nocivo all’efficienza ed al responsabile assolvimento dei doveri bahá’í che il personale dell’Assemblea Spirituale Nazionale sia assorbito dai piccoli dettagli dell’amministrazione.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale del Brasile, 23 giugno 1971) 546. È desiderabile che il Comitato Nazionale Insegnamento possa riunirsi facilmente - Se possibile non dovrebbe essere oberato di altri compiti «...vi suggeriamo, per il futuro, di tener presente l’opportunità che questo importante comitato possa riunirsi facilmente e tale possibilità sarebbe naturalmente agevolata dalla vicinanza dei luoghi di residenza dei suoi membri. È anche opportuno - per quanto possibile - che ai membri di questo vitale braccio destro dell’Assemblea Spirituale Nazionale non siano affidati altri compiti. Si è rilevato che la combinazione più efficace è un Comitato Insegnamento forte, situato nella parte centrale del paese - anche se non necessariamente al Centro Nazionale -, i cui membri siano liberi di dedicarvi tutti i loro sforzi ed energie. I Comitati Regionali d’Insegnamento sono in un certo senso gli agenti esecutivi del Comitato Nazionale Insegnamento e, pur non essendo incompatibile che membri del Comitato regionale lo siano anche del nazionale, è preferibile che si concentrino sul lavoro della propria particolare area.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale della Colombia, 23 giugno 1971) 547. Costituzione dei Comitati con prospettive di miglioramento e cambiamento «...Egli pensa che sarebbe bene infondere maggiore nuova vitalità nei Comitati Nazionali impiegando credenti di differenti capacità. ...in misura maggiore che nel passato vi sono ora nella Fede più giovani, più persone che nella vita privata sono professionalmente capaci o sono negli affari, e tale materiale umano deve essere sfruttato affinché nei Comitati siano infuse nuova linfa e idee fresche. Poiché le elezioni sono segrete, solo l’educazione dell’elettorato può apportare cambiamenti nelle Assemblee che spesso ristagnano per mancanza di linfa fresca, ma i Comitati, nominati dalle Assemblee Spirituali possono essere costituiti con la prospettiva di miglioramenti e cambiamenti.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti e Canada, 31 Mirza 1945) 548. L’Assemblea deve usare discrezione nella nomina dei membri di Comitato - Personalità incompatibili nei Comitati «La Casa Universale di Giustizia ci ha chiesto di rispondere alla vostra lettera nella quale chiedete istruzioni sulle seguenti domande: Quale comportamento deve adottare un’Assemblea Spirituale Nazionale nel caso di credenti che accettano la nomina in un comitato, ma non partecipano alle riunioni a causa di ciò che voi chiamate personalità incompatibili o mancanza di unità con gli altri membri, e tuttavia non rassegnano le dimissioni dal comitato? Come già sapete, nella scelta dei membri di comitato dovete usare la massima saggezza e discrezione allo scopo di nominare un organo che, fin dall’inizio, abbia buone prospettive di operare al completo. Se, malgrado i vostri sforzi, esiste disarmonia fra i membri, vi potrà essere d’aiuto il seguente brano della lettera del 13 maggio 1945 scritta a nome dell’amato Custode: “Riguardo alla questione di... e della disarmonia che sembra esistere fra alcuni amici...: Quando i bahá’í permettono alle oscure forze del mondo di penetrare nei loro rapporti all’interno della Fede mettono gravemente in pericolo il suo progresso; è supremo dovere dei credenti, delle Assemblee Locali, e particolarmente delle Assemblee Spirituali Nazionali, promuovere armonia, comprensione e amore fra gli amici. Tutti devono esser e pronti e disposti a mettere da parte ogni personale sentimento di rancore - giustificato o meno - per il bene della Causa, poiché la gente non l’abbraccerà finché non vedrà specchiata nella sua vita comunitaria ciò di cui il mondo è così poco dotato: amore e unità”.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale della Bolivia, 19 agosto 1985) 549. I Comitati Nazionali sono nominati dall’Assemblea Spirituale Nazionale e responsabili verso di essa «I Comitati Nazionali sono di norma nominati dall’Assemblea Spirituale Nazionale e sono responsabili verso di essa, tuttavia - nei limiti di una saggia discrezionalità - l’Assemblea Nazionale può autorizzare un particolare comitato a nominare un sub-comitato o delle singole persone perché lo assistano nell’eseguire i compiti assegnatigli. Comunque, nel richiamare l’attenzione dei credenti su questi principi si deve cercare di non sMirzare l’entusiasmo e l’iniziativa degli amici.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale del Pacifico Nord-Occidentale, 5 settembre 1947) 550. Deve essere data a coloro che non sono membri di Assemblea l’opportunità di acquisire esperienze amministrative «Nell’elenco dei comitati nazionali del 1983-84 abbiamo rilevato che sono stati nominati otto membri dell’Assemblea Nazionale. Infatti, il vostro tesoriere figura in tre comitati ed il vostro segretario in due. Pur essendo comprensibile che i membri di un’Assemblea Spirituale Nazionale hanno generalmente grande capacità di assumersi molteplici compiti, la Casa di Giustizia fa notare che - consentendo ai membri di Assemblea Nazionale di servire in diversi comitati nazionali - non si dà l’opportunità a coloro che non sono membri di Assemblea di acquisire esperienze amministrative.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad una Assemblea Spirituale Nazionale, 28 dicembre 1983) 551. Non è necessario che i Comitati si sciolgano al Ri?ván «Riguardo alla nomina annuale dei comitati, facciamo riferimento alle istruzioni del Custode a pag. 141 di Bahá’í Administration, secondo cui... “il rinnovo, la composizione e le funzioni... devono essere riconsiderate separatamente ogni anno dall’Assemblea Nazionale entrante”. Le persone nominate nei comitati devono immedesimarsi in funzioni e obiettivi, che di norma vanno oltre la scadenza della loro nomina. Proprio come i membri dell’Assemblea Nazionale mettono se stessi in relazione con le mete del Piano Novennale, ugualmente devono fare i membri delle Assemblee Locali e dei Comitati, così che un unico, dinamico spirito animi l’importante lavoro di cui ogni Assemblea o Comitato è responsabile. “Non è comunque necessario che le nomine dei comitato scadano al Ri?ván; può essere consigliabile, per assicurare continuità, cominciare l’anno del comitato in giugno o luglio. Inoltre, in linea generale il fatto che vi siano pochi radicali cambiamenti nei componenti del comitato dovrebbe anche dare continuità di pensiero e di azioni.» (Da una lettera scritta dalla Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti, 23 gennaio 1967) B. Elezione delle cariche del comitato 552. Bisogna dare ai membri di comitato la possibilità di votare - Elezione delle cariche a maggioranza assoluta e non relativa* «Riguardo alla domanda sull’elezione delle cariche del comitato, la Casa di Giustizia ci ha chiesto di spiegare che l’elezione delle cariche di comitato è valida - purché a tutti i membri sia stata data la possibilità d’essere presenti alla seduta o di mandare il voto per posta, anche se qualcuno non si avvale di questa opportunità. Naturalmente, come certamente sapete, l’elezione delle cariche deve essere a maggioranza assoluta e non relativa. La Casa di Giustizia inoltre sottolinea che è preferibile che i membri del comitato siano di numero dispari, per ridurre la possibilità di una parità di voti.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale del Messico, 2 settembre 1981) *(Vedi anche n. 101: Ogni carica deve ricevere almeno cinque voti) 553. Se un membro ha validi motivi, può suggerire di non essere eletto ad una carica «...Riguardo alla vostra domanda sulla possibilità che membri di un’Assemblea e/o di un Comitato possano evitare di essere eletti ad una carica: In diverse occasioni il diletto Custode ha fatto rilevare che, prima dell’elezione delle cariche, se qualche membro di Assemblea secondo la sua opinione ha validi motivi per non essere eletto ad una di esse, può suggerirlo agli altri membri. Inoltre, poiché il lavoro della Fede aumenta ed i compiti degli eletti alle cariche - specialmente nelle Assemblee Spirituali Nazionali - diventano sempre più importanti, la Casa di Giustizia ritiene sia permesso ed anche consigliabile discutere, prima dell’elezione, dei doveri che impone ciascuna carica.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale della Bolivia, 18 agosto 1985) C. Struttura e funzioni dei Comitati Nazionali 554. L’Assemblea Spirituale Nazionale deve adottare un’efficiente struttura per l’insegnamento «Il tipo di comitato per l’insegnamento che le Assemblee Nazionali vorranno adottare per assicurare i migliori risultati nell’estensione del lavoro di insegnamento è questione lasciata interamente alla loro discrezione, ma deve esistere un’efficiente struttura per l’insegnamento, sì che i compiti siano svolti speditamente e nel rispetto dei principi amministrativi della nostra Fede. Fra le schiere dei credenti nativi di ciascun paese, devono essere selezionati insegnanti viaggianti competenti ed elaborati progetti per l’insegnamento. Nelle parole del nostro amato Custode, a commento del lavoro di insegnamento nell’America Latina: “Bisogna dare un robusto e ininterrotto sostegno alle vitali e necessarie attività iniziate dagli insegnanti viaggianti... nativi..., i quali, via via che questo possente compito progredisce, devono sempre più addossarsi l’onere della responsabilità della propagazione della Fede nella loro terra”.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia a tutte le Assemblee Spirituali Nazionali impegnate nell’insegnamento di massa, 2 febbraio 1966, L’Insegnamento alle Masse, p. 40, n. 56) 555. Funzione del Comitato Nazionale d’Insegnamento «La funzione di un Comitato Nazionale d’Insegnamento è di assumersi il compito, sotto le direttive dell’Assemblea Spirituale Nazionale, dell’intero programma d’insegnamento nel paese. Bisogna che gli si diano le linee generali di condotta che definiscano obiettivi e metodi di insegnamento sul fronte interno; deve essere finanziato e gli si deve chiedere di sottoporre all’Assemblea Spirituale Nazionale un piano globale di esecuzione dei compiti. Una volta approvato il piano, lo si deve lasciare libero di svolgere il lavoro, anche se, naturalmente, dovrete ricevere periodici rapporti sui progressi e le sue condizioni finanziarie.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale di Trinidad e Tobago, 12 novembre 1971) 556. I Comitati Nazionali vengono costituiti per servire ai bisogni delle Assemblee Locali. «Egli pensa che le Assemblee Locali debbano essere incoraggiate a rendersi conto che i Comitati Nazionali sono fatti non per dare loro ordini arbitrari, bensì per servire ai loro bisogni, e per unificare il lavoro della Causa... I Comitati in questione devono avere molto tatto nel trattare con un’Assemblea giovane che stia incominciando a “sentirsi importante”, poiché questo spirito d’indipendenza, opportunamente indirizzato, può condurla ad essere forte e autonoma, anziché debole e dipendente da altri organi che la trascinano. Le Assemblee, comunque, devono sicuramente collaborare con i Comitati Nazionali e non rifiutarne l’aiuto.» (Da una lettera scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale delle Isole Britanniche, 5 novembre 1948. Assemblee Spirituali Nazionali, p. 58, n. 63) 557. L’Assemblea Nazionale deve impartire istruzioni al Comitato allo scopo di evitare confusione. «Per evitare confusione e seguire la procedura corretta, l’Assemblea Spirituale Nazionale deve impartire le sue istruzioni al Comitato Nazionale d’Insegnamento, il quale deve trasmetterle poi ai Comitati Regionali. Questi ultimi, sebbene siano nominati dall’Assemblea Spirituale Nazionale, sono gli aiutanti del Comitato Nazionale d’Insegnamento. Il Custode non ritiene opportuno entrare dei dettagli di questo argomento dato che questi devono essere stabiliti dalla stessa Assemblea Spirituale Nazionale. Egli si limita ad enunciare il principio cui occorre conformarsi.» (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 28 Mirza 1943) 558. Alcuni comitati hanno bisogno di molti membri «La Casa Universale di Giustizia ha rivelato nel verbale della vostra seduta dell’1 maggio 1985 che... avete deciso di limitare il numero dei componenti di ciascun comitato a tre. Sebbene la Casa di Giustizia riconosca che taluni comitati di carattere tecnico, come il Comitato per il Centro Nazionale, possono essere tranquillamente composti da tre soli membri, tuttavia ve ne sono alcuni importantissimi - come il Comitato Nazionale Insegnamento ed Approfondimento, il Comitato Giovani, il Comitato Donne ed Educazione Fanciulli, e così via - ai quali vengono affidate responsabilità di significativi aspetti della vita comunitaria bahá’í - che devono avere un numero maggiore di membri per consentire una consultazione più efficace.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale del Senegal, 26 agosto 1985) D. Comitati Speciali (Amministrativi, Ad Hoc, Emergenza, Insegnamento Nazionale e Regionali) 559. Limitazioni dell’autorità dei Comitati Amministrativi a quella loro conferita dall’Assemblea Spirituale Nazionale «La vostra lettera del 24 maggio 1985 alla Casa Universale di Giustizia è stata ricevuta e ci è stato chiesto di farvi pervenire la risposta alle vostre domande riguardo al ruolo dei comitati amministrativi che si occupano di problemi personali. La vostra cautela nel chiarire le funzioni dei comitati amministrativi è encomiabile, perché l’autorità e le responsabilità di questi comitati sono limitati solamente a quelle conferite loro nella nomina dell’Assemblea Nazionale. Come suggerite, i problemi di carattere personale che insorgono nella comunità ove operano questi comitati devono essere demandati alla vostra Assemblea per consultazione e parere. Se - conoscendone i componenti - doveste ritenere un comitato idoneo ad assistervi per risolvere uno specifico problema, esso può agire con la vostra autorizzazione; analogamente siete liberi di autorizzare che ci si consulti su un problema personale con una persona che abbia la necessaria esperienza.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale delle Isole Leeward, 7 luglio 1985) 560. Nomina di comitati ad hoc per problemi personali «Riguardo alla vostra lettera del 19 settembre 1984 indirizzata alla Casa Universale di Giustizia, ci è stato chiesto di farvi pervenire quanto segue circa i tre quesiti da voi posti. Il primo riguarda casi di natura personale che a quanto pare sono aumentati ed occupano molto tempo nelle sedute della vostra Assemblea. In una lettera del 30 agosto 1971 alla vostra Assemblea, la Casa Universale di Giustizia vi consigliò sullo stesso argomento. Comunque, per facilità di consultazione, ne citiamo un passo: “I problemi personali spesso sono meglio gestiti dall’Assemblea o Assemblee Locali interessate. Non vi è obiezione alla nomina da parte dell’Assemblea Nazionale di un comitato o comitati per gestire questi problemi quando le si presentano, purché la decisione finale sia presa dall’Assemblea stessa”. In aggiunta alla precedente, c’è stato chiesto di citare il seguente brano da una lettera indirizzata ad un’altra Assemblea Nazionale: “‘In risposta alla vostra lettera del 4 febbraio in cui chiedete se potete affidare ad una Assemblea vicina la gestione di problemi personali di cui l’Assemblea Locale non è in grado di occuparsi, riteniamo che sarebbe preferibile che per ciascun caso l’Assemblea Spirituale Nazionale nomini un comitato ad hoc i cui componenti potrebbero essere scelti in una o due comunità vicine, o anche in quelle dove esiste il problema”.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale di El Salvador, 22 ottobre 1984) 561. Nomina di un Comitato Amministrativo fra i credenti adulti di una comunità se l’Assemblea cade «La Vostra Assemblea è autorizzata alla nomina di un comitato amministrativo per la comunità di... Tale comitato deve essere considerato un ripiego temporaneo per mantenere la vita e il vigore della comunità fino al momento in cui si potrà riformare l’Assemblea; non è una sostituzione della istituzione divina dell’Assemblea Spirituale Locale. Con riferimento alle vostre specifiche domande, il Comitato Amministrativo per... può essere nominato fra i credenti adulti della comunità, senza tener conto se erano stati o meno eletti nell’Assemblea Locale ora decaduta. Ad ogni giovane attivo il Comitato può affidare qualsiasi compito sia in grado di svolgere. Il Comitato può mantenere il Fondo Locale ed anche l’incorporazione dell’Assemblea Locale. L’Assemblea Spirituale Nazionale ha l’autorità di indire un’elezione straordinaria dell’Assemblea Locale in mancanza del quorum dei credenti locali.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad una Assemblea Spirituale Nazionale, 8 novembre 1983) 562. Scopo e funzioni di un comitato d’emergenza «È del tutto corretto nominare un comitato d’emergenza ed autorizzarlo a svolgere i suoi compiti fra una seduta e l’altra dell’Assemblea Spirituale Nazionale. La Vostra Assemblea può anche autorizzarlo ad occuparsi intanto di questioni di routine tra una vostra seduta e l’altra. In entrambi i casi deve fare rapporti completi delle sue sedute a tutti i membri dell’Assemblea e tutte le decisioni devono essere, o meno, ratificate alla successiva seduta dell’Assemblea Nazionale. Potete decidere sul numero dei membri dell’Assemblea Nazionale che compongono questo comitato. Comunque, valide sedute del comitato si avranno solo quando tutti i suoi membri siano stati debitamente avvertiti. La Casa di Giustizia ritiene che dare notizia delle riunioni attraverso annunci radiofonici non è un mezzo soddisfacente per assicurarci che tutti i membri siano avvertiti. Infine, vi consigliamo di tenere regolari riunioni della vostra Assemblea Nazionale e di non lasciare che argomenti di routine e/o di emergenza occupino per intero il tempo delle vostre riunioni.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale della Liberia e Guinea, 15 giugno 1977) 563. Libertà d’azione di un comitato d’emergenza «La libertà d’azione di un comitato d’emergenza della vostra Assemblea Nazionale nelle questioni di cui si occupa deve essere nell’ambito delle direttive e delle autorizzazioni conferitegli da voi. Lo stesso principio si applica quando due dei tre membri di un comitato d’emergenza ritengono di avere il diritto di occuparsi di qualunque questione si presenti.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’Ecuador, 2 dicembre 1982) 564. L’Assemblea Spirituale Nazionale definisce i limiti delle competenze di un comitato d’emergenza «...è compito della vostra Assemblea stabilire i limiti delle competenze di un comitato d’emergenza, da voi nominato fra i vostri stessi membri per prendere - in caso di assoluta necessità - le iniziative in situazioni di emergenza che possano insorgere fra una seduta e l’altra. Naturalmente le decisioni del comitato saranno sempre soggette all’approvazione dell’intera Assemblea Nazionale e dovrete avere la certezza di venire adeguatamente informati di tutte le azioni compiute a vostro nome.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale delle Isole Barbados e Windward, 2 luglio 1971) 565. Quorum dei membri di un comitato d’emergenza «Riguardo al quorum con cui i membri di un Comitato d’emergenza sono legittimati ad agire, non vi sono in merito delle norme e condizioni standard; ogni Assemblea Spirituale Nazionale attua in materia procedure proprie. Si possono anche stabilire regole circa la presenza di membri dell’Assemblea Nazionale che non facciano parte del Comitato d’emergenza.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale della Giamaica, 24 ottobre 1971) 566. Nomina di un comitato speciale consolidamento «Se un’Assemblea Spirituale Nazionale ritiene che il suo Comitato Nazionale Insegnamento non è in condizione di dedicare sufficiente attenzione al lavoro di consolidamento, non deve avere esitazioni a nominare speciali comitati aggiuntivi i cui compiti saranno la gestione di varie attività essenziali per il consolidamento. Rientrano in questa categoria d’attività l’organizzazione di circuiti di insegnanti viaggianti esperti nel lavoro di consolidamento, di scuole estive ed invernali, di conferenze ed istituti nei weekend, l’avvio e la conduzione di istituti scolastici, la diffusione della letteratura bahá’í e l’incoraggiare gli amici a studiarla, nonché l’organizzazione di speciali corsi ed istituti per membri di Assemblea Spirituale Locale.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia a tutte le Assemblee Spirituali Nazionali, 17 aprile 1981) 567. Non è necessario che i Comitati Nazionali abbiano sede presso i Centri Nazionali* «Non è necessario, naturalmente, che il Comitato Nazionale d’Insegnamento abbia sede presso il Centro Nazionale e non occorre che sia di molte persone. È essenziale, comunque, che i suoi membri abbiano le loro sedi in modo che possano incontrarsi spesso durante l’anno e che siano dediti, attivi, sagaci, creativi e fidati. Poiché il Comitato Nazionale d’Insegnamento ha la priorità nelle vostre responsabilità di amministrazione, dovreste prendere in considerazione - se necessario - la possibilità di sollevare i suoi membri da compiti in altri comitati, perché possano dedicare il maggior tempo e la maggiore energia possibili al lavoro di questo Comitato. Preferibilmente almeno uno dei membri deve avere doti di segretario che lo rendano capace di portare avanti il gravoso compito della corrispondenza che deriva dall’attuazione dei piani.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale di Trinidad e Tobago, 12 novembre 1971) *(Vedi anche: n. 546 È desiderabile che il Comitato Nazionale Insegnamento possa riunirsi facilmente) 568. Comitati Regionali - Sotto-comitati del Comitato Nazionale Insegnamento «...il Custode ha più volte sottolineato la necessità che evitare il superaccentramento nella conduzione degli affari della Causa, di modo che la vostra Assemblea possa essere sollevata dall’enorme mole di dettagli e lavori di routine, che interferirebbe con il suo precipuo compito di esercitare un’esauriente e vigilante supervisione sul lavoro della Causa nel suo complesso. D’altra parte, un’eccessiva decentralizzazione porterebbe a vanificare il principio secondo cui l’autorità e le responsabilità finali sono dell’Assemblea Spirituale Nazionale. Le sue recenti istruzioni sui rapporti fra Comitato Regionale Insegnamento e Comitato Nazionale Insegnamento salvaguardano questo principio che sta alla base dell’Ordine Amministrativo. I Comitati Regionali, seppure nominati dall’Assemblea Spirituale Nazionale devono esser considerati - a differenza degli altri comitati - speciali aggiunte create proprio allo scopo di aiutare direttamente il Comitato Nazionale Insegnamento nel suo primario compito di stimolare le attività d’insegnamento della Fede... In un certo senso essi sono sub-comitati del Comitato Nazionale Insegnamento a cui devono trasmettere costantemente e direttamente i loro rapporti e tutti i dettagli dell’attività nazionale d’insegnamento.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti e Canada, 25 maggio 1941) 569. Troppi comitati confondono piuttosto che rendere chiaro il lavoro «Egli pensa che un Comitato Nazionale d’Insegnamento, con la collaborazione di alcuni regionali, svolgerà il lavoro molto meglio. Troppi comitati, come troppe circolari, confondono piuttosto che rendere chiaro il lavoro.» (Da una lettera scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti, 20 Mirza 1952) 570. Rapporto fra comitato nazionale e comitati regionali d’insegnamento «Per quanto riguarda la questione dei rapporti fra il Comitato Nazionale d’Insegnamento ed i Comitati Regionali, da lei sollevata nelle sue due ultime lettere, il Custode ha preso atto del suo punto di vista in materia e, mentre ritiene che la nomina dei Comitati Regionali è per principio di competenza dell’Assemblea Spirituale Nazionale, la loro immediata supervisione e controllo pensa riguardino direttamente il Comitato Nazionale d’Insegnamento, che è l’unica istituzione responsabile dell’organizzazione e della conduzione della campagna d’insegnamento negli Stati Uniti d’America e nel Canada. l’Assemblea Spirituale Nazionale ha definitiva autorità su tutti questi Comitati, nazionali o regionali, ma - in vista della espansione sempre crescente delle attività d’insegnamento della Causa - ...deve lasciare al Comitato Nazionale Insegnamento il compito di supervisionare e coordinare il lavoro d’insegnamento dei Comitati Regionali. Questi Comitati sono quindi responsabili nei confronti del Comitato Nazionale che, a sua volta, è direttamente ed unicamente responsabile verso l’Assemblea Spirituale Nazionale.» (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 28 gennaio 1941) 571. I membri del Corpo Ausiliare possono servire in taluni comitati speciali «La Casa di Giustizia ritiene che comitati come il comitato amministrativo della Bahá’í International Health Agency, o responsabili dello sviluppo sociale ed economico, che richiedono membri professionalmente esperti, appartengono ad una categoria differente da quella degli altri comitati bahá’í. Credenti che abbiano la necessaria esperienza professionale spesso sono pochi, e quindi la Casa di Giustizia non ha nulla da obiettare che membri del Corpo Ausiliare ora servano in questi comitati ed invero è spesso molto consigliabile che lo facciano, purché naturalmente questo servizio non assorba tanto tempo ed energie da non consentir loro di svolgere quelli importantissimi del Corpo Ausiliare.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale del Canada, 9 settembre 1984) 572. Collaborazione fra membri del Corpo Ausiliare e comitati insegnamento nazionali e regionali «È ormai evidente che in alcune zone il progresso del lavoro di insegnamento richiede, più di prima, una maggiore collaborazione fra i membri del Corpo Ausiliare ed i Comitati Insegnamento Nazionali e Regionali. Da una consultazione sull’argomento con il Centro Internazionale Insegnamento, siamo arrivati alla conclusione che le possibilità offerte dalle attuali direttive sono adeguate e che dove è stata avvertita mancanza di collaborazione, essa era dovuta ad un insufficiente completo e frequente scambio di informazioni fra le istituzioni. Mentre i membri dei Consigli Ausiliari e i loro assistenti non dovranno mai cercare di dirigere le attività dei Comitati o di occuparsi del loro specifico lavoro amministrativo, è assolutamente vitale che siano tenuti pienamente al corrente delle attività, dei piani e delle speranze dei Comitati stessi circa il lavoro della zona. Solo allora i membri dei Consigli Ausiliari saranno convinti che i servizi cui esortano i credenti e i progetti che incoraggiano sono in armonia con i piani e gli obiettivi dell’Assemblea Spirituale Nazionale e dei suoi Comitati. L’attuale linea di condotta e le sue motivazioni sono state comunicate ai Corpi Continentali dei Consiglieri ed a tutte le Assemblee Spirituali Nazionali nella nostra lettera dell’1 ottobre 1969, la cui copia alleghiamo. È doveroso notare che con questa linea di condotta è permesso e auspicabile che fra i Comitati e i membri dei Consigli Ausiliari esista un diretto e regolare scambio di informazioni. Inoltre, all’inizio del lavoro annuale, o durante l’anno, quando stanno per incominciare i nuovi piani, è spesso utile organizzare una consultazione fra membri dei Consigli Ausiliari e Comitati Nazionali o Regionali d’Insegnamento, prima che i piani stessi siano messi a punto. Confidiamo che una maggiore consapevolezza dell’importanza di una stretta collaborazione fra i due rami dell’Ordine Amministrativo e dei mezzi disponibili per realizzarla porteranno ad una necessaria intensificazione del lavoro d’insegnamento in ogni paese.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia a tutte le Assemblee Spirituali Nazionali, 6 luglio 1977. Parzialmente in I due rami dell’Ordine Amministrativo, p. 36, n. 27) 573. Comitato nazionale giovani «...se affermiamo che nessuna persona anziana debba prendere parte all’organizzazione delle attività dei giovani, li priveranno della necessaria esperienza necessaria ad un’istituzione efficiente e permanente. Shoghi Effendi pensa che la migliore soluzione è stabilire un ragionevole limite d’età per gli attuali componenti della struttura organizzativa, in modo che solo i giovani possano prendere parte alle varie attività, senza che vi siano anziani a togliere loro spazio o a privarli della possibilità di auto addestrarsi e di esprimere le loro idee. Nello stesso tempo, l’Assemblea Nazionale potrebbe nominare nel Comitato Nazionale, che deve controllare il loro lavoro, alcune persone più anziane e di esperienza che coopererebbero con loro e li guiderebbero per le loro attività. Il Comitato Nazionale dovrebbe essere composto da persone entro l’età limite, e da più anziane.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti e Canada, 27 ottobre 1932) 574. I giovani bahá’í al di sotto dei 21 anni possono servire nei comitati «La questione se ai giovani bahá’í sia permesso servire in comitati diversi dal Comitato Giovani recentemente è emersa in molte lettere, ed egli considerato l’argomento ritiene che ai giovani bahá’í di meno di 21 anni non debba essere negato il privilegio di lavorare in un comitato. Sebbene non possano essere membri votanti della comunità bahá’í (o non possano esercitare affatto il loro diritto di voto fino al raggiungimento di quell’età) e, nello stesso modo, non possano essere eletti nelle Assemblee, non vi è alcuna ragione per cui non debbano servire la Causa nei diversi comitati, dato che tutti i comitati - nazionali o locali - sono subordinati alle Assemblee ed i loro membri non sono eletti ma nominati, e nominati proprio dalle Assemblee. Abbiamo molti giovani credenti devoti e pieni di talento che possono essere di grande aiuto alla Causa, pur non avendo ancora raggiunto la maggiore età.» (Da una lettera scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti e Canada, 28 febbraio 1845) 575. Comitati locali «...riguardo ai comitati locali bahá’í: sebbene differenti nelle funzioni, godono di uguali diritti e sono soggetti a responsabilità ed obblighi che - seppure diversi per grado - sono egualmente vincolanti per tutti loro. I Comitati Locali, essendo nominati dall’Assemblea Spirituale Locale, sono responsabili solamente verso quella istituzione e, in qualunque momento, possono essere sciolti o se ne può variare la composizione. I comitati locali sono le mani dell’Assemblea Spirituale che li ha nominati... e come tali sono soggetti alle sue direttive. L’Assemblea Spirituale Locale non può delegare a nessuno dei comitato locali l’autorità di esercitare controlli o supervisione su un altro comitato o corpo che ha nominato. Tutti i comitati locali sono direttamente ed esclusivamente responsabili verso l’Assemblea Locale ed essa sola ha potere di supervisione su di loro.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 16 febbraio 1939) 576. Struttura dei comitati nazionali e regionali d’insegnamento «... Si tratti della rappresentanza nazionale eletta, o della sua principale istituzione ausiliaria, il Comitato Nazionale per l’Insegnamento, o dei suoi organi ausiliari, i comitati regionali per l’insegnamento, o di Assemblee Spirituali Locali e dei rispettivi comitati per l’insegnamento, coloro che lavorano per la diffusione della Causa di Bahá’u’lláh devono assicurare, con un costante scambio di idee, con lettere, circolari, relazioni, bollettini e latri mezzi di comunicazione con questi strumenti con questi strumenti ufficiali addetti alla propagazione della Fede, che l’apparato per l’insegnamento del loro Ordine Amministrativo funzioni armoniosamente e speditamente. In tal modo si eviteranno ogni confusione, ritardo, duplicazione di sforzi, dissipazione di energie e la grande piena della grazia di Bahá’u’lláh, fluendo copiosa e senza il minimo intoppo attraverso questi importantissimi canali, inonderà i cuori e le anime a tal segno da abilitarli a produrre il raccolto predetto da ‘Abdu’l-Bahá.» (Shoghi Effendi, L’Avvento della Giustizia Divina, p. 41) XI. CONSULTAZIONE 577. Nessuna prosperità o benessere può essere conseguita se non con la consultazione «...Dì: nessuno può raggiungere il proprio vero rango, fuorché mediante la giustizia. Non esiste forza, se non attraverso l’unità; né prosperità o benessere può essere conseguita, se non con la consultazione.» (Compilazione Consultazione - Riunioni Bahá’í - La Festa del 19° Giorno, p. 7, n. 2) 578. Consultazione e compassione «...Il cielo della saggezza divina è illuminato dai due astri della consultazione e della compassione... (Consultazione, p. 7, n. 1) 579. Consultazione libera e franca «...La libera e franca consultazione è la base granitica di questo ordine senza eguali. L’autorità è riposta nelle mani dei membri eletti dell’Assemblea Nazionale. Il potere e l’iniziativa sono conferiti in primo luogo all’intero corpo dei credenti che agisce per mezzo delle rappresentanze locali. (Shoghi Effendi, Principles of Bahá’í Administration, p. 71, parzialmente in Consultazione, p. 24 n. 32) 580. Lo scopo della consultazione «Lo scopo della consultazione è mostrare che le idee di più persone sono sicuramente preferibili a quelle di una sola, così come la forza espressa da un gruppo di individui è superiore a quella di un singolo. Perciò la consultazione è ben accetta al cospetto dell’Onnipossente ed è stata ingiunta ai credenti, sì che possano conferire tanto su faccende ordinarie e personali, quanto su problemi di carattere universale e generale. Per esempio, se un uomo che ha un progetto da realizzare si consulta con uno dei suoi fratelli, ciò che è conveniente sarà sicuramente analizzato e svelato ai suoi occhi e la verità resa manifesta. Così. su un piano più alto, se gli abitanti di un villaggio si consultano sulle loro faccende, sicuramente emergerà la risoluzione giusta. Similmente, gli appartenenti a una data professione, come un’industria, devono consultarsi; altrettanto devono fare coloro che si occupano d’affari. In breve, la consultazione è desiderabile e accettabile in tutte le cose e le situazioni.» (Compilazione, Consultazione - Riunioni Bahá’í - La Festa del 19° Giorno, p. 15, n. 17) 581. Ogni petto deve essere una stazione telegrafica «Ogni petto deve essere una stazione telegrafica: un capo del filo attaccato all’anima e l’altro fissato alle Schiere Superne, affinché l’ispirazione possa venire dal Regno di Abhá e si discutano questioni reali. Allora le opinioni coincideranno con la verità; giorno dopo giorno vi sarà un miglioramento e le riunioni diventeranno più radiose e spirituali. Questa meta è condizionata dall’unità e dall’accordo: più perfetto sarà l’amore e l’accordo, più discenderanno le divine confermazioni e l’assistenza della Perfezione Benedetta... Nelle discussioni guardate all’essenza delle cose e non siate caparbi. Nessuno faccia asserzioni o insista sulla propria opinione, ciascuno cerchi piuttosto la verità con il più grande amore e cameratismo. Consultatevi su ogni questione e quando qualcuno espone il punto di vista della pura verità, essa sarà accettata da tutti. Allora crescerà fra voi l’unità spirituale, l’intelletto di ognuno sarà maggiormente illuminato, aumenterà la felicità e vi avvicinerete sempre più al Regno di Dio.» (`Abdu’l-Bahá, The Promulgation of Universal Peace, p. 183) 582. Chiunque può rimettere una questione all’Assemblea «Riguardo alla consultazione: chiunque può rimettere una questione all’Assemblea per consultazione con il consenso o meno dell’altra parte. In questioni che hanno effetti sulla Causa, l’Assemblea - ove lo ritenga necessario - può intervenire anche se entrambe le parti non lo vogliono, perché lo scopo primario delle Assemblee è di proteggere la Fede, le Comunità e i singoli Bahá’í.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi. Principles of Bahá’í Administration, p. 58). 583. Ogni membro deve esprimere liberamente ed apertamente le proprie idee «Ma prima che l’Assemblea prenda una decisione a maggioranza di voti, ogni suo membro ha non solo il diritto, ma il sacro obbligo di esprimere liberamente ed apertamente le proprie idee, senza temere di scontentare o inimicarsi i suoi colleghi. Tenendo conto di questo importante principio di una consultazione franca e aperta, il Custode le suggerisce di evitare il metodo di chiedere che altri membri si facciano portavoce delle sue opinioni e suggerimenti. Questo modo indiretto di esprimere le proprie opinioni all’Assemblea non solo crea un’atmosfera di segretezza, che è assai lontano dallo spirito della Causa, ma genera spesso equivoci e complicazioni. I membri dell’Assemblea devono avere il coraggio delle proprie convinzioni, ma anche dar prova di obbedienza incondizionata e assoluta ai ben ponderati giudizi e alle direttive della maggioranza dei colleghi.» (Consultazione, p. 24, n. 33) 584. Nella votazione bahá’í non v’è astensione «È importante rendersi conto che lo spirito della consultazione bahá’í è molto diverso da quello che anima, nel loro processo decisionale, le istituzioni non bahá’í. L’ideale della consultazione bahá’í è giungere ad una decisione unanime. Quando ciò non sia possibile, si deve votare. Secondo le parole dell’amato Custode: “...allorché si richieda loro di prendere una certa decisione, essi, dopo spassionata, sollecita e sincera consultazione, devono volgersi in preghiera a Dio e, con serietà, convinzione e coraggio, dare il proprio voto e attenersi alla voce della maggioranza che, come il nostro Maestro ci ha detto, è la voce della verità, mai da contrastarsi, anzi da porsi sempre fedelmente in atto”. Non appena una decisione è presa essa diviene la decisione dell’intera Assemblea e non semplicemente di coloro che si sono trovati nella maggioranza. Quando qualcuno propone di porre una questione ai voti, un altro membro dell’Assemblea può ritenere che vi siano altri fatti o decisioni che debbano essere esaminati prima che egli si senta pronto a decidere e a votare la proposta consapevolmente. Egli deve esprimere i suoi sentimenti all’Assemblea e a questa spetta decidere se protrarre o no la discussione prima di votare. Quando si decide di votare su una proposta, è necessario unicamente accertare quali membri siano favorevoli: se sono la maggioranza dei presenti, La mozione è accettata, se sono la minoranza, è respinta. Perciò nelle votazioni bahá’í non esiste il problema dell’astensione. Chi non vota a favore di una mozione, in pratica vota contro, anche se in quel momento ritiene di non essere ancora in grado di prendere una decisione.» (Consultazione, p. 31, n. 46) 585. Decisioni a maggioranza di voti - Casi in cui l’Assemblea può decidere che tutti i nove membri devono essere presenti «Riguardo alle decisioni prese a maggioranza di voti, generalmente la maggioranza cui si fa riferimento è quella dei presenti ad una specifica riunione d’Assemblea. In ogni caso, l’Assemblea non può agire a meno che non sia presente almeno il quorum dei membri. Vi possono essere, comunque, casi in cui l’Assemblea può decidere che, in occasione della consultazione e del voto su particolari importanti questioni, debbano essere presenti tutti i nove membri; tale decisione rientra nell’ambito della discrezionalità dell’Assemblea.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale del Messico, 22 luglio 1984) 586. Inesistenza nella Causa di voti dissenzienti «Nella Causa non esistono voti dissenzienti. Quando la maggioranza di un’Assemblea prende una decisione, la minoranza, come ci ha detto il Maestro, deve accettarla. Insistere affinché si prenda nota dei voti dissenzienti non è bene e non porta a risultati positivi. Dobbiamo imparare a guardare alle leggi ed ai principi amministrativi della Causa e non alle manchevolezze dei singoli membri di un’Assemblea. (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 19 Mirza 1950. Parzialmente citato in Consultazione - Riunioni Bahá’í - La Festa del 19° Giorno, p. 28, n. 43) 587. Sospendere la consultazione quando insorgono inimicizia e minacce «Gli stimati membri dell’Assemblea Spirituale devono adoperarsi affinché non sorgano divergenze, ma se ciò accadesse, non devono arrivare al punto di creare conflitti, odi e antagonismi, che conducono a situazioni pericolose. Quando vi accorgete che avete raggiunto un limite oltre il quale possono insorgere inimicizia e minacce, sospendete immediatamente la discussione finché cessati gli alterchi, dispute e schiamazzi, si presenti un momento più propizio.» (Compilazione, Consultazione - Riunioni Bahá’í - La Festa del 19° Giorno, p. 16, n. 19) 588. Non prendere decisioni importanti negli affari personali senza essersi consultati «Chiarire ogni cosa, grande o piccola, mediante la consultazione. Non prendete importanti decisioni nei vostri affari personali, senza esservi prima consultati. Siate solleciti l’uno dell’altro. Datevi reciproca assistenza nei rispettivi progetti e piani . Preoccupatevi gli uni degli altri. Non lasciate che alcuno in tutto il paese resti senza aiuto. Siate amici fra voi fino a divenire tutti come un solo corpo...» (Ibidem, p. 16, n. 20) 589. Se un credente ha un problema gli sono aperte diverse possibilità «Abbiamo ricevuto la vostra lettera del 14 febbraio 1973, sugli usi della consultazione bahá’í. È ovviamente un problema in cui si deve evitare la rigidità. A ogni credente che abbia un problema, per il quale debba prendere una decisione, sono aperte diverse possibilità. Se si tratta di una faccenda riguardante gli interessi della Fede, egli deve consultarsi con l’Assemblea o con il comitato competente; ma gli amici hanno molti problemi puramente personali, che non sono tenuti a sottoporre alle istituzioni della Fede; anzi, quando le necessità del lavoro d’insegnamento sono impellenti, è meglio che essi non sovraccarichino le loro Assemblee con problemi personali, che possono anche risolvere direttamente. Chi ha un problema, a volte, desidera prendere una decisione dopo aver pregato e averne soppesato mentalmente ogni aspetto; a volte preferisce chiedere consiglio ad amici o consulenti professionali, come medici o avvocati, in modo da poterne considerare, nel decidere, il parere; oppure, quando parecchie persone siano coinvolte, come nel caso di situazioni familiari, può decidere di riunire tutti gli interessati, per giungere ad una decisione collettiva. Non vi è nulla da obiettare se un bahá’í chiede ad un gruppo di persone di consultarsi sul problema che lo assilla. Si deve comunque ricordare che ogni consultazione mira allo scopo di trovare una risoluzione a un problema e che è ben diversa dal sistema usuale in certi ambienti di mettere a nudo la propria anima, sistema che assomiglia ad una specie di confessione, proibita dalla Fede. Sul tema della confessione il segretario del Custode scrisse a suo nome ad un credente: “È proibito confessare peccati e trasgressioni a qualsivoglia persona, come fanno i cattolici con i loro preti, o in pubblico, come certe sette religiose. Però se desideriamo riconoscere che abbiamo errato in qualche cosa, o ammettere i difetti del nostro carattere, e chiedere a qualcuno perdono o scusa, siamo liberi di farlo. Il Custode desidera chiarire tuttavia, che non siamo obbligati a farlo. Ciò è lasciato interamente alla nostra personale discrezione”.» (Consultazione, pp. 32-33, n. 47) 590. L’Assemblea non può chiedere ad un suo membro di non partecipare alla consultazione «Nella vostra lettera del 4 aprile chiedete ulteriori chiarimenti sulle norme che regolano la presenza di un membro dell’Assemblea Nazionale, quando si discute un argomento che lo o la riguardi personalmente. Il primo principio da tener presente è che ogni membro di Assemblea ha l’assoluto ed incontrovertibile diritto di partecipare ad ogni sua seduta e di essere pienamente informato su ogni tema da affrontare. Il secondo principio riguarda il distacco nella consultazione. I membri di una Assemblea devono imparare ad esprimere i loro punti di vista in modo calmo e franco, senza alcuna passione o rancore. Devono altresì imparare ad ascoltare le opinioni dei loro colleghi senza offendersi o sminuire le idee. La consultazione bahá’í non è un metodo facile: richiede amore, gentilezza, coraggio morale ed umiltà. Così nessun membro dovrebbe evitare di esprimere francamente la propria idea per paura che possa offendere un collega; ed quando compreso questo, nessun membro dovrà offendersi per le affermazioni di un altro. Il terzo principio è che se un credente ritiene che l’Assemblea gli ha fatto un’ingiustizia, ha il diritto di appellarsi per le vie normali.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’Italia, 26 agosto 1965) 591. Un membro può allontanarsi durante la discussione di una questione che lo riguarda «Abbiamo rilevato che... lasciò la stanza mentre l’Assemblea Nazionale discuteva sui modi e mezzi per aiutarla. Naturalmente, se un membro vuole allontanarsi durante la discussione di una questione che lo riguarda, non vi sono obiezioni; ma l’Assemblea Nazionale non può richiedere ad un membro di allontanarsi dalla consultazione, quindi ha pieno diritto di rimanere.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’Italia, 23 febbraio 1965) «Si deve inoltre comprendere che un membro può non voler partecipare a quelle sedute in cui si discutano argomenti che lo riguardano personalmente. In tali casi egli può assentarsi, a meno che l’Assemblea non gli chieda di essere presente.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia al Centro Internazionale d’Insegnamento, 22 gennaio 1975) 592. Una franca, ampia e imparziale consultazione deve guidare il lavoro «Nella nostra Fede non può esservi spazio alcuno per le manovre politiche comuni nell’ambiente esterno. Franchezza e consultazione ampia ed imparziale devono guidare il lavoro di tutte le Assemblee e comitati, e qualsiasi cosa meno di questa è non solo indegna di un bahá’í, ma palese disobbedienza alle istruzioni del Maestro, e segno di mancanza di fede.» (Da una lettera del 29 novembre 1948 scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente) XII. IL PATTO A. Il Patto Bahá’í 593. Il Patto bahá’í «Circa il significato del Patto bahá’í, il Custode considera l’esistenza di due forme di Patto, entrambe esplicitamente menzionate negli scritti della Causa. La prima è il Patto che ogni Profeta stabilisce con il genere umano o, più specificatamente, con il suo popolo, per cui quest’ultimo accetterà e seguirà la successiva Manifestazione che sarà la riapparizione della Sua realtà. La seconda forma di Patto è come quella che Bahá’u’lláh stabilì con la Sua gente e per cui questa doveva accettare il Maestro (‘Abdu’l-Bahá). Ciò serve semplicemente per stabilire e rafforzare la successione della serie di Luci che appaiono dopo ogni Manifestazione. Nella stessa categoria rientra il Patto che il Maestro fece con i bahá’í, per cui essi dovevano accettare la Sua amministrazione dopo di Lui...» (Il Patto e l’Amministrazione Bahá’í, pp. 19-20) “Il Più Grande Patto è diverso dal Patto Eterno.» (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 19 novembre 1945) 594. Fermezza nel Patto: Fosse pure un’insignificante formica... «...Siate certi che se un’anima si leva con massima perseveranza e lancia l’Appello del Regno e risolutamente promulga il Patto, fosse pure insignificante formica, avrà il potere di cacciar via dall’arena il temibile elefante, e fosse pure fragile moscerino, spezzerà le penne del rapace avvoltoio. “ (‘Abdu’l-Bahá, Antologia, p. 199, n. 184) 595. Il Libro Cremisi «...ciò che Bahá’u’lláh non sviluppò, ma volle intendere con la parola ‘mondo’ indicata nel Libro Cremisi, era il potere del Patto. Il Libro Cremisi si riferisce al Libro del Suo Patto, ed il sopradetto riferimento significa il potere d’unità che il Patto possiede ed irradia. A pag. 244 di Dio Passa nel Mondo troverà il riferimento al Libro Cremisi citato nell’ Epistola al Figlio del Lupo.» (Lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 5 gennaio 1948) 596. Il Patto stipulato sul monte Párán «In quanto ai versetti delle Parole Celate riguardanti il Patto stipulato sul monte Párán, ciò significa che agli occhi di Dio passato, presente e futuro sono la stessa identica cosa; mentre in relazione all’uomo, il passato è trascorso e dimenticato, il presente è fuggevole e il futuro è nel regno della speranza. Ed è principio basilare della legge di Dio che in ogni Missione Profetica Egli stringa un Patto con tutti i credenti - un patto che dura fino alla fine di quella Missione, fino al giorno promesso in cui il Personaggio sancito all’esordio della Missione non sia palesato. Considerate Mosè, Colui che conversò con Dio. In verità, sul monte Sinai, Mosè stipulò un Patto riguardante il Messia con tutte quelle anime che sarebbero vissute ai tempi del Messia. E quelle anime, pur apparse molti secoli dopo Mosè, nondimeno erano - per quanto riguarda il Patto, che è fuori del tempo - presenti là con Mosè. Ma gli ebrei erano ignari e non lo ricordavano e perciò ne ebbero grande e chiara rovina.» (‘Abdu’l-Bahá, Antologia, p. 197, parzialmente n. 181) 597. Per fronteggiare le prove è necessario che i credenti si approfondiscano nel Patto «...ai credenti occorre approfondirsi nella conoscenza e comprensione dei Patti sia di Bahá’u’lláh che di ‘Abdu’l-Bahá. Questa è la roccaforte della fede di ogni bahá’í, che gli consente di fronteggiare tutte le prove e gli attacchi dei nemici esterni alla Fede, nonché di quelle di gran lunga più pericolose ed insidiose di persone poco ferventi all’interno della Fede, che non hanno un vero attaccamento al Patto e di conseguenza, pur sostenendo l’aspetto intellettuale degli insegnamenti, nello stesso tempo minano la base spirituale su cui si fonda l’intera Causa di Dio. “Egli pensa che lei ed i suoi cari familiari dobbiate fare il possibile per spiegare ai credenti le Ultime Volontà e Testamento e per consolidare la comprensione delle importanti disposizioni in esso contenute, poiché tutta l’autorità delle istituzioni amministrative, compresa quella dello stesso Custode, deriva principalmente da questo straordinario documento.» (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 15 aprile 1949) 598. Ultime Volontà e Testamento di ‘Abdu’l-Bahá - Occorre un secolo per comprenderli «L’attuale generazione è lontanissima dal comprendere i contenuti delle Ultime Volontà del Maestro. Sarà necessario almeno un secolo di attivo lavoro prima che i tesori di saggezza in esse celati possano essere palesati. Come possiamo noi ora e con la nostra limitata comprensione decretare il loro spirito ed il loro significato?” (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 25 Mirza 1930) 599. Le Ultime Volontà e Testamento salvaguardano l’unità della Causa «Tuttavia ciò che egli considera ora della massima importanza per i credenti, singolarmente e nelle loro totalità, è il tenersi saldamente attaccati alle disposizioni delle Ultime Volontà e Testamento del diletto Maestro, poiché solo così si potranno mantenere, salvaguardare e assicurare l’unità della Causa e la sua sicura e rapida crescita. Tale assoluta ed incrollabile fedeltà alle Ultime Volontà di ‘Abdu’l-Bahá, e la ferma adesione ai principi dell’Ordine Amministrativo, sono prescritti infatti ad ognuno degli amici, senza distinzione alcuna. Solo su queste basi si può salvaguardare e dar fiorire la Fede.» (Da una lettera scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti, 18 luglio 1938) 600. Parlare contro il Patto «Il mio scopo è spiegarvi che è vostro dovere proteggere la religione di Dio in modo che nessuno possa aggredirla, dall’esterno e dall’interno. Se v’accorgete che qualche persona - non importa chi sia, fosse Mio figlio - diffonde insegnamenti nocivi, in verità sappiate che non ho assolutamente niente a che fare con lui. Se qualcuno parla contro il Patto - fosse pure Mio figlio - sappiate che Io sono contro di lui. Coloro che dicono falsità, che bramano le cose di questo mondo e cercano di accumulare le ricchezze di questa terra non sono dei Miei. Ma se trovate una persona che vive secondo gli insegnamenti di Bahá’u’lláh, seguendo i precetti delle Parole Celate, sappiate che appartiene a Bahá’u’lláh ed in verità Io proclamo che è dei Miei...» (‘Abdu’l-Bahá, The Promulgation of Universal Peace, p. 456) B. Espulsione dei violatori del Patto 601. Definizione di violatori del Patto «Le persone che si sono ritirate dalla Causa, perché non sentono più di poter aderire sinceramente ai suoi Insegnamenti ed alle sue Istituzioni, non sono violatori del patto: sono non bahá’í e proprio come tali dovrebbero essere trattate. Solo coloro che fanno lega in maniera attiva con i nemici riconosciuti della Fede con lo stesso spirito di questi possono essere considerati anche loro violatori del Patto. Come sapete, fino ad oggi nessuno, ad eccezione del Custode* ha avuto il diritto di dichiarare qualcuno violatore del Patto.» (Da una lettera scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale del Canada, 30 Mirza 1957) (* Ora la Casa Universale di Giustizia) 602. La violazione del Patto è una malattia spirituale «...La violazione del Patto è una vera e propria malattia spirituale e l’intero modo di pensare e di comportarsi di un violatore del Patto è così venefico che il Maestro la paragonò alla lebbra, e avvertì gli amici che respirare la loro stessa aria era pericoloso. Ciò non deve essere preso alla lettera: intendeva dire che quando si è loro vicini tanto da respirare la stessa aria, si è anche abbastanza vicini da risentire della loro influenza corruttrice. Sua sorella non deve mai pensare, lei così leale e devota, d’essere diventata un ‘veicolo d’infezione’.» (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 29 luglio 1946) 603. I violatori del Patto sono contagiosi come la tisi ed il cancro «...Hai posto alcune domande: del perché le anime benedette e spirituali, che sono ferme e salde, devono evitare la compagnia di persone traviate. Ciò perché, similmente alle malattie del corpo, quali la tisi ed il cancro, che sono contagiose, alla stessa maniera le malattie spirituali sono pure infettive. Se un tisico stesse fra mille persone sane e di buona salute, la salute di quelle mille persone non influirebbe su di lui e non lo guarirebbe dalla sua tisi; al contrario se il tisico si unisse con quei mille, in breve tempo la tisi infetterebbe un certo numero di persone sane: questo è chiaro ed evidente.» (‘Abdu’l-Bahá, Tavola ad un credente, ottobre 1921, Il Patto e l’Amministrazione Bahá’í, p. 60) 604. Affetti da malattia spirituale contagiosa «Per quanto riguarda la domanda del sig. .... circa i violatori del Patto, Bahá’u’lláh ed il Maestro ci hanno detto, in diversi passi e con molta enfasi, di evitare in maniera assoluta tutti i violatori del Patto, poiché sono affetti da ciò che potremmo definire una malattia spirituale contagiosa; ci hanno anche detto, comunque, di pregare per loro. Quelle anime non sono perdute per sempre. Nell’Aqdas, Bahá’u’lláh dice che Dio perdonerà Mirza Yahyá se si pentisse; ne consegue che Dio perdona qualunque anima, se si pente. Sfortunatamente la maggior parte dei violatori non vuole pentirsi. Se il perdono può essere concesso ai leader, è ovvio che anche i loro seguaci possono essere perdonati. “Inoltre, quanto detto non ha nulla a che fare con “l’unità” della Causa: se una persona estrae un tumore dal suo corpo per la salute e la vita, nessuno avrebbe l’ardire di suggerire che per amore di unità lo introduca in un altro organismo sano. Al contrario, ciò che una volta era parte di lui è così radicalmente mutato da essere divenuto un veleno.» (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 30 novembre 1944, Principles of Bahá’í Administration, pp. 22-23) 605. Frequentare non bahá’í che hanno rapporti con violatori del Patto «Abbiamo ricevuto la vostra lettera del 14 Mirza 1970 nella quale chiedete se agli amici sia proibito frequentare non bahá’í che hanno stretti rapporti con violatori del Patto. Non esistono in merito regole rigide. In talune circostanze il coinvolgimento dei non bahá’í può essere superficiale ed innocuo, nel qual caso non si deve intentare alcuna azione; per esempio, talvolta i bahá’í si sono serviti di legali non bahá’í per prendere contatto con violatori del Patto per questioni di affari. Se, invece, il violatore del Patto si serve di un non bahá’í come mezzo per diffondere le sue idee fra gli amici, allora è necessario informare il Corpo Continentale dei Consiglieri e gli amici devono accettare senza riserve qualsiasi decisione venga presa da detto Corpo in consultazione con le Assemblee Nazionali Spirituali interessate.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’Ecuador, 2 aprile 1970) 606. Nemici della Fede «Ora alcuni dei mestatori, con molti stratagemmi, stanno cercando il primato e al fine di ottenerlo instillano dubbi negli amici, sì che possano creare divergenze, divergenze che conducano alla formazione di un partito a loro vantaggio. Ma gli amici di Dio devono essere svegli e sapere che la disseminazione di questi dubbi ha quali moventi le ambizioni personali e il conseguimento del primato.» (‘Abdu’l-Bahá, Antologia, p. 204, n. 186) C. Divieto per i credenti di frequentare i violatori del Patto 607. Scomunica «La scomunica è un provvedimento di carattere spirituale... Solo gli effettivi nemici della Causa vengono scomunicati. D’altra parte, coloro che screditano apertamente la Fede o si rifiutano di rispettare le sue leggi possono essere puniti con la privazione del diritto di voto, che è già di per sé un severo provvedimento. È proprio per quest’ultimo motivo che egli (il Custode) ha sempre esortato tutte le Assemblee Nazionali (le uniche istituzioni che possano adottare questo provvedimento) ad ammonire più volte questi sciagurati prima di privarli del loro diritto. Pensa che in tali questioni la vostra Assemblea debba agire con la massima saggezza, comminando la sanzione solo se agli occhi del pubblico il credente con la sua condotta stia ledendo seriamente la Fede o violando in modo flagrante le leggi di Dio. Se una sanzione simile fosse applicata con leggerezza gli amici non le attribuirebbero alcuna importanza o penserebbero che l’Assemblea Spirituale Nazionale la usi ogni qualvolta sia contrariata per la disobbedienza di qualche credente nei suoi confronti. Dobbiamo sempre ricordare - per quanto spiacevole e puerile possa sembrare - che alcuni di coloro i quali importunano maggiormente le Istituzioni Nazionali sono spesso credenti molto leali, convinti di proteggere i reali interessi della Fede contestando le decisioni dell’Assemblea Spirituale Nazionale.» (Da una lettera scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’India, 8 maggio 1948) 608. Nessuno ha il diritto di incontrare i violatori del Patto «Nessuno ha alcun diritto di incontrare i violatori del Patto senza il permesso dell’Assemblea Spirituale Nazionale, e la signora.... contravvenendo a ciò, deve capire che si sta mettendo in contatto con una pericolosa e contagiosa malattia spirituale, come il Maestro ha ripetutamente sottolineato! Inoltre, frequentando violatori del Patto, disobbedisce a precise istruzioni del Maestro e del Custode.» (Da una lettera scritta a nome del Custode a due credenti, 5 maggio 1947) 609. I bahá’í non possono frequentare coloro che hanno abbandonato la Causa e sono in contatto con violatori del Patto «Non esiste alcuna scusante per i credenti che continuano a frequentare il sig.... e coloro che - a conoscenza dei fatti - persistono ancora a farlo, devono essere evitati dagli altri amici bahá’í. Lo stesso comportamento deve essere tenuto nei confronti di coloro che hanno lasciato la Causa e frequentano il sig. ... Il motivo è che se dei credenti conoscono ed incontrano persone che a loro volta conoscono violatori del Patto non vi è pericolo, perché dette persone - non essendo bahá’í - non hanno nulla a che fare con la questione. Ma coloro che hanno lasciato la Causa e deliberatamente frequentano violatori del Patto, essendo a conoscenza di questi argomenti, sono ben consapevoli di ciò che fanno, e pertanto noi dobbiamo evitare in modo assoluto di frequentarle. Spetta all’Assemblea Locale, sotto la guida dell’Assemblea Nazionale, far rispettare tali decisioni e proteggere la Causa nella sua area di giurisdizione. Occorre far capire agli amici, senza comunque soffermarsi troppo su queste cose di aspetto negativo, che alcune persone sono spiritualmente malate e che la loro malattia è, ahimé, contagiosa. Taluni ne guariscono, come successe al sig. ... il cui cuore non poté aver pace finché non fece ritorno all’ovile; altri no. Il Maestro e Bahá’u’lláh ci hanno insegnato che frequentare queste anime non le porta assolutamente alla guarigione, ma al contrario ci espone al grosso pericolo del contagio. La storia della Fede ha dato di ciò innumerevoli prove. L’unico modo con cui possiamo provar loro che sbagliano è censurare la loro condotta; se simpatizziamo con essi, fortifichiamo solamente la loro perversità e riottosità.» (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 23 gennaio 1945) 610. I bahá’í possono rimanere in una riunione non bahá’í, anche se vi interviene un violatore del Patto «Riguardo all’evitare di frequentare i violatori del Patto, Shoghi Effendi dice che ciò non significa che se uno o più di costoro partecipa ad una riunione non bahá’í, i bahá’í presenti devono sentirsi in dovere di lasciare la riunione o rifiutare di prendervi parte, specialmente se la partecipazione era stata programmata. Inoltre, se nel corso di taluni rapporti d’affari fosse necessario trattare con una di queste persone per avere chiarimenti su di essi ciò è permesso, purché l’incontro sia limitato solo all’affare in questione. È diverso il caso in cui un violatore del Patto intervenisse in una riunione bahá’í: allora sarebbe necessario invitarlo, con tatto e dignità, a lasciare la riunione, avendo i bahá’í il divieto di frequentarlo.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 16 maggio 1925) 611. Rapporti personali coi violatori del Patto «Ai credenti non è proibito e non costituisce di per sé una violazione del Patto leggere gli scritti dei violatori. Infatti, taluni bahá’í hanno lo spiacevole compito di leggere tali scritti, come parte delle loro responsabilità per proteggere la Causa di Bahá’u’lláh. Tuttavia, gli amici sono ammoniti molto energicamente contro la lettura di quella letteratura, perché la violazione del Patto è un veleno spirituale: calunnie e distorsioni della verità divulgate dai violatori del Patto sono tali che possono minare la fede del credente e piantarvi i semi del dubbio, a meno che egli non sia premunito da un’incontrollabile fede in Bahá’u’lláh e nel Suo Patto, e non conosca la realtà dei fatti. In ogni caso, sono rigidamente proibiti i rapporti personali con i violatori del Patto, quali incontri e scambi di corrispondenza. A questo proposito, comunque, è importante ricordare due riserve: Prima: i diritti civili dei violatori del Patto devono essere scrupolosamente difesi. Per esempio, se un bahá’í ha un debito verso uno di loro occorre che le saldi e che faccia fronte a tutti i suoi impegni. Seconda: sebbene ai credenti sia richiesto di evitare, se possibile, ogni contatto con i violatori del Patto, talvolta ciò non è attuabile per motivi legati a questioni di affari. Per esempio, in una città il capo dell’ufficio delle imposte era violatore del Patto. In tali situazioni i credenti devono limitare i loro rapporti al minimo ed al puro livello formale.» (Da una lettera scritta dalla Casa Universale di Giustizia ad un’Assemblea Spirituale Nazionale, 29 ottobre 1974) 612. Identico trattamento per tutti i violatori del Patto, a prescindere dalla natura della trasgressione «Con riferimento alla vostra lettera dell’8 aprile nella quale chiedete: ‘Un provvedimento disciplinare per una disobbedienza al Custode comporta le stesse implicazioni della violazione del Patto in relazione ad un ordine dottrinale?’ Non esiste alcuna distinzione fra i due concetti. Tutti i violatori del Patto, a prescindere dalla natura della loro trasgressione, devono essere trattati esattamente nella stessa maniera.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti, 19 luglio 1964) 613. L’opposizione dovuta ad ignoranza o mancanza di adeguata preparazione non è violazione al Patto «In presenza di una persona che si oppone ad alcuni fondamenti della nostra Fede, quale l’Istituzione del Custodiato, si deve - prima di prendere iniziative - essere certi che ciò non sia dovuto ad ignoranza o mancanza di adeguata preparazione. Non si deve supporre immediatamente che quella persona sia necessariamente contaminata dallo spirito dei violatori del Patto. Ma, ove il caso sia proprio questo, allora l’Assemblea deve adottare un’azione energica.» (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 24 luglio 1948) 614. Ruolo del Membro del Consiglio Ausiliare per la Protezione* «La necessità di proteggere la Fede, sia al suo interno che all’esterno, dagli attacchi dei suoi nemici non è generalmente recepita dagli amici, in particolare in occidente dove tali attacchi hanno avuto finora carattere intermittente. Una delle funzioni vitali dei Consigli Ausiliari per la Protezione è approfondire gli amici nella conoscenza del Patto ed accrescere il loro amore e la loro lealtà verso di esso, nonché favorire lo spirito di amore e unità all’interno della comunità bahá’í.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale del Venezuela, 1 ottobre 1979) (*Vedi anche il n. 1112) 615. La misericordia di Dio è maggiore della Sua Giustizia «...noi crediamo che la misericordia di Dio sia maggiore della Sua Giustizia, e che mercè il pentimento di un’anima, le preghiere e le suppliche di altre anime, e la bontà di Dio, perfino una persona morta in grande oscurità spirituale può essere perdonata, educata spiritualmente nel mondo a venire e progredire. Tenuto conto della delibera scelta di... di lasciare il Custode per unirsi ai violatori del Patto, e dei suoi continui rapporti con loro, è evidente ch’egli certamente soffre di una malattia spirituale.» (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 7 febbraio 1947) 616. Essere nemico dei nemici di Dio è buona caratteristica «Essere il nemico dei nemici di Dio è una buona caratteristica. Noi non siamo contro di loro a livello personale, proprio come qualsiasi persona intelligente non è personalmente contro un’altra che ha una pericolosa malattia contagiosa. Tuttavia essa isola accuratamente l’individuo malato affinché il contagio non si diffonda. Nello stesso modo noi evitiamo gli spiritualmente malati e ne desideriamo la guarigione, ma ci teniamo lontani da loro. Lei ha ragione a prendere una ferma posizione riguardo agli Orientali. Si potrebbe supporre che gli eventi mondiali stiano aprendo gli occhi degli Americani su certe infide e nocive caratteristiche dei nativi del Medio Oriente?” (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 22 novembre 1951) 617. È meglio essere molto vigili che troppo negligenti «Il Custode pensa che il suo atteggiamento vigile e di profonda lealtà sia del tutto giusto. In questioni come il Patto, è assai meglio essere molto vigili che troppo negligenti. Comunque non ritiene che il sig. ... manchi di fermezza e fede. Molti bahá’í... pur leali verso la Causa ed il Custode, non afferrano completamente le implicazioni delle Ultime Volontà del Maestro ed il pieno Rango dei Custodi della Causa. Hanno bisogno di studiare in modo più appropriato l’aspetto spirituale degli Insegnamenti e le Ultime Volontà stesse. E questo ha consigliato di fare a...» (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 5 luglio 1949) 618. Probabilmente nessun gruppo ha un linguaggio tanto suadente come i violatori del Patto «...E un peccato che alcuni amici occidentali, con non comune ingenuità, non recepiscano il fatto che non c’è assolutamente niente che tiene fuori dalla Causa di dio coloro che hanno violato il Patto di Bahá’u’lláh o di ‘Abdu’l-Bahá, eccetto la loro condizione di ‘interiore malattia spirituale’. Se fossero sani, e non malati, e volessero servire la nostra Fede, si rivolgerebbero direttamente al Custode, il quale sarebbe in grado di giudicare la loro sincerità e, in caso positivo, li riaccoglierebbe nei ranghi dei fedeli come fece con Sydney Sprague. Sfortunatamente, un uomo malato non sta meglio solo affermando di non esserlo! Ciò che conta sono i fatti e le reali condizioni. Probabilmente nessun gruppo di persone, nel mondo, parla in modo più suadente o proclama a voce più alta la sua innocenza, di coloro che nell’intimo del loro cuore, e con ogni loro atto, sono nemici del Centro del Patto. Il Maestro sapeva bene questo ed ecco perché diceva che dobbiamo sfuggire la loro compagnia ma pregare per loro. Se mettiamo un lebbroso in una stanza insieme a persone sane, egli non può acquisire la loro salute; al contrario sono gli altri che molto facilmente possono contrarre la sua orribile malattia.» (Da una lettera scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti, 11 aprile 1949) 619. L’Assemblea Nazionale deve considerare se stessa come un Comitato di vigilanza «Egli pensa che la vostra Assemblea debba raddoppiare la su vigilanza: infatti ritiene che l’Assemblea Nazionale debba considerare se stessa, a prescindere dagli altri compiti, come un Comitato di Vigilanza per sorvegliare sulla Fede e proteggerla dai nemici interni e dalle insidiose attività costantemente messe in atto...» (Da una lettera scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti, 21 settembre 1957) 620. Più di qualunque altra cosa al mondo, i bahá’í hanno bisogno di una più profonda comprensione dei Patti di Bahá’u’lláh e del Maestro «Il Custode è stato notevolmente turbato nell’apprendere della disarmonia che è nata a... Pensa che ciò di cui i bahá’í di... hanno bisogno - e devono avere - più di ogni altra cosa al mondo è una comprensione molto più profonda dei Patti di Bahá’u’lláh e del Maestro. Queste sono le sicure fondamenta senza le quali nessuna solida struttura superiore può essere edificata. Né l’amministrazione, né il generale lavoro d’insegnamento della Causa... faranno progressi, o saranno in grado di realizzare qualcosa, a meno che i credenti non siano bahá’í veramente saldi, approfonditi e spiritualmente convinti. Una comprensione intellettuale degli Insegnamenti è puramente superficiale; alla prima reale prova tali credenti vengono scrollati giù dal ramo! Ma una volta che un bahá’í ha la profonda convinzione dell’autorità di Dio, conferita al Profeta, trasmessa al Maestro, e da questo ai Custodi, e che fluisce attraverso le Assemblee e crea un ordine basato sull’obbedienza - una volta che un bahá’í ha ciò, nient’altro può creare ordine e quindi (il Custode) esorta lei e gli altri membri del... di dedicare quanto più tempo possibile ad educare i credenti nel Patto.» (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 11 aprile 1949) D. Espulsione e reintegrazione; Responsabilità della protezione; Libri scritti da nemici della Fede 621. Espulsione dei violatori del Patto «L’autorità di espellere e di reintegrare è detenuta dalle Mani della Causa, previa approvazione in ogni caso della Casa Universale di Giustizia.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia al Corpo Continentale dei Consiglieri, 24 giugno 1968) 622. La protezione è funzione specifica della Mani della Causa «...sebbene la protezione e la propagazione della Fede rientrino tra le funzioni peculiari delle Mani della Causa di Dio, che hanno una particolare competenza per queste funzioni, tuttavia anche la Casa Universale di Giustizia e le Assemblee Spirituali hanno il dovere imposto da Bahá’u’lláh ad ogni credente.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia ad un credente, 27 maggio 1966, Wellspring of Guidance, p. 86) 623. Espulsione e reintegrazione «L’autorità di espellere e reintegrare i violatori del Patto è detenuta dalle Mani della Causa di Dio. Tutte le indagini del caso saranno effettuate localmente dal relativo Corpo Continentale dei Consiglieri in consultazione con qualsiasi Mano o più Mani che possano trovarsi nella zona. Il Corpo Continentale dei Consiglieri e le Mani interessate invieranno quindi i loro rapporti al Centro Internazionale d’Insegnamento dove saranno esaminati. La decisione circa l’eventuale o meno espulsione o reintegrazione, sarà presa dalle Mani della Causa residenti in Terra Santa, le quali - come attualmente - la sottoporranno all’approvazione della Casa Universale di Giustizia.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia ai Bahá’í del mondo, 8 giugno 1973) 624. Risultati da conseguire con il Patto dell’Eterno Padre «Il progresso della Causa di Dio acquista una velocità sempre crescente e noi possiamo guardare con fiducia al giorno in cui questa Comunità - nel momento scelto da Dio - avrà percorso le tappe preannunciate dal Custode ed avrà eretto su questo tormentato pianeta le belle magioni del Regno di Dio, dove l’umanità potrà trovare la fine della confusione, del caos e delle rovine da essa stessa provocati; dove gli odi e la violenza di quest’epoca saranno tramutati in un costante senso di fratellanza e di pace universale. Tutto ciò sarà conseguito rimanendo entro il Patto del Padre Eterno, il Patto di Bahá’u’lláh.» (Dal Messaggio della Casa Universale di Giustizia ai Bahá’í del Mondo, Ri?ván 1973) 625. Includere corsi sulla violazione del Patto nei programmi delle Scuole Estive «...e la vostra Assemblea non può essere mai troppo attenta e vigile nel sorvegliare la Comunità, nello scovare le fonti di corruzione e nel proteggere gli amici. Egli pensa che nel programma della Scuola Estiva debba essere incluso un corso sulla violazione del Patto, di modo che gli amici possano comprendere la natura di questo male, come ha nuociuto alla nostra Fede per cento anni, e ad altre Fedi nel passato. I bahá’í Americani, fatta eccezione per i vecchi, non sembrano avere idea di ciò che è un violatore del Patto, ed i luoghi per educarli in tali questioni sono proprio le Scuole Estive o altre occasioni in cui si ritrovano in gran numero.» (Da una lettera scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti, 21 settembre 1957) 626. Divieto di accettare contribuzioni da coloro che hanno perduto il diritto di voto, ma possono essere sepolti in cimiteri bahá’í e ricevere la carità «...Poiché le contribuzioni ai fondi sono utilizzate per sostenere l’amministrazione della Fede, non possono essere accettate da coloro che hanno perduto il diritto di voto; tuttavia a tali credenti non deve essere negata né la sepoltura in un cimitero bahá’í, né - ove si trovino in pressante bisogno - la carità, che facciamo anche ai non bahá’í.» (Da una lettera scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’India, Dawn of a New Day, p. 123) 627. Pubblicazioni scritte da nemici della Fede «In risposta alla vostra lettera del 20 settembre 1975 la Casa Universale di Giustizia ci ha incaricato di dirvi che occorre raccomandare agli amici di ignorare quei libri e quelli simili che potrebbero essere scritti da nemici della Fede. È ovvio che non si deve compiere alcun tentativo di distruggere o eliminare quei libri dalle biblioteche; d’altra parte, non vi è la minima necessità che gli amici li acquistino: la cosa migliore da fare, infatti, è ignorarli del tutto.» (Riferimento ai libri di Hermann Zimmer e William Miller. Lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale di Panama, 2 ottobre 1975) 628. Libri scritti da ignoranti avversari della Causa «È meglio non leggere, né parlare di libri scritti da violatori del Patto, poiché costoro hanno in odio la Luce e sono affetti da lebbra spirituale. Tuttavia, è permesso leggere libri scritti da ben intenzionati, anche se ignoranti, avversari della Causa, per essere in grado di confutare le loro accuse.» (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 19 Mirza 1945, Guidelines for Local Spiritual Assemblies, pp. 107-108) 629. Obbedienza al Centro del Patto «….chiunque obbedisca al Centro del Patto nominato da Bahá’u’lláh, ha obbedito a Bahá’u’lláh e chiunque Gli disobbedisca ha disobbedito a Bahá’u’lláh.» (‘Abdu’l-Bahá: The Promulgation of Universal Peace, p. 323) XIII. MORTE A. Ultime Volontà 630. Ogni bahá’í è incoraggiato a fare testamento «Nel Kitáb-i-Aqdas Bahá’u’lláh afferma: “È stato ingiunto che tutti scrivano un testamento. Il testatore deve aprire questo documento con l’ornamento del Più Grande Nome, rendervi testimonianza all’unicità di Dio nell’Alba della Sua Rivelazione e far menzione, come desidera di ciò che è degno di lode, sì che possa essere per lui testimonianza nei regni della Rivelazione e del Creato e tesoro presso il suo Signore, il Supremo, il Protettore, il Fedele”.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad una Assemblea Spirituale Nazionale, 4 settembre 1982) 631. Nel Testamento il credente può disporre entro i limiti di legge dei suoi beni come crede «Secondo gli Insegnamenti di Bahá’u’lláh è obbligo essenziale per ogni bahá’í fare testamento. Ogni credente è libero di disporre dei propri beni come meglio crede, entro i limiti imposti dalla legge civile, e previo pagamento delle spese del funerale e l’assolvimento di altri debiti ed obbligazioni. Esistono vari modi per lasciare le istruzioni per il proprio funerale e non vi è obiezione che esse siano incluse nello stesso testamento, sempre che legge lo consenta e il credente lo desideri.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale della Bolivia, 1 ottobre 1980) 632. Evitare di nominare esecutrice testamentaria l’Assemblea Nazionale o Locale, ove le Istituzioni così dispongano «Se un credente esprime il desiderio di fare un lascito all’Assemblea Spirituale Nazionale o Locale, potete fornire le informazioni circa l’esatto nome de indirizzo di tale istituzione, e siete liberi di informare coloro che ne fanno richiesta che né l’Assemblea Nazionale né quella Locale devono essere nominate esecutrici testamentarie.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale delle Isole Hawaii, 14 gennaio 1971) 633. I bahá’í devono specificare nel testamento il loro desiderio di avere un funerale bahá’í - Dovrebbero informarne l’Assemblea ed i parenti non bahá’í «Bisogna raccomandare fermamente agli amici di fare testamento e di specificarvi ch’essi vogliono che il funerale sia condotto a cura della Fede Bahá’í o almeno in conformità ai suoi requisiti, e di esprimere - in vita - tale loro volontà all’Assemblea Spirituale Locale ed ai parenti. In questo modo è molto probabile che, prima della morte, si possano raggiungere accordi con i parenti non bahá’í.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale della Francia 18 agosto 1972) 634. Attenta considerazione da parte dell’Assemblea Spirituale verso lasciti del testatore - Eventuale rifiuto di irragionevoli richieste «Alla luce delle leggi bahá’í un testamento è sacro e quindi, in caso di lascito a favore dell’Assemblea Spirituale condizionato a certi specifici obblighi, l’Assemblea ha la responsabilità di assolverli. Tuttavia, se il testamento impone un irragionevole gravame finanziario o condizioni che potrebbero comportarlo, oppure se l’adempimento delle condizioni fosse pregiudizievole per i migliori interessi della Fede, l’Assemblea non avrebbe altra alternativa che rifiutare il lascito, poiché la sua accettazione le imporrebbe di adempiere anche le condizioni.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale della Germania, 10 gennaio 1978) 635. Dichiarazione di nullità da parte dell’Assemblea di una disposizione contraria alle leggi bahá’í «D’altra parte, se il testatore - essendo bahá’í - include nel suo testamento una disposizione contraria alle leggi bahá’í (per esempio seppellire i suoi resti in un luogo lontano oltre un’ora di viaggio da quello della morte), tale disposizione è nulla e priva di effetto secondo la legge bahá’í e l’Assemblea non deve adempierla anche se ciò dovesse comportare, in conformità alla legge civile, la perdita del lascito. Se l’inadempienza della condizione non implica l’annullamento del lascito, l’Assemblea non è obbligata a rifiutarlo, come invece dovrebbe fare nel caso di Mancato adempimento di una condizione valida”. (Ibidem) 636. I bahá’í sono liberi di formulare qualsiasi disposizione nel loro testamento - Non è permesso mettere in discussione le disposizioni del testamento di un altro «Shoghi Effendi sollecita le Assemblee Spirituali Locali a raccomandare agli amici di non trascurare l’importanza dei testamenti. In lettere scritte a suo nome troviamo i seguenti importanti passi. 1. Gli amici sono liberi di formulare a loro piacimento le disposizioni dei loro testamenti, e l’Assemblea Spirituale ha l’obbligo di difenderli e farli rispettare, a meno che - ovviamente - non siano in contrasto con i principi della Fede. 2. Anche se è opportuno e consigliabile che gli amici depositino una copia del loro testamento presso l’Assemblea Spirituale, non si deve richieder loro di farlo, ma - su questa materia - lasciarli liberi. 3. Non è necessario che l’Assemblea Spirituale pubblichi il testo di un facsimile di testamento. Ogni credente deve redigere il suo come desidera. Occorre ricordare inoltre che un individuo è del tutto libero di disporre dei propri beni come vuole, purché abbia pagati tutti i debiti e non sussistano limitazioni di legge alla libertà di lasciare in eredità le proprietà. Il testamento di una persona è sacro e quindi ad un bahá’í non è permesso mettere in discussione le disposizioni contenute in quello di un altro. Le leggi civili sulla redazione dei testamenti sono talvolta abbastanza complesse. È quindi molto opportuno che ci si consulti con un legale quando si vuole fare testamento, per essere certi che le proprie intenzioni non siano vanificate da qualche possibile violazione di legge nella sua stesura o esecuzione. È altresì opportuno che un bahá’í, durante la vita, prenda le misure necessarie per avere un funerale secondo le leggi bahá’í e i suoi resti non vengano cremati. È possibile inserire questa clausola nel testamento, o potrebbe essere necessario - a seconda delle leggi civili esistenti - seguire talune altre procedure.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad un’Assemblea Spirituale Nazionale, 4 settembre 1986) B. Leggi per la sepoltura 637. Divieto di trasportare il corpo ad oltre un’ora di distanza «Vi è proibito trasportare la salma del defunto a una distanza superiore a un viaggio di un’ora dalla città; sia invece sepolto, con radiosa serenità, in un luogo nelle vicinanze. (Bahá’u’lláh, Kitáb-i-Aqdas, par. 130)) «Domanda: L’ordinanza per cui la salma del defunto non deve essere trasportata a una distanza superiore a un viaggio di un’ora è applicabile al trasporto tanto per terra quanto per mare? Risposta: Questo comando si applica a distanze per mare e per terra, si tratti di un’ora di nave oppure di treno; l’intenzione è il tempo di un’ora, qualunque sia il mezzo di trasporto. E tuttavia quanto prima ha luogo la sepoltura, tanto più la cosa è appropriata e bene accetta.» (Bahá’u’lláh, Domande e risposte, n. 16, Kitáb-i-Aqdas) 638. Leggi sul funerale obbligatorio per i credenti occidentali «“A proposito della legge sul funerale, la Casa Universale di Giustizia vi suggerisce di limitare la vostra dichiarazione alle parti seguenti di questa legge, che sono ora obbligatorie per i credenti occidentali: 1) Il corpo deve essere sepolto e non cremato: 2) La preghiera per i defunti deve essere recitata per i credenti di 15 anni di età ed oltre. Questa preghiera, come sapete, è indicata col numero CLXVII nel libro Preghiere e Meditazioni di Bahá’u’lláh 3) Il corpo non deve essere trasportato a più di un’ora di viaggio dal luogo del decesso. Non viene specificato il sistema di trasporto, ma il viaggio non deve durare più di un’ora.» (Lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’Ecuador, 3 dicembre 1975) 639. Preparazione per la sepoltura - Non è permesso l’imbalsamazione «Riguardo alle domande da lei poste circa i funerali bahá’í, etc., il Custode attualmente non pone l’accento su questi argomenti, perché definirli potrebbe distrarre l’attenzione dai compiti supremi che ci stanno davanti. Comunque, le risposte sono le seguenti: secondo gli insegnamenti bahá’í appare chiaro che il corpo non deve essere imbalsamato; la sepoltura deve avvenire entro un’ora di viaggio dal luogo del decesso; la preparazione del corpo per la sepoltura consiste nel lavarlo con cura ed avvolgerlo in un sudario bianco, preferibilmente di seta. Nulla prescrivono gli insegnamenti circa la possibilità di cedere la salma a Istituti Scientifici per ricerche mediche, e quindi ciascuno è libero di agire come crede fino al momento in cui la Casa Universale di Giustizia - se mai lo farà - legifererà in materia. La consuetudine orientale è di seppellire il defunto entro 24 ore dal decesso; talvolta anche prima; comunque negli insegnamenti non vi è prescrizione per quanto riguarda il tempo limite.» (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 2 aprile 1955) 640. Legge bahá’í per la sepoltura: la bara deve essere di cristallo, pietra o legno «In breve, la legge sulla sepoltura dei defunti afferma che è proibito trasportare il corpo per un viaggio di oltre un’ora dal luogo della morte; che il corpo deve essere avvolto in un sudario di seta o di cotone e che in un dito deve essere infilato un anello che porti l’iscrizione : “Sono venuto da Dio e a Lui ritorno, distaccato da tutto tranne Lui, tenendomi stretto al Suo Nome, il Misericordioso, il Compassionevole”; e che la bara sia di cristallo, di pietra o di legno duro di buona qualità. È predisposta una specifica Preghiera per i defunti da dire prima dell’inumazione. Come ‘Abdu’l-Bahá e il Custode affermano, questa legge preclude la cremazione dei defunti. La preghiera formale e l’anello devono essere usati per coloro che hanno compiuto la maggiore età, cioè 15 anni….» (Il Kitáb-i-Aqdas, note n. 149) 641. Per quanto immaturo possa essere un feto, bisogna averne rispetto «Dal punto di vista bahá’í, l’anima esiste dal momento del concepimento, quindi il feto, per quanto immaturo, deve essere trattato con rispetto e non incenerito senza riguardo alcuno. Alla Casa di Giustizia non risulta che negli Scritti vi siano riferimenti specifici alla sepoltura di embrioni e, in occasioni precedenti ha lasciato questi dettagli alla discrezione dei genitori. Una volta fu riferito al Centro Mondiale che una coppia aveva seppellito il feto in un angolo del giardino ed aveva recitato alcune preghiere per il progresso dell’anima del figlio.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad un credente, 6 settembre 1987) 642. La cremazione è contraria alle leggi bahá’í - I parenti bahá’í e l’Assemblea Spirituale sono responsabili «Come è stato già illustrato alla vostra Assemblea in una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia il 10 gennaio 1978, se un bahá’í nel suo testamento lascia disposizioni contrarie alle leggi bahá’í, esse sono nulle e prive di effetto e né ai parenti bahá’í, né all’Assemblea Spirituale è permesso di metterle in atto. Pertanto, ove un bahá’í disponesse nel suo testamento che i suoi resti vengano cremati, egli invece deve essere seppellito secondo le leggi bahá’í, a meno che ciò sia vietato dalle leggi civili, nel qual caso occorre ottemperare a queste ultime, ma l’Assemblea - come detto sopra - non può prendervi parte...» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale della Germania, 9 dicembre 1984) 643. In caso di morte in mare è applicabile la legge marittima - È preferibile la sepoltura in terra «Le leggi relative alla sepoltura rivelate da Bahá’u’lláh nel Kitáb-i-Aqdas non fanno alcun riferimento all’eventualità di morte in mare. Fino al momento in cui la Casa Universale di Giustizia non legifererà in merito, gli amici che si trovassero ad affrontare un caso del genere debbono seguire le leggi civili o marittime applicabili nella circostanza. È ovvio, comunque, che se si sbarcasse il corpo dovrebbe essere sepolto in terra ferma nel posto adatto più vicino.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad un credente, citata in una lettera scritta all’Assemblea Spirituale Nazionale della Nuova Zelanda, 20 ottobre 1974) Le leggi bahá’í sulla sepoltura non fanno alcun riferimento al seppellimento in mare e la Casa di Giustizia non ha finora legiferato in materia. Comunque, è preferibile che l’inumazione - quando è possibile - abbia luogo a terra.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad un’Assemblea Spirituale Nazionale, 23 dicembre 1985) 644. Il credente dovrebbe assicurarsi che la propria sepoltura verrà effettuata secondo le leggi bahá’í «Gli amici dovrebbero essere informati delle leggi bahá’í relative alla sepoltura ed incoraggiati a fare quanto possono per assicurarsi che dopo il loro trapasso saranno sepolti secondo quelle leggi. Non sempre si può esserne certi lasciando disposizioni in tal senso nel testamento e le Assemblee devono consultarsi in merito - servendosi, se necessario, di pareri legali - e fare il meglio possibile per mettere i bahá’í sotto la loro giurisdizione in grado di essere sepolti secondo la legge bahá’í.» (Da una lettera scritta dalla Casa Universale di Giustizia ad un’Assemblea Spirituale Nazionale, 31 dicembre 1972) 645. Preparazione per il funerale bahá’í «Nel Bayán, il Báb ha specificato che il corpo del defunto sia avvolto in cinque teli di seta o cotone. Bahá’u’lláh conferma questo provvedimento e aggiunge la clausola che per “coloro i cui mezzi sono limitati basterà un unico telo di una di tali stoffe”. Quando Gli chiesero se i “cinque teli” menzionati nella legge si riferissero a “cinque sudari a tutta lunghezza” o alle “cinque pezze finora abitualmente usate, Bahá’u’lláh rispose che si intendeva “l’uso di cinque pezzi”. Quanto al modo in cui il corpo deve essere avvolto, negli Scritti Bahá’í non si trova nulla che definisca il modo in cui il corpo deve essere avvolto, né quando si utilizzino “cinque pezzi”, né quando si utilizzi “un unico telo”. Per il momento i bahá’í sono lasciati liberi di usare il loro giudizio a tal proposito.» (Il Kitáb-i-Aqdas, Note, n. 151) 646. Rivolgere il volto del defunto verso la Qiblih «Il defunto deve essere sepolto con il volto rivolto verso la Qiblih. Occorre anche recitare una specifica preghiera collettiva. Oltre a ciò, non vi sono altre cerimonie.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 6 luglio 1935) 647. L’ora di viaggio può essere calcolata dai confini della città «La Casa Universale di Giustizia ci ha incaricato di darvi la sua risposta alla vostra richiesta d’informazioni del 20 giugno 1978 in merito al funerale bahá’í e all’ora di viaggio dal luogo del decesso. La Casa di Giustizia consiglia che, quale luogo di decesso possa, essere considerato la città o la cittadina in cui il credente è trapassato, e quindi l’ora di viaggio può essere calcolata dai confini della città al luogo di sepoltura. In ogni modo, si deve tener presente che lo spirito della legge di Bahá’u’lláh è di essere sepolti vicino al posto dove si muore.» (Lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’Ecuador, 9 luglio 1978) 648. Cimitero distante oltre un’ora a piedi dal villaggio «La Casa Universale di Giustizia ha ricevuto la vostra lettera del 10 agosto 1981 nella quale chiedete istruzioni su come osservare la legge per la sepoltura di un defunto quando il cimitero si trova ad oltre un’ora di viaggio a piedi dal villaggio. In questi casi, ove non fossero disponibili o praticabili mezzi di trasporto alternativi, un’altra soluzione per bahá’í di simili villaggi sarebbe quella di acquistare un cimitero più vicino che possa essere raggiunto, partendo dai confini del paese, entro un’ora. Se anche questa soluzione non fosse realizzabile, i credenti per ora dovranno fare del loro meglio per rendere il viaggio più breve possibile. In ogni caso la Casa di Giustizia presume che il viaggio verosimilmente non ecceda di molto il limite di un’ora.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale di Panama, 21 settembre 1981) 649. La pietra tombale «Collocare una pietra tombale sulla salma non ha altro significato che quello di dare enfasi alla nostra profonda convinzione che la nostra anima viene dal Creatore ed a Lui ritorna, e che in Lui crediamo e confidiamo.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’India, 29 luglio 1942) 650. La seta funeraria «Il Báb ci ha detto di seppellire (se possibile) la salma avvolta nella seta, in bare di cristallo. Perché? Perché il corpo, per quanto ora sia polvere, fu una volta esaltato dall’immortale anima dell’uomo!” (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 13 novembre 1944) 651. Occorre raccomandare ai bahá’í sotto le armi le leggi sul funerale “Dovete altresì raccomandare a tutti i bahá’í che prestano servizio militare di prendere ogni necessaria misura per essere certi che vengano rispettate le leggi bahá’í sul funerale. È necessario anche che questi credenti informino le loro famiglie o i loro parenti prossimi, sia di queste leggi che della loro volontà di essere seppelliti in conformità di queste.» (Dalla Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti, 11 gennaio 1968 C. Cimiteri Bahá’í 652. È permesso accettare da organi governativi un pezzo di terreno da destinare a cimitero «In risposta alla vostra domanda circa la possibilità di acquistare dal Governo un terreno allo specifico scopo di destinarlo a cimitero bahá’í, la Casa di Giustizia informa che ai bahá’í è permesso acquistare o avere in uso dalle autorità di governo un pezzo di terreno a tal fine.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale del Brasile, 20 febbraio 1978) 653. Riesumazione «Nella vostra lettera avete comunicato che lì è consuetudine riesumare il corpo dopo tre anni e riseppellirlo in una bara più piccola. Poiché pare che tale procedura non sia prevista dalla legge, sarebbe meglio che consigliaste gli amici a prendere i necessari accordi con l’amministrazione del cimitero affinché detta riesumazione non abbia luogo.» (Ibidem) 654. Attualmente non esistono norme precise per i cimiteri bahá’í «Attualmente non esistono norme precise per l’allestimento di cimiteri bahá’í. Comunque, in una sua Tavola il Maestro sottolinea la necessità che il cimitero abbia un bell’aspetto esterno e le tombe non siano attaccate l’una all’altra, ma possano disporre sui loro quattro lati di aiuole e di fiori. Suggerisce inoltre che sarebbe bello avere al centro del cimitero un laghetto con begli alberi intorno ad esso ed intorno allo stesso cimitero.» (Ibidem) 655. Non si rifiuta la sepoltura di bahá’í che hanno perduto il diritto di voto - L’Assemblea può autorizzare la sepoltura di non bahá’í «La Casa Universale di Giustizia ha ricevuto la vostra lettera del 15 giugno 1984, nella quale chiedete se sia permesso seppellire un non bahá’í in un cimitero bahá’í e ci ha invitato a rispondervi. Non si rifiuta la sepoltura bahá’í a chi ha perso il diritto di voto. È anche inoltre possibile che sia consentito a parenti non bahá’í di un credente o ad altri, di essere sepolti nel cimitero bahá’í. In ogni modo, un elemento di giudizio potrebbe essere la maggiore o minore disponibilità di spazio per la sepoltura di non bahá’í. Si suggerisce di non adottare regole rigide, ma di esaminare ciascun caso nelle sue peculiarità.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale del Brasile, 12 luglio 1984) 656. È inopportuno mettere il Più Grande Nome o il simbolo delle pietre per anelli sulle tombe «Di norma la costruzione delle tombe o delle pietre tombali è lasciata alla famiglia, cui spetta sostenere tutte le spese. L’uso del Più Grande Nome o del simbolo delle pietre per anelli sulle pietre tombali è inopportuno. In una lettera del 17 settembre1971 inviata ad un credente abbiamo scritto quanto segue: “Circa le domande posteci nel post-scriptum, non esiste alcuna specifica regola sul tipo di lapide da usare sulla tomba. Comunque, riguardo all’iscrizione su di essa, l’amato Custode chiese ai credenti di non usare alcuna forma del Più Grande Nome, bensì la stella a nove punte. Potreste anche desiderare di incidervi appropriati versetti scelti dagli Scritti sacri. La posizione della salma, all’interno della tomba, deve essere con i piedi rivolti verso la Qiblih, che è Bahji ad `Akká’”.» (Lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’Uganda, 4 maggio 1972) D. Servizi funebri 657. Il servizio funebre bahá’í è riservato solo ai credenti «Il servizio funebre bahá’í è riservato solo ai credenti; tuttavia, in occasione del funerale di un non bahá’í - se è stato richiesto - non vi è alcuna obiezione che si leggano preghiere bahá’í o che la conduzione del servizio funebre sia tenuta da un bahá’í.» (Da una lettera scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti, 20 luglio 1946) 658. Si devono osservare la massima semplicità e flessibilità «Riguardo al servizio funebre bahá’í: esso è estremamente semplice consistendo di una sola preghiera collettiva da leggersi prima della sepoltura... La vostra Assemblea Spirituale Nazionale deve essere molto attenta affinché non venga adottata o imposta agli amici nessuna procedura uniforme o rito. In questo caso, come in altri che riguardano il culto bahá’í, si corre il pericolo che gli amici mettano gradualmente in pratica metodi determinati o rigidi rituali. Si devono osservare invece la massima semplicità e flessibilità...» (Da una lettera scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti e Canada, 10 gennaio 1936) 659. Non è vietato ai bahá’í di intervenire ad un funerale non bahá’í di un credente «Nulla vieta ai bahá’í di presenziare al servizio funebre non bahá’í di un credente, i cui parenti non abbiano consentito che venisse effettuato il funerale bahá’í. I bahá’í, comunque, se le circostanze lo permettono, devono cercare di offrire preghiere bahá’í per il progresso dell’anima dell’amico trapassato; se non possono essere recitate in occasione del funerale, si può farlo in un altro momento.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale della Colombia, 4 maggio 1966) 660. È permesso cambiare il genere nella preghiera obbligatoria per i defunti «Siamo in possesso della vostra lettera del 23 dicembre 1966 nella quale chiedete se sia permesso cambiare il genere del pronome nella preghiera per i defunti, quando la persona deceduta è una donna. La preghiera obbligatoria per i defunti, che è riportata a pag. 246 di ‘Preghiere e Meditazioni’, consente il cambio del genere. Le altre preghiere per i defunti sono facoltative, ma - se vengono recitate - si deve farlo come sono.» (Lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti, 1 gennaio 1967) 661. La preghiera per i defunti deve essere recitata da un solo credente «La Preghiera per i defunti è pubblicata in ‘Preghiere e Meditazioni di Bahá’u’lláh’, n. CLXVII. È la sola preghiera obbligatoria bahá’í che deve essere recitata in congregazione; deve essere recitata da un solo credente mentre tutti i presenti stanno in piedi. Non si richiede il volgersi verso la Qiblih mentre si recita questa preghiera.» (Sinossi e Codificazione del Kitáb-i-Aqdas, p. 66, n. 11) 662. Durante la lettura della lunga preghiera per i defunti possono essere presenti anche non bahá’í «Nulla vieta che non bahá’í siano presenti durante la lettura della lunga preghiera per i defunti, purché rispettino la nostra maniera di leggerla, cioè alzandosi e stando in piedi come fanno i bahá’í in questa occasione. Né vi è obiezione che i non bahá’í siano presenti durante la lettura di qualunque preghiera bahá’í per il defunto.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti e Canada, 20 luglio 1946) 663. Preghiera per i Defunti - Condizioni particolari «La preghiera per i defunti deve essere recitata durante il funerale se il morto ha 15 anni o più. Se non vi è nessuno in grado di leggerla, è sufficiente dire solo quella parte della preghiera che richiede la ripetizione per diciannove volte di ciascuno dei sei brevi versetti. Il corpo deve essere posto nella tomba in posizione tale che i piedi siano rivolti verso ‘Akká (la Qiblih).» (Da un documento preparato da un’Assemblea Spirituale Nazionale africana ed approvato dalla Casa Universale di Giustizia il 14 giugno 1982) 664. Qualsiasi preghiera si può recitare per le donne - Il testo non deve essere cambiato «Riguardo alla domanda che lei fa sulla preghiera per i defunti: tutte le preghiere rivelate in origine sia per l’uomo che per la donna possono essere recitate per il sesso opposto, ma senza cambiare il testo.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 10 novembre 1946) 665. Riunioni di commemorazione «Come sapete, i nostri insegnamenti incoraggiano la recitazione di preghiere dedicate ai defunti, bahá’í o non bahá’í, perché contribuiscono al progresso delle loro anime nell’aldilà. Per quanto riguarda il tenere riunioni di commemorazione ad intervalli regolari di tempo, non esiste nulla negli insegnamenti che lo proibisca specificatamente ma nelle lettere del Custode troviamo suggerimenti di carattere generale, secondo cui i credenti debbono evitare di seguire riti e consuetudini di sistemi e religioni del passato e mettere in evidenza invece il modello di vita bahá’í, e dimostrare il carattere indipendente degli Insegnamenti della Fede. La decisione di dare notizia delle riunioni di commemorazione spetta solamente alla famiglia del defunto. È lasciato alla discrezione dell’Assemblea Spirituale Nazionale permettere che le Assemblee Spirituali Locali concedano l’uso dei loro Centri bahá’í per tali riunioni.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale del Ghana, 24 maggio 1974) E. Cremazione 666. Cremazione «Egli pensa che, alla luce di ciò che ‘Abdu’l-Bahá ebbe a dire contro la cremazione, i credenti debbano essere vivamente esortati a lasciare - come atto di fede - precise disposizioni affinché le loro spoglie non vengano cremate. Nell’Aqdas, Bahá’u’lláh ha stabilito per legge la conduzione del funerale bahá’í, che è così bello, appropriato e dignitoso, che nessun credente dovrebbe privarsene.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti e Canada, 7 luglio 1947) 667. È permesso lasciare il proprio corpo per ricerche mediche, a condizione che non venga cremato «Negli Insegnamenti non vi è nulla che proibisca di lasciare il proprio corpo a beneficio delle ricerche mediche; l’unica condizione che dobbiamo pretendere è che esso non venga cremato, poiché ciò è contrario alle leggi bahá’í. Tenuto conto che sono molte le persone che dispongono per testamento di lasciare il proprio corpo per ricerche mediche, egli le suggerisce di accertare - tramite qualche amico avvocato o qualche ospedale - quale sia la procedura e poi lasciare le necessarie disposizioni nel testamento, in cui esprima la volontà che, dopo la morte, il suo corpo sia a servizio dell’umanità, e che - essendo bahá’í - i resti non siano cremati e che non siano trasportati a più di un’ora di viaggio dal luogo del decesso. Dopo la morte, l’anima non è più legata al corpo, ma poiché quest’ultimo è stato il suo tempio, a noi bahá’í viene insegnato che deve essere trattato con rispetto.» (Lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 22 Mirza 1957) 668. L’intimo tempio vede la propria forma materiale «Essendo la forma materiale il trono dell’intimo tempio, questo risente tutto ciò che accade a quella. In realtà chi si rallegra nella gioia, o nel dolore si rattrista, è l’intimo tempio del corpo, non il corpo stesso. Essendo questo il trono su cui è assiso l’intimo tempio, Dio ha disposto che se ne prenda la massima cura, sì che non se ne abbia a provar nulla che possa cagionare ripugnanza. L’intimo tempio vede la propria forma materiale, che ne è il trono. Così portando rispetto a questa, è come se ne fosse oggetto quello; altrettanto dicasi in caso contrario. Pertanto, è stato ordinato che alle salme sia reso massimo onore e rispetto.» (Il Báb, Antologia, p. 82) 669. Il corpo, formato gradualmente, deve decomporsi gradualmente «L’assicuriamo che la sua lettera non ci ha infastidito. Invero, siamo felici di apprendere che negli ultimi anni della sua vita fisica, la sua anima è stata illuminata dall’eterna luce diffusa nel mondo da Bahá’u’lláh. Riguardo alla sua domanda sulla cremazione, la informiamo che la legge bahá’í prescrive la sepoltura. Le istruzioni di Bahá’u’lláh contenute nel Suo Libro Più Santo chiariscono questa legge. Shoghi Effendi, in una lettera scritta a suo nome ad un credente nel 1955, commenta che ‘Abdu’l-Bahá ‘... spiegò anche che la sepoltura è cosa naturale che va effettuata’. La spiegazione del Maestro cui si riferisce Shoghi Effendi si trova nelle Tavole da Lui rivelate; una di queste fu pubblicata nella rivista Star of the West, volume XI, n. 19, pag. 317, dal quale citiamo: “La tua lettera è pervenuta. Data l’esiguità di tempo, scrivo una breve risposta. Il corpo dell’uomo, che si è formato gradualmente. deve nello stesso modo decomporsi gradualmente. Ciò è conforme all’ordine reale e naturale ed alla legge divina. Se fosse stato meglio per lui che dopo la morte venisse bruciato, allora dalla sua creazione sarebbe stato stabilito che appena morto avrebbe automaticamente preso fuoco, si sarebbe consumato e tramutato in cenere. Ma l’ordine divino formulato dal decreto celeste è che, dopo la morte, il corpo passi da uno stadio all’altro, differente dal precedente, sì che in conformità ai rapporti esistenti nel mondo, possa gradualmente combinarsi e mischiarsi con altri elementi fino a pervenire al regno vegetale, mutandosi in piante e fiori, sviluppandosi in alberi del più sublime paradiso, profumando ed acquisendo la bellezza del colore. La cremazione impedisce al corpo di attuare queste trasformazioni, per la rapida decomposizione dei suoi elementi, che blocca appunto la trasformazione da uno stadio all’altro.” Quando ci rendiamo conto che il nostro corpo fisico è composto da elementi posti sulla terra dal nostro Creatore e che, attraverso l’ordinato processo delle Sue leggi, sono continuamente adoperati nella formazione degli esseri, possiamo capire meglio la necessità per cui il nostro corpo fisico deve essere soggetto al graduale processo di decomposizione. Poiché al momento della morte, la vera ed eterna essenza dell’uomo - la sua anima - abbandona il suo abito fisico per librarsi verso i reami di Dio, possiamo paragonare il corpo ad un veicolo che è stato usato per il viaggio attraverso la vita terrena e che non è più necessario una volta che la meta è stata raggiunta.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia ad un credente, 6 giugno 1971) 670. L’Assemblea Spirituale non può organizzare la cremazione dei resti di un bahá’í «Ovviamente un’Assemblea Spirituale non può organizzare la cremazione dei resti mortali di un bahá’í, anche se quest’ultimo avesse disposto in tal modo. Nello stesso modo, i parenti bahá’í hanno l’obbligo di obbedire alle leggi bahá’í e non devono approvare la cremazione di un bahá’í. Nel caso che parenti non bahá’í di un bahá’í deceduto abbiano la responsabilità della decisione e propongano di cremarne il corpo, l’Assemblea Spirituale responsabile deve fare tutto il possibile per spiegar loro la posizione bahá’í al fine di evitare la cremazione. Se tali tentativi dovessero fallire, l’Assemblea nella sua veste ufficiale, non deve aver nulla a che fare con la cremazione del corpo: i credenti, comunque, sono liberi di partecipare o meno al funerale ed alla cremazione e possono recitare delle preghiere per il progresso dell’anima del defunto. L’Assemblea, se lo ritiene opportuno, potrebbe organizzare una riunione in un altro momento ed allora si potrebbe recitare la Preghiera per i Defunti.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale della Germania, 9 dicembre 1984) 671. Si può usare la parola bahá’í al centro della stella a nove punte «Riguardo alla sua domanda: non vi è alcun motivo per cui la parola ‘bahá’í’ non debba comparire al centro di una stella a nove punte sulla tomba della cara Elsa Vento; non deve essere usato, invece, né il simbolo della pietra per gli anelli, né il Più Grande Nome.» (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 30 settembre 1955) 672. Sulle pietre tombali si possono usare citazioni dagli Insegnamenti «Per quanto riguarda la vostra domanda sull’uso del Più Grande Nome sulle pietre tombali di bahá’í o non bahá’í, il Custode lo considera troppo sacro per essere collocato in una posizione non preminente, e pertanto gli amici non devono usarlo sulle loro pietre tombali. Se vogliono, possono usare citazioni dagli Insegnamenti, ma non il Più Grande Nome. Naturalmente, se nessuno lo ha già usato, non esiste il problema.» (Da una lettera scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti, 20 giugno 1954) 673. È consentito che parenti non bahá’í siano seppelliti in cimiteri bahá’í. «...è consentito seppellire in un cimitero bahá’í parenti non bahá’í di credenti o altre persone.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’Ecuador, 3 dicembre 1975) F. Suicidio 674. Il suicidio è decisamente condannato negli insegnamenti «A proposito della sezione “In Memoria” del Bahá’í News, sebbene il suicidio sia fortemente condannato negli Insegnamenti, ciò non significa che una persona cessa di essere bahá’í perché si è suicidata; pertanto, deve essere menzionata in questa sezione al pari degli altri credenti.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti e Canada, 29 Mirza 1945) 675. La luce manifestata da Bahá’u’lláh può alleviare la disperazione dei giovani «È molto negativo che giovani promettenti uomini che se vivi possono rendere grandi servigi all’umanità, debbano togliersi la vita in un momento di disperazione. Il mondo, specialmente oggi, è pieno di dolore e sofferenze. Dobbiamo essere coraggiosi ed intrepidi. Prove e tribolazioni devono risvegliare in noi ulteriore vigore e maggiore determinazione, e non sMirzare il nostro zelo e distruggere il nostro spirito.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 12 Mirza 1933) 676. I bahá’í sono liberi di pregare per i morti «È ovvio che un bahá’í è libero di pregare per coloro che sono trapassati, a prescindere dalla causa della morte, usando le parole di qualsiasi preghiera di una scelta rivelata per la generosità di Dio. Il modo in cui l’Essere Supremo, nella Sua Giustizia e nella Sua Misericordia, tratterà ciascun’anima è un mistero che non ci è dato conoscere su questa terra.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 21 dicembre 1978) 677. Sforzarsi d’allontanare dalla mente ogni pensiero di suicidio e morte «In risposta alla vostra lettera dell’1 maggio 1979, la Casa Universale di Giustizia ci ha incaricato di condividere con voi il seguente brano di una lettera scritta dal segretario del Custode, a suo nome, ad un credente che aveva fatto domande sul suicidio. Nella Causa il suicidio è proibito. Solo Dio, Creatore della vita, può toglierla e disporre di essa nel modo che giudica migliore. Chi commette suicidio danneggia la propria anima e, di conseguenza, soffrirà spiritualmente nell’Aldilà. La Casa di Giustizia la esorta ad allontanare dalla mente ogni pensiero di suicidio e di morte, e di concentrarsi sulla preghiera e sullo sforzo di servire la Causa di Bahá’u’lláh.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad un credente, 7 giugno 1979) 678. Consolazione per i genitori del defunto «Egli si è molto addolorato nell’apprendere la sua tristezza e le sue difficoltà. Se sono dovute soltanto al trapasso di suo figlio, non sono pienamente giustificate, per lo meno alla luce degli Insegnamenti di Bahá’u’lláh. Egli afferma esplicitamente che, se avessimo la capacità di vedere l’altro mondo e di concepire la sua gloria, non desidereremmo rimanere in questo neppure per un attimo. L’uomo è destinato da Dio a subire uno sviluppo spirituale che dura tutta l’eternità; la sua vita su questa terra è solo il primo stadio di questo sviluppo. Quando con l’età perdiamo la nostra forma fisica e siamo considerati da Dio pronti a raccogliere il frutto del nostro sviluppo spirituale, passiamo all’altro mondo. A causa della nostra miopia, definiamo questo passaggio “morte”, ma il termine più appropriato sarebbe “vita più piena”. Si tratta del passo successivo del nostro cammino. Alla luce degli insegnamenti, quindi, il giusto atteggiamento che le si confà è pregare perché Dio circondi suo figlio con le sue infinite benedizioni, cosicché possa accrescere il suo sviluppo e gli dia quella felicità che attende ogni... anima. ... il mondo è pieno di sofferenza, Bahá’u’lláh dice che più profondi sono i solchi che scava in noi, più grande sarà il frutto della nostra vita e maggiore il nostro sviluppo spirituale. Tutti i Santi che illuminano la storia della società sono dovuti passare attraverso tribolazioni, che erano di varia natura, ma il cui effetto è stato sempre lo stesso: la purificazione del cuore e dell’anima per ricevere la luce di Dio.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 9 dicembre 1931) G. La vita dopo la morte; l’anima 679. Beneficenza e buone azioni in memoria dei trapassati «Il Maestro ci ha detto che beneficenza e buone azioni compiute in memoria di coloro che sono trapassati sono molto utili allo sviluppo delle loro anime nell’aldilà...» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 10 dicembre 1952) 680. L’uomo è destinato da Dio a svilupparsi spiritualmente per l’eternità «Riguardo all’anima dell’uomo: secondo gli Insegnamenti bahá’í l’anima inizia ad esistere dalla formazione dell’embrione umano e, dopo la sua separazione dal corpo, continua a svilupparsi e passare attraverso infiniti stadi di esistenza. Il suo progresso è quindi infinito.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 31 dicembre 1937) 681. Tradizioni non bahá’í «Riguardo alla sua domanda se è vero che un’anima impiega tre giorni per separarsi completamente dal corpo, il Custode vuole che la informi che su questo punto non esistono specifici riferimenti negli Scritti sacri della Causa. Quanto all’opportunità di pregare per il defunto per quaranta giorni dopo il trapasso, questa è una consuetudine di origine musulmana e non costituisce un dovere per i credenti. Pregare per i defunti è molto benefico ed utile ed è sempre un motivo di conforto ed appagamento. Ma non vi è alcuna ragione perché la preghiera sia limitata ad un periodo di quaranta giorni.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 9 gennaio 1934) 682. L’anima continuerà a progredire attraverso molti mondi «Riguardo alla vita futura, Bahá’u’lláh dice che l’anima continuerà ad ascendere attraverso molti mondi. Ciò che sono questi mondi e quale sia la loro natura non ci è dato sapere. Alla stessa maniera in cui un bambino nell’utero materno non può conoscere questo mondo, così noi non possiamo conoscere in che cosa è l’altro mondo.» (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 18 ottobre 1932) 683. Possiamo aiutare tutte le anime a raggiungere ranghi elevati «Riguardo alla sua domanda se nell’altro mondo può ottenere la conoscenza della Verità ciò è certamente possibile e non è altro che un segno dell’amorevole misericordia dell’Onnipotente. Da parte nostra, con preghiere, possiamo aiutare ogni anima a raggiungere gradualmente questo rango elevato, perfino se non è riuscita a pervenirvi in questo mondo. Il progresso dell’anima non finisce con la morte, piuttosto inizia su un nuovo percorso. Bahá’u’lláh insegna che possibilità grandi di vasta portata attendono l’anima nell’altro mondo. Il progresso spirituale in quel reame è infinito e nessuno, su questa terra, può concepire la forza e la misura intere.» (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 22 maggio 1935) 684. Intercessione nell’altro mondo «La ricchezza nell’altro mondo è data dalla vicinanza di Dio. Di conseguenza, è certo che coloro che sono vicini alla Corte Divina approvata da Dio. Ma l’intercessione nell’altro mondo non è simile all’intercessione su questa terra; essa è una realtà diversa che non può venire espressa in parole.» (‘Abdu’l-Bahá: Le Lezioni di S. Giovanni d’Acri, pp. 289-290) 685. Lascito ai poveri «Se al momento della morte, un ricco lascia per testamento un donativo ai poveri e devolve loro parte della sua ricchezza, egli potrà forse ottenere perdono e remissione dei peccati e progredire spiritualmente nel Regno Divino. Anche i genitori affrontano le più grandi preoccupazioni ed avversità per i figli; e, spesso, quando i figli hanno raggiunto la maturità, i genitori passano all’altra vita. Raramente accade che un padre o una madre possano godere, in questo mondo, il premio delle cure e delle sofferenze sopportate per i loro figli. In cambio di esse i figli debbono essere caritatevoli e benevoli, e implorare perdono e misericordia per i loro genitori. In cambio dell’amore e della bontà che vi dimostrò, voi dovreste donare ai poveri per amor suo, e chiedere, con la più grande sottomissione e umiltà, perdono e remissione per i suoi peccati, chiedere per lui cioè l’indulgenza suprema.» (Ibidem, p. 290) 686. La condizione dell’anima dopo la morte non potrà mai essere descritta «...Gli onori con cui la mano della misericordia colmerà l’anima son tali che la lingua non li può adeguatamente rivelare o altri mezzi umani descrivere. Benedetta è l’anima che nell’ora della separazione dal corpo è purificata dalle immaginazioni vane create dalle genti del mondo. Un’anima tale visse ed agì secondo il Volere del Creatore entrando nel paradiso più eccelso. Le Ancelle del Cielo abitatrici delle magioni sublimi la circonderanno e i profeti di Dio ed i Suoi prescelti ne cercheranno la compagnia. Con essi l’anima converserà liberamente narrando quel che la fece persistere sul sentiero di Dio, il Signore dell’Universo. Se fosse detto ad un uomo quel che è preparato per un’anima simile nei mondi di Dio, il Signore del trono eccelso e della terra, il suo essere intero si infiammerebbe istantaneamente per l’ardente desiderio di giungere a quella dimora santa, sublime e risplendente... La condizione dell’anima dopo la morte non può essere descritta, né è possibile presentarne e rivelarne l’intero carattere agli occhi dell’uomo...» (Bahá’u’lláh: Spigolature, pp. 172-173) 687. Non esistono anime confinate alla terra «Non esistono anime confinate alla terra. Nel momento in cui anime non buone muoiono, si allontanano definitivamente da questa terra e così non possono influenzare nessuno. Essi sono spiritualmente morti; i loro pensieri possono avere influenza solo durante la vita sulla terra... ma le anime buone sono dotate di vita eterna e talvolta Dio permette che i loro pensieri raggiungano il cuore per aiutare la gente. (Questions answered by `Abdu’l-Bahá in ‘Akká. Daily lessons, Received at ‘Akká, ed. 1979, pp. 35-36) 688. Nessun potere è esercitato sugli uomini da anime cattive dopo la morte «Le anime cattive che trapassano non possono esercitare alcuna influenza sulla gente. Il bene è più forte del male e perfino quando sono in vita quelle anime hanno una ben limitata influenza; tanto meno ne hanno dopo la morte ed inoltre non sono affatto vicine a questo pianeta.» (Ibidem, pp 43-44) 689. Anime gemelle «Nella Fede Bahá’í non esiste alcun insegnamento che confermi l’esistenza di “anime gemelle”. Ciò significa che il matrimonio deve condurre ad una profonda comunione di spirito che permarrà nell’altro mondo, in cui non vi è sesso, né esistono le concessioni reciproche del matrimonio. Ecco perché dobbiamo stabilire con i nostri genitori, i nostri figli, i nostri fratelli e sorelle ed i nostri amici, non dei semplici rapporti fisici di relazione umana bensì profondi legami spirituali che dureranno in eterno.» (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 4 dicembre 1954) 690. Influenza di anime sante e spirituali «Circa la domanda se le anime sante e spirituali, dopo che hanno smesso l’abito corporeo. influenzano, aiutano e guidano le creature umane, questa è un’incontrovertibile verità dei bahá’í.» (‘Abdu’l-Bahá: Tablets of ‘Abdu’l-Bahá, vol. III, p. 543) 691. L’anima agisce «Nel mondo fisico l’anima agisce con l’aiuto del corpo; quando è staccata dal corpo, agisce senza intermediari... ...Il corpo è il cavallo, l’anima il cavaliere, e talvolta il cavaliere si muove senza una cavalcatura. Ma la gente che non riflette dice che quando l’anima ha lasciato il corpo non può più agire. Lo spirito non ha corpo: meditate su ciò.» (‘Abdu’l-Bahá: Divine Philosophy, ed. 1926, p. 127) 692. L’altro mondo è in questo mondo «...La risposta alla prima domanda: le anime dei figli del Regno, dopo la loro separazione dal corpo, ascendono al reame della vita eterna. Ma se chiedete dove, sappiate che il mondo dell’esistenza è un unico mondo, ancorché i suoi stadi siano vari e distinti. Per esempio, la vita minerale occupa un proprio piano, ma le entità minerali non hanno alcuna consapevolezza del regno vegetale... In quanto alla seconda domanda: le prove e le tribolazioni inviate da Dio hanno luogo in questo mondo, non nel mondo del Regno. La risposta alla terza domanda è questa: nell’altro mondo la realtà umana non assume una forma materiale, bensì celeste, costituita da elementi di quel reame del cielo. La risposta alla quarta domanda: il centro del Sole della Verità è nel mondo superno - il Regno di Dio. Quelle anime che sono pure e immacolate, al dissolversi delle loro spoglie materiali, fuggono nel mondo di Dio e quel mondo è in questo mondo. Ma le genti di questo mondo non ne hanno contezza e sono per l’appunto come i minerali ed i vegetali che non sanno nulla dei mondi animale e umano.» (‘Abdu’l-Bahá: Antologia, pp. 171-172, n. 152) 693. L’anima di un assassino «In quanto alla sua domanda a proposito dell’anima di un assassino e quale sarà la sua punizione. La risposta è che l’assassino deve espiare il suo crimine: cioè, se lo mettono a morte, la morte è per lui espiazione per il crimine commesso e dopo la morte Dio, nella Sua giustizia, non gli imporrà una seconda pena perché la Giustizia Divina non lo contente.» (Ibidem p. 179) 694. Unione nell’altro mondo «...la possibilità di rafforzare l’unione con il suo amato nell’altro mondo è un tema su cui gli Insegnamenti bahá’í sono del tutto chiari. Secondo Bahá’u’lláh, dopo la morte, l’anima conserva la sua individualità e coscienza ed è in grado di comunicare con le altre anime. Questa comunione, comunque, ha un carattere puramente spirituale ed è condizionata dall’amore disinteressato ed altruistico dell’una per l’altre.» (Da una lettera scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’India, 10 Mirza 1936) 695. La morte può perdere il suo pungiglione «Nelle Sue Tavole Bahá’u’lláh dice che, se fossimo in grado di comprendere le opportunità che ci attendono nell’altro mondo, la morte perderebbe la sua connotazione angosciosa; piuttosto la accoglieremmo come mezzo per entrare in un reame incommensurabilmente più elevato e nobile di questa dimora di sofferenze, che chiamiamo terra. Lei deve quindi pensare alle loro benedizioni e trovare conforto per la vostra momentanea separazione. Verrà il momento in cui tutti ci ricongiungeremo ai nostri cari defunti e condivideremo le loro gioie.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 13 gennaio 1932) 696. Con la visione delle grazie dell’altro mondo nessuno vorrebbe restare in questo «Bahá’u’lláh dice che se avessimo una reale visione delle grazie dell’altro mondo non sopporteremmo di rimanere un’ora di più sulla terra. Il motivo per cui siamo privi di quella visione è perché altrimenti nessuno si curerebbe di rimanere qui e l’intera società verrebbe distrutta. Shoghi Effendi desidera quindi che lei pensi alle benedizioni del defunto e gioisca della sua felicità. Se avessimo vera fede nelle parole dei Profeti non avremmo paura della morte, né ci sentiremmo sconfortati per il trapasso dei nostri cari.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 22 ottobre 1932) 697. Le anime buone pervengono ad una condizione di gran lunga più nobile e bella «...Tali anime sincere, quando lasciano questo mondo, pervengono ad una condizione di gran lunga più nobile e bella di questa. Noi ne abbiamo paura perché ci è sconosciuta ed anche perché abbiamo poca fede nelle parole dei Profeti, i quali portano un vero messaggio di certezza da quel reame dello spirito. Dobbiamo guardare alla morte con gioia, specialmente se la nostra vita su questo piano dell’esistenza è stata piena di buone azioni.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 31 dicembre 1932) 698. Dopo la morte, l’anima mantiene la sua individualità e la sua consapevolezza «…Riguardo l’anima umana e la sua vera natura. Secondo il punto di vista bahá’í, l’anima dell’uomo, o in altre parole la sua più intima realtà spirituale, non è dualistica. Nell’uomo non esiste, come nel credo zoroastriano, una doppia realtà, una superiore e un’altra inferiore. Queste due inclinazioni per il bene e il male non sono altro che manifestazioni di una medesima singola realtà. Quest’ultima è in grado di svilupparsi comunque. Fondamentalmente, tutto dipende dall’educazione che l’uomo riceve. La natura umana ha la possibilità d’orientarsi sia verso il bene, sia verso il male. La vera religione può permetterle di librarsi nel più alto reame dello spirito, mentre la sua assenza può determinare la sua caduta ai più bassi livelli di degradazione e miseria, come possiamo vedere guardandoci attorno». (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi a Alfred Lunt, 25 maggio 1936) 699. Tutte le anime progrediscono spiritualmente nell’altro mondo - I parenti dei credenti otterranno almeno in parte il Regno «Riguardo alla Tavola di Bahá’u’lláh nella quale dice che tutti i parenti dei credenti otterranno il Regno nell’altro mondo: con ciò si intende solo un parziale conseguimento. Essi possono comunque progredire indefinitamente, poiché il progresso spirituale nell’altro mondo è illimitato e non è circoscritto solo a coloro che sono pervenuti alla conoscenza ed al riconoscimento della Causa mentre erano in questo mondo. (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 30 aprile 1940) 700. Certe cose restano un mistero nel nostro attuale stadio di sviluppo «Riguardo alla sua domanda su un profondo studio degli Insegnamenti: è ovvio che i bahá’í possono e devono meditare sul significato degli Scritti, sforzandosi di comprenderlo al massimo. Non vi può essere obiezione a ciò. Comunque certe cose, per la loro stessa natura, sono per noi un mistero, almeno nel nostro attuale stadio di sviluppo Una di queste è il sapere com’è l’aldilà, il mondo puramente spirituale.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 19 gennaio 1942) 701. I Profeti non hanno mai rivelato cosa ci accade dopo la morte - Credere in Dio e nei Suoi Profeti genera crescita spirituale «Lei chiede una spiegazione di ciò che ci accade dopo aver lasciato questo mondo. Questa è una domanda cui nessuno dei profeti ha mai risposto dettagliatamente, per la semplice ragione che non è possibile comunicare alla mente di una persona qualcosa di totalmente differente da ciò che ha sempre sperimentato. ‘Abdu’l-Bahá ha dato il meraviglioso esempio della relazione fra questa e l’altra vita paragonandola al bimbo nel ventre materno: sviluppa occhi, orecchie, mani, piedi, lingua, pur non avendo nulla da vedere o sentire e non potendo camminare, afferrare o parlare; tutte queste facoltà si vanno sviluppando per questo mondo. Se si cercasse di spiegare ad un embrione com’è fatto questo mondo, egli non potrebbe mai comprenderlo; ma capisce dopo la nascita quando può usare le sue facoltà. Nella stessa maniera noi non possiamo immaginare la nostra condizione nell’altro mondo. Tutto ciò che sappiamo è che la nostra coscienza, la nostra personalità, permangono in qualche nuovo stato e che quel mondo è molto meglio di questo, come questo è meglio di quanto fosse il buio ventre materno... In questo mondo il nostro passato non ha tanta importanza quanto invece ne ha ciò che intendiamo fare per il nostro futuro. L’inestimabile valore della religione è che quando un uomo vi è legato in modo vitale attraverso un reale e vissuto credo in essa e nel Profeta che l’ha rivelata, riceve una forza maggiore di quella di cui è normalmente dotato, che lo aiuta a sviluppare le sue buone qualità e a superare quelle cattive. Il fine assoluto della religione è cambiare non solo i nostri pensieri, ma le nostre azioni; quando crediamo in Dio, nei Suoi Profeti e nei Suoi Insegnamenti, scopriamo che stiamo crescendo, anche se forse pensiamo d’essere incapaci di crescere e cambiare!” (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 3 ottobre 1943) 702. Le speculazioni sulla natura della vita dopo la morte hanno scarsa fondatezza «Il Custode ritiene che, pur non essendoci nessun male nella speculazione su queste materie astratte, non bisogna attribuirvi troppa importanza. La scienza stessa è lungi dall’aver risolto la questione sulla natura della materia, e noi - in questo mondo fisico - non possiamo comprendere quello spirituale se non in maniera molto frammentaria ed inadeguata.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 19 gennaio 1942) 703. Dio può essere conosciuto solo attraverso i Suoi Profeti - Inferno e Paradiso sono condizioni dell’anima «Nel mondo a venire avremo esperienza dello spirito di Dio attraverso i Suoi Profeti; Dio, infatti, è troppo grande per noi per essere conosciuto senza questo Intermediario. I Profeti conoscono Dio, ma in qual modo va oltre la comprensione della mente umana. Noi crediamo che nell’altro mondo possiamo arrivare a vedere i Profeti. Certamente esiste una vita futura. Inferno e Paradiso sono condizioni interiori del nostro stesso essere.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 14 novembre 1947) 704. Il progresso spirituale è infinito «Poiché è quasi impossibile raggiungere una meta spirituale senza avere percezione della meta successiva a cui dobbiamo pervenire ed ancora al di là delle nostre possibilità, egli la esorta poiché è già arrivato così lontano sul sentiero della spiritualità, a non affliggersi per la distanza che deve ancora coprire! Si tratta di un viaggio indefinito e non vi è dubbio che nel mondo a venire l’anima ha la prerogativa di avvicinarsi a Dio più di quanto non le sia possibile quando è legata al piano fisico.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 3 Mirza 1955) 705. Come “Guadagnare il Paradiso” - Dipende da due cose «Come lei dice, “guadagnare il paradiso” dipende da due cose: dalla fede nella Manifestazione di Dio nel Suo Giorno - oggi quindi in Bahá’u’lláh - e dalle buone azioni: in altre parole vivere al meglio delle nostre capacità una vita nobile e fare agli altri ciò che vorremmo fosse fatto a noi. Ma dobbiamo sempre ricordare che la nostra esistenza ed ogni cosa che abbiamo o avremo dipendono dalla Misericordia di Dio e dalla Sua Munificenza; quindi Egli, se vuole, può accettare nel Suo paradiso - che consiste realmente nella vicinanza a Lui - anche la persona più bassa. Abbiamo sempre la speranza di ottenere la Sua Misericordia se ci sforziamo di coglierla.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 12 gennaio 1957) XIV. EDUCAZIONE A. Accademica e spirituale 706. Educazione dell’uomo «L’uomo è come l’acciaio, la cui essenza è nascosta: mediante ammonimenti e spiegazioni, educazione e buoni consigli, quell’essenza verrà portata alla luce. Ma se gli si permette di rimanere nella sua condizione originaria, la corrosione delle brame e degli appetiti finirà per distruggerlo.» (Bahá’u’lláh, Educazione Bahá’í, p. 14, n. 10) 707. Educazione fisica, intellettuale, spirituale ed etica dell’uomo «...Bahá’u’lláh considerava l’educazione uno dei fattori più importanti della vera civiltà: ma essa, tuttavia, per essere adeguata e fruttuosa, deve essere di natura comprensiva e prendere in considerazione non solo il lato fisico e intellettuale dell’uomo ma anche i suoi aspetti etici e spirituali. Questo dovrebbe essere il programma della gioventù bahá’í di tutto il mondo.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 9 luglio 1931) 708. L’uomo: il maggiore rappresentante di Dio «È stato detto che l’uomo è il maggiore rappresentante di Dio; come tale, egli viene indicato nel Libro della Creazione, in quanto tutti i misteri esistenti negli esseri sono compendiati in lui. Se l’uomo entra nell’ombra del Vero Educatore e viene sottoposto a una giusta disciplina, diventa l’essenza delle essenze, la luce delle luci, lo spirito degli spiriti; diventa - per così dire - il centro delle apparizioni divine, la sorgente delle qualità spirituali, l’alba delle luci celestiali, il crogiuolo delle ispirazioni divine. Se l’uomo resta privo di questa disciplina, diventa la manifestazione di qualità sataniche, la somma dei vizi animali e la sorgente di tutte le condizioni più oscure.» (‘Abdu’l-Bahá, Le Lezioni di San Giovanni d’Acri, pp. 295-296) 709. L’educazione moderna non produce menti mature «Le persone oggi tendono veramente ad essere molto superficiali nelle loro opinioni: sembrerebbe che i sistemi educativi in uso siano fortemente incapaci di creare una mente matura in individui, che si suppone abbiano raggiunto una vita da adulti! Tutte le influenze esterne che circondano l’individuo sembrano avere un intenso effetto sviante ed è difficile indurre una persona normale a fare profonde riflessioni o perfino piccole meditazioni su problemi che sfidano lui ed il mondo in generale. Svariate volte Bahá’u’lláh protestò vigorosamente contro la cecità dell’umanità, ammonendo che questo atteggiamento deve scomparire. Se non conoscessimo ciò che Dio ha progettato e farà per il mondo nel futuro, saremmo indubbiamente disperati tanto quanto lo sono diventati molti dei migliori pensatori della nostra generazione.» (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 22 settembre 1948) 710. Ognuno deve essere educato secondo le sue necessità ed i suoi meriti «Fra gli altri insegnamenti e principi, Bahá’u’lláh raccomanda l’educazione di tutti i membri della società. A nessuno deve essere negata o lo si deve privare dell’educazione intellettuale, che va comunque impartita secondo le capacità. Nessuno deve essere lasciato nell’ignoranza, perché l’ignoranza è un’imperfezione nel mondo umano. All’intera umanità deve essere impartita una conoscenza di scienza e filosofia per quel tanto che sia ritenuto necessario. Non possiamo essere tutti scienziati o filosofi, ma ciascuno deve essere educato secondo le sue necessità ed i suoi meriti.» (`Abdu’l-Bahá, The Promulgation of Universal Peace, p. 108) 711. Educare i detenuti «...Trattare con gentilezza, educare ed istruire i detenuti è cosa oltremodo importante; perciò, giacché ti sei prodigata in questo, ne hai ridestati alcuni e hai ottenuto che rivolgessero il viso verso il Regno divino, questa encomiabile azione è assai ben accetta. Persevera sicuramente. Porgi ai due detenuti di San Quintino i miei sentimenti di massima gentilezza e dì loro: ‘Agli occhi dei saggi quel carcere è una scuola di istruzione e di sviluppo. Dovete impegnarvi con tutta l’anima e tutto il cuore per divenire rinomati per carattere e sapere.’ “ (‘Abdu’l-Bahá, Antologia, p. 115, n. 83) 712. Gli uomini sono come scolari, e i Profeti come i loro insegnanti «O veri compagni! Tutti gli uomini sono come bambini a scuola e le Albe della Luce, le Fonti della rivelazione divina, sono i maestri, meravigliosi e impareggiabili. Nella scuola della realtà essi educano questi bambini e bambine secondo gli insegnamenti di Dio e li allevano al seno della grazia, perché possano svilupparsi in tutti i campi, mostrare gli eccellenti doni e benedizioni del Signore e possedere anche perfezioni umane; progredire in tutti i settori delle conquiste umane, tanto esteriori quanto interiori, celate o visibili, materiali o spirituali, finché facciano di questo mondo mortale un immenso specchio, rispecchiante l’altro mondo che non perisce.» (‘Abdu’l-Bahá, Antologia, p. 125, n. 102) 713. L’apprendimento è il massimo dono di Dio «È chiaro che l’apprendimento è il massimo dono di Dio; che il sapere e la sua acquisizione sono una benedizione del Cielo. Pertanto gli amici di Dio hanno il dovere di fare un tale sforzo e di adoprarsi con tale solerzia per promuovere il sapere divino, la cultura e le scienze, affinché tra non molto coloro che sono oggi scolaretti divengano i più dotti nella confraternita dei saggi. Questo è un servizio reso a Dio Stesso ed è uno dei Suoi comandamenti inderogabili.» (‘Abdu’l-Bahá, dalla Compilazione Educazione Bahá’í, p. 52, n. 74) B. Università e Collegi 714. La vita universitaria «...La vita universitaria ha inoltre le sue mode e le sue fisime, anche se sono diverse da quelle dell’uomo della strada. “Queste mode non sono permanenti, essendo soggette a cambiare. Oggigiorno è in voga avere una visione materialistica della vita e del mondo, ma presto verrà il giorno in cui diventerà profondamente religiosa e spirituale. In effetti, possiamo già intravedere l’inizio di simile cambiamento negli scritti di alcuni dei più eminenti uomini di idee liberale. Nel momento in cui l’opinione pubblica comincerà a mutare radicalmente, allora vedremo tutte queste eminenti personalità volgersi nuovamente verso Dio.» (Lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 18 ottobre 1932) 715. Non esiste ancora un programma di studi bahá’í «... esiste ancora qualcosa come un programma di studi bahá’í e non ci sono pubblicazioni bahá’í dedicate esclusivamente a questo argomento, poiché gli insegnamenti di Bahá’u’lláh e di ‘Abdu’l-Bahá non presentano un sistema educativo definito e dettagliato, ma offrono semplicemente principi basilari ed espongono alcuni ideali di insegnamento che dovranno guidare i futuri pedagogisti bahá’í nei loro sforzi per formulare un programma d’insegnamento adeguato, che sia in piena armonia con lo spirito degl’Insegnamenti bahá’í e che risponda ai requisiti ed alle necessità dell’era moderna. Questi principi basilari sono disponibili nelle sacre scritture della Causa e vanno accuratamente studiati e a poco a poco incorporati nei programmi delle varie facoltà ed università. Ma la formulazione di un sistema pedagogico ufficialmente riconosciuto dalla Causa e applicato come tale in tutto il mondo bahá’í è un compito che l’attuale generazione dei credenti non può ovviamente assumersi e che dovrà essere assolto gradualmente da letterati e dai pedagogisti bahá’í del futuro.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 7 giugno 1939) 716. Tre principi cardinali «Primo: Servizio sincero alla causa dell’educazione, rivelazione dei misteri della natura, espansione dei confini della scienza pura, eliminazione delle cause dell’ignoranza e dei mali sociali, comune sistema universale di istruzione e diffusione delle luci della conoscenza e della verità. Secondo: Servizio alla causa della moralità, aumento delle qualità morali degli studenti, ispirazione in loro dei più sublimi ideali della raffinatezza etica, insegnando loro l’altruismo, inculcando nella loro vita la bellezza della santità e l’eccellenza delle virtù ed incoraggiandoli con l’eccellenza e le perfezioni della religione di Dio. Terzo: Servizio all’unità del genere umano, cosicché ogni studente possa essere consapevole ch’egli è fratello degli altri esseri umani, a prescindere dalla religione o dalla razza. I concetti di pace universale devono essere instillati nella mente di tutti gli studenti, di modo che possano diventare le armate della pace ed i veri servitori del corpo politico, il mondo. Dio è il Padre di tutti, l’umanità i Suoi figli. La terra è una sola casa; le nazioni sono i componenti di un’unica famiglia. Le madri a casa, gli insegnanti a scuola, i professori nei colleges, i rettori nelle università, devono insegnare questi ideali ai giovani, a cominciare dall’infanzia e fino alla maturità.» (‘Abdu’l-Bahá, Appunti dai Suoi Discorsi, Star of the West, vol. IX, p. 98) 717. Caratteristiche degli studenti dei collegi bahá’í «Dovete divenire fulgide torce di precetti morali e ideali spirituali ed essere strumenti di illuminazione per gli altri. Abbigliate i vostri corpi con i manti delle virtù. Qualificatevi con gli attributi della gente di moralità divina. Evitate ogni sorta di vizio come evitate una velenosa serpe o un lebbroso. Fate sì che professori e studenti siano così colpiti dalla purezza e dalla santità della vostra vita da vedervi quali modelli di dignità, esempi di nobiltà d’animo, ossequienti alle leggi morali, dominatori degli elementi inferiori mediante lo spirito più elevato, vincitori dell’egoismo e padroni di forze sane e vitali in tutte le strade della vita. Cercate di essere sempre fra i primi della classe per diligenza nello studio e meriti autentici. Siate sempre in atteggiamento di preghiera e apprezzate il valore di ogni cosa. Abbiate alti ideali e spronate le vostre forze intellettuali e costruttive.» (Ibidem. Eccellenza in ogni cosa, p. 57, n. 32) 718. ‘Abdu’l-Bahá ingiunge agli studenti bahá’í di eccellere su tutti gli altri - Enfasi sulla sincerità «Spero che nel corso dei vostri studi in questa facoltà possiate eccellere fra tutti gli altri studenti nei vari rami del sapere ivi insegnati, sì che tutti possano attestare che gli studenti bahá’í hanno una forza differente, sono ispirati da un diverso impegno, animati da più nobile ambizione, stimolati da intenzioni più elevate e s’impegnano più estesamente e profondamente degli altri. Se non superate gli altri, quale distinzione vi rimarrà? Perciò dovete sforzarvi di essere superiori sì che tutti possano testimoniarlo. Ora siete come tenere piante coltivate secondo le cognizioni e la saggezza del giardiniere. D’ora in poi dovete sforzarvi di abbellire l’aspetto morale della vostra vita. Consigliatevi l’un l’altro con il massimo riguardo e badate ogni giorno alle vostre parole ed alle vostre azioni, in modo che fin dal principio possiate caratterizzarvi con ideali divini. Gli ideali divini sono: umiltà, remissività, annientamento dell’io, perfetta evanescenza, carità ed amorevole gentilezza. Dovete far morire l’io e vivere in Dio. Dovete essere estremamente compassionevoli l’uno verso l’altro e verso tutte le genti del mondo. Amate e servite l’umanità solo per amore di Dio e per nient’altro. La fede spirituale e la fiducia in Dio siano le basi del vostro amore per l’umanità. Ancora: state molto attenti che - Dio non voglia - non una sola parola diversa dalla verità esca dalle vostre bocche, poiché una singola bugia getta l’uomo dal più alto grado di onorabilità al più profondo abisso di ignominia; guardatevi sempre da questo nemico affinché tutto ciò che affermate corrisponda alla realtà. Supplicate ed implorate sempre alla Corte della Maestà, chiedete confermazioni ed assistenza...» (Ibidem, pp. 98-99. Parzialmente in Eccellenza in ogni cosa, pp. 56-57, n. 31) 719. Sfida agli studenti persiani «Spero che in virtù del favore e della generosità della Bellezza Benedetta, mercè il Báb e le ineffabili benedizioni che santificano questo sacro Mausoleo*, possiate essere contornati dalle confermazioni del Regno di Abhá, e assumere le fulgide qualità e i luminosi attributi della vita bahá’í. Possa la vostra moralità farsi più determinata giorno dopo giorno! E la vostra attrazione al Regno di Abhá rafforzarsi giorno dopo giorno! E la vostra fede e certezza crescere giorno dopo giorno! E le vostre cognizioni delle scienze e nelle arti divenire più universali giorno dopo giorno! Caso mai, se Dio vorrà, diverrete perfetti e compiti da ogni punto di vista e sarete strumenti dell’illuminazione della Persia.» *Gli studenti stavano visitando la Tomba del Báb. (‘Abdu’l-Bahá, da un discorso citato in Star of the West, vol. 9, pp. 99-100) 720. L’insegnamento nelle università e nei college «Per quanto riguarda il lavoro d’insegnamento nei college e nelle Università, questo è molto importante, perché gli studenti nel complesso sono mentalmente aperti e poco influenzati dalle tradizioni. Entrerebbero facilmente nella Causa se il tema fosse presentato in maniera appropriata e soddisfacente per il loro intelletto ed i loro sentimenti. Questo lavoro, comunque, deve essere tentato solo da persone che abbiano avuto un’istruzione universitaria e che, pertanto, hanno familiarità con la mentalità di giovani intelligenti e istruiti...» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente) 721. Studiando a scuola o all’università «Dalle decisioni che un individuo, sia egli bahá’í o no, prende negli anni giovanili dipende l’orientamento dell’intero corso della sua esistenza. Durante tali anni è probabile che egli scelga il lavoro che in seguito svolgerà per tutta la vita, che porti a compimento la propria preparazione scolastica, che incominci a guadagnarsi da vivere, che si sposi formando una famiglia. Ma soprattutto è proprio in questa età che la mente indaga con maggior impegno, ed è in questo periodo che l’individuo adotta quei valori spirituali che ne guideranno il futuro comportamento. Pertanto è proprio negli anni giovanili che ai bahá’í si presentano le occasioni di offrire ai loro coetanei gli Insegnamenti della Fede, avendoli ben capiti; la sfida a vincere le pressioni del mondo e a mettersi alla testa della loro generazione e di quelle successive; le prove che danno loro modo di essere un esempio vivente degli alti principi morali contenuti negli Scritti bahá’í. Infatti il Custode scrisse dei giovani bahá’í: sono loro che ‘possono dare un decisivo contributo alla forza, alla purezza e alla forza traente della vita della comunità bahá’í’, e da loro ‘dipendono il futuro orientamento dei suoi destini e il completo sviluppo delle potenzialità di cui Iddio l’ha dotata’. Studiando a scuola o all’università i giovani bahá’í si troveranno spesso nella posizione insolita e leggermente imbarazzante di avere su certi temi una visione più profonda dei propri istruttori. Tanti sono gli aspetti della vita e del sapere umani, illuminati dagli Insegnamenti di Bahá’u’lláh, che il bahá’í deve imparare, prima ancora di molti altri, a soppesare le informazioni che gli vengono date piuttosto che accettarle ciecamente. Il bahá’í ha il vantaggio di conoscere la Rivelazione Divina per questa età, la quale illumina come un faro molti problemi che turbano i moderni pensatori; egli deve perciò imparare ad apprendere ogni cosa da coloro che lo circondano, mostrando vera umiltà davanti ai suoi insegnanti, ma sempre confrontando ciò che sente con gli insegnamenti bahá’í, poiché essi gli permettono di estrarre l’oro dall’orpello dell’errore umano.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia ai Giovani Bahá’í in ogni paese, 10 giugno 1966. Gioventù Bahá’í, pp. 27-28 e 30-31) XV. DOTAZIONI LOCALI E NAZIONALI 722. *Un terreno di dotazione utilizzato quale sito di ?a?íratu’l-Quds cessa di essere una dotazione in senso bahá’í «La Casa Universale di Giustizia ha ricevuto la vostra lettera del 15 luglio riguardo all’utilizzazione di una dotazione locale quale sede dell’ ?a?íratu’l-Quds e ci ha dato istruzione di rispondervi come segue: Le dotazioni*, locali e nazionali, normalmente sono proprietà detenute in nome dell’Assemblea Spirituale Nazionale o Locale come un investimento o un bene patrimoniale. L’?a?íratu’l-Quds ed il terreno su cui sorge non possono essere considerati una dotazione, poiché questa è un’istituzione separata. Quindi, se un terreno di dotazione è utilizzato per la sede dell’?a?íratu’l-Quds, cessa di essere una dotazione in senso bahá’í. Ove un lotto di terreno, posseduto come dotazione, è abbastanza grande per essere suddiviso, è consentito che una parte resti una dotazione e l’altra diventi il sito dell’?a?iratu’l-Quds, sempre che venga effettuata una netta delimitazione che consenta di distinguere chiaramente le due parti. La delimitazione, che deve essere annotata sui registri dell’Assemblea e segnata sullo stesso terreno, è una questione interna e non occorre registrarla nell’Ufficio del Catasto dei terreno.» (Lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’Alaska, 11 agosto 1974: Il termine “Dotazione bahá’í, in senso generale, naturalmente può essere applicato a tutte le proprietà detenute in nome della Fede - vedi: Dio Passa nel Mondo, p. 347. In questa lettera il termine è usato con riferimento a proprietà di norme menzionate come mete di un piano d’insegnamento e consolidamento ed acquistate allo specifico scopo d’essere un investimento per la Fede). *(Vedi anche: ?a?íratu’l-Quds) 723. Dotazioni nazionali «Una dotazione nazionale deve essere considerata come un investimento in beni reali di proprietà dell’Assemblea Spirituale Nazionale. Può essere in qualsiasi parte del paese, ed essere un pezzo di terreno piccolo e di poco valore donato da un amico, oppure acquistato dall’Assemblea senza intaccare il Fondo Nazionale.» (Dal Messaggio della Casa Universale di Giustizia a tutte le Assemblee Spirituali Nazionali, Naw-Rúz 1974) 724. Dotazioni Locali «...Dotazione locale può essere anche un piccolo pezzo di terreno; può essere stato acquistato dall’Assemblea Spirituale Locale o più spesso essere il dono di uno o più credenti. Se l’Assemblea Locale è riconosciuta legalmente, la dotazione deve essere registrata a suo nome, altrimenti può essere tenuta da uno o più credenti a nome della comunità. Per esempio, se un credente dona un piccolo pezzo di terreno, può continuare a tenerlo a suo nome, ma deve essere noto che lo fa per conto dell’Assemblea Spirituale Locale, alla quale - quando sarà possibile - ne sarà trasferita la proprietà legale.» (Ibidem) 725. Terreno di dotazione: vi si può edificare una struttura temporanea «Un terreno di dotazione non può essere utilizzato, allo stesso tempo, come un’altra proprietà bahá’í, quale un ?a?íratu’l-Quds o un Istituto d’Insegnamento. Non vi sono obiezioni, comunque, ad erigervi una struttura temporanea, per consentire agli amici di visitarla o tenervi riunioni, a condizione che se quella utilizzazione diventa permanente, venga acquistata una nuova dotazione.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia ad una Assemblea Spirituale Nazionale, 30 luglio 1971) 726. Un terreno di dotazione deve essere considerato un investimento per le Assemblee Locali «...Il principio da rispettare è che un terreno di dotazione non deve essere utilizzato per nessun altro scopo bahá’í e deve essere considerato come un investimento a futuro beneficio e vantaggio dell’Assemblea Spirituale Locale. Se l’appezzamento è abbastanza grande da non essere tutto necessario come dotazione, è consentito lasciarne una parte come dotazione e il rimanente destinarlo ad uso di scuola estiva. In tal caso dovrà essere tracciata una linea di demarcazione fra la parte da considerarsi dotazione e quella ad uso di scuola estiva o invernale. Questa demarcazione, da annotarsi nella documentazione d’Assemblea e da tracciare materialmente sul terreno, è una questione interna e non è necessario farla iscrivere nei Registri Catastali.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale della Colombia, 15 aprile 1979) 727. Possibilità di utilizzare le proprietà di dotazione per servizi sportivi o per ottenere proventi per il lavoro della Fede «In risposta alla vostra lettera del 29 agosto 1985 nella quale chiedete delucidazioni sulle proprietà di dotazione, siamo stati incaricati di dirvi che vanno considerate un investimento a futuro beneficio della comunità bahá’í e quindi non devono essere utilizzate per scuole estive, conferenze o altri eventi bahá’í, se non in via temporanea. La Casa Universale di Giustizia, comunque, non vede alcuna ragione perché non debbano essere coltivate o altrimenti valorizzate per ottenere proventi, impiegando questi o gli utili del capitale per il lavoro generale della Fede.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale del Guatemala, 30 settembre 1985) 728. Sommario dei principi che devono guidare l’accettazione di un terreno gratuito per uso bahá’í «La Casa Universale di Giustizia ci ha incaricato di rispondere alla vostra lettera del 20 agosto 1985 relativa alla possibilità di ottenere gratuitamente dallo Stato un appezzamento di terreno per costruirvi l’ ?a?íratu’l-Quds, comunicandovi i seguenti principi che devono guidare qualunque decisione prenderete a riguardo: 1. Il principio di non accettare donazioni da parte di non bahá’í per scopi strettamente bahá’í si applica anche alle assegnazioni gratuite di terreni da parte di non bahá’í, siano individui, istituzioni o organi governativi. 2. È consentito, comunque, accettare gratuitamente pezzi di terreno da autorità di governo o civiche, se sono da destinare a cimiteri bahá’í o ad opere di carattere filantropico ed umanitario, come scuole. 3. Nei paesi dove l’unico mezzo per entrare in possesso di beni è quello di ottenere dalle autorità l’uso gratuito di un terreno, non vi sono obiezioni alla sua assegnazione (che esclude la proprietà) allo scopo di costruirvi istituzioni di natura squisitamente bahá’í, come ?a?íratu’l-Quds, Scuole Estive o Istituti d’Insegnamento. 4. Se il governo fa donazioni di terreno a tutte le comunità religiose in riconoscimento del loro status di enti religiosi del Paese, i bahá’í possono accettare queste proprietà alle condizioni previste dai suddetti punti 1 e 2. Occorre chiarire alle autorità governative che la creazione di istituzioni filantropiche o umanitarie sarà intrapresa solo in presenza di favorevoli condizioni.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad un’Assemblea Spirituale Nazionale, 19 settembre 1985) XVI. LA FAMIGLIA A. Rapporti familiari* 729. Vincoli familiari «Per quanto profondi possano essere i vincoli familiari, dobbiamo sempre ricordare che i legami spirituali sono assai più profondi; essi sono eterni e sopravvivono alla morte, mentre i legami fisici, che non siano sorretti da nodi spirituali, sono confinati a questa vita. Ella deve fare tutto il possibile, con la preghiera e con l’esempio, per aprire gli occhi della sua famiglia alla Fede Bahá’í, ma non si dolga troppo per le loro azioni. Si volga ai suoi fratelli e sorelle bahá’í che vivono con lei nella luce del Regno.» (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 8 maggio 1942, Vita familiare, p. 101, n. 64) «Non siate soddisfatti finché chiunque abbia rapporti con voi non diventi come un membro della vostra famiglia... se potete giungere a questo le vostre difficoltà svaniranno e saprete come comportarvi.» (‘Abdu’l-Bahá, Guida per una vita bahá’í, p. 27) *(Vedi anche: B. Rapporti fra genitori e figli) 730. La famiglia: un tipo speciale di comunità - Ogni membro ha diritti e doveri «Ma la famiglia è un tipo di ‘comunità’ assai speciale. Il Dipartimento per le Ricerche non si è imbattuto in alcuna affermazione che indichi specificatamente il padre quale responsabile della ‘sicurezza, del progresso e dell’unità della famiglia’, come viene affermato nel libro di Bahíyyíh Nakhjavání, ma da alcune delle responsabilità che gli sono affidate si può arguire che egli può essere considerato il ‘capo’ della famiglia. Tutti i membri della famiglia hanno doveri e responsabilità reciproci e verso la famiglia, e questi doveri e responsabilità variano da membro a membro a seconda dei loro rapporti naturali. I genitori hanno il dovere perentorio di educare i figli - non viceversa: i figli hanno il dovere di obbedire ai genitori - i genitori non obbediscono ai figli; la madre - non il padre - partorisce, nutre i figli nella prima infanzia e ne è così la prima educatrice; quindi le figlie hanno un diritto prioritario all’educazione rispetto ai figli e, come il segretario del Custode ha scritto a suo nome, ‘Il compito di educare i bambini bahá’í, come sottolineato più volte negli Scritti bahá’í, è il principale dovere delle madri, che hanno il privilegio impareggiabile di creare nell’ambiente familiare quelle condizioni che conducono al benessere e al progresso tanto materiale quanto spirituale dei figli. L’educazione che il bambino riceve in primo luogo attraverso la madre costituisce la più solida base per il suo sviluppo futuro’. Un corollario di questa responsabilità della madre è il suo diritto di essere mantenuta dal marito - il marito non ha alcun esplicito diritto di essere mantenuto dalla moglie. Questo principio della responsabilità del marito di provvedere alla famiglia e di proteggerla lo troviamo applicato anche nella legge della successione ab-intestato, la quale prevede che, alla morte del padre, la casa della famiglia passi non alla vedova, ma al figlio maggiore; il figlio ha nello stesso tempo la responsabilità di prendersi cura della madre.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale della Nuova Zelanda, 28 dicembre 1980. Compilazione, Vita Familiare, pp. 115-116, n. 99) 731. La famiglia progredisce quando vi è unità «Notate com’è agevole la conduzione degli affari in una famiglia dove esiste l’unità; quale progresso fanno i suoi componenti; come prosperano nel mondo. Le loro faccende sono in ordine, essi sono tranquilli, sereni, sicuri, la loro posizione è solida, sono invidiati da tutti. Tale famiglia non fa altro che guadagnarsi prestigio e onore duraturo, giorno dopo giorno!...» (‘Abdu’l-Bahá: Antologia, p. 262, n. 221) «Se in una famiglia sono palesi l’amore e la concordia, quella famiglia progredisce, diviene illuminata e spirituale, ma se vi sono inimicizia e odio, è inevitabile che si distrugga e si disperda.» (‘Abdu’l-Bahá: The Promulgation of Universal Peace. Compilazione Vita Familiare, p. 91, n. 41) 732. Bahá’u’lláh ha predisposto la strada per rimuovere ostilità e dissensi dal mondo «Considerate i danni della discordia e del dissenso nella famiglia; riflettete poi sui favori e sulle grazie che vi discendono quando fra i suoi vari membri esista l’unità. Quali incalcolabili benefici e benedizioni per la grande famiglia umana se vi si instaurassero l’unità e la fraternità! In questo secolo in cui i vantaggi dell’unità e i malanni della discordia sono così chiaramente palesi, sono apparsi nel mondo gli strumenti per conseguire e realizzare la fratellanza umana. La Sacra Maestà di Bahá’u’lláh ha proclamato e predisposto la strada onde ostilità e dissensi possano essere rimossi dal mondo umano. Egli non ha lasciato ragioni o possibilità di lotte e discordie. Per primo Egli ha proclamato l’unità della razza umana e speciali insegnamenti religiosi per le attuali condizioni umane.» (‘Abdu’l-Bahá: Star of the West, Compilazione Vita Familiare, p. 91, n. 41) 733. È importante per l’uomo farsi una famiglia «È oltremodo importante che l’uomo si faccia una famiglia. Finché è giovane, a causa dell’autocompiacimento giovanile egli non ne comprende il significato, ma quando invecchia ciò sarà per lui fonte di rammarico... In questa Causa gloriosa la vita di una coppia di sposi deve rassomigliare alla vita degli angeli in cielo - una vita colma di gioia e di delizia spirituale, una vita di unità e concordia, un’amicizia mentale e fisica. Sia ben ordinata e organizzata la loro casa; e le loro idee e pensieri, quali raggi del sole della verità e fulgore delle lucenti stelle del cielo. Come due uccelli gorgheggino sui rami dell’albero dell’amicizia e dell’armonia: sempre inebriati di gioia e letizia, fonte di felicità per gli altri cuori. Siano d’esempio per il prossimo, manifestino reciprocamente vero e sincero amore ed educhino i loro figli in tal guisa da dar lustro alla fama e alla gloria della loro famiglia.» (Da un discorso di ‘Abdu’l-Bahá. Compilazione Vita familiare, p. 92, n. 43) 734. Chiavi per il rafforzamento della famiglia «Il rapporto fra marito e moglie va visto nel contesto dell’ideale bahá’í di vita familiare. Bahá’u’lláh è venuto per portare l’unità del mondo, e l’unità fondamentale è quella della famiglia. Perciò, dobbiamo credere che la Fede è intesa a consolidare la famiglia, non a indebolirla, e una delle chiavi per il rafforzamento dell’unità è l’amorevole consultazione, L’atmosfera nella famiglia bahá’í e nella comunità deve esprimere ‘la nota fondamentale della Causa di Dio’ che, come ha affermato l’amato Custode, ‘non è autorità dittatoriale, sibbene umile cameratismo, non potere arbitrario, ma spirito di franca e amorevole consultazione’.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale della Nuova Zelanda, 28 dicembre 1980. Compilazione Vita familiare, p. 115, n. 99) 735. Problema “suocera” «In quanto ai rapporti tesi che intercorrono fra lei e sua suocera e a ciò che ella può fare per alleviare le situazione, riteniamo che debba perseverare, con l’aiuto e la consultazione di suo marito, nei suoi sforzi per conseguire unità nella famiglia. Dalla descrizione dell’atteggiamento ostile che sua suocera mostra verso di lei è chiaro che non sarà un compito facile. Ma l’importante è che ella, come bahá’í, ricordi l’ammonimento di ‘Abdu’l-Bahá di concentrarsi sulle buone qualità degli altri e sappia che questo atteggiamento verso sua suocera può rafforzare la sua decisione di conseguire l’unità. La perseveranza nella preghiera le darà, inoltre, la forza di persistere nei suoi tentativi.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad un credente, 6 settembre 1970, Compilazione Vita familiare, p. 113, n. 94) 736. Una casa veramente bahá’í - Una fortezza su cui la Causa può contare «Una casa veramente bahá’í è una fortezza su cui la Causa può contare per pianificare le sue campagne. Se... e... si amano e desiderano sposarsi, Shoghi Effendi non vuole che essi pensino che così facendo si privino del privilegio di servire. Non v’è nulla di più bello di un matrimonio fra giovani bahá’í, che pongono le basi di una famiglia veramente bahá’í, come vuole Bahá’u’lláh...» (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 6 novembre 1932. Compilazione Vita familiare, p. 96. n. 49) 737. La famiglia è un’istituzione che Bahá’u’lláh è venuto a consolidare e non a indebolire «Certo Shoghi Effendi sarebbe lieto di vedere lei e gli altri credenti dedicare tutto il loro tempo e le loro energie alla Causa, perché v’è grande bisogno di operatori competenti, ma la famiglia è un’istituzione che Bahá’u’lláh è venuto a consolidare, non a indebolire. Nelle case bahá’í sono accaduti molti fatti incresciosi, e solo per negligenza a tal proposito. Serva la Causa, ma ricordi anche i doveri domestici. Sta a lei trovare l’equilibrio e fare in modo che l’una non le faccia trascurare gli altri. Avremmo molti più mariti nella Causa, se le mogli fossero più accorte e moderate nelle loro attività bahá’í.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad una credente, 14 maggio 1929, Compilazione Vita familiare, p. 96, n. 48) 738. Preservare la famiglia bahá’í: armonia, unità e amore, supremi ideali nei rapporti umani «Quando c’è una famiglia bahá’í, gli interessati devono fare quello che possono con ogni mezzo per preservarla, perché negli Insegnamenti il divorzio è fermamente condannato, mentre l’armonia, l’unità e l’amore sono sostenuti quali supremi ideali nei rapporti umani. Questo vale per tutti i bahá’í, pionieri o no.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’America Centrale, 9 novembre 1956, Compilazione Vita familiare, p. 110, n. 91) 739. Diritti e prerogative di ciascun membro della famiglia «Secondo gli insegnamenti di Bahá’u’lláh, la famiglia, essendo una unità umana, deve essere educata secondo le regole della santità. Alla famiglia bisogna insegnare ogni virtù. Bisogna sempre tenere in considerazione l’unità del legame familiare e non bisogna violare i diritti dei singoli membri: i diritti del figlio, del padre, della madre, non si deve violare nessun diritto; nessun diritto deve essere arbitrario. Come il figlio ha certi obblighi verso il padre, così il padre ha certi obblighi verso il figlio. La madre, la sorella e gli altri membri della famiglia hanno certe prerogative. Tutti questi diritti e prerogative devono essere conservati, ma si deve sostenere l’unità della famiglia. Il male di uno sarà considerato un male per tutti; il bene di uno, un bene per tutti; l’onore di uno, l’onore di tutti.» (‘Abdu’l-Bahá: The Promulgation of Universal Peace, Compilazione Vita familiare, p. 90, n. 37) 740. Violenza in famiglia «Nessuna specifica dichiarazione sulla violenza in famiglia è emersa dagli Scritti; comunque, la Casa di Giustizia ritiene che l’assenza di peculiari riferimenti a questo argomento non debba essere interpretato come carenza nella Fede della guida necessaria per trattare i problemi citati nella vostra lettera. Gli atti di violenza possono appropriatamente essere considerati come la negazione dell’insistente enfasi data alla concordia, alla comprensione ed all’unità, cuore degli Insegnamenti bahá’í, e gli Scritti sacri sono pieni di consigli sul come conseguire questi obiettivi positivi. Nella Tavola del Mondo Bahá’u’lláh afferma: “... I tratti distintivi dell’eccellenza di questa Rivelazione Suprema consistono nell’aver Noi, da un canto, cancellato dalle pagine del Sacro Libro di Dio tutto ciò che è stato ragione di discordia, malvagità e cattiveria fra i figli degli uomini e, dell’altro, decretato i requisiti essenziali della concordia, comprensione e dell’unità completa ed eterna. Felici coloro che osservano i Miei statuti!” “In altra parte della stessa Tavola alle “genti di Dio” è stato proibito di “impegnarsi in polemiche e conflitti”. Alla luce di queste affermazioni e dell’accento posto da Bahá’u’lláh e da ‘Abdu’l-Bahá sull’amore e l’armonia, quali elementi caratteristici del matrimonio, la cui legge viene descritta da Bahá’u’lláh come “una fortezza di benessere e salvazione”, ed alla luce delle esortazioni di ‘Abdu’l-Bahá secondo cui ciascun membro della famiglia deve rispettare i diritti degli altri, appare ovvio che la violenza nella famiglia è antitetica allo spirito della Fede e la sua pratica deve essere condannata. Se vogliamo che la struttura generale della società resti intatta, occorre fare sforzi risoluti, compresi - se necessario - quelli medici per contenere gli atti di aggressione all’interno della famiglia, ed in modo particolare le loro forme estreme, quali percosse alla moglie e maltrattamento dei figli da parte dei genitori. Questa è una questione di fondamentale importanza, perché, se gli amici non sono in grado di mantenere l’armonia in famiglia, su quali altri basi sperano di dimostrare ad un mondo scettico l’efficacia del carattere preminente della Rivelazione di Bahá’u’lláh? Quale influenza possono sperare di esercitare sullo sviluppo delle nazioni e l’edificazione della pace mondiale? La seguente dichiarazione dell’amato Maestro chiarisce questi punti: “...Paragona le nazioni del mondo ai membri di una famiglia. Una famiglia è una nazione in miniatura. Semplicemente allargando la cerchia delle famiglie si ha la nazione. Allargando la cerchia delle nazioni si ha tutta l’umanità. Le condizioni che circondano la famiglia circondano la nazione. Gli avvenimenti della vita familiare sono gli avvenimenti della vita della nazione. Vi sarebbe progresso e miglioramento in una famiglia se fra i suoi membri insorgessero discordie, aggressività, reciproche ruberie, gelosie, vendette delle offese e ricerca del profitto personale? Al contrario tutto ciò causerebbe regresso e ritardo. Lo stesso si verifica nella grande famiglia delle nazioni, perché le nazioni non sono altro che un insieme di famiglie...”.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad un’Assemblea Spirituale Nazionale, 22 settembre 1983) 741. L’amore può trasformare la persona meschina e gretta in anima celestiale «Il Custode... si è davvero molto dispiaciuto nell’apprendere che lei sta incontrando la dura opposizione di suo marito per la sua adesione alla Causa. Capisce molto bene la terribile condizione in cui si trova, ma confida che Bahá’u’lláh la stia guidando sulla retta via, assistendola ed incoraggiandola continuamente nei suoi sforzi per risolvere il più serio ed impegnativo problema della sua vita. La salda devozione e l’incrollabile lealtà, che ella ha finora in modo così splendido dimostrato verso la Fede, sono veramente notevoli e degni di grandissima lode ed ammirazione. Le persecuzioni che ora sopporta hanno solo questo grande vantaggio: accrescere la sua fede nella Causa, rinfocolare e rinnovare le sue energie al suo servizio. Deve quindi rallegrarsi ed accettare di buon grado quelle sofferenze poiché servono a risvegliare maggiormente la sua consapevolezza di essere membro del Nuovo Ordine Mondiale di Bahá’u’lláh. Il Custode desidera che io le raccomandi di pazientare e confidare, e soprattutto di contraccambiare con massimo amore e gentilezza tutta l’ostilità e l’odio che riceve da suo marito. Per i bahá’í un atteggiamento conciliante ed amichevole è, in questi casi, non solo un dovere, ma anche la maniera più efficace per conquistare alla Causa la simpatia e l’ammirazione di antichi oppositori e nemici. In effetti l’amore è il più elisir capace di trasformare le persone più meschine e grette in anime celestiali. Valga il suo esempio quale ulteriore conferma della verità di questo bell’insegnamento della nostra Fede.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad una credente, 6 dicembre 1935. Parzialmente in compilazione Vita familiare, p. 97, n. 52) 742. Essere pazienti con il coniuge non bahá’í ed attrarlo con amorevole gentilezza, saggezza e tatto «Riguardo a suo marito che - egli si è molto dispiaciuto di sentire - pare essere così ostile alla Causa da quando è caduto sotto la cattiva influenza di Mr.... il Custode desidera che sia paziente con lui e cerchi, con amorevole gentilezza, saggezza e tatto, di conquistare la sua stima e simpatia per la Fede. Per quanto ostile sia il suo attuale atteggiamento verso la Causa e prescindendo da quanto seriamente interferisca nelle sue attività di credente, non deve mai perdere la speranza di conquistarlo alla Fede, anzi sperare perfino di guidarlo ad assisterla apertamente e fattivamente nelle sue attività bahá’í. Con il sicuro aiuto di Bahá’u’lláh e l’esempio della sua condotta, il suo compito sarà certamente facilitato e coronato da successo.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad una credente, 15 ottobre 1939) 743. Insegnare ai parenti «Egli le consiglia di non insistere nell’insegnamento a suo marito, ma piuttosto di attrarre il suo cuore con la preghiera, l’amore e l’esempio, di modo che sia costretto ad accorgersi non solo che lei è diventata una persona più felice, ma anche una moglie ed una madre migliore di prima. Spesso è molto difficile insegnare a coloro che ci sono più vicini, tuttavia il Custode pregherà fervidamente affinché suo marito e i suoi figli si uniscano a lei nel servire questa meravigliosa Causa.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad una credente, High Endeavours, Messages to Alaska, pp. 72-73) 744. Guadagnarsi il diritto di intercedere per la famiglia «Egli si è dispiaciuto nel sentire che Mrs.... non è in buone condizioni mentali. Non deve certamente rattristarsi se trova che i suoi familiari non sono ricettivi agli insegnamenti: e infatti non tutte le anime sono spiritualmente illuminate. Anche nelle famiglia dei Profeti, molti sono rimasti irredenti perfino davanti all’esempio e alla forza di persuasione della Manifestazione di Dio: perciò gli amici non devono affliggersi di fronte a queste cose, ma lasciare nelle mani di Dio il futuro di coloro che essi amano e conquistarsi, mediante il servizio e la devozione alla Fede, il diritto di intercedere alla fine per la loro rinascita spirituale.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 9 Mirza 1942. Compilazione Vita familiare, p. 101, n. 63) 745. Non ingannare i genitori o il coniuge, ma essere discreti «Gli sembra che, proprio come lei ha lasciato suo marito libero di credere o non credere in qualunque cosa gli piaccia, egli debba accordarle la medesima basilare prerogativa. Non consiste proprio nel diritto di adorare Dio nel modo che si ritiene più giusto la più grande e fondamentale libertà nel mondo? D’altro canto nessuno deve imporre le proprie convinzioni ad un altro e, se Mr.... non è d’accordo con la sua adesione alla Fede Bahá’í, lei dovrebbe condurre le sue attività non in segreto, ma neanche in modo da imporgli sempre di conoscerle. In altri termini, nell’interesse di suo marito, talvolta dovrebbe rinunciare al piacere di partecipare a Feste o riunioni, se egli volesse fare qualcosa con lei. Il Custode pensa che non sia giusto che sua figlia inganni suo padre e non gli faccia sapere d’essere bahá’í. Sempre nel suo interesse, essa, come lei, qualche volta dovrebbe evitare di partecipare alle riunioni, ma lei non può certo imporle di non credere e non accettare ciò che considera la Verità per questa Epoca! Ogni sincero credente in Dio deve inevitabilmente fare dei sacrifici, che - per quanto duri possano essere - sono insignificanti, se paragonati alla benedizione d’aver accettato Bahá’u’lláh. Questo è certamente vero per il sig. ..., il quale ha sofferto per la fermezza nella propria fede. Non possiamo rassegnarci alla cecità del mondo; tutto quello che possiamo fare è avere tatto.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad una credente, 22 settembre 1948) 746. Dovere del credente è di cercare di portare la famiglia alla Fede «...Se il credente è l’unica persona della famiglia ad aver abbracciato la Fede, è suo dovere tentare di guidare quanti più membri è possibile alla luce della guida divina. Appena una famiglia bahá’í si forma tutti i suoi membri devono sentirsi responsabili per rendere la vita collettiva familiare una realtà spirituale, animata dall’amore di Dio ed ispirate dai nobilitanti principi della Fede. Per raggiungere questo scopo occorre che la lettura degli Scritti sacri e le preghiere diventino un impegno giornaliero della famiglia. Per quanto concerne il lavoro d’insegnamento, come gli individui sono chiamati ad adottare mete, così la famiglia potrebbe adottarne delle proprie. In questo modo gli amici farebbero delle loro famiglie forti e sane unità, radiose candele per la diffusione della luce del Regno e potenti centri di attrazione delle confermazioni celesti.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia a tutte le Assemblee Spirituali Nazionali, 17 aprile 1981) 747. In presenza di ostilità di membri della famiglia, evitare antagonismi e lasciarli a se stessi «Non tutti sono pronti a ricevere la Causa, ma in ogni classe sociale vi sono anime che bramano questa nuova Divina Effusione e spiritualmente abbastanza mature per abbracciarla. I bahá’í, ciascuno secondo le proprie opportunità, devono cercare queste persone. Il Custode si duole profondamente per l’atteggiamento ostile di alcuni membri della sua famiglia verso la Causa che lei si è levata a servire, e pensa che debba fare tutto il possibile per evitare di inimicarseli, tranne, naturalmente, che rinunciare alla sua Fede e diventare inattiva. Poiché non riesce ad indurli d’interessarsi ad essa, la miglior cosa da fare è ciò che il Maestro consigliava in questi casi: lasciarli in balia di se stessi e pregare per loro. Stia certo che il Custode pregherà anche per la loro illuminazione. Diverse persone, dopo essersi aspramente opposte alla Fede, sono state alla fine conquistate dalla pazienza, dall’amore, dal tatto e dalle preghiere dei loro parenti o amici bahá’í.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 14 ottobre 1943) B. Rapporti fra marito e moglie 748. Chiavi per il rafforzamento della famiglia «Il rapporto fra marito e moglie va visto nel contesto dell’ideale bahá’í di vita familiare. Bahá’u’lláh è venuto per portare l’unità del mondo, e l’unità fondamentale è quella della famiglia. Perciò, dobbiamo credere che la Fede è intesa a consolidare la famiglia, non a indebolirla, e una delle chiavi per il rafforzamento dell’unità è l’amorevole consultazione. L’atmosfera nella famiglia bahá’í e nella comunità deve esprimere la “nota fondamentale della Causa di Dio” che, come ha affermato l’amato Custode, “non è autorità dittatoriale, sibbene umile cameratismo, non potere arbitrario, ma spirito di franca e amorevole consultazione”. (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale della Nuova Zelanda, 28 dicembre 1980. Compilazione Vita familiare, p. 115, n. 99) 749. Onore e privilegio decretati per le donne: Obbedienza al marito «È in questo contesto di doveri e responsabilità reciproche e complementari che si deve leggere la Tavola in cui ‘Abdu’l-Bahá proferisce la seguente esortazione: “O Ancelle del Signore Che da Sé esiste! Prodigatevi, sì che possiate conseguire l’onore e il privilegio decretati per le donne. Indubbiamente la gloria suprema delle donne è la servitù alla Sua soglia e la sottomissione alla Sua porta; è il possesso di un cuore vigile e la lode dell’incomparabile Iddio; è sincero amore verso le altre ancelle e immacolata castità; è obbedienza e rispetto verso il marito, educazione e cura dei figli; ed è tranquillità e dignità, perseveranza nel rimembrare il Signore, massimo ardore e attrazione.” (Ibidem. Compilazione Vita familiare, p. 116, n. 99) 750. Il dominio del marito e della moglie non è giusto «Questa esortazione al sommo grado di spiritualità e abnegazione non va letta come una definizione legale che conferisce al marito autorità assoluta sulla moglie; perché, in una lettera scritta a un credente il 22 luglio 1943, il segretario dell’amato Custode scrisse a suo nome: “Il Custode, nelle sue osservazioni... sui rapporti tra genitori e figli, tra moglie e marito, in America, voleva dire che in codesto paese i bambini tendono ad essere troppo indipendenti dai desideri dei loro genitori e a non portare loro il dovuto rispetto. Anche le mogli, talvolta sono inclini a dominare troppo sui mariti - il che, ovviamente non è corretto, come non lo è che il marito domini ingiustamente sulla moglie”.» (Ibidem. Compilazione Vita Familiare, pp. 116-117, n. 99) 751. Talvolta la moglie deve rimettersi al marito e viceversa «In ogni gruppo, per quanto amorevole sia la consultazione, vi sono tuttavia alcuni punti sui quali, di tanto in tanto, è impossibile raggiungere l’accordo. In un’Assemblea Spirituale il dilemma si risolve con un voto di maggioranza. Ma quando le parti interessate siano solo due, come nel caso di marito e moglie, non c’è voto di maggioranza. Pertanto talvolta è la moglie che deve rimettersi al marito e talvolta è il marito che deve rimettersi alla moglie, ma nessuno dei due dovrà mai ingiustamente dominare l’altro. In breve, il rapporto fra marito e moglie deve essere, com’è scritto nella preghiera rivelata da ‘Abdu’l-Bahá che viene spesso letta durante le cerimonie nuziali bahá’í: “In verità essi si sono sposati in obbedienza al Tuo comandamento. Concedi loro di divenire segni di armonia e dell’unità fino alla fine dei tempi.*”» *(Preghiere Bahá’í, p. 195) (Ibidem. Compilazione Vita familiare, p. 117, n. 99) 752. Nella Tavola del Mondo è previsto che donne e uomini si guadagnino la vita «Nella Tavola del Mondo, Bahá’u’lláh ha previsto che le donne si guadagnino la vita come gli uomini quando affermò: “Tutti, uomini e donne, devono affidare a una persona di fiducia parte di ciò che guadagnano con il commercio, l’agricoltura o altra occupazione, perché sia spesa allo scopo di educare e istruire i fanciulli, tenendone informati i Fiduciari della Casa di Giustizia”. » (Tavole di Bahá’u’lláh, p. 83) «Un importantissimo elemento nel conseguimento di questa parità è la disposizione di Bahá’u’lláh perciò ragazzi e ragazze devono seguire essenzialmente lo stesso programma scolastico.» (Ibidem. Compilazione Vita Familiare, P. 118, n. 99) 753. Amore fra marito e moglie «Gli amici di Dio devono così vivere e comportarsi, e mostrare tale eccellenza di carattere e di condotta, sì da strabiliare gli altri. L’amore tra marito e moglie non deve essere puramente fisico, sibbene spirituale e celestiale. Si reputino queste due anime un’anima sola. Sarebbe ben difficile dividere un’anima! Certo, ben difficile! In breve, il Regno di Dio si fonda sull’armonia e sull’amore, sull’unità, sulle relazioni e sull’amore, non sulle divergenze, specie fra marito e moglie.» (‘Abdu’l-Bahá, Compilazione Vita familiare, pp. 83-84, n. 23) 754. L’Istituzione del matrimonio «L’Istituzione del matrimonio, creata da Bahá’u’lláh, attribuisce la debita importanza all’aspetto fisico dell’unione coniugale che, però, considera in subordine rispetto agli scopi e alle funzioni morali e spirituali di cui l’Onnisciente e amorosa Provvidenza l’ha investita. Solo quando si riconosca il dovuto peso di ciascuno di questi differenti valori, e si subordini il materiale al morale, e il carnale allo spirituale, si possono evitare quegli eccessi e quel lassismo nelle relazioni coniugali che la nostra società ha la sventura di conoscere, e la vita familiare riacquisterà la sua autentica purezza, svolgendo la vera funzione per cui Iddio l’ha istituita.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 8 maggio 1939, Compilazione Vita Familiare, p. 99. N. 56) 755. Marito e moglie come un’anima sola «...Il Signore, impareggiabile qual é, ha creato uomo e donna perché dimorino assieme nella più stretta amicizia, quasi fossero un’anima sola. Essi sono due compagni, due amici intimi, tenuti a preoccuparsi del reciproco benessere. Se così vivranno, attraverseranno questo mondo in perfetto appagamento, beatitudine e pace di cuore e nel Regno dei Cieli diverranno ricettacoli della grazia e del favore di Dio. Ma se agiranno altrimenti, consumeranno la vita in grande amarezza, desiderosi sempre di morte, e nel regno celeste ne sentiranno vergogna. Sforzatevi, ordunque, di rimanere assieme, anima e corpo, come due colombi nel nido, poiché ne trarrete benedizioni in entrambi i mondi.» (‘Abdu’l-Bahá, Antologia, p. 120, n. 92) 756. La moglie tratti il marito con gentilezza «In quanto al tuo onorato marito: è doveroso che tu lo tratti con grande gentilezza, che tu tenga conto dei suoi desideri e sii con lui sempre conciliante, finché egli non veda che - essendoti rivolta verso il Regno di Dio - la tua tenerezza verso di lui, il tuo amore per Dio, nonché la tua sollecitudine ai suoi desideri in ogni circostanza sono cresciuti.» (‘Abdu’l-Bahá, Antologia, p. 120, n. 91) 757. Sopportare crudeltà, maltrattamenti e mostrare gentilezza «Abbi caro tuo marito e mostrati sempre amabile con lui, per quanto irascibile egli possa essere. E se la tua amorevole gentilezza lo inasprisce, ebbene mostrati ancora più gentile, più tenera, più amorevole e sopportane le crudeltà e i maltrattamenti.» (‘Abdu’l-Bahá, Compilazione Vita Familiare, p. 87, n. 33) 758. Invocare l’aiuto di Bahá’u’lláh e pensare a ‘Abdu’l-Bahá come esempio perfetto «Egli ritiene che ella debba assolutamente mostrare verso suo marito massimo amore e simpatia; se mai siamo incerti su come comportarci quali bahá’í, dobbiamo pensare ad ‘Abdu’l-Bahá e studiare la Sua vita e chiederci che cosa lui avrebbe fatto, perché il nostro esempio perfetto sotto ogni aspetto è Lui. E lei sa quanto tenero Egli fosse e come il Suo affetto e la Sua gentilezza risplendessero per tutti come il sole. Suo figlio e suo marito hanno il diritto al suo amore e le danno una splendida occasione per dimostrare la sua fede nella Causa. Deve anche invocare l’aiuto di Bahá’u’lláh, affinché l’unisca a suo marito e faccia della sua casa una vera casa, una casa felice.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 16 Mirza 1946. Compilazione Vita Familiare, p. 103, n. 69) 759. Incombe ai bahá’í di fare sforzi sovrumani per evitare il divorzio * «Egli ritiene che ella debba ad ogni costo fare tutto il possibile per salvare il suo matrimonio, soprattutto per i suoi figli che, come tutti i figli di persone divorziate, non avranno altro che da soffrire a causa di lealtà contraddittorie, poiché sono privati della grazia di una madre e di un padre in una medesima casa, che si curino dei loro interessi e, uniti, li amino. Ora che si rende conto che suo marito è ammalato, deve essere capace di rassegnarsi alle difficoltà che ha affrontato con lui emotivamente e non deve assumere un atteggiamento intransigente, per grande che sia la sua sofferenza. Sappiamo che Bahá’u’lláh ha aspramente riprovato il divorzio; e realmente i bahá’í hanno il dovere di fare sforzi quasi sovrumani per non permettere che un matrimonio si sciolga.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad una credente, 6 Mirza 1953. Compilazione Vita Familiare, p. 107, n. 81) * (Vedi anche il capitolo Divorzio) C. Antenati e discendenti 760. La fede del credente attrae la misericordia di Dio verso le anime dei genitori «Riguardo alla sua domanda circa gli ascendenti ed i discendenti, siamo stati incaricati di dirle che, mentre vi sono Tavole in cui Bahá’u’lláh afferma che la fede nella Manifestazione di Dio da parte di un credente attrae la Misericordia di Dio sulle anime dei suoi genitori defunti, la Casa di Giustizia non conosce nessun passo degli Scritti bahá’í a sostegno dell’affermazione secondo cui le sette generazioni precedenti di un credente e le sette seguenti sono benedette da quando egli diventa bahá’í. Lei forse conosce anche le seguenti affermazioni ‘Abdu’l-Bahá: ‘è quindi consentito chiedere a Dio progresso, perdono, misericordia, benefici e benedizioni per una persona dopo la sua morte...; perciò i figli... devono implorare perdono e misericordia per i loro genitori” (Da Le Lezioni di San Giovanni D’Acri, pp. 289-290) (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad un credente, 23 febbraio 1978) 761. Il credente sincero può intercedere per i suoi avi* «Non possiamo prendere troppo alla lettera l’insegnamento secondo il quale un credente che rimanga incrollabile fino alla fine della sua vita sarà lo strumento del risveglio spirituale di tutti i suoi antenati, soprattutto perché è riferito e non si trova in forma autentica. Ma possiamo essere certi che il credente sincero e fedele può intercedere per i suoi avi e assisterli nel loro sviluppo meglio di quanto potrebbe se non fosse spiritualmente illuminato.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 12 dicembre 1942) *(Vedi anche il paragrafo 699) D. Rapporti fra genitori e figli 762. Il più importante di tutti i doveri dopo il riconoscimento di Dio: Tenere in debita considerazione i diritti dei genitori «I frutti dell’albero dell’esistenza sono la fidatezza, la lealtà, la veracità e la purezza. Dopo il riconoscimento dell’unicità del Signore, esaltato Egli sia, il più importante fra tutti i doveri è quello di tenere in debita considerazione i diritti dei propri genitori. Questo fatto è stato menzionato in tutti i Libri di Dio.» (Bahá’u’lláh: Compilazione Vita Familiare, p. 15, n.°14) 763. Se i figli non obbediscono ai genitori... non obbediranno a Dio «I genitori devono fare tutto il possibile per allevare i propri figli in modo che siano religiosi, perché, se non otterranno questo sommo ornamento i figli non obbediranno ai genitori, la qual cosa, in un certo senso, significa che non obbediranno a Dio. In verità, quei bambini non mostreranno rispetto verso nessuno e faranno esattamente quel che vorranno.» (Bahá’u’lláh: Compilazione Educazione Bahá’í, p. 15, n. 14) 764. Il figlio deve servire il padre «Abbiamo ingiunto ad ogni figlio di servire il padre. Così abbiamo Noi decretato questo ordine nel Libro.» (Bahá’u’lláh: Compilazione Educazione Familiare, p. 73, n. 3) 765. Consultazione tra padre e figlio «In quanto alla tua domanda sulla consultazione fra padre e figlio, o figlio e padre, su problemi di lavoro o di commercio: la consultazione è uno degli elementi basilari delle fondamenta della Legge di Dio. Tale consultazione è certamente accettabile, sia fra padri e figli, sia fra altre persone. Non vi è nulla di meglio. Gli uomini devono consultarsi su ogni cosa, perché ciò li guiderà ad approfondire ogni problema e permetterà loro di trovare la giusta soluzione.» (‘Abdu’l-Bahá: Compilazione Vita Familiare, p. 85, n. 30) 766. Il padre deve consigliare il figlio*; il figlio deve obbedire al padre «Il padre deve sempre sforzarsi di educare il figlio e di renderlo edotto dei precetti celestiali. Deve sempre consigliarlo ed esortarlo, insegnargli contegno e carattere degni di lode, dargli agio di ricevere istruzione a scuola e di erudirsi in quelle arti e scienze che sono ritenute utili e necessarie. In breve instilli nella sua mente le virtù e le perfezioni del mondo dell’umanità, e soprattutto gli rammenti continuamente la rimembranza di Dio così che le sue pulsanti vene de arterie possano palpitare d’amor di Dio. Il figlio, d’altra parte, deve mostrare massima obbedienza verso il padre e comportarsi quale umile e modesto servitore. Giorno e notte cerchi diligentemente di provvedere all’agiatezza e alla prosperità del suo amorevole genitore e di procurarsene il beneplacito. Rinunzi al riposo e allo svago e sempre s’ingegni di recare gioia al cuore di suo padre e di sua madre, sì che ne possa ottenere il beneplacito dell’Onnipotente ed il benevolo aiuto degli eserciti dell’invisibile.» (‘Abdu’l-Bahá: Compilazione Vita Familiare, p. 86, n. 32) *(Vedi anche il paragrafo 524) 767. Rispetto per i genitori - Nessuna preclusione per il figlio di servire la Causa «Se ti mostrerai gentile e rispettoso verso i tuoi genitori così che essi possano in genere sentirsi soddisfatti, anch’io ne sarò soddisfatto, perché si deve avere grande rispetto verso i genitori ed è essenziale che essi si sentano contenti, purché non ti precludano di accedere alla Soglia dell’Onnipotente, o non t’impediscano di seguire la via del Regno. Semmai è loro dovere incoraggiarti e spronarti in questa direzione.» (‘Abdu’l-Bahá, Compilazione Vita Familiare, P. 84, n. 26) 768. Scegliere tra servire Bahá’u’lláh o servire i genitori «Ti abbiamo fatto ritornare a casa in segno della nostra Misericordia verso tua madre, avendola trovata affranta dal dolore. Vi abbiamo ingiunto nel Libro “di non adorare altri che Dio e di usare gentilezza verso i genitori “*. Così ha parlato l’unico vero Dio e il decreto è stato adempiuto dall’Onnipotente, l’Onnisciente. E perciò ti abbiamo fatto ritornare a lei e a tua sorella, affinché se ne consolassero gli occhi di tua madre ed ella fosse tra coloro che sono grati. Dite, o Mie genti! Onorate i genitori e rendete loro omaggio. Ciò farà scendere su voi benedizioni dalle nuvole della munificenza del vostro Signore, il Magnifico il Grande. Informati che fummo della sua tristezza, ti ordinammo di ritornare a lei, come segno di misericordia dalla Nostra presenza per te e monito per gli altri. Attenti a non commettere cose che rattristerebbero il cuore di vostro padre e vostra madre. Seguite la strada della Verità che è, certo, una retta via. Dovesse alcuno darvi da scegliere fra l’opportunità di rendere servigio a Me e servigio a loro, preferite servire loro e fate che tale servizio sia una via che vi conduca a Me. Questa è la Mia esortazione e il Mio comando per te. Osserva dunque ciò che il Tuo Signore, il Possente, il Benigno, ti ha prescritto.» (Bahá’u’lláh: Compilazione Vita Familiare, p. 75, n. 7) 769. È un privilegio prendersi cura dei genitori «In quanto alle domande che gli ha posto, egli è certo che, sebbene in un certo senso ella sia di peso economico per i suoi figli, tuttavia è per loro un privilegio prendersi cura di lei; è la loro madre e ha dato loro la vita e per grazia di Bahá’u’lláh essi sono ora attratti alla Sua Fede. Qualunque cosa facciano per lei non è che una piccola ricompensa per tutto ciò che ella ha fatto per loro.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad una credente, 20 settembre 1948. Compilazione Vita Familiare, p. 105, n. 76) 770. Pregare per i genitori «Si conviene che, dopo ogni preghiera, il servo supplichi Iddio di elargire misericordia e perdono ai suoi genitori. Al che si leverà l’invocazione di Dio: ‘Mille volte mille quel che hai chiesto per i tuoi genitori sarà la tua mercede!’ Benedetto è colui che ricorda i genitori quando rivolge lo spirito a Dio. In verità non v’è altro Dio che Lui, il Possente, il Beneamato.» (Il Báb: Antologia, p. 82) «O Signore! In questa Suprema Dispensazione Tu accetti l’intercessione dei figli per i genitori. Questo è uno degli speciali munifici doni di questa Dispensazione. Perciò, o gentile Signore, accetta il voto di questo tuo servo della soglia della Tua unicità e immergi suo padre nell’oceano della Tua grazia, perché questo figlio s’è levato a renderTi servizio e si prodiga di continuo nella strada del Tuo amore. In verità, Tu sei il Donatore, il Perdonatore e il Gentile.» (‘Abdu’l-Bahá: Compilazione Vita Familiare, p. 85, n. 27) 771. Il padre che non educa i figli perde i diritti di patria potestà «Questi sono i rapporti in seno alla famiglia, ma vi è una sfera di rapporti fra uomini e donne di ampiezza maggiore di quella domestica e anche qui essi vanno considerati nel contesto della società bahá’í, non nel contesto di norme sociali passate o presenti. Per esempio, pur essendo la madre la prima educatrice del figlio e la più importante influenza formativa nel suo sviluppo, nondimeno anche il padre è responsabile dell’educazione dei figli, e questa responsabilità è così grave che Bahá’u’lláh ha affermato che il padre che non l’assolva perde i diritti di patria potestà.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale della Nuova Zelanda, 28 dicembre 1980. Compilazione Vita Familiare, p. 117, n. 99) 772. La madre non deve essere necessariamente relegata in casa «Allo stesso modo, sebbene gravi sul marito la primaria responsabilità di sostenere economicamente la famiglia, ciò non implica assolutamente che la donna debba essere relegata in casa. Anzi, ‘Abdu’l-Bahá ha così affermato: “In questa Rivelazione di Bahá’u’lláh, le donne procedono di pari passo con gli uomini: non saranno lasciate indietro in nessun movimento. I loro diritti sono pari a quelli degli uomini: avranno accesso a tutti i rami amministrativi della politica; qui raggiungeranno un tale grado che sarà considerato lo stadio supremo del mondo dell’umanità e prenderanno parte a tutti gli affari”.» (‘Abdu’l-Bahá: Compilazione La Donna, p. 23, n. 23) e ancora: “Così avverrà che quando le donne parteciperanno completamente e alla pari agli affari del mondo, quando entreranno fiduciose e capaci nella grande arena della legge e della politica, la guerra cesserà”.» (‘Abdu’l-Bahá: Compilazione La Pace, p. 30 n. 34) 773. Per il pionierismo dei figli minorenni occorre il consenso dei genitori «In quanto all’affermazione del Custode che il pionierismo è condizione al consenso dei genitori e che è necessario che essi siano d’accordo, ella chiede se questa regola valga parimenti per i figli maggiorenni e minorenni. Il Custode risponde che vale solo per coloro che non sono ancora maggiorenni.» (Da una lettera scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’Iran, 18 gennaio 1943. Compilazione Vita Familiare, p. 102, n. 66) 774. Genitori e figli nel campo del pionierismo «La Casa Universale di Giustizia ha ricevuto la sua lettera del 23 giugno 1977 in cui ella esprime l’ardente desiderio suo e di suo marito di vedere i figli crescere quali attivi sostenitori della Fede ed inoltre chiede se, in considerazione delle responsabilità dei genitori bahá’í nel campo del pionierismo, le apparenti sofferenze che i figli sopportano a causa degli impegni dei genitori nel servizio alla Causa saranno in qualche modo compensate. La Casa Universale di Giustizia ci ha chiesto di comunicarle quanto segue: Nel prendere in esame questo problema è importante rammentare la realtà dell’unità della famiglia e la parte che i figli hanno nelle sue attività. In un discorso tenuto da ‘Abdu’l-Bahá in America nel 1912, Egli fece questa significativa affermazione: Secondo gl’insegnamenti di Bahá’u’lláh, la famiglia - essendo una unità umana - deve essere educata secondo le regole della santità... Bisogna sempre tenere in considerazione l’unità del legame familiare e non bisogna violare i diritti dei singoli membri: i diritti del figlio, del padre, della madre, non si deve violare nessun diritto; nessun diritto deve essere arbitrario... Tutti questi diritti e prerogative devono essere conservati, ma si deve sostenere l’unità della famiglia.» (Compilazione Educazione Bahá’í, p. 94, n. 151) È anche necessario comprendere che un figlio, fin dalla più tenera età, è un’anima cosciente e pesante, un membro della famiglia con personali doveri verso di essa, ed è in grado di fare sacrifici per la Fede in vari modi. Sarebbe opportuno che si facesse percepire ai figli che si è dato loro il privilegio e l’opportunità di partecipare alle decisioni sui servizi che i genitori sono in grado di offrire, in modo che sia una loro consapevole decisione a far sì che accettino quelli che avranno riflessi sulla loro vita. In verità si può far capire ai figli che i genitori desiderano sinceramente intraprendere quei servizi con il loro amorevole sostegno. Vi sono molti passi dagli Scritti di Bahá’u’lláh, ‘Abdu’l-Bahá e del Custode, inclusi nella compilazione Educazione Bahá’í che raccomandano che ‘si devono educare i bambini sin dall’infanzia, in modo che diventino spirituali e devoti bahá’í. Se saranno educati in questo modo, saranno salvaguardati da ogni provÀ (‘Abdu’l-Bahá, pp. 47-48, n. 67). Bahá’u’lláh Stesso ha scritto: ‘In quanto ai bambini . Abbiamo prescritto di insegnar loro dapprima le osservanze e le leggi della religione;... e le azioni che favoriscano la vittoria della Causa di Dio...’ (p. 18, n. 25). Si deve perfino educarli fin dalla tenera età a fare dei sacrifici per la Fede, come precisato da queste parole: “Abituateli a lavorare e ad ingegnarsi, e rendeteli avvezzi alla fatica. Insegnate loro a dedicare la vita a cose di grande importanza...”(‘Abdu’l-Bahá, p. 42, n. 56)» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad un credente, 23 agosto 1977) XVII. IL DIGIUNO 775. Significato spirituale del digiuno «Il periodo di digiuno, che dura I9 giorni, inizia di norma il giorno 2 Mirza di ogni anno e termina il giorno 20 dello stesso mese; comporta la completa astensione dal cibo e dalle bevande dal sorgere al tramonto del sole. È essenzialmente un periodo di meditazione di preghiera e di recupero spirituale, durante il quale il credente deve sforzarsi di riordinare la sua vita intima, e rianimare e rinvigorire le latenti forze spirituali della sua anima. Pertanto, il significato e lo scopo del digiuno sono sostanzialmente di carattere spirituale. Il digiuno è un simbolo che ci ricorda di astenerci dagli appetiti egoistici e carnali.» (Da una lettera del 10 gennaio 1936 scritta a nome di Shoghi Effendi. Bahá’í News, n. 98, Mirza I936. p.1) 776. L’osservanza del digiuno è un obbligo universale «Riguardo al digiuno di diciannove giorni: Bahá’u’lláh ha ingiunto a tutti i credenti di osservarlo dal compimento dei 15 anni fino all’età di 70. I ragazzi di tutti i paesi, nazionalità e classi, che hanno compiuto 15 anni hanno quest’obbligo. Non importa se in taluni paesi maturino più tardi che in un altro. L’ingiunzione di Bahá’u’lláh è universale e prescinde dalle differenze del raggiungimento dell’età della maturità nei vari paesi e tra popolazioni differenti. Nell’Aqdas Bahá’u’lláh permette alcune eccezioni a quest’obbligo generale: una di queste riguarda coloro che sono impiegati in lavori faticosi come gli operai dell’industria pesante. Ma, pur essendo un obbligo universale, la responsabilità della sua osservanza è stata data da Bahá’u’lláh esclusivamente al credente. Nessuna Assemblea ha il diritto di imporlo agli amici o di ritenere qualcuno responsabile di non osservarlo. Il credente, comunque, è libero di chiedere consiglio alla sua Assemblea su circostanze che potrebbero giustificare l’interruzione del digiuno, ma per nessun motivo gli è richiesto di farlo.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 9 Mirza 1937) 777. Il digiuno ha effetti salutari sia fisicamente che spiritualmente «Osservare il digiuno è ingiunto a tutti i bahá’í, a prescindere dalla loro nazionalità. Esso ha un effetto salutare sia dal punto di vista fisico che spirituale, e gli amici devono comprendere che Bahá’u’lláh non lo avrebbe mai istituito se fosse stato dannoso alla salute. (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 21 maggio 1946) 778. Seguire i consigli del medico in presenza di problemi di salute «Riguardo alla sua domanda sul digiuno: se vi è qualche possibilità che la sua osservanza nuoccia alla salute di una persona, occorre richiedere il parere di un medico qualificato. Ma, generalmente, la maggior parte delle persone in ogni parte del mondo può osservarlo senza pericolo per la salute. Anzi, fa molto bene e - una volta presa l’abitudine - diventa ogni anno più facile osservarlo, a meno che si sia fisicamente debilitati. Nessuno è obbligato ad osservarlo se realmente arreca danno.» (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 14 aprile 1947) 779. La saggezza divina nel digiuno «La saggezza divina nel digiuno è molteplice. Tra esse vi è il seguente: Poiché durante quei giorni (il periodo dei digiuno in seguito osservato, dai seguaci) la Manifestazione del Sole della Realtà, per ispirazione divina, è impegnata nella Rivelazione dei Versetti, nell’istituzione della Legge Divina e nell’ordinamento degli insegnamenti, per questo compito enorme e l’intensa attrazione non vi è l’opportunità né il tempo per mangiare e bere. Per esempio, quando Sua Santità Mosè salì sul Monte Tur (Sinai) e fu impegnato nell’istituzione della Legge di Dio, digiunò quaranta giorni. Il digiuno fu quindi ingiunto al popolo d’Israele per risvegliarlo ed ammonirlo. Allo stesso modo, Sua Santità Cristo, all’inizio dell’istituzione della Legge Spirituale, della sistemazione degli insegnamenti e della disposizione dei consigli, si astenne dal cibo e dalle bevande per quaranta giorni. All’inizio i discepoli ed i Cristiani digiunarono; in seguito le assemblee dei capi cristiani cambiarono il digiuno nelle osservanze quaresimali. Parimenti il digiuno nel mese di Ramadan divenne un dovere perché il Corano era stato rivelato durante quel mese. Nella stessa maniera Sua Santità il Supremo (il Báb), all’inizio della Manifestazione, per il grandioso effetto della rivelazione dei versetti, passò giorni durante i quali il Suo cibo consistette unicamente in un po’ di tè. Analogamente la Bellezza Benedetta (Bahá’u’lláh) quando si trovò occupata nell’istituzione degli Insegnamenti Divini, e nei giorni in cui i Versetti (La Parola di Dio) fluivano continuamente per la grande impressione prodotta dai Versi e per il fremito del Suo cuore, non prese che una minima quantità di cibo. Lo scopo è questo: per seguire l’esempio della Manifestazione Divina come ammonimento, e per commemorare il loro stato, è stato imposto alla gente di digiunare durante quei giorni. Ogni anima sincera che ama desidera provare la condizione in cui si trova il suo amato. Se quest’ultimo è afflitto desidera l’afflizione; se è gioioso desidera la gioia; se riposa, desidera riposare; se è in angustia, essa desidera l’angustia. Ora. Poiché in questo Giorno del millennio, Sua Santità il Supremo (il Báb) digiunò molti giorni, e la Bellezza Benedetta (Bahá’u’lláh) non prese cibo e bevande che in minima quantità, diviene necessario che gli amici seguano quell’esempio..». (‘Abdu’l-Bahá : Tavola dai Suoi Discorsi, di Mrs. Corinne True. Star of the West, vol. IV, n. 18, p. 305) 780. I viaggiatori sono dispensati dal digiuno: Il digiuno non è interrotto se si mangia inconsciamente. «Riguardo alla sua domanda sul digiuno: chi è in viaggio è dispensato dal digiuno, ma se vuole osservarlo è libero di farlo. La dispensa si riferisce all’intera durata del viaggio, e non solamente alle ore trascorse in treno o in auto, ecc. Se si mangia inconsciamente durante le ore di digiuno, questo non si considera interrotto, perché si è trattato di un fatto accidentale. L’età limite è 70 anni; tuttavia, se qualcuno desidera osservare il digiuno pur avendo superato questa età e si sente abbastanza in forze, è libero di farlo. Se ci si ammala durante il periodo del digiuno e lo si interrompe, ma si guarisce prima della fine, si può rinunziare ad osservarlo e portarlo a termine. Naturalmente il digiuno - come sapete - si può osservare solo nel mese riservato a questo scopo..» (Shoghi Effendi: Principles of Bahá’í Administration, pp. 9-I0) 781. Digiuno alle alte latitudini. «È vero che Bahá’u’lláh nel Kitáb-i-Aqdas ha ordinato che alle alte latitudini dove la durata del giorno e della notte varia considerevolmente, bisogna affidarsi agli orologi, piuttosto che al sorgere e al tramontare del sole. Riteniamo, però, che Dublino sia troppo a sud per l’applicazione di questa legge; quindi dovete fare riferimento all’effettivo tramonto per considerare la fine del giorno.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale delle Isole Britanniche, 8 agosto 1969) 782. Il fumo è una forma di bevanda «In una delle Sue Tavole ‘Abdu’l-Bahá, dopo aver affermato che digiunare significa astenersi da cibi e bevande, afferma categoricamente che il fumo è una forma di “bevanda”. (In arabo il verbo “bere” si usa anche per fumare). In oriente, quindi, durante le ore di digiuno, gli amici si astengono dal fumare e fanno lo stesso gli amici orientali che vivono in Occidente. Ma, come è detto nella nostra lettera all’Assemblea Spirituale Nazionale della Nuova Zelanda per ora questa regola della Legge Divina non è stata estesa agli amici occidentali e quindi non se ne deve discutere.» (Lettera della Casa Universale di Giustizia ad un credente, 15 Mirza 1972) 783. Osservanza del digiuno durante la scuola militare «Circa il consiglio richiesto da suo figlio sull’osservanza del digiuno bahá’í, il Custode, per quanto comprenda le difficoltà che deve affrontare un credente nella sua posizione frequentando la scuola militare se vuole attenersi strettamente alle norme del digiuno, nondimeno lo consiglia di fare il possibile per ottenere dalle autorità della scuola il permesso necessario. Nel caso gli venisse rifiutato non avrebbe altra alternativa che obbedire ai superiori.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 27 ottobre 1938) 784. Preghiera per il digiuno «O Dio! Poiché mi astengo dagli appetiti del corpo, né sono occupato a mangiare o bere, purifica e santifica il mio cuore e la mia vita da qualsiasi cosa che non sia il Tuo Amore; proteggi e preserva l’anima mia dalle passioni dell’io e da attributi animali. Possa così lo spirito associarsi con le Fragranze di Santità ed astenersi da tutto tranne che dalla menzione di Te.» (‘Abdu’l-Bahá, Star of the West, vol. IV, n. 18, p. 305) XVIII. TIMORE 785. Il timor di Dio ed il senso del pudore proteggono l’uomo da comportamenti sconvenienti «...In verità vi dico: Il timor di Dio è sempre stato sicura difesa e valido baluardo per tutti i popoli del mondo; è causa prima della protezione dell’umanità e strumento supremo per la sua preservazione. In verità, esiste nell’uomo una facoltà che lo tiene lontano e lo tutela da tutto ciò che è indegno e sconveniente, facoltà nota come senso del pudore. Ma essa è limitata soltanto a pochi; non tutti l’hanno posseduta e la posseggono.» (Tavole di Bahá’u’lláh, p. 58) 786. Insegnare ai bambini il timor di Dio tramite il concetto dell’unicità e delle leggi «La cosa più importante per i bambini, quella che deve precedere ogni altra cosa, è che s’insegnino loro l’unicità di Dio e le Leggi di Dio. Perché mancando questo, non si può inculcare il timor di Dio, e mancando il timor di Dio nasceranno un’infinità di azioni odiose e abominevoli e verranno espressi sentimenti che passeranno ogni limite...» (Bahá’u’lláh: Compilazione Educazione Bahá’í, p. 15 n. 14) 787. La conoscenza eliminerà in gran parte la paura «Nei tesori della scienza divina è celata una conoscenza che, quando sarà applicata, eliminerà in gran parte, anche se non del tutto, la paura. Questa conoscenza, però, dovrà essere insegnata sin dall’infanzia, poiché contribuirà ampiamente alla sua eliminazione [della paura]. Ciò che fa diminuire il timore, fa crescere il coraggio...» (Bahá’u’lláh: Epistola al Figlio del Lupo, p. 23) 788. La mancanza di fede nell’immortalità è causa di paura, di indebolimento della forza di volontà e di degrado dell’uomo «Il concetto di annientamento è un fattore del degrado umano, paura ed abiezione. Ha inoltre contribuito ad annullare ed indebolire il pensiero dell’uomo, mentre l’intuizione dell’esistenza e della continuità ha innalzato l’uomo alla sublimità degli ideali, stabilito le basi dell’umano progresso e stimolato lo sviluppo di virtù divine. Pertanto è opportuno che l’uomo abbandoni concetti di non esistenza e di morte, che sono del tutto immaginari, e concepisca se stesso sempre vivo ed eterno nello scopo divino della sua creazione. Deve scacciare le idee che degradano l’animo umano, di modo che giorno per giorno ed ora per ora possa innalzarsi e salire verso la percezione spirituale della continuità della realtà umana. Se persiste in pensieri di non esistenza diventerà totalmente incapace e, con la forza di volontà indebolita, la sua ambizione di progresso sarà ridotta e cesserà l’acquisizione di virtù umane.» (‘Abdu’l-Bahá: Bahá’í World Faith, ed. 1971, p. 265) 789. Significato del termine “Timor di Dio” «Lei ha chiesto l’esatto significato del termine “Timor di Dio” menzionato negli Scritti sacri bahá’í: spesso significa timore reverenziale, ma ha anche i significati di venerazione, terrore e paura.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 13 novembre 1940) «Non abbiamo alcun modo di sapere a quale scienza si riferisce Bahá’u’lláh quando dice che essa eliminerà, in gran parte, la paura, poiché negli insegnamenti non ne viene fatta ulteriore menzione, il Custode non può associare niente a questa affermazione. Farlo, significherebbe allontanarsi dalla sua funzione di interprete degli insegnamenti; egli non può rivelare nulla oltre gli insegnamenti già dati.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 30 agosto 1952) 790. Spiegare il timor di Dio ai bambini «Nello spiegare il timor di Dio ai bambini, non ha nulla da obiettare se lo s’insegna come ‘Abdu’l-Bahá spesso insegnava le cose, cioè in forma di parabola. Si dovrebbe anche far capire al bambino che non temiamo Dio perché è crudele, ma lo temiamo perché è giusto e, se facciamo del male e meritiamo di essere puniti, allora nella Sua giustizia Egli può ritenere opportuno punirci. Dobbiamo sia amare sia temere Iddio.» (Da una lettera del 15 febbraio 1957 scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente. Educazione Bahá’í, p. 90, n. 145) 791. La paura non risolve i problemi «Egli non ritiene che la paura - per noi o per gli altri - risolva i problemi o ci metta in grado di affrontarli meglio se mai dovessero insorgere. Non sappiamo cosa esattamente ci riserva il futuro o entro quanto tempo dovremo affrontare una prova peggiore dell’ultima. Ma ciò che sappiamo è quello che, come bahá’í, possiamo fare tutti: insegnare la Fede ed essere esempio. Non possiamo sopportare il peso delle sofferenze altrui e non dobbiamo cercare di farlo. Tutti gli uomini sono nelle mani di Dio e, anche se vengono uccisi, sappiamo che vi è un’altra vita oltre questa che può apportare grande speranza e felicità all’anima. Qualunque cosa succeda, nulla è tanto importante quanto la nostra fiducia in Dio, la nostra intima serenità e la fede che, nonostante la durezza delle prove che potranno avere, tutto alla fine cesserà, come Bahá’u’lláh ha promesso. Egli la esorta a cancellare dalla mente questi oscuri pensieri e a ricordare che se Dio, il Creatore di tutti gli uomini, può sopportare di vederli soffrire così. Non sta a noi discutere la Sua saggezza. Egli, a Suo modo, può ricompensare un innocente per le afflizioni che patiscono.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 30 settembre 1950) 792. Vincere la paura. «Egli pregherà certamente affinché lei possa superare del tutto il suo timore. Se concentrerà i pensieri sulla consapevolezza di appartenere a Bahá’u’lláh, di essere Suo servo, ch’Egli l’ama e che l’aiuterà sempre se Glielo chiede, e che la grande forza spirituale della Causa di Dio la sostiene per elevarla, allora vedrà presto scomparire i suoi timori.» (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, High Endeavours, Messages to Alaska, p. 70) 793. Dimenticare le paure, insegnare e servire la Fede «Il Custode la esorta a dimenticare tutte le sue paure e, con cuore tranquillo e spirito radioso, insegnare e servire la Fede come meglio può a Yonkers e nelle sue vicinanze, lasciando a Dio il compito di guidarla ed aiutarla. Attualmente il lavoro d’insegnamento è della massima importanza e chiunque lo intraprenda sarà rafforzato dalle Legioni Celesti.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 31 luglio 1953) 794. Timor di Dio - Necessità dell’elemento paura «Gli ha chiesto del timor di Dio: forse gli amici non si rendono conto che la maggior parte degli esseri umani ha bisogno dell’elemento paura per disciplinare la propria condotta. Solo un’anima relativamente molto evoluta potrebbe essere disciplinata sempre dall’amore soltanto. Il timore delle punizioni, il timore dell’ira di Dio se agiamo male, sono necessari per mantenere i piedi delle persone sul retto sentiero. Naturalmente dobbiamo amare Iddio - ma dobbiamo temerLo come il bambino teme la giusta ira e il castigo del genitore; non inchinarci davanti a Lui come davanti a un tiranno, bensì sapere che la Sua misericordia è più grande della Sua giustizia!” (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 26 luglio 1946, Educazione Bahá’í, p. 68, n. 135) XIX. LA FESTA DEL DICIANNOVESIMO GIORNO A. Natura e funzione 795. Scopo della Festa del Diciannovesimo Giorno «Lo scopo primordiale delle Feste del Diciannovesimo Giorno è quello di permettere ai credenti di dare suggerimenti all’Assemblea Locale la quale, a sua volta, li trasmetterà all’Assemblea Spirituale Nazionale. L’Assemblea Locale è perciò l’apposito strumento per mezzo del quale le comunità locali bahá’í possono comunicare col consesso dei rappresentanti nazionali...» (Da una lettera del I8 novembre 1933 scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti e Canada. La Festa del Diciannovesimo Giorno, p. 66, n. 16) 796. La Festa del Diciannovesimo Giorno - Cena eucaristica. «Dovete continuare a celebrare la Festa del Diciannovesimo Giorno. È molto utile ed importante. Ma quando vi presentate alla riunione, prima di entrare, liberatevi da tutto ciò che avete in petto, sgombrate il pensiero e la mente da tutto fuorché Dio, e parlate al vostro cuore. Possa ogni cosa fare di essa un motivo d’ispirazione, un convegno d’amore e di attrazione dei cuori, cinto dalle Luci delle Supreme Schiere, sì che possiate essere riuniti in perfetto amore. Ciascuno di voi deve pensare a come rallegrare e allietare gli altri componenti dell’Assemblea, e considerare tutti i presenti migliori e più importanti di se stesso, e stimare se stesso inferiore agli altri. Reputate elevato il loro rango e umile il vostro.» (‘Abdu’l-Bahá, Star of the West, vol. IV, n. 7, p. 120. La Festa del Diciannovesimo Giorno, pp. 60-61, n. 12) 797. ‘Abdu’l-Bahá è presente col cuore e con l’anima. «Sforzatevi affinché in ogni riunione si realizzi la Cena Eucaristica e discenda il cibo celestiale. Questo cibo celestiale è conoscenza, comprensione, fede, fiducia, amore, affinità, gentilezza, purezza d’intenti, attrazione dei cuori e unione delle anime... Quando la riunione viene condotta in questo modo allora ‘Abdu’l-Bahá, pur non essendo presente fisicamente lo sarà col cuore e con l’anima.» (‘Abdu’l-Bahá, Bahá’í World Faith, pp. 407-408) 798. Non è obbligatorio partecipare alla Festa del Diciannovesimo Giorno. «Malgrado non sia obbligatorio, è molto importante partecipare alla Festa del Diciannovesimo Giorno, ed ogni credente deve considerare un dovere ed un privilegio d’essere presente in tali occasioni.» (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 15 dicembre 1947, Bahá’í News n. 210, p. 3, agosto I948) 799. Se le feste vengono celebrate in modo giusto «In quanto alla Festa del Diciannovesimo Giorno, essa rallegra la mente e il cuore. Se verrà celebrata nel giusto modo, gli anici si ritroveranno, ogni diciannove giorni, ristorati spiritualmente e dotati di un potere che non è di questo mondo.» (‘Abdu’l-Bahá, Antologia, p. 93, n. 51) 800. Profezie circa le Feste «... Questa è quella “mensa divina” o cibo di cui si fa menzione nelle profezie: ‘In quel giorno essi, si riuniranno attorno alla mensa divina e “la gente verrà da oriente e da occidente e perverrà al Suo Regno”.» (‘Abdu’l-Bahá : Tablets of ‘Abdu’l-Bahá, vol. 2, p. 429) 801. Gli ospiti possono prendere parte alla consultazione, ma non votare «In quanto agli ospiti presenti alla Festa del Diciannovesimo Giorno, bahá’í provenienti da qualsiasi parte del mondo, va riservata una calorosa accoglienza e possono prendere parte alla consultazione. Tuttavia, solo i membri della comunità locale possono votare le proposte per l’Assemblea Spirituale Locale. (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale delle Isole Britanniche, 1 dicembre 1968, Bahá’í Journal of the British Isles, n.190, Mirza/aprile I969) 802. Omettere la parte consultativa della Festa, se sono presenti non bahá’í «La norma secondo cui solo i bahá’í possono partecipare alla Festa del Diciannovesimo Giorno non è nuova, come è stato più volte ribadito dal diletto Custode. Comunque, se si presenta un non bahá’í non gli si deve chiedere di allontanarsi, anzi sarà il benvenuto; l’Assemblea dovrà però omettere la parte consultativa. Naturalmente, se il non bahá’í è ben conosciuto dagli amici e si è certi di non provocare alcun risentimento in lui, gli si può chiedere di allontanarsi durante la parte consultativa. In generale, comunque, se è possibile è molto meglio evitare un problema del genere, e sembra proprio che lei abbia preso la decisione più saggia in occasione dell’ultima visita dei suoi amici, uscendo di sera con loro, evitando così il problema. “Nel corso della consultazione i bahá’í devono poter esprimere con la massima libertà i loro punti di vista sul lavoro della Causa senza avere la preoccupazione che quanto dicono sia ascoltato da qualcuno che non ha accettato Bahá’u’lláh e quindi possa trarne un’immagine distorta della Fede. Inoltre, sarebbe anche molto imbarazzante per un sensibile non bahá’í trovarsi nel mezzo di una dettagliata discussione sugli affari di una comunità bahá’í di cui non fa parte.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia ad un credente, 24 Mirza 1970) 803. Il diritto di voto non può essere tolto a chi non partecipa alla Festa «Il Custode non ha mai sentito parlare di alcuna regola in base alla quale un credente che non partecipi consecutivamente a tre Feste del Diciannovesimo Giorno possa essere privato del diritto di voto. Egli pensa che tale provvedimento non sia affatto giustificabile. Ciò che importa è sé una persona si considera bahá’í o no, e se è disposta ad aderire ai principi della Fede e ad accettare l’autorità del Custode e l’Amministrazione: che quell’individuo sia sempre in grado o in condizioni psicologiche adatte per partecipare alla Festa e alle riunioni bahá’í è un problema del tutto diverso.» (Da una lettera scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale di Germania e Austria (o Stati Uniti?), 2 Mirza 1951, La Festa del Diciannovesimo Giorno, p. 74, n. 40) 804. Partecipazione dei non bahá’í alla Festa del Diciannovesimo Giorno «Circa la partecipazione di non bahá’í, alla Festa del Diciannovesimo Giorno potete spiegare a... la natura essenzialmente interna ed amministrativa della Festa... Il segretario del Custode scrisse a suo nome ad un credente il 21 settembre1946; “Riguardo alla sua domanda sulle Feste del Diciannovesimo Giorno... riguardo alla partecipazione di non bahá’í essa deve essere evitata con ogni mezzo, ma se un non credente viene a una Festa del Diciannovesimo Giorno non si deve mandarlo via perché ciò potrebbe ferirne i sentimenti”. (Festa del Diciannovesimo Giorno, p. 72 n. 3I) “Ecco perché e un non bahá’í arriva alla Festa del Diciannovesimo Giorno deve essere messo a suo agio, ma un bahá’í certamente non inviterà un non bahá’í a parteciparvi. Un non bahá’í che chiede di essere invitato alla Festa normalmente comprende la cosa se gli viene spiegata.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale delle Isole Britanniche, p. 75, n.43) 805. La Festa del Diciannovesimo Giorno è esclusivamente per bahá’í; non è permessa alcuna deroga a questo principio «L’amato Custode mi ha incaricato di scrivervi a proposito di una decisione recentemente presa dalla vostra Assemblea Nazionale, pubblicata nel vostro bahá’í News di gennaio-.febbraio, e cioè permettere che partecipino alla Festa del Diciannovesimo Giorno quei non bahá’í la serietà del cui interesse per la Fede sia garantita da un credente dichiarato. Il Custode desidera che io vi faccia notare che per nessun motivo si può mutare una delle istituzioni della Fede o qualcuno dei suoi principi basilari. La Festa del Diciannovesimo Giorno è un’istituzione fondata dal Báb, successivamente confermata da Bahá’u’lláh e divenuta ora parte importante dell’ordine amministrativo della Fede. Queste Feste del Diciannovesimo Giorno sono per i bahá’í, esclusivamente per i bahá’í, e non è permessa alcuna deroga a questo principio. Il Custode pensa perciò che dovete revocare il provvedimento preso dalla vostra Assemblea di aprire le Feste ai quasi bahá’í, perché la partecipazione di non bahá’í o quasi bahá’í alle Feste del Diciannovesimo Giorno, particolarmente alla parte amministrativa della Festa, non è in accordo con lo spirito dell’ordine amministrativo.» (Da una lettera scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale di Germania ed Austria, 28 maggio 1954, La Festa del 19° Giorno, p. 75. N. 40) 806. I gruppi, i credenti isolati e gli amici tutti devono osservare la Festa del Diciannovesimo Giorno «In risposta alla vostra lettera dell’8 novembre, riteniamo che tutti gli amici, qualunque sia la loro condizione, vadano incoraggiati a osservare la Festa del Diciannovesimo Giorno. Ovviamente essa riveste un carattere amministrativo ufficiale solo dove esiste un’Assemblea Spirituale Locale, che la dirige, presenta, relazioni agli amici e ne riceve i suggerimenti. Tuttavia i Gruppi, le spontanee riunioni di amici e perfino i credenti isolati certamente devono ricordare la giornata e pregare insieme. Nel caso di gruppi, essi possono tenere la Festa come un’Assemblea Spirituale Locale, ricordando naturalmente di non avere valore amministrativo ufficiale.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale delle Isole Britanniche, 1 dicembre 1968, Festa del 19° Giorno, pp. 37-8, n. 47) 807. Dove tenere la Festa del Diciannovesimo Giorno. «In quale luogo tenere la Festa del Diciannovesimo Giorno è certamente una questione su cui deve decidere l’Assemblea Spirituale; ma il più delle volte pare logico celebrarla nell’?a?íratu’l-Quds. Finché non esisterà un luogo di culto... gli amici useranno quest’edificio sia per riunioni di preghiera sia per scopi amministrativi. Se in certi casi qualche Festa speciale viene offerta nella casa di uno dei credenti, con l’approvazione dell’Assemblea Spirituale, egli non ha nella da obiettare; ma in linea generale ritiene che sia meglio usare l’ ?a?íratu’l-Quds. (Da una lettera scritta a nome dì Shoghi Effendi ad un credente, 18 febbraio 1954, La Festa del 19° Giorno, p. 75, n. 42) 808. Il padrone di casa deve servire personalmente. «...Il padrone di casa deve servire personalmente i beneamati. Deve provvedere al benessere di tutti e, con profonda umiltà, mostrare gentilezza verso tutti. Se la Festa è organizzata in questo modo e nella maniera menzionata, tale cena sarà la “Cena Eucaristica”, poiché il risultato sarà lo stesso risultato e l’effetto sarà lo stesso effetto.» (Tablets of ‘Abdu’l-Bahá, pp.468-469. La Festa del I9’ Giorno, p. 60, n. II) 809. I Fanciulli con meno di quindici anni possono partecipare alle Feste «Fino ai quindici anni i figli di genitori bahá’í sono considerati bahá’í ed è loro permesso di partecipare a cerimonie come le Feste. Al raggiungimento del quindicesimo anno, il fanciullo tuttavia deve fare la sua dichiarazione di fede se vuole continuare ad essere bahá’í. Le modalità del suo arruolamento sono lasciate alla discrezione dell’Assemblea Spirituale Nazionale. (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale del Brasile, 27 Mirza 1968) 810. Feste del Diciannovesimo Giorno rionali «Ogni città avrà la propria Assemblea Spirituale e non diverse assemblee rionali. Naturalmente quando in una città vi siano moltissimi bahá’í è possibile fare Feste del Diciannovesimo Giorno rionali. (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 31 Mirza 1949, La Festa del 19° Giorno, p. 73, n. 36) B. Quando celebrare la festa del diciannovesimo giorno 811. Quando tenere la Festa del Diciannovesimo Giorno «Abbiamo ricevuto la vostra lettera del I2 ottobre I97I concernente la data in cui tenere la Festa del Diciannovesimo Giorno. È preferibile che essa si tenga nel primo giorno del mese bahá’í; tuttavia, se ciò è difficile, è permesso tenerla in un giorno successivo dello stesso mese. Ogni decisione in merito è lasciata all’Assemblea Spirituale Locale.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia al Comitato Nazionale Insegnamento dell’Islanda, 28 ottobre 1971, Australian Bahá’í Bulletin, n. 213, p. 7, maggio 1972) 812. Coincidenza della Festa con il giorno dedicato ad incontro pubblico «La Festa del Diciannovesimo Giorno deve essere tenuta preferibilmente il primo giorno del mese bahá’í intendendo per giorno quello bahá’í che inizia al tramonto. Se ciò non è possibile per qualche valido motivo quale per esempio la coincidenza con il giorno in cui di norma vi è un incontro pubblico allora può essere tenute successivamente, ma comunque sempre entro lo stesso mese bahá’í, e nella data più vicina possibile.» (Dalla Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale delle Isole Britanniche, 8 agosto 1969. Bahá’í Journal of British Isles, novembre 1969) 813. La Festa deve essere tenuta il giorno prescritto prima del tramonto «Riguardo alla data delle Feste del Diciannovesimo Giorno e delle elezioni, il Custode consiglia la vostra Assemblea di spronare gli amici a tenerle il giorno prescritto, prima del tramonto. Se ciò fosse impossibile allora è permesso tenerle il giorno precedente...» (Da una lettera scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti e del Canada, 24 dicembre 1939, La Festa del I9° Giorno, p. 7I, n. 28) 814. La Festa può essere celebrata durante i Giorni Intercalari ed anche durante il mese del digiuno «Quanto alla sua domanda relativa alla Festa del Diciannovesimo Giorno, Shoghi Effendi non ha nulla da obiettare a che gli amici scelgano di celebrarla in uno dei Giorni Intercalari. Possono farlo anche nel corso del mese del digiuno, purché si astengano da cibo.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 2 agosto 1929, La Festa del 19° Giorno, p. 29, n. 28) 815. Alle alte latitudini è permesso regolarsi con l’orologio «Per quanto la celebrazione delle Feste, dei Giorni Sacri e del digiuno, dovrebbe seguire il sorgere ed il tramontare del sole, alle alte latitudini è permesso regolarsi con gli orologi.» (Dalla Casa Universale di Giustizia al Comitato Nazionale Insegnamento dell’Islanda, 28 ottobre 1971. Australian Bahá’í Bullettin, n. 213, p. 7, maggio 1972) 816. Giorno “più adatto” per la celebrazione della Festa «...Avete chiesto se rientra nella discrezionalità di un’Assemblea Spirituale Locale programmare le Feste in un giorno diverso dal primo del mese bahá’í, e fate rilevare che quando le Feste cadevano durante la settimana la partecipazione era molto bassa, mentre, se tenute di sabato molti più amici erano in grado di partecipare. Sembra evidente, perciò, che l’intento dell’Assemblea Locale, che aveva a cuore i membri della sua comunità, era di consentire la partecipazione alla Festa del Diciannovesimo Giorno a quanti più credenti possibile. Forse l’Assemblea ha basato la sua decisione sull’affermazione di ‘Abdu’l-Bahá, tratta dalla compilazione omonima, secondo cui lo “scopo” della Festa è “la concordia, per mezzo della quale i cuori degli amici possono diventare veramente uniti...”‘. Altri brani tratti dalla stessa compilazione sono: “Questa Festa è apportatrice di gioia; è la base dell’accordo e dell’unione; è la chiave dell’amicizia e dell’amore... “I credenti di Dio devono riunirsi e stare insieme nel massimo amore, gioia e fragranza.” “D’altra parte, poiché l’amato Custode espresse una preferenza, e considerò “più opportuno” che la Festa si tenesse il primo giorno di ogni mese, la Casa di Giustizia spera che ovunque gli amici si adoperino per programmare così la Festa ed organizzino i loro affari personali in modo da essere in grado di parteciparvi. Come per molti aspetti della nostra amata Fede, questa è una questione di graduale maturazione dei bahá’í e delle istituzioni. La Casa di Giustizia pensa che dobbiate amorevolmente guidare le Assemblee Locali al riguardo, ma lasciare che decidano per il momento a loro discrezione.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale del Messico, 10 ottobre 1985) C. Programma della festa del diciannovesimo giorno 817. Parte devozionale della Festa «È sorta confusione sul problema della parte devozionale della Festa del Diciannovesimo Giorno perché egli ha usato il termine “devozionale” una volta in senso lato, come di solito lo intendono i bahá’í, e cioè la riunione e la lettura degli insegnamenti che precede la fase amministrativa o consultativa della Festa del Diciannovesimo Giorno. Le due affermazioni non cambiano affatto il modo in cui svolgere questa Festa che, almeno in Oriente, viene sempre aperta con preghiere: dopo di che si leggono talvolta Tavole e brani scelti di Bahá’u’lláh, del Maestro o del Custode, o anche citazioni dalla Bibbia o dal Corano.» (Da una lettera scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti, 11 aprile 1949. La Festa del 19° Giorno, p. 73, n. 37) 818. Traccia del programma devozionale «Circa la questione delle preghiere alla Festa del Diciannovesimo Giorno, non vediamo alcuna contraddizione nelle tre affermazioni del diletto Custode. In effetti descrivono tutte esattamente la stessa procedura, e cioè che la Festa si inizia con letture devozionali - vale a dire preghiere e meditazioni - dagli Scritti di Bahá’u’lláh, del Báb e del Maestro. Successivamente si possono leggere citazioni da altre Tavole, dalle Sacre Scritture di precedenti Dispensazioni e dagli scritti del Custode. È chiaro, comunque, che l’amato Custode non ha mai voluto che le sue parole siano lette durante la parte devozionale, frammischiate a quelle delle Sacre Scritture. In altri termini, se alla Festa del Diciannovesimo Giorno si debbano leggere brani del Custode, devono sempre seguire i passi delle Scritture e non essere mischiati a questi. Ciò non significa, comunque, che nelle parti successive della Festa non possa essere letto qualsiasi tipo di scritto utile alla consultazione.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia alle Mani della Causa, 25 agosto 1965, citato nella lettera della Casa Universale di Giustizia ad un credente, 15 ottobre 1972) 819. Scritti che possono essere letti nella parte spirituale della Festa «Gli Scritti del Báb e di Bahá’u’lláh possono naturalmente essere letti in qualsiasi momento e luogo; anche gli Scritti di ‘Abdu’l-Bahá vengono liberamente letti durante la parte spirituale della Festa. Il Custode ha disposto che durante la parte spirituale della Festa non si leggano i suoi scritti. In altre parole, durante la parte spirituale delle Feste le letture devono essere limitate agli scritti del Báb, di Bahá’u’lláh e, in misura minore, del Maestro; ma durante quella parte della Festa non si devono leggere gli scritti del Custode. Gli scritti del Custode possono essere letti durante la parte amministrativa della Festa. Naturalmente non ci sono obiezioni al fatto che si leggano gli Scritti del Báb, di Bahá’u’lláh o di ‘Abdu’l-Bahá anche durante la parte amministrativa della Festa.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 17 aprile 1956, Compilazione La Festa del Diciannovesimo Giorno, p. 49, n. 73) 820. Lettura dagli Scritti del Custode nelle Feste tenute in Persia «Riguardo alla validità di leggere passi dagli Scritti del diletto Custode alle Feste del Diciannovesimo Giorno in Persia, come lei giustamente puntualizza, è vero che il Custode in una lettera all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti ha stabilito che solo gli Scritti di Bahá’u’lláh ed ‘Abdu’l-Bahá devono essere letti durante la parte devozionale della Festa del Diciannovesimo Giorno... ... è bene ricordare che gli scritti in persiano di Shoghi Effendi sono in un genere unico e molti di essi, diversamente dalle lettere e dai messaggi in inglese inviati ai credenti occidentali, contengono suppliche, preghiere ed omelie di carattere devozionale che sono adatte per la parte spirituale delle Feste bahá’í.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia ad un credente, 15 ottobre 1972) 821. È consigliabile leggere passi tratti dalle proprie Sacre Scritture «Egli pensa innanzitutto che, sebbene non vi sia certamente alcuna ragione di principio per cui non si debbano leggere durante la parte spirituale delle nostre Feste brani scelti da altre Scritture, tuttavia, dato che questa è un’occasione durante la quale i bahá’í si riuniscono proprio per approfondire la loro vita spirituale, in linea generale è consigliabile che durante la parte spirituale della Festa essi leggano passi tratti dalle proprie Sacre Scritture.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 18 febbraio 1954, La Festa del 19° Giorno, p. 75, n. 42, 1° capoverso) 822. Musica nelle Feste bahá’í È permesso far musica durante la parte spirituale, e in ogni altra parte, delle Feste del Diciannovesimo Giorno.» (Da una lettera scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti (o Germania e Austria?), 30 giugno 1952. La Festa del 19° Giorno, p. 75, n. 41) 823. È consigliabile che i credenti facciano uso di inni, poemi e canti «Riguardo alla sua domanda sull’uso della musica durante le Feste del Diciannovesimo Giorno, egli desidera che lei rassicuri tutti gli amici che egli non solo approva tale abitudine, ma ritiene consigliabile che i credenti facciano uso, durante le loro riunioni, di inni composti dai bahá’í stessi, e anche di inni, poemi e canti basati sulle Parole Sacre,” (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 7 aprile 1935, La Festa del 19° Giorno, p. 68, n. 19) 824. Musica strumentale durante le Feste «Durante le Feste bahá’í si può fare uso di musica strumentale. Non vi sono obiezioni ai battimani usati come dimostrazione di apprezzamento. Se un credente ha un impegno d’insegnamento per la stessa sera della Festa del Diciannovesimo Giorno, sta a lui giudicare qual’è l’impegno più importante.» (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 20 agosto 1956, La Festa del 19° Giorno, p. 77, n. 45) 825. Shoghi Effendi ha stabilito uno spazio per la consultazione «…Nel Bayán Arabo il Báb ha invitato i Suoi seguaci a riunirsi una volta ogni diciannove giorni per mostrare ospitalità e amicizia. Bahá’u’lláh qui lo conferma e rileva il ruolo unificatore di tali occasioni. Dopo di Lui ‘Abdu’l-Bahá e Shoghi Effendi hanno gradualmente spiegato il significato istituzionale di questa ingiunzione. ‘Abdu’l-Bahá ha sottolineato l’importanza della Festa. Shoghi Effendi, oltre ad approfondirne ulteriormente gli aspetti devozionale e sociale, ne ha sviluppato l’elemto amministrativo e, nell’istituire sistematicamente la Festa, ha previsto un periodo di consultazione sugli affari della comunità bahá’í, che comprende anche la condivisone di notizie e messaggi. (Casa Universale di Giustizia: “Note al Kitáb-i-Aqdas, p. 191/2). 826. La consultazione nella Festa del Diciannovesimo Giorno «I bahá’í devono imparare a dimenticare i personalismi e a superare il desiderio - così naturale - di parteggiare e di lottare per qualcuno. Devono anche imparare a servirsi davvero del grande principio della consultazione. Alla Festa del Diciannovesimo Giorno c’è una parte apposita perché la comunità esprima i propri punti di vista e dia suggerimenti all’Assemblea; l’Assemblea e i credenti devono attendere con trepidazione questo felice momento di discussione, senza temerlo né sopprimerlo. Allo stesso modo i membri dell’Assemblea devono consultarsi a fondo e, nelle loro decisioni, anteporre gli interessi della Causa e non i personalismi, facendo prevalere il volere della maggioranza.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale di Germania e Austria, 30 giugno 1949, La festa del 19° Giorno, p. 73, n. 38) 827. Vendita di oggetti alla Festa del Diciannovesimo Giorno «Riguardo alla vendita di oggetti durante la Festa del Diciannovesimo Giorno, lasciamo a voi la decisione, purché si tenga presente di non fuorviare lo scopo principale della Festa e d’evitare qualsiasi pressione sugli amici affinché acquistino. Questa non deve diventare un’abitudine e meglio che non venisse effettuata durante le Festa vera e propria, bensì prima o dopo.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale di Panama, 1 aprile 1968) XX. FIRESIDE 828. I fireside sono più efficaci della pubblicità «... Vorrei osservare che nel mondo intero ci si è accorti che il metodo più efficace per insegnare la Fede è il fireside tenuto a casa. Ogni bahá’í, per suo diritto spirituale di nascita, deve insegnare, e l’unica maniera in cui può farlo più efficacemente è invitando a casa propria, ogni 19 giorni, gli amici ed attrarli gradualmente alla Causa. Quando le persone sono entrate in confidenza con il pioniere e essi con loro, allora gli si può insegnare e confermare nella Fede. Questo metodo è di gran lunga più efficace della pubblicità sui giornali, conferenze pubbliche, ecc. Il Custode incoraggia tutti i credenti del mondo, inclusi quelli sui fronti interni, ad impegnarsi in questo metodo di insegnamento.» (Da una lettera scritta a nome del Custode al Gruppo di Key West, Florida, 31 Mirza 1955. Bahá’í News, n. 292, pp. 9-10) 829. Si deve tenere un fireside in casa ogni 19 giorni «Gli amici devono rendersi conto delle loro responsabilità individuali. Tutti, uomini e donne, devono tenere un fireside ogni 19 giorni nella propria casa, invitando nuove persone per parlare di qualche aspetto della Fede e discuterne. Se ciò viene fatto con l’intento di mostrare l’ospitalità e l’amore bahá’í, allora i risultati ci saranno. 830. Il servizio prestato una volta dai preti è il servizio che ciascun bahá’í è tenuto a rendere personalmente alla propria religione «Bisogna incoraggiare i credenti a insegnare personalmente nelle proprie case. Bahá’u’lláh ha imposto ai bahá’í il sacro obbligo di insegnare. Noi non abbiamo preti e perciò il servizio che nelle religioni di un tempo prestavano i preti è il servizio che ciascun bahá’í è tenuto a rendere personalmente alla propria religione. È l’individuo che deve illuminare le nuove anime, confermarle, risanare quelle che sono state ferite e si sono affaticate lungo la strada della vita e dar loro da bere dal calice della vita eterna - la conoscenza della Manifestazione di Dio nel Suo Giorno.» (Da una lettera scritta a nome del Custode ai Bahá’í del Benelux, 5 luglio 1957, Insegnamento, p. 47, n. 113) 831. Quella casa è un giardino di Dio «Sii benedetto per aver aperto la porta della tua casa alla gente, perché venga e senta del Regno... Sappi che ogni casa in cui si lodi e si preghi Iddio e venga proclamato il Suo Regno, è un giardino di Dio e un paradiso della Sua felicità.» (‘Abdu’l-Bahá: Tablets of ‘Abdu’l-Bahá, vol. I, p. 68) 832. Il fireside in casa è un esempio di meta individuale «...incombe ora ad ogni bahá’í di prefiggersi mete individuali d’insegnamento. L’ammonimento di ‘Abdu’l-Bahá di guidare ogni anno almeno un’anima alla Fede e l’esortazione di Shoghi Effendi di tenere ogni mese bahá’í un fireside nella propria casa, sono esempi di mete individuali. Molti sono capaci di fare anche di più, ma questo solo assicurerà al Piano la finale e completa vittoria.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia ai Bahá’í del Mondo, 16 novembre 1969. Messages from the Universal House of Justice, 1968-1973, p. 35) 833. Bisogna aiutare i nuovi credenti a diventare “veri bahá’í” - Poi introdurli nella comunità «Uno dei modi migliori d’insegnare è quello che gli Americani chiamano “fireside”, ovvero un piccolo gruppo di suoi amici che si riuniscano a casa sua ed a cui lei può presentare pochi credenti che abbiano gli stessi interessi e possano aiutarli a confermarsi. Quando ne avrà fatto dei veri bahá’í, allora li introduca nella comunità e permetta che vengano accettati. In tal modo, finché la loro fede non sarà veramente salda, saranno protetti dalle prove.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 18 Mirza 1950) 834. Lo Spirito Santo vivifica gli amici - Devono diventare canali per la sua diffusione «...Sembra che il metodo di insegnare detto “fireside” produca risultati migliori, quando ciascuno invita a casa gli amici ogni 19 giorni e li avvia alla Fede. Un’intima amicizia e l’affettuoso servizio toccano il cuore e quando il cuore è toccato, allora vi può entrare lo spirito. È lo spirito che vivifica e gli amici devono divenire canali per la sua diffusione.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 27 gennaio 1957, Insegnamento, p. 46, n. 109) XXI. IL FONDO BAHÁ’Í A. Contribuzioni - Responsabilità dei Bahá’í 835. Il donare e l’essere generosi «...Il donare e l’essere generosi sono attributi Miei; beato colui che s’adorna delle Mie virtù.» (Bahá’u’lláh, Le Parole Celate, n. 49 dal persiano) 836. Dio chiede a ciascun’anima in proporzione alle sue capacità «...Dio chiede a ciascun’anima in proporzione alle sue capacità. Questa contribuzione deve giungere da tutte le città ed i villaggi e da tutti i credenti di Dio... Chiunque compia una buona azione, Dio gliela ricambierà dieci volte tanto. Non v’è dubbio che il vivente Signore assisterà e confermerà le anime generose.» (‘Abdu’l-Bahá agli amici orientali ed occidentali. Star of the West, vol. 6, n. 17, p° 139) 837. Responsabilità di ogni bahá’í «...Ogni bahá’í, per quanto povero possa essere, deve capire quale grande responsabilità egli debba assumersi a questo proposito, e deve convincersi che il suo progresso spirituale di credente nell’Ordine Mondiale di Bahá’u’lláh dipenderà in gran parte dalla misura con cui egli dimostra, con i fatti, la sua prontezza nel dare un appoggio materiale alle istituzioni Divine della Fede.» (Da una lettera del 17 luglio 1937 scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’India. Istruzioni ai credenti bahá’í, p. 65, n. 74) 838. Non si possono fissare limiti alle contribuzioni delle persone «... Non possono porsi limiti alle contribuzioni di una persona al fondo nazionale. Più uno può dare, meglio è, specialmente quando tali offerte richiedano di sacrificare altri bisogni e desideri da parte del donatore. Quanto più duro sarà stato il sacrificio, tanto più meritevole esso sarà, naturalmente, agli occhi di Dio. Ed infatti, dopo tutto, non conta tanto l’entità dell’offerta, quanto la misura delle rinunce che tale offerta ha comportato...» (Da una lettera del Custode ad un credente, 31 dicembre 1935, Istruzioni ai credenti Bahá’í, p. 64, n. 73) 839. Un servizio che ogni credente può rendere «...Contribuire al Fondo è un servizio che ogni credente, povero o ricco che sia, può rendere, perché si tratta di una responsabilità spirituale che prescinde dall’ammontare della contribuzione. Sono la misura del sacrificio fatto dal donatore, l’amore con cui fa la contribuzione, e l’unità di tutti gli amici in questo servizio, che attirano le confermazioni spirituali... Gran parte dell’attuale rapida espansione della Fede si sta verificando in aree poverissime, dove i credenti, per quanto si sacrifichino, non sono in grado di raccogliere fondi sufficienti per sostenere il lavoro. Eppure è in queste aree che si raccolgono i maggiore frutti nell’insegnamento, ed una somma di denaro spesa qui moltiplicherà per dieci, e perfino per cento volte, i risultati che si possono ottenere in altre parti del mondo. Tuttavia, nei mesi passati, la Casa Universale di Giustizia non ha potuto accogliere diversi appelli di assistenza provenienti da quelle aree per la scarsa consistenza del Fondo Internazionale. Pertanto, la meta di ogni comunità locale e nazionale deve essere non solo quella di divenire autosufficiente, ma di spendere i propri fondi con tale saggezza ed economia da essere in grado di contribuire in maniera concreta al Fondo Internazionale bahá’í così da dare alla Casa Universale di Giustizia la possibilità di aiutare il lavoro nelle aree fruttifere ma povere, di assistere le nuove Assemblee Nazionali ad iniziare le loro attività, di contribuire alle più importanti imprese internazionali...» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia ai Bahá’í Orientali ed Occidentali, 18 dicembre 1963, Wellspring of Guidance, pp. 19-20) 840. Commercio, agricoltura ed industria benedetti più volte «In breve, o amici di Dio, siate certi che, in cambio di questa contribuzione, i vostri commerci, i vostri lavori agricoli e le vostre industrie saranno benedette molte volte...» (‘Abdu’l-Bahá agli amici orientali ed occidentali. Star of the West, vol. 6, n. 17, p. 139) 841. Solo i credenti hanno il privilegio di contribuire «La schiacciante maggioranza dei bahá’í del mondo è povera, ma è ai credenti e solo ai credenti che Bahá’u’lláh ha concesso il dono di contribuire con mezzi materiali al progresso della Sua Fede. Non è importante l’ammontare della contribuzione, ma la misura di sacrificio che comporta, poiché è questo che attrae le confermazioni di Dio.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia a tutte le Assemblee Spirituali Nazionali che ricevono assistenza dal Fondo Internazionale Bahá’í) 842. Non si deve indebitarsi per contribuire al Fondo «Anche se Shoghi Effendi esorta ogni credente a fare il massimo sacrificio possibile al fine di dare un contributo per il fondo dell’Assemblea Nazionale, tuttavia sconsiglia agli amici di indebitarsi per questo scopo. Ci viene richiesto di dare ciò che abbiamo, non ciò che non possediamo, specialmente se un tale atto è causa di sofferenza per altre persone. A questo proposito dobbiamo essere giudiziosi e saggi e confidarci con altri devoti bahá’í.» (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 4 maggio 1932. Compilazione Istruzioni ai credenti Bahá’í, p. 59, n. 67) B. Chi può contribuire 843. Caratteristiche che distinguono la Causa di Dio «Una delle caratteristiche che distinguono la Causa di Dio è il suo principio di non accettare contribuzioni finanziarie per i propri scopi da non bahá’í. Sostenere il Fondo bahá’í è una benedizione riservata da Bahá’u’lláh ai Suoi seguaci dichiarati. Questa benedizione impone ai soli credenti la piena responsabilità per il sostegno finanziario della Fede ed ognuno di essi è chiamato a fare il massimo sforzo per assicurare che sia mantenuto ed aumentato un costante e generoso flusso di mezzi per venire incontro alle crescenti necessità della Causa. Molte comunità bahá’í attualmente dipendono dall’aiuto esterno, e per esse la meta deve essere quella di divenire autosufficienti, fiduciose che il Signore Generoso, con l’aumentare dei loro sforzi le metterà sicuramente in grado di offrire beni materiali per il progresso della Sua Fede, così come offrono la loro devozione, le loro energie ed il loro amore.» (Lettera della Casa Universale di Giustizia ai Bahá’í del Mondo, Naw-Rúz 1974. Piano Quinquennale, p. 11) 844. Donare al Fondo è un privilegio spirituale «Donare al Fondo, quindi, è un privilegio spirituale, negato a coloro che non hanno accettato Bahá’u’lláh ed a cui nessun credente deve rinunciare. È una responsabilità, e contemporaneamente una fonte di doni. Questo è un aspetto della Causa che - riteniamo - è parte essenziale degli insegnamenti di base e dell’approfondimento dei nuovi credenti. Il valore della contribuzione sta nel grado di sacrificio del donatore, nello spirito di devozione con cui essa viene fatta e nell’unità degli amici in questo servizio; tutto ciò attrae le confermazioni di Dio e accresce la dignità e l’amor proprio degli individui e della comunità.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia a tutte le Assemblee Spirituali Nazionali, 7 agosto 1985) 845. Un’anima che accetta Bahá’u’lláh diventa compagna di lavoro nella Causa di Dio «Vi è un aspetto profondo nella relazione fra il credente ed il Fondo, che prescinde completamente dalla sua condizione economica. Quando un’anima accetta Bahá’u’lláh quale Manifestazione di Dio per quest’epoca ed entra nel Patto Divino, quell’anima progressivamente deve portare la propria vita ad essere in armonia con lo scopo di Dio: egli diventa un compagno di lavoro nella Causa di Dio e riceve la munificenza d’offrire i suoi beni materiali, sia pure scarsi, per il lavoro della Fede.» (Ibidem) 846. È permesso contribuire solamente a chi palesemente afferma di riconoscere Bahá’u’lláh «...Poiché è permesso di contribuire finanziariamente alla costruzione dell’Ordine Mondiale di Bahá’u’lláh solamente a coloro che palesemente hanno affermato di riconoscerLo, è evidente che a questi pochi privilegiati si richiede di più, molto di più. Le nostre responsabilità in questo campo sono molto grandi, ma commisurate in verità alla munificenza d’essere i portatori del Nome di Dio in questo Giorno.» (Dal Messaggio della Casa Universale di Giustizia ai Bahá’í del mondo, Ri?ván 1966) 847. Essi devono creare un senso di appartenenza «Come è già stato messo in evidenza in varie comunicazioni inviatevi, è importante che l’Assemblea Nazionale trovi strade e mezzi per creare nel cuore dei credenti un senso d’appartenenza. Uno dei modi in cui si può farlo è portare alla loro attenzione le necessità del Fondo.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia a varie Assemblee Spirituali Nazionali, 9 febbraio 1967) 848. Contribuzioni di figli di genitori non bahá’í o di uno solo bahá’í «La Casa Universale di Giustizia ha ricevuto la vostra lettera in cui chiedete se ai figli di genitori non bahá’í o di uno solo bahá’í sia consentito di contribuire ai fondi e abbiamo avuto l’incarico di dirvi che in entrambi i casi, se il fanciullo vuole essere bahá’í ed i suoi genitori non sono contrari, li si deve trattare come qualsiasi altro fanciullo bahá’í. Se invece i genitori sono contrari a che il figlio sia bahá’í, la sua contribuzione può essere accettata per fini caritatevoli incluso il sostegno a scuole bahá’í che sono frequentate da alunni bahá’í e non.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’India, 31 agosto 1975) 849. Vendita di oggetti a beneficio dei Fondi bahá’í «Circa la vendita di oggetti personali a beneficio dei fondi bahá’í, cominciamo con il principio che ogni credente può vendere a chiunque servizi o beni personali e fare del ricavato ciò che vuole, incluso darne parte o tutto per scopi bahá’í. Nel far ciò, comunque, non deve informare i non bahá’í che la vendita è fatta a beneficio dei fondi, poiché un altro principio stabilisce che per nessuno scopo bisogna sollecitare fondi da non bahá’í a nome della Fede. Ciò include la vendita di cibi e di biglietti d’ingresso a spettacoli.» (Da una lettera scritta a nome della Casa universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale di Panama, 15 gennaio 1984) 850. Inopportunità per un’Istituzione bahá’í di sponsorizzare una vendita aperta al pubblico a beneficio dei fondi «Non è opportuno che un’istituzione bahá’í sponsorizzi una vendita pubblica di oggetti personali di credenti a beneficio dei fondi. Ciò non vuol dire che un’Assemblea non possa vendere a non bahá’í oggetti al giusto valore di mercato, ma piuttosto che non bahá’í non debbano essere indotti a comprare oggetti, posti in vendita per incrementare i fondi, nella consapevolezza che il ricavato sarà utilizzato per scopi bahá’í.» (Ibidem) 851. Vendita all’asta fra bahá’í - Contribuire al Fondo è una responsabilità spirituale «Non vi è obiezione che gli amici organizzino fra bahá’í una vendita all’asta allo scopo di devolvere il ricavato ai fondi, né che vendano a non bahá’í beni di loro proprietà al giusto valore di mercato per devolvere i proventi ai fondi, purché tale proposito non sia comunicato agli acquirenti al momento della vendita. La Casa di Giustizia ritiene comunque importante che gli amici non perdano mai di vista il fatto che contribuire ai fondi della Fede è una responsabilità spirituale ed un privilegio di profondo significato nella vita spirituale del credente, e bisogna stare attenti di non rendere banale questo aspetto della vita bahá’í o trattarlo in maniera indecorosa. Nello stesso tempo le Assemblee non devono raffreddare l’entusiasmo di quegli amici che, avendo scarse risorse finanziarie, escogitano modi fantasiosi di procurarsi denaro per il lavoro della Fede. Poiché la vostra Assemblea sta considerando di sponsorizzare direttamente una vendita all’asta, la Casa di Giustizia suggerisce di accertarsi che ciò sia legalmente permesso, perché sappiamo che in alcuni paesi essa è legale solo se condotta da un venditore con la licenza.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale del Cile, 8 luglio 1984) 852. Lotterie «Sull’organizzazione di lotterie non vi è alcuna specifica menzione nel Kitáb-i-Aqdas e la Casa Universale di Giustizia non ha legiferato in materia. Comunque, la Casa di Giustizia non ha legiferato in materia. Comunque, la Casa di Giustizia non ritiene consigliabile ora che le istituzioni bahá’í raccolgano fondi con questo sistema.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale di Panama, 15 gennaio 1984) 853. Direttive per la costituzione di un’impresa d’affari di proprietà di bahá’í «La Casa Universale di Giustizia ha ricevuto la vostra lettera del 15 febbraio concernente il progetto di un gruppo di bahá’í di costituire una società privata, le cui azioni sarebbero di proprietà ed i cui profitti andrebbero agli amici ed alla Fede. Siamo stati incaricati di trasmettervi i suoi consigli. Naturalmente, il vostro obiettivo di procurare fondi alla Fede è lodevole. Come potete intuire, nel passato altre proposte simili sono state sottoposte alla Casa di Giustizia, e le seguenti direttive, tratte Da una lettera del ad un credente, vi potranno essere utili: Riguardo alla costituzione di una società che lei ed altri amici avete suggerito, la Casa Universale di Giustizia... ha deciso che per il momento le istituzioni bahá’í non vengano coinvolte in un affare come quello proposto. Se gli amici, comunque, intendono mettersi spontaneamente in un affare vantaggioso allo scopo di beneficiarne essi stessi ed altri, ciò torna a loro merito e non vi sono obiezioni. Se questo affare, come da lei proposto, dovesse essere intrapreso - e in linea di principio non vi è nulla di male - sarebbe opportuno consigliare i bahá’í che vi partecipano ad accostarvisi sulla base della sua attuabilità come progetto d’affari e a non sottovalutare la possibilità di una perdita finanziaria. La Casa Universale di Giustizia ritiene che le istituzioni della Fede non debbano esservi coinvolte, né promuovere simili affari privati. Né è permesso l’utilizzo di dotazioni nazionali quali elementi ausiliari per l’affare in questione.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale della Giamaica, 5 aprile 1982) 854. Motivi per non accettare donazioni da non bahá’í per l’amministrazione della Fede «Egli vuole che sottolinei ancora una volta che, in nessuna circostanza, i credenti possono accettare da non bahá’í aiuti finanziari da usarsi per specifiche attività amministrative della Fede - come il fondo per la costruzione del Tempio - o per altri fondi bahá’í locali o nazionali. Il motivo è duplice: primo, perché le istituzioni che i bahá’í stanno gradualmente edificando sono da considerarsi doni di Bahá’u’lláh al mondo; secondo, perché l’accettare fondi da non credenti per specifici usi bahá’í trascinerebbe i bahá’í, prima o poi, in complicazioni e difficoltà imprevedibili, arrecando così un danno incalcolabile al corpo della Causa.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 12 luglio 1938. Compilazione, Istruzioni ai credenti Bahá’í, p. 78, n. 95) 855. Istruzioni sull’accettazione di fondi da parte del Governo ed altre fonti non bahá’í «Il punto fondamentale da tenere presente quando si debba decidere se accettare o meno fondi da non bahá’í, in occasione di eventuali offerte fatte da persone che conoscono bene la Fede, è il seguente: è assolutamente proibito accettare da non bahá’í contribuzioni destinate al lavoro della Causa. Tuttavia, poiché - oltre al lavoro di diffusione della Fede e di instaurazione delle sue istituzioni - le Assemblee Spirituali sono impegnate anche in attività a carattere umanitario, si possono accettare contribuzioni da non bahá’í per destinarle a tali attività. Infatti, sebbene non si facciano mai richieste di fondi ai non bahá’í, talvolta capita che una persona, che ha una grande ammirazione per la Fede, insista per contribuire. In questi casi la contribuzione può essere accettata con l’espressa clausola che sarà utilizzata solo per scopi caritatevoli ed umanitari. Governi e istituzioni pubbliche occupano una posizione speciale, perché, ovviamente, sono spesso desiderose d’assistere coloro che sono impegnati in servizi umanitari. Quindi, se un’Assemblea Spirituale intraprende una specifica attività umanitaria per la quale il governo di norma contribuisce finanziariamente, l’Assemblea può accettare l’aiuto. L’attività da voi citata - un convegno da tenersi nella Giornata dei Diritti dell’Uomo per promuovere uno degli scopi delle Nazioni Unite - è un caso del genere; quindi non vi è alcuna obiezione che accettiate dall’INAC fondi necessari alle spese per la stampa dei biglietti di invito al convegno. Anche per quanto riguarda scuole ed altre istituzioni che svolgono servizi per la comunità, si può accettare l’assistenza governativa; ma in tal caso è bene che l’Assemblea si renda conto che l’accettazione di questi contributi spesso comporta l’obbligo di sottostare ad un certo grado di controllo governativo e pertanto occorre valutare attentamente questi punti.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale di Panama, 6 Mirza 1983) 856. Una persona che trae il suo sostentamento dalla carità pubblica deve contribuire ai Fondi bahá’í? «Riguardo alla sua domanda se una persona che trae i mezzi di sostentamento dalla carità pubblica deve contribuire ai Fondi bahá’í. Ciò è praticamente impossibile, perché una persona che dipende tanto dalla comunità non può essere di molto aiuto agli altri. In genere non ha abbastanza neanche per sé. In linea di principio, comunque, questa è una questione secondaria. Le donazioni alla Causa sono libere. Sta ad ognuno giudicare se si è nelle condizioni di contribuire e se si desidera farlo; come si è avuto il denaro è irrilevante. Un povero può essere più disposto di un ricco a spartire con altri, e, se lo fa, il suo sacrificio è più grande. Il dono di un ricco può non essere un sacrificio, ma quello di un povero sicuramente lo è.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 9 Mirza 1932) C. Il tesoriere e l’Assemblea Spirituale 857. Fidatezza - Requisito essenziale per i responsabili della custodia dei Fondi «La fidatezza è uno dei requisiti essenziali per tutti i responsabili della custodia dei fondi della Fede. Come Bahá’u’lláh ha sottolineato, essa è una delle più basilari e vitali fra tutte le virtù umane e il suo esercizio ha un’influenza diretta e profonda sulla disponibilità dei credenti a contribuire al Fondo.» (Da un memorandum di commenti e suggerimenti allegato alla lettera della Casa Universale di Giustizia a tutte le Assemblee Spirituali Nazionali, 7 agosto 1985. Compilazione La linfa vitale, p. 11) 858. Grande responsabilità dei membri dell’Assemblea Spirituale Nazionale - Necessità di due firme per il prelievo di fondi «Data la grande responsabilità posta dagli elettori sulle spalle dei membri delle Assemblee Nazionali, abbiamo raccomandato loro di gestire i Fondi Nazionali con la massima cura, soprattutto perché essi sono per lo più il frutto dei sacrifici degli amici. Sta naturalmente alla vostra discrezione come delegare ad altre persone i principali compiti giornalieri della vostra Assemblea Nazionale, vi raccomandiamo seriamente di riconsiderare le risoluzioni alle quali ci riferiamo e che prevedono la necessità di due firme, una delle quali di un membro della vostra Assemblea Nazionale, per il prelievo di fondi.» (Lettera della Casa Universale di Giustizia ad una Assemblea Spirituale Nazionale, 26 agosto 1973, tratta dalla compilazione The Need for Care in Handling the Bahá’í Funds, parzialmente in La linfa vitale, p. 11) 859. Il tesoriere di un’assemblea non deve mai confondere i propri fondi con quelli della Fede «….il tesoriere dell’assemblea spirituale bahá’í, anche se transitoriamente apre un fondo a proprio nome, deve aver la maggiore cautela di non confondere mai i propri con quelli della Fede o di permettere che i fondi della Fede siano soggetti ai cambiamenti della sorte così frequenti nelle costumane.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia a un credente del 8 giugno 1971: Ibidem) 860. L’Assemblea Locale di una grossa comunità può nominare un comitato per aiutare il tesoriere «Riguardo ai fondi locali suggeriamo a tutte le Assemblee Spirituali Locali delle grosse comunità, fino al momento in cui gli amici avranno maturato l’abitudine di contribuire regolarmente e liberamente, di nominare un piccolo comitato che aiuti il tesoriere ad assolvere i propri compiti. Tali comitati potrebbero essere nominati dopo consultazione con il membro del Corpo Ausiliare o con il suo assistente dell’area. È necessaria molta attenzione nella nomina dei membri dei comitati: oltre ad essere fidati e coscienziosi, essi devono avere piena consapevolezza dell’importanza di mantenere la segretezza delle contribuzioni ai fondi.» (Dal memorandum di commenti e suggerimenti allegato alla lettera della Casa Universale di Giustizia, 7 agosto 1985 a tutte le Assemblee Spirituali Nazionali) 861. Funzioni dei comitati di tesoreria «Si prevede che questi Comitati di Tesoreria potrebbero svolgere diverse funzioni: - Dare al Tesoriere un’assistenza generale secondo le necessità; per esempio i membri del Comitato potrebbero emettere ricevute o acconti. - Preparare per la Festa del Diciannovesimo Giorno o per specifiche riunioni interventi ispiratori e dibattiti per educare gli amici all’importanza spirituale e pratica della contribuzione ai fondi. - Ricevere doni in natura e manufatti. Il comitato sarebbe responsabile della loro vendita e della consegna del ricavato al Tesoriere locale. - Ricevere dagli amici le promesse scritte delle contribuzioni in denaro o in natura - ai fondi locali o nazionali, nonché aiutare per la loro riscossione.» (Ibidem) 862. Comitato Nazionale di Tesoreria «Per quanto riguarda il fondo nazionale, in quelle aree dove ci sono problemi tipo la mancanza di servizi bancari, servizi postali inaffidabili e - in generale - difficoltà di comunicazioni, sarebbe consigliabile che l’Assemblea Spirituale Nazionale nominasse un comitato nazionale che aiuti il Tesoriere nazionale in maniera analoga a quella sopra indicata per le Assemblee Spirituali Locali . Inoltre, può anche rivelarsi necessario sovvenzionare - prelevando la somma dal fondo nazionale - una o più persone fidate, a seconda della grandezza della comunità nazionale, per recarsi nelle aree rurali e incontrare i Comitati Locali di Tesoreria, aiutarli nell’espletamento delle loro funzioni, illustrare le necessità del fondo nazionale, prelevare da quelle aree le donazioni per il fondo e trasmetterle al Tesoriere nazionale.» (Ibidem) 863. Il Tesoriere è l’amministratore eletto per la tesoreria, ma tutti i membri dell’Assemblea Spirituale Nazionale ne sono responsabili «L’Assemblea Spirituale Nazionale ha la responsabilità di garantire che le contribuzioni ricevute siano correttamente quietanzate e che sia presa debita e soddisfacente nota di tutte le entrate e le uscite. Anche se il Tesoriere è di norma l’amministratore di tale sacro dovere, ciò non significa che gli altri membri siano di conseguenza sollevati da tutte le responsabilità, o privati del loro diritto di verificare i dettagli relativi alla corrente conduzione dell’Assemblea in tutti i suoi aspetti. Questo diritto e responsabilità di cui è investito ciascun membro dell’Assemblea, non invalidano la segretezza delle contribuzioni bahá’í, perché le informazioni note al tesoriere o agli altri membri dell’Assemblea sono da ritenersi strettamente confidenziali.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad un’Assemblea Spirituale Nazionale, 11 gennaio 1977. Compilazione The Need for Care in Handling Bahá’í Funds) 864. Insegnare la fidatezza per mezzo degli Scritti - Spiegare alle persone che saranno responsabili del denaro che maneggiano «I penosi problemi relativi al cattivo uso dei fondi descritti nella vostra lettera possono alla lunga essere risolti attraverso un processo di amorevole educazione degli amici. Attraverso la diffusione fra i credenti di appropriati passi degli Scritti della Fede, l’attenta preparazione di articoli su questo tema basati sui Testi Sacri e pubblicati sul vostro notiziario, discorsi e conferenze, scuole estive ed altre riunioni bahá’í, discussioni con gli amici su questi fondamentali argomenti in occasione di tali incontri, sarete in grado di raggiungere gradualmente il vostro obiettivo. È importante che in futuro l’Assemblea spieghi alle persone cui è affidato il denaro della Fede che l’Assemblea, avendo l’obbligo di proteggere i Fondi bahá’í, le considererà responsabili di tutte le somme che riceveranno e che quindi esse dovranno renderne debitamente conto, essere fedeli custodi del pegno di Dio, nella certezza che tanta onestà e fidatezza saranno largamente ricompensate dall’Alto.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad un’Assemblea Spirituale Nazionale, 18 maggio 1980. Ibidem. Parzialmente nella Compilazione La linfa vitale, p. 11) 865. L’Assemblea Spirituale Nazionale deve richiedere un controllo annuale della contabilità del tesoriere «La Casa di Giustizia non ha fissato una procedura uniforme per i tesorieri bahá’í, in quanto i metodi di contabilità e le leggi che regolano la materia variano da paese a paese e da una situazione all’altra. Essa consiglia che, in fatto di questioni tecniche, il tesoriere dell’Assemblea Nazionale consulti un contabile di professione. Naturalmente l’Assemblea Spirituale Nazionale deve accertarsi che i libri contabili siano controllati ogni anno e a tale scopo può servirsi di una ditta non bahá’í.» (Da una lettera scritta a nome della Casa universale di Giustizia ad un’Assemblea Spirituale Nazionale, 13 luglio 1981, Ibidem Compilazione La linfa vitale, p. 12) 866. Alcune istruzioni per i tesorieri «Tuttavia, in linea generale, la Casa di Giustizia ritiene che il tesoriere nazionale debba prestare particolare attenzione ad alcune questioni: 1) Esiste un rapporto fra Assemblea Nazionale, credenti e comunità locali. Il tesoriere nazionale può, con lo scambio di corrispondenza con i contribuenti al Fondo Nazionale e con i comitati che si servono del Fondo per il loro lavoro, essere un influente strumento per istituire legami di amorevole unità in seno alla comunità. 2) Il tesoriere deve assicurarsi di trasmettere regolarmente all’Assemblea Spirituale Nazionale resoconti finanziari esatti così che essa possa pianificare adeguatamente il lavoro nei limiti dei mezzi disponibili. 3) Il tesoriere ha la responsabilità di preparare la relazione finanziaria annuale in tempo perché l’Assemblea Spirituale Nazionale la prenda in esame prima di presentarla alla Convenzione. Egli deve preparare anche il bilancio annuale perché l’Assemblea Nazionale lo esamini e lo approvi. 4) Il tesoriere deve seguire attentamente l’uso dei Fondi in modo da poter avvertire tempestivamente l’Assemblea se essa rischia di eccedere nelle spese rispetto alla disponibilità. 5) Nella contabilità si deve fare in modo da tenere del tutto separati i Fondi vincolati da quelli a disposizione dell’Assemblea, in modo da evitarne l’involontario l’uso per spese diverse da quelle per le quali erano intesi. 6) Oltre ad annotare accuratamente le entrate e le uscite, il tesoriere deve vigilare affinché il patrimonio dell’Assemblea sia protetto e attivi e passivi siano debitamente registrati. 7) Il tesoriere deve raccomandare all’Assemblea di accantonare regolarmente una certa somma per provvedere alla riparazione e alla manutenzione delle proprietà della Fede, in modo che siano mantenute in buone condizioni, per evitare che il normale lavoro della Causa sia interrotto da improvvise richieste di ingenti somme per restauri. Di solito il compito di mantenere le proprietà è assegnato a un apposito Comitato o a Comitati, che l’Assemblea deve consultare perché suggeriscano la somma sufficiente da accantonare annualmente. 8) L’Assemblea Nazionale è libera di richiedere solo una firma sugli assegni di prelievo dal Fondo Nazionale, ma l’esperienza dimostra che la prassi migliore è quella di richiederne almeno due. Ciò a protezione non solo del Fondo ma anche del tesoriere. I Fondi della Fede sono un pegno sacro e le Assemblee devono essere meticolose nella loro gestione e contabilità. (Ibidem, compilazione La linfa vitale, pp. 12-13) 867. È consigliabile che l’Assemblea abbia una riserva finanziaria «Poiché rientra nella normalità che i livelli delle contribuzioni e delle spese fluttuino, è molto opportuno che un’Assemblea tenga un’adeguata riserva per superare periodi di alte spese e basse entrate. Ciò l’aiuterà ad evitare di fare agli amici appelli troppo frequenti per affrontare le emergenze finanziarie. Diversi dai regolari comunicati informativi, gli appelli lanciati frequentemente tendono a perdere il loro effetto. Nei momenti di emergenza, l’Assemblea può avere la necessità di attingere molto dalle sue riserve -come la vostra Assemblea ha fatto- ma, a tempo debito, sarà necessario ricostituirlo.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale di Francia, 12 febbraio 1987) 868. È dovere dell’Assemblea Nazionale non permettere che gli interessi nazionali siano messi in pericolo da considerazioni di carattere personale «...si deve sottolineare - e gli amici lo devono comprendere chiaramente - che gli interessi nazionali e i bisogni della Causa hanno la precedenza assoluta sui bisogni personali e privati. L’Assemblea Spirituale Nazionale ha il dovere di disporre del fondo nazionale in modo da non permettere che gli interessi nazionali della Fede siano messi in pericolo da considerazioni di carattere personale, che sono ovviamente transitorie se paragonate ai durevoli interessi della Causa di Dio. In casi rari ed eccezionali, quando un credente non abbia assolutamente alcun altro mezzo di sussistenza l’Assemblea Spirituale Nazionale può dare dal fondo nazionale un contributo per le sue spese, o rivolgere un appello speciale al corpo dei credenti a tale scopo. Spetta alla famiglia, alla comunità civile e all’Assemblea Locale provvedere a questi bisogni locali e privati dei singoli. Ma nel caso in cui nessuna di queste fonti abbia i mezzi per farlo, l’Assemblea Spirituale Nazionale può o dare dal fondo nazionale un contributo per le sue spese, o rivolgere un appello speciale al corpo dei credenti a tale scopo. Spetta alla famiglia, alla comunità civile e all’Assemblea Locale provvedere a questi bisogni locali e privati dei singoli. Ma nel caso in cui nessuna di queste fonti abbia i mezzi per farlo, l’Assemblea Spirituale Nazionale può ove sia convinta della gravità, dell’urgenza e della giustizia del caso - assegnare una parte del proprio fondo per questo scopo.» (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 17 luglio 1937. Istruzioni per i credenti Bahá’í, P. 74, n. 90) 869. L’Assemblea non deve sentire imbarazzo o vergogna nel rivolgersi agli amici. «L’Assemblea Nazionale non deve sentire imbarazzo o vergogna quando rivolge continui appelli agli amici, affinché diano esempio della loro fede e devozione alla Causa compiendo per essa sacrifici, o quando sottolinea che attraverso la rinuncia cresceranno spiritualmente; che il timore della povertà non deve trattenerli dal compiere sacrifici per il Fondo e che l’assistenza e la munificenza della Sorgente di tutti i beni e di tutte le ricchezze sono inesauribili e certi...» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia ad Assemblee Spirituali Nazionali selezionate, 9 febbraio 1967) «Un corollario al sacro dovere degli amici di contribuire ai Fondi della Fede è la diretta ed inevitabile responsabilità di ogni Assemblea locale o nazionale di educarli ai principi spirituali connessi alle contribuzioni. Non saper educare gli amici in questo aspetto della Fede equivale a privarli consapevolmente dei benefici spirituali derivanti dall’offrire sul sentiero di Dio.» (Dalla della lettera della Casa Universale di Giustizia a tutte le Assemblee Spirituali Nazionali che ricevevano assistenza dal Fondo Internazionale Bahá’í, 13 aprile 1975) 870. Gli interessi generali e nazionali della Causa hanno la precedenza su quelli locali ma può essere opportuno sviluppare prima i fondi locali «L’amato Custode ha spiegato che gli interessi generali e nazionali della Causa hanno la precedenza su quelli locali; pertanto le contribuzioni ai fondi locali sono secondarie rispetto a quelle per i fondi nazionali. Tuttavia, la stabilità dell’Assemblea Nazionale si basa sulla solidità delle Assemblee Spirituali Locali, e, nell’educare gli amici a comprendere l’importanza dei fondi, spesso è più pratico ed efficace concentrarsi dapprima sullo sviluppo dei fondi locali e sul buon funzionamento delle Assemblee Spirituali Locali. Quindi gli amici, una volta compreso il principio ed imparato dalle esperienze a livello locale, comprenderanno molto più facilmente l’importanza del fondo nazionale e del lavoro dell’Assemblea Spirituale Nazionale.» (Dal Memorandum di commenti e suggerimenti della Casa Universale di Giustizia, op. cit.) 871. L’Assemblea ha l’obbligo di raccomandare ai credenti tutti i Fondi*, Internazionale, Continentale, Nazionale e Locale «Educare gli amici ad essere consapevoli che contribuire al fondo è un elemento fondamentale della vita bahá’í, l’Assemblea deve renderli edotti della prerogativa che il credente ha di contribuire direttamente a tutti i Fondi della Fede: internazionale, continentale, nazionale e locale.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad un’Assemblea Spirituale Nazionale, 12 febbraio 1987) *(Vedi anche: ?uqúqu’lláh - Il Diritto di Dio) 872. Le contribuzioni possono essere inviate direttamente ad Haifa «Vogliate ricordare ai credenti delle vostre rispettive comunità che, oltre a contribuire al Fondo Internazionale tramite apposite donazioni al Fondo Nazionale, possono inviare contribuzioni direttamente ad Haifa; gli assegni devono essere pagabili al FONDO INTERNAZIONALE BAHÁ’Í. Ciò prosegue la linea di condotta dell’amato Custode, il quale scrisse che la partecipazione degli individui per mezzo di ‘contribuzioni direttamente inviate in Terra Santa era essenziale al di là della competenza delle Assemblee Nazionali o Locali.» (Lettera della Casa Universale di Giustizia a tutte le Assemblee Spirituali Nazionali, 18 dicembre 1963) 873. Fondo Continentale «I credenti, sia a livello individuale che in seno alle loro Assemblee, non devono dimenticare la vitale importanza dei Fondi Continentali, che sostengono il lavoro delle Mani della Causa e dei loro Consigli Ausiliari. Questa divina istituzione, così assiduamente incoraggiata dal Custode e che ha già giocato un ruolo unico nella storia della Fede, è destinata a rendere servizi sempre più importanti negli anni a venire.» (Dal Messaggio della Casa Universale di Giustizia ai Bahá’í Orientali ed Occidentali, 18 dicembre 1963) 874. Le promesse possono essere un mezzo utile per incoraggiare le contribuzioni «Le promesse possono costituire un mezzo utile per incoraggiare le contribuzioni e per portare all’attenzione degli amici le necessità finanziarie della Causa. Questo metodo può aiutare particolarmente nelle situazioni in cui l’Assemblea Spirituale ha un importante compito da realizzare, come la costruzione di un ?a?íratu’l-Quds o l’istituzione di una scuola privata, e quindi la necessità di sapere in anticipo se siano disponibili i fondi per il progetto. Comunque, è del tutto contrario ai principi bahá’í esercitare qualsiasi pressione nel richiedere promesse o nel cercare di riscuoterle. Una volta ricevuto l’impegno, è consentito ricordarlo, in privato, a chi ha già espresso l’intenzione di contribuire e chiedere cortesemente se gli è possibile onorarlo, ma alle Assemblee deve essere chiaro che queste promesse non sono un’obbligazione in senso giuridico; il loro assolvimento è solo un fatto di coscienza. E non devono essere resi noti elenchi di chi ha fatto la promessa.» (Dal memorandum di commenti e suggerimenti della Casa Universale di Giustizia, op. cit.) 875. Nelle aree d’insegnamento alle masse gli amici devono essere coscienti delle benedizioni e delle responsabilità a loro riservate «...queste Assemblee non devono esitare, né essere timide nel parlare ai credenti del Fondo. Gli amici che risiedono nelle aree d’insegnamento alle masse - per quanto poveri o ignoranti possano essere - sono interamente membri alla pari della comunità bahá’í; devono conoscere le loro benedizioni e le loro responsabilità. I potenti di questo mondo rifiutano l’appello di Bahá’u’lláh, ed ora a noi uomini e donne comuni che Egli ha conferito l’inestimabile dono di erigere il Regno di Dio sulla terra. Servire Dio e la Sua Causa è l’essenza della vita di ogni vero credente e la contribuzione al Fondo è un aspetto vitale di tale servizio.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia a tutte le Assemblee Spirituali Nazionali, 29 dicembre 1970) 876. Riunioni “porta e compra”. «...In alcune parti dell’Africa, dove il grado di povertà degli amici è simile a quello esistente in certe zone del vostro paese, le Assemblee organizzano riunioni “porta e compra” nelle quali gli amici possono portare qualsiasi cosa, uova, frutta, ortaggi, altri generi alimentari o manufatti locali. Tutte queste cose vengono esposte davanti agli amici che possono comprarle a prezzi molto convenienti a beneficio dei Fondi. Gli amici devono comprendere che, mentre nessuna Assemblea o persona può forzare gli altri a dare alla Fede, questo dare è considerato nei nostri Insegnamenti un dovere spirituale ed un sacrificio, strettamente legati allo sviluppo spirituale del credente.» (Lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’Ecuador, 27 novembre 1966) 877. L’Assemblea può vendere le contribuzioni in natura a mezzo di un banditore professionista «Ovviamente non vi è obiezione perché un’Assemblea venda, tramite un banditore professionista, le contribuzioni in natura ricevute, utilizzandone il ricavato per il fondo. Dipende dall’Assemblea decidere se è opportuno avere fra i bahá’í un amico che svolga questo compito, sia per la dignitosa atmosfera da mantenere che perché ciò potrebbe essere interpretato come una pressione sugli amici affinché contribuiscano, e questo naturalmente non sarebbe corretto. In linea generale, la Casa di Giustizia preferisce non incoraggiare questo sistema di vendita per i Fondi.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad un’Assemblea Spirituale Nazionale e citata in una lettera all’Assemblea Spirituale Nazionale della Malaysia, 26 maggio 1982) 878. Divieto di imporre tasse e tributi a carico delle Assemblee Spirituali Locali «Riguardo alle contribuzioni al Fondo Nazionale, è vietato imporre tasse e tributi a carico delle Assemblee Locali, ma certamente potete informarle delle necessità del Fondo e suggerire una certa percentuale come guida per le contribuzioni. Nel far ciò, potete sottolineare che sostenere il Fondo Nazionale è un obbligo non solo dei singoli credenti, ma anche di tutte le Assemblee Locali, le quali, in ogni caso, possono fissare una percentuale dei loro introiti per le contribuzioni a questo Fondo. La Casa di Giustizia si rende conto del difficile compito di educare le Assemblee Locali ed i credenti sull’importanza di contribuire regolarmente e con sacrificio al Fondo ed è sicura che frequentemente ricordate loro il principio della partecipazione universale, come tutti gli altri aspetti della Fede, attingendo possibilmente dalle informazioni contenute nel vostro archivio di lettere circolari sul tema dei Fondi inviate di volta in volta dalla Casa di Giustizia a tutte le Assemblee Spirituali Nazionali. (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad un’Assemblea Spirituale Nazionale, 30 novembre 1977) 879. L’Assemblea Spirituale Locale decide autonomamente come utilizzare i fondi - L’Assemblea Spirituale Nazionale può dare solo suggerimenti «Quando un’Assemblea Spirituale Locale riceve una contribuzione, deve decidere come utilizzare quei fondi. L0Assemblea Spirituale Nazionale può desiderare di suggerirle vari modi in cui il denaro potrebbe essere speso più praticamente, ma la decisione finale spetta solo all’istituzione locale. Le Assemblee Locali sotto la loro giurisdizione per l’accantonamento di una certa percentuale o somma dei loro fondi locali a scopi specifici. Possono, comunque, suggerire che le Assemblee Locali diano il loro contributo finanziario al bilancio nazionale per progetti di carattere prioritario e che le comunità cerchino di coprire una parte di questo bilancio. Ovviamente, ogni Assemblea Nazionale è tenuta ad impedire che una istituzione sotto la sua giurisdizione utilizzi i fondi in modo contrario ai migliori interessi della Causa; ma casi del genere sono comunque rari...» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad un credente, 17 ottobre 1985) 880. Sollecitare fondi da altri Paesi «Ci è stato richiesto di dirvi che l’attuale politica della Casa di Giustizia scoraggia le Assemblee Nazionali dall’appellarsi l’una all’altra per assistenza finanziaria, a meno che non sia inerente a progetti varati come meta di collaborazione fra le Assemblee interessate. Se un’Assemblea Nazionale ha adottato piani per specifici progetti d’insegnamento ed ha un effettivo bisogno di sostegno finanziario dall’esterno, invece di fare appelli ad altre Assemblee Nazionali, è bene che si rivolga al Corpo Continentale dei Consiglieri che prenderà in esame i piani e la richiesta e, nei limiti del possibile, provvederà all’assistenza attingendo ai fondi messi a loro disposizione dal Centro Mondiale.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad un’Assemblea Spirituale Nazionale, 5 settembre 1982) 881. I bahá’í sono liberi di contribuire per progetti in qualunque paese «Riguardo alla raccolta di fondi in altri paesi, la Casa di Giustizia non desidera che le istituzioni bahá’í facciano appelli per fondi ai bahá’í di un’altra nazione, a meno che l’Assemblea Nazionale di quel paese non l’abbia permesso. Ciò non significa che i singoli non siano liberi di contribuire a progetti di qualsiasi paese vogliano. Per esempio, se un bahá’í di un altro paese partecipa alla conferenza di... e desidera dare contribuzioni per la vostra scuola, non vi sono obiezioni. Comunque, non si devono fare indiscriminati ed organizzati appelli per fondi a credenti di altri paesi senza il consenso dell’Assemblea Nazionale di quel paese. (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad un credente, 6 giugno 1985) D. Fondi vincolati 882. Non disattendere la destinazione dei fondi vincolati «Occorre fare attenzione affinché non venga disattesa la destinazione dei fondi vincolati, in quanto il loro utilizzo per pagare le spese di particolari voci del vostro bilancio ha come conseguenza la riduzione, in ugual misura, dell’ammontare delle contribuzioni occorrenti per quelli. In effetti, questa pratica porterebbe al risultato che non vi è differenza fra una contribuzione vincolata ed una non vincolata. Per esempio: sarebbe sbagliato prelevare dal Fondo Nazionale l’ammontare di una contribuzione vincolata da un amico al Fondo Internazionale bahá’í, a meno che non sia stato esplicitamente così specificato. I fondi vincolati soltanto al Fondo Internazionale bahá’í devono essere inviati al Centro Mondiale in aggiunta a qualsiasi altra contribuzione fatta dal Fondo Nazionale.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia ad una Assemblea Spirituale Nazionale, 29 gennaio 1971) 883. Fondi vincolati per particolari spese o specifici progetti «Ci è stato chiesto di richiamare la vostra attenzione sul principio secondo il quale i fondi vincolati - quali quelli per l’acquisto o la manutenzione di proprietà, per speciali progetti d’insegnamento, ecc. - non devono essere utilizzati per altri scopi, ma tenuti in un conto speciale finché non vengano spesi per lo scopo per cui sono stati donati. Ciò vale per fondi provenienti dal Centro Mondiale, da credenti o da altre fondi. Nel caso il progetto per il quale i fondi sono stati donati venisse abbandonato, occorre restituire la contribuzione al donatore, a meno ch’egli non sia d’accordo che si utilizzino per altri scopi. Il pieno rispetto dei principi riguardanti il vincolo dei fondi è estremamente importante per vari motivi, incluso il mantenere la fiducia degli amici nelle questioni concernenti il Fondo.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad un’Assemblea Spirituale Nazionale, 21 giugno 1979) 884. Casi di poca praticità o mancanza di saggezza di contribuzioni vincolate... «1) Sebbene il donatore, Assemblea o individuo, abbia il diritto di specificare lo scopo di qualsiasi contribuzione di fondi o donazioni di proprietà, tuttavia, se l’Assemblea Nazionale giudica una donazione poco pratica o poco saggio accettarla, non è obbligata a farlo. 2) se, dopo esservi consultati con il donatore, non giungerete ad un accordo da voi ritenuto necessario o non riuscirete ad ottenere che la donazione sia assegnata ad uno scopo più pratico, dovete restituirla al donatore.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad un’Assemblea Spirituale Nazionale, 22 giugno 1980. Compilazione La linfa vitale, p. 41) 885. I proventi della vendita di proprietà acquistate con fondi vincolati conservano lo stesso vincolo «Riguardo proventi della vendita di proprietà bahá’í, se erano state acquistate utilizzando fondi generici della Fede e non esista alcun vincolo di contribuzione, l’unico principio da applicare è quello citato prima, e cioè che la comunità nazionale non deve restare - a seconda dei casi - senza un ?a?íratu’l-Quds, una dotazione o un terreno per il Tempio. Se la proprietà era stata donata o acquistata con fondi vincolati a questo specifico scopo, i proventi della vendita conservano lo stesso vincolo, a meno che il donatore non abbia specificato altrimenti. Se il donatore o i donatori sono in vita, o rifiutano di sciogliere il vincolo, i proventi devono essere utilizzati per lo stesso scopo. Nel caso quest’ultimo sia già stato conseguito (cioè, sia già stata acquistata un’altra proprietà), la somma in eccedenza deve essere utilizzata avendo riguardo per l’intenzione originale del o dei donatori, per esempio per mantenere o ingrandire la proprietà. In caso di dubbi, la questione deve essere sottoposta alla Casa Universale di Giustizia.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad un’Assemblea Spirituale Nazionale, 21 agosto 1980) 886. È molto importante che la contabilità dei fondi vincolati sia corretta «La questione relativa alla corretta contabilità dei fondi vincolati è molto importante. I libri contabili di ogni Assemblea devono essere strutturati in modo da distinguere sempre chiaramente i fondi vincolati da quelli liberi a disposizione dell’Assemblea, per evitare il pericolo di mischiarli involontariamente e che l’Assemblea li utilizzi per uno scopo errato.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad un’Assemblea Spirituale Nazionale, 6 agosto 1984) 887. Il donatore non ha diritto di modificare la destinazione dei Fondi, a meno che l’Assemblea non ne accetti la richiesta «L’amato Custode era molto drastico sul fatto che le contribuzioni ai Fondi bahá’í, offerte per scopi specifici, possano essere usate solo per quegli scopi, a meno che il donatore non consenta ad un cambio di destinazione. Se non è in grado di usare la contribuzione per lo scopo specificato, l’Assemblea può rifiutare di accettarla. Oppure può consultarsi con il donatore suggerendogli di svincolare la contribuzione per usi generici o di trasferirla ad altro scopo specifico, ma senza esercitare alcuna pressione per forzarne il consenso. D’altro canto, il denaro dato all’Assemblea è proprietà di quest’ultima anche se vincolato ad uno scopo specifico e il donatore non ha il diritto di modificarne unilateralmente la destinazione. Tuttavia l’Assemblea può, a propria discrezione, accettarne la richiesta in questo senso. (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad un’Assemblea Spirituale Nazionale, 30 dicembre 1984. Compilazione La linfa vitale, p. 14) 888. L’Assemblea deve cercare di preservare il valore reale dei fondi affidateli - In particolare se trattasi di fondi vincolati «L’Assemblea è il fiduciario dei fondi che le sono stati affidati e quando li investe deve prima di tutto preoccuparsi di preservarne il valore reale. È auspicabile, inoltre, che ne tragga un buon profitto, ma questa è una questione di secondaria importanza che non va perseguita se si rischia di mettere in pericolo il valore del capitale. Ciò vale soprattutto per i fondi vincolati, per i quali l’Assemblea ha il dovere, verso il donatore o i donatori, di preservarne il valore fino a quando non saranno utilizzati per lo scopo stabilito. In questo caso, nell’eventualità di una svalutazione della moneta, un metodo per mantenere il valore reale di un fondo vincolato è quello di aggiungere al capitale tutti i profitti che ne sono stati tratti, anche se il donatore non aveva specificato che essi dovessero essere sommati alla sua contribuzione.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad un’Assemblea Spirituale Nazionale, 19 Mirza 1985. Compilazione La linfa vitale, p. 11) 889. Spesso è meglio che gli amici non specifichino i Fondi «In generale,anche se è meglio che gli amici non vincolino le contribuzioni, è chiaro che spesso è meglio consentire alle Assemblee di usare le contribuzioni senza alcun vincolo. Un’assemblea non è inoltre, obbligata ad accettare una contribuzione vincolata, ma se lo fa, dovrà rispettare detto vincolo.» (Da una lettera scritta dalla Casa Universale di Giustizia un’Assemblea Spirituale Nazionale il 21 agosto 1980, Ibidem) 890. Usare particolare attenzione a non violare il diritto di vincolo - Le contribuzioni vincolate devono essere assegnate dall’Assemblea a fondi separati «...bisogna usare particolare attenzione a non violare per nessun motivo il diritto dell’individuo di vincolare la sua contribuzione. È necessario, perciò, chiarire ai credenti ed alle Assemblee Spirituali Locali come debbano esprimere i loro vincoli, in modo che l’Assemblea Nazionale sappia se una contribuzione è fatta per coprire una qualche parte del bilancio nazionale o è una contribuzione separata che passa semplicemente attraverso l’Assemblea Nazionale. Secondo le affermazioni del Custode, si deve ritenere che una contribuzione vincolata - a meno di un’indicazione contraria - è da intendersi in aggiunta alle destinazioni espresse nel Fondo Nazionale.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti, 18 gennaio 1968) 891. Rispettare la riservatezza delle contribuzioni dei credenti, siano esse vincolate o meno «Come regola generale, gli amici devono capire che è più in armonia con gli elevati modelli descritti nei nostri insegnamenti offrire sempre le loro contribuzioni liberamente, coraggiosamente e generosamente con la totale consapevolezza di appoggiare la Causa di Dio in qualsiasi modo possa realizzarsi. Comunque, se per qualche motivo, desiderano limitare l’uso delle loro contribuzioni, o addirittura rendere note ad altri questa donazione, non glielo si deve impedire. Alla luce di quanto sopra, sarebbe utile spiegare questi suggerimenti a Mr.... e, se conferma il suo desiderio, non vi è obiezione a collocare una targa a nome della famiglia di... nel Centro Informativo bahá’í di... perché sappia che, se vuole ancora dare l’annuncio della contribuzione per il suo Hazíratu’l-Quds alla Festa del Diciannovesimo Giorno, non può farlo se non con il permesso del donatore, poiché quest’ultimo ha diritto alla riservatezza delle sue contribuzioni.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia ad un’Assemblea Spirituale Nazionale, 30 dicembre 1979) XXII. IL PIÙ GRANDE NOME DI DIO A. Il più Grande Nome 892. Il più Grande Nome è il Nome del conforto, della protezione, ecc. «Il Più Grande Nome deve essere sulle labbra fin dal momento del risveglio nel primo mattino. Deve essere nutrito dal suo uso costante nelle invocazioni giornaliere, nelle preoccupazioni, nei contrasti, e deve essere l’ultima parola sussurrata la sera quando si mette la testa sul cuscino. È il nome del conforto, della protezione, della felicità, dell’illuminazione, dell’amore e dell’unità. “Io spero che tu possa comprendere il mistero celato ed il simbolo recondito del Più Grande Nome... L’uso del Più Grande Nome e l’affidarsi ad esso induce l’anima a spogliarsi del guscio della mortalità ed a procedere libera e rigenerata come una nuova creatura...» (‘Abdu’l-Bahá: United States Supplement to Bahá’í News, n. 80, p. 2, ottobre 1964) 893. I bahá’í possono salutarsi dicendo Alláh-u-Abhá «I bahá’í, quando si incontrano, possono salutarsi con Alláh-u-Abhá, se lo desiderano, ma devono avere l’accortezza di evitare qualsiasi cosa che, in un paese occidentale, possa apparire ai non bahá’í come una strana parola d’ordine orientale. Si deve essere molto fermi sui principi e sulle leggi, ma del tutto normali e naturali nei nostri comportamenti, così da attrarre gli estranei!” (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 17 luglio 1951) 894. Il Più Grande Nome è il Nome di Bahá’u’lláh «Il Più Grande Nome è il Nome di Bahá’u’lláh. ‘Yá Bahá’u’l-Abhá’ è un’invocazione che significa: ‘O Tu Gloria delle Glorie!’. Alláh-u-Abhá è un saluto che significa: ‘Dio il Più Glorioso’. Entrambi si riferiscono a Bahá’u’lláh. Con il Più Grande nome si intende che Bahá’u’lláh è apparso nel Più Grande Nome di Dio, in altre parole che Egli è la Suprema Manifestazione di Dio.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi all’Assemblea Spirituale Nazionale di Australia e Nuova Zelanda, 26 dicembre 1941) 895. il Più Grande Nome è un’invocazione e un simbolo della nostra Fede «A proposito della sua domanda sul ‘Più Grande NomÈ: Il Più Grande Nome è un segno distintivo della Causa e un simbolo della nostra Fede. Il termine ‘Alláh-u-Abhá’, d’altra parte, è una forma di saluto bahá’í e significa ‘Dio il Più Glorioso’.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 8 dicembre 1941) 896. Uso del simbolo del Più Grande Nome - Non è appropriato applicarlo su oggetti di uso comune «La più importante considerazione da farsi deve sempre essere l’assoluta dignità nell’uso del Più Grande Nome. Pertanto non sarebbe opportuno porlo su bicchieri, posacenere, piatti e così via. Non vi sono, invece, obiezioni ad usarlo su targhe, ornamenti, gioielli od oggetti simili, che normalmente non sono di uso comune. La Casa di Giustizia ci ha incaricati di dirvi che occorre essere molto attenti perché venga accuratamente rappresentata la scrittura persiana, poiché qualsiasi modifica della sua forma riconosciuta può essere penosa per i credenti iraniani.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale del Belgio, 12 Mirza 1980) 897. Istruzioni sull’uso dei simboli del Più Grande Nome sulla cancelleria e nei quadri «...La Casa Universale di Giustizia ci ha incaricati di condividere con voi le seguenti raccomandazioni sull’uso dei simboli del Più Grande Nome. Nella lettera del 5 agosto 1949 scritta a suo nome ad un credente, il Custode ha detto: ‘È meglio non incoraggiare l’uso di questo simbolo sulla cancelleria e nelle pitturÈ. Nello stesso modo la Casa Universale di Giustizia in una lettera a un’Assemblea Spirituale Nazionale: “Desideriamo richiamare la vostra attenzione sul Più Grande Nome stampato nel retro delle buste della vostra lettera. Questo uso del Più Grande Nome non è opportuno e vi chiediamo di evitarlo”. (16 maggio 1971) In un’altra comunicazione riguardante lo stesso argomento, quanto segue venne scritto a nome della Casa Universale di Giustizia ad un’Assemblea Nazionale: “...abbiamo avuto incarico di dirvi che non è opportuno utilizzare il simbolo del Più Grande Nome sulla cancelleria ufficiale di un’Assemblea Spirituale Locale” (6 novembre 1984) La Casa Universale di Giustizia non desidera fare un elenco di specifici usi del Più Grande Nome da evitare, ma la cosa più importante che gli amici devono comprendere è la grande sacralità di questo simbolo, che deve quindi essere utilizzato in maniera dignitosa ed appropriata...» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale delle Isole Hawaii, 3 giugno 1987) 898. L’uso degli adesivi non è incoraggiato «Riguardo all’adesivo con la scritta “World Fellowship” ed il simbolo dell’anello su di esso: egli non incoraggia l’uso di questo genere di cose.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 12 Mirza 1946. Compilazione Extracts Concerning Guidance on the use of the Greatest Name allegata alla suddetta lettera all’Assemblea Nazionale delle Isole Hawaii) 899. Pietre tombali Riferirsi al paragrafo n. 672 900. Simboli «Abbiamo ricevuto la vostra lettera del 22 giugno 1967 con acclusi gli schizzi dei simboli che taluni bahá’í vorrebbero porre all’interno delle loro automobili. L’uso di emblemi siffatti è lasciato interamente alla discrezionalità della vostra Assemblea Nazionale, tranne quello del Più Grande Nome, che non deve essere impiegato.» (Da una lettera scritta a nome della Casa universale di Giustizia ad un’Assemblea Spirituale Nazionale, 16 agosto 1967. Ibidem) 901. Fabbricazione e vendita di oggetti con il Più Grande Nome «Sebbene sia prescritto che il simbolo del Più Grande Nome non debba essere usato sulle pietre tombali, non abbiamo trovato alcuna istruzione che proibisca il suo uso su alcuni particolari oggetti, come gioielli, libri o opuscoli; tuttavia il Più Grande Nome non deve mai essere usato in modo poco dignitoso. Non è stato trovato nulla che proibisca ad un credente di fabbricare e vendere oggetti che riproducano il Più Grande Nome, purché sia usato in maniera dignitosa.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale del Giappone, 25 Mirza 1975) 902. Non è vietato usare nelle canzoni il Più Grande Nome, i nomi delle Manifestazioni o quelli delle Figure Centrali della Fede «Non abbiamo trovato nulla negli Scritti che proibisca l’uso del Più Grande Nome, dei Nomi delle Manifestazioni di Dio o delle Figure Centrali della nostra Fede nei versi di canzoni. Comunque, riteniamo che - quando vengono usati - si deve farlo con venerazione e rispetto, sia nella composizione dei versi che nel modo di presentarli.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti, 14 Mirza 1968) 903. Riproduzione del Più Grande Nome su gioielli per motivi commerciali «Quando singoli bahá’í riproducono in quantità limitata il Più Grande Nome su oggetti, tipo gioielli, ed hanno modo di venderli, in linea generale dovrebbero essere lasciati liberi di cimentarsi in questa attività senza che le istituzioni bahá’í interferiscano, tranne nei casi in cui - secondo l’opinione di queste - gli interessi della Fede venissero intaccati. Tuttavia, se gli amici intendono produrre e vendere tali oggetti su larga scala, devono prima ottenere il permesso dell’Assemblea Nazionale, che, in linea di massima, non dovrebbero avere difficoltà a concederlo, sempre che a suo giudizio gli interessi della Fede non vengono pregiudicati e siano mantenuti i necessari livelli di dignità e decoro. Nei casi in cui gli amici intendono utilizzare il luogo ove si tiene una cerimonia o un evento bahá’í - organizzati con il patrocinio di un’istituzione bahá’í - per esporre e vendere i loro prodotti, possono farlo se l’istituzione competente dà il permesso.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti, 15 ottobre 1978) 904. Distruzione di un quadro raffigurante il Più Grande Nome «Se è necessario distruggere un quadro raffigurante il Più Grande Nome, si può farlo con qualunque sistema. Non vi è nulla di inappropriato nell’uso di spille con il simbolo delle pietre da anello.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 5 gennaio 1957) 905. Recitare il Più Grande Nome 95 volte al giorno «Recitare il Più Grande Nome 95 volte al giorno non è assolutamente obbligatorio. Questa ed altre questioni simili saranno chiaramente e completamente spiegate quando l’Aqdas sarà pubblicato. Attualmente, comunque, gli amici devono evitare di porre su di esse un’eccessiva enfasi. Nel recitare il Più Grande Nome si devono usare le parole ‘Alláh-u-Abhá’ e non ‘Yá Bahá’ul-Abhá’.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 10 ottobre 1936) 906. Il Più Grande Nome o i quadri raffiguranti ‘Abdu’l-Bahá devono essere collocati in posizione dignitosa «È molto importante che il Più Grande nome o i quadri raffiguranti ‘Abdu’l-Bahá siano collocati in posizione dignitosa. Non devono essere posti sul pavimento, né, d’altro canto, tenuti al di sopra della testa di persone nelle fotografie. Una altezza adatta potrebbe essere all’incirca quella del petto.» (Da una lettera scritta a nome del Custode ad una Assemblea Spirituale Nazionale, 10 ottobre 1936) B. Simbolo raffigurato su anelli e gioielli 907. Il simbolo inciso sugli anelli è una forma del Più Grande Nome - Suo uso nei gioielli «In risposta alla vostra lettera del 2 novembre circa l’uso del Più Grande Nome su spille e ornamenti, citiamo qui di seguito il testo di una lettera che scrivemmo sullo stesso argomento nel 1964 ad un’altra Assemblea Spirituale Nazionale: “Il simbolo inciso sulle pietre degli anelli è una forma del Più Grande Nome. Mentre il diletto Custode ha richiamato l’attenzione sulla Sua sacralità, invitandoci a collocarlo sempre in una posizione dignitosa, non abbiamo trovato alcuna istruzione che proibisca l’uso dei simboli del Più Grande Nome su particolari oggetti, come gioielli, libri o opuscoli. ‘Riteniamo che gli amici usandolo debbano esercitare il massimo discernimento e buon gusto”.» (Dalla Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale delle Isole Britanniche, 15 febbraio 1967) 908. Ai bahá’í non è richiesto portare l’anello con il simbolo «È gentile da parte sua pensare di fare delle spille per i bahá’í, ma ritiene che ciò assomigli molto alle abitudini di club ed altre organizzazioni. Ai bahá’í, infatti, non è richiesto portare l’anello bahá’í, a meno che non vogliano farlo. Egli pensa che sia meglio non aggiungere altri mezzi di identificazione.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 22 febbraio 1956) 909. Spiegazione dell’iscrizione sugli anelli «L’iscrizione sugli anelli bahá’í e il Simbolo del Più Grande Nome, Bahá, Che è la Manifestazione dell’essenza di Dio. È anche il simbolo dei tre livelli che rappresentano il Mondo di Dio, il Mondo della Rivelazione ed il Mondo della Creazione.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 28 febbraio 1938) 910. Il significato delle stelle «All’orizzonte dell’Eterna Gloria sono sorte in pieno fulgore due luminose stelle: una a destra ed una a sinistra... questo è il mistero dell’apparizione della Bellezza di Abhá e dell’Eccelso (il Báb). E benché questi due diagrammi a destra ed a sinistra abbiano forma di stelle, rappresentano anche il corpo dell’uomo, con la testa, le due braccia e le due gambe, poiché ciascuno ha cinque punte.» (‘Abdu’l-Bahá: Bahá’í Scriptures, p. 479. ed. 1923) 911. Il Più Grande Nome - Un’invocazione «Egli inoltre mi prega di informarVi che il simbolo del Più Grande Nome rappresenta un’invocazione che può essere tradotta sia ‘Gloria delle GloriÈ, che ‘Gloria del Gloriosissimo’. La parola gloria usata in questo contesto è la traduzione del termine arabo ‘bahá’í’, il nome di Bahá’u’lláh.» (Da una lettera scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale degli Stati Uniti e Canada, 28 aprile 1935. Bahá’í News, n. 93, p. 1, luglio 1935) XXIII. ?A?ÍRATU’L-QUDS 912. ?a?íratu’l-Quds - Sua principale funzione «Riguardo all’uso del vostro ?a?íratu-l-Quds, vogliamo precisare che la sua principale funzione è quella di servire come quartier generale amministrativo nazionale della Fede nel vostro paese e che qualsiasi altra è da considerarsi secondaria. Se è possibile ed opportuno, i credenti possono di tanto in tanto trovarvi alloggio, ma ciò non deve essere visto come una facilitazione alberghiera. Il lavoro della Causa occupa per importanza il primo posto e non si deve permettere che alcunché interferisca con esso.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’Ecuador, 23 ottobre 1963) 913. Non è corretto ballare nell’?a?íratu’l-Quds «Il diletto Custode mi ha chiesto di rispondere alle domande contenute nella vostra recente lettera circa l’appropriato uso dell’?a?íratu-l-Quds. Tenuto conto che nella maggior parte dei casi i bahá’í non hanno altro luogo di riunione nella città dov’è l’?a?íratu-l-Quds, ed esso è una costruzione con molte stanze, egli non trova nulla da obiettare se i giovani vi si riuniscono con i loro amici non bahá’í, ma non ritiene corretto che vi si balli. Vi si possono, invece, celebrare matrimoni e servizi funebri bahá’í. L’?a?íratu-l-Quds, anche se vi vengono celebrate le Feste ed i Giorni Sacri, non deve essere confuso con un Tempio; è il quartier generale amministrativo. Certamente in futuro sarà utilizzato per scopi puramente amministrativi, ma per il momento deve ricoprire il ruolo di vero Centro e punto di ritrovo della comunità bahá’í. (Lettera scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale del Sud-America, 15 febbraio 1947) 914. ?a?íratu’l-Quds locali e nazionali «L’?a?íratu’l-Quds è un’Istituzione della Fede e, per quanto riguarda il suo uso, nessuna distinzione deve essere fatta fra quella Nazionale o Locale. Tranne che nell’ L’?a?íratu’l-Quds, può essere concesso ballare nelle scuole estive, ecc., ed è lasciata al comitato o all’Assemblea in carica la discrezionalità di effettuare tutti i preparativi necessari.» (Da una lettera della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale del Messico, 27 giugno 1970) 915. Principi che regolano l’accettazione di doni Riferirsi al paragrafo n. 728 916. Accantonamento annuale di una somma da parte delle Assemblee Spirituali Nazionali per la manutenzione delle proprietà «Durante i piani precedenti sono già state acquistate molte proprietà. È importante che queste proprietà siano mantenute in buono stato. Le Assemblee Spirituali Nazionali devono accantonare ogni anno una somma del loro bilancio per la manutenzione delle proprietà nazionali, cosicché quando si renda necessaria una riparazione, i fondi siano disponibili e non si crei un’improvvisa crisi per il fondo nazionale. Nei limiti del possibile, alla manutenzione degli ?a?íratu’l-Quds locali ed altre proprietà locali devono provvedere gli amici locali. È anche importante che le proprietà della Fede siano utilizzate per gli scopi per cui sono state acquistate. Proprietà ben tenute e regolarmente usate non solo saranno un mezzo per migliorare la vita comunitaria bahá’í, ma accresceranno anche il prestigio e la dignità della Fede agli occhi del pubblico non bahá’í.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia a tutte le Assemblea Spirituale Nazionale, Naw-Rúz 1979. In Piano Settennale, p. 30) 917. Responsabilità dell’Assemblea Spirituale Nazionale di conservare e valorizzare le proprietà - Ogni bahá’í può dare il suo aiuto in molti modi «Alle Assemblee Spirituali Nazionali di tutto il mondo è stato richiesto di assumersi in maniera duratura la responsabilità di provvedere alla conservazione ed alla valorizzazione delle loro proprietà bahá’í, e devono instillare nella coscienza dei credenti l’importanza del loro ruolo nel mantenere i centri nazionali in condizioni rappresentative e piacevoli. Esistono vari modi con cui i bahá’í possono aiutare ad abbellire e curare i loro L’?a?íratu’l-Quds, non soltanto con le contribuzioni ma anche mettendosi a disposizione per pulire, pitturare, provvedere alle piccole riparazioni, lavorare nei giardini, ecc.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale dell’Uruguay, 20 giugno 1979) 918. Acquisto e vendita di ?a?íratu’l-Quds «La Casa Universale di Giustizia ci ha incaricato di accusare ricevuta della vostra lettera del 6 maggio 1981, riguardante la proposta di vendere il vostro ?a?íratu’l-Quds, e di comunicarvi quanto segue. La questione rientra interamente nella discrezionalità della vostra Assemblea Nazionale, la quale deve tener presente che non dovete restare senza Centro Nazionale; ciò comporta, prima di privarsi di quello vecchio, già l’acquisto del nuovo, o almeno d’aver la transazione per ottenerlo molto avanti e garantita. In risposta alla vostra domanda circa l’ubicazione del Segretariato dell’Assemblea Nazionale, ci è stato chiesto di dirvi che l’Assemblea deve operare dall’?a?íratu’l-Quds nazionale, ed è importante ed auspicabile che la Segreteria abbia sede il più vicino possibile ad esso, affinché i compiti d’ufficio possano essere svolti rapidamente. Perché li esaminiate, accludiamo gli estratti da recenti lettere su questo tema.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale del Nicaragua, 7 giugno 1981) 919. Il Centro Nazionale non deve essere usato per i bisogni dell’Assemblea Spirituale Locale - È preferibile che il segretario nazionale viva nell’ ?a?íratu’l-Quds «Non è necessario che il Centro Nazionale disponga di un salone per le riunioni pubbliche, né che vi sia uno spazio destinato alle sedute dell’Assemblea Spirituale Locale della città dov’è sistemato. La sua funzione essenziale è quella di essere la sede dell’Assemblea Spirituale Nazionale e deve disporre di adeguate strutture per il suo segretariato. Deve disporre di spazio adeguato e, sempre che l’Assemblea Nazionale lo reputi conveniente - non vi sono obiezioni a dare in affitto all’Assemblea Spirituale Locale una o due stanze, che ovviamente non sono parte essenziale dell’ ?a?íratu’l-Quds Nazionale. I criteri da scegliere per la ricerca dei nuovi locali sono di vostra pertinenza. Anche se non è obbligatorio che il segretario nazionale viva nel Centro Nazionale, ciò è generalmente da preferire. Se al momento fosse impossibile, non vi è alcuna obiezione che abiti nelle vicinanze. La condizione imprescindibile è che l’Assemblea Spirituale Nazionale abbia sede nell’ ?a?íratu’l-Quds Nazionale e che operi da lì.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale delle Isole Vergini, 22 luglio 1982) 920. L’Assemblea Spirituale Nazionale deve operare dall’ ?a?íratu’l-Quds Nazionale - In seguito, il segretario nazionale presterà servizio a tempo pieno «Il principio basilare è quello che un’Assemblea Spirituale Nazionale operi dall’ ?a?íratu’l-Quds Nazionale, che è la sua sede ufficiale. Durante i primi, formativi anni della Fede e l’edificazione dell’Ordine Amministrativo si è talvolta permesso al Segretario Nazionale, ma in questi casi si è sempre rispettato il principio secondo cui l’Assemblea Spirituale Nazionale opera alla sua sede che è l’?a?íratu’l-Quds ... L’obiettivo da raggiungere è porre rimedio a questa anomalia e far risiedere il segretario nazionale vicino, se non addirittura nell’?a?íratu’l-Quds. Inevitabilmente verrà il giorno in cui sarà necessario che il vostro segretario nazionali dedichi tutto il suo tempo al servizio dell’Assemblea Spirituale Nazionale ed allora diventerà indispensabile che operi dal Centro Nazionale.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale della Repubblica Dominicana, 9 febbraio 1976) 921. Sistemazione preferibile e norma bahá’í è che il Segretario Nazionale viva nell’ ?a?íratu’l-Quds - Non deve considerarsi un diritto di carica «Pur non essendo obbligatorio per il Segretario Nazionale risiedere al Centro Nazionale - e il credente eletto a tale importante carica non può certo reclamare questa residenza come diritto del suo ufficio -, è generalmente la sistemazione da preferire e, di fatto, una norma della prassi bahá’í. La cosa essenziale è che l’Assemblea Spirituale Nazionale abbia lì la sua sede di lavoro. Ciò ovviamente richiede la costante presenza del Segretariato, poiché tutta la posta dell’Assemblea deve arrivare e partire da quella sede, più tutti gli altri motivi già a vostra conoscenza. Comunque, la decisione finale compete alla vostra Assemblea Spirituale Nazionale e, se fosse realmente impossibile per il Segretario Nazionale vivere nell’ ?a?íratu’l-Quds, non vi è alcuna obiezione che risieda nelle vicinanze o in un luogo facile da raggiungere, specialmente, specialmente se si tratta di una sistemazione temporanea.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale del Regno Unito, 22 settembre 1974) 922. Un ?a?íratu’l-Quds regionale serve per la comunità locale e come luogo di riunione per i bahá’í di un’area più vasta «Un ?a?íratu’l-Quds regionale deve essere considerato come Centro Locale della comunità in cui sorge, ma, poiché deve anche servire come luogo di riunione per gli amici residenti in un’area più vasta, è necessario che disponga di una struttura più notevole di quella richiesta per un Centro Locale. In armonia con questo concetto, tale edificio può essere utilizzato per tenervi conferenze, istituti d’insegnamento, classi di approfondimento, ecc., per l’area più vasta. La possibilità che qualcuno viva nell’ ?a?íratu’l-Quds regionale è una questione che deciderà la vostra Assemblea. Comunque, di norma è auspicabile che il Centro disponga di un alloggio per chi vi risieda come custode della proprietà.» (Da una lettera scritta a nome della Casa Universale di Giustizia all’Assemblea Spirituale Nazionale del Suriname e Guyana Francese, 15 agosto 1982) XXIV. SALUTE, GUARIGIONE E ALIMENTAZIONE A. Guarigione spirituale e fisica 923. In caso di malattia, consultare medici competenti «Nel momento della malattia, rivolgetevi a medici competenti; non abbiamo abolito il ricorso a mezzi materiali, anzi lo abbiamo confermato con questa Penna che Dio ha fatto Oriente della Sua luminosa e gloriosa Causa.» (Bahá’u’lláh: Kitáb-i-Aqdas, par. 113) 924. Preghiere per la guarigione spirituale e fisica «...Le preghiere scritte per la guarigione riguardano sia quella spirituale che quella fisica. Quindi cantatele per entrambe. Se la guarigione è la cosa migliore per il paziente, si otterrà certamente. Per taluni malati, la guarigione causerebbe altre malattie. Quindi saggezza vuole che certe preghiere non vengano esaudite. O ancelle di Dio! Il Potere dello Spirito Santo guarisce sia le malattie fisiche che spirituali.» (‘Abdu’l-Bahá: Daily Lessons Received at ‘Akká, ed. 1976, p. 86) 925. Influenza del Più Grande Nome sulle cose sia spirituali che materiali «Che il Più Grande Nome eserciti influenza sia sulle cose materiali che spirituali è un fatto del tutto certo.» (‘Abdu’l-Bahá, da una Tavola ad un credente. Tratto da Selections from Bahá’í Writings on Some Aspects of Health, Healing, Nutrition and Related Matters, aprile 1984, p. 2) «O ancella di Dio! Continua a curare cuori e corpi cercando di far volgere gli ammalati verso il Regno Supremo e predisponendo il cuore ad ottenere la guarigione per mezzo del potere del Più Grande Nome e dello spirito dell’amore di Dio.» (Tavole di ‘Abdu’l-Bahá, vol. III, p. 629) 926. Due modi per guarire le malattie «Vi sono due modi per guarire le malattie, mezzi materiali e mezzi spirituali. I primi sono per opera del trattamento dei medici; i secondi consistono in preghiere offerte a Dio da persone spirituali e nel volgersi a Lui. Si devono usare e praticare entrambi i mezzi. Le malattie che insorgono per cause materiali devono essere trattate dai medici mediante rimedi sanitari; quelle dovute a cause spirituali scompaiono per opera di mezzi spirituali. Così una malattia causata da afflizione, timore, impressioni nervose si cura più efficacemente con un trattamento spirituale che con una terapia materiale. Quindi è bene seguire entrambi i tipi di trattamento: essi non si contraddicono. Perciò devi accettare anche i rimedi materiali, poiché anch’essi provengono dalla misericordia e dal favore di Dio, Che ha rivelato e palesato la scienza medica così che i Suoi servi possano giovarsi anche di questo tipo di trattamento. Devi prestare pari attenzione anche ai trattamenti spirituali, perché producono mirabili effetti . Ora se desideri conoscere il vero rimedio capace di guarire l’uomo da ogni infermità e di dirgli la salute del regno divino, sappi che tali sono i precetti e gli insegnamenti di Dio. Concentravi la tua attenzione.» (‘Abdu’l-Bahá. Antologia, pp. 147-148, n. 133) 927. Due processi di guarigione - Non è sufficiente la sola preghiera «Com’ella sa Bahá’u’lláh ha ordinato che in caso di malattia siano sempre consultati i medici più competenti. E questo è esattamente quanto il Custode le consiglia vivamente di fare, perché la preghiera da sola non basta. Per renderla più efficace dobbiamo ricorrere a tutti i vantaggi fisici e materiali che Dio ci ha concesso. Curare solamente per mezzo di forze spirituali è indubbiamente altrettanto inadeguato quanto ciò che i medici e i pensatori materialisti cercano vanamente di ottenere ricorrendo unicamente a mezzi e metodi meccanici. Il migliore risultato può ottenersi combinando i due procedimenti: spirituale e materiale.» (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 12 Mirza 1934, Spiritismo, Reincarnazione e Fenomeni Medianici, p. 21, n. 35) 928. Le guarigioni fisica e spirituale sono essenziali e complementari «In quanto alla sua domanda sulla guarigione spirituale. Questo tipo di cura costituisce, in effetti, uno dei metodi più efficaci per liberare una persona da dolori e sofferenze mentali o fisici. Nei Suoi discorsi della “Saggezza”, ‘Abdu’l-Bahá ne sottolinea l’importanza affermando che essa deve essere usata quale strumento essenziale per ottenere una completa guarigione materiale. Ma la cura spirituale non è né può essere un sostituto della cura materiale, di cui è peraltro un valido complemento. Entrambe sono in verità essenziali e complementari.» (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 16 febbraio 1935, Spiritismo, Reincarnazione e Fenomeni Medianici, p. 22. n. 36) 929. La guarigione materiale deve essere rafforzata da quella spirituale «In quanto alla sua domanda sulla guarigione spirituale. Come certamente sa, ‘Abdu’l-Bahá ne ha messo molto in evidenza l’importanza e la considerava, in effetti, una parte essenziale del processo materiale della guarigione. La guarigione materiale non può essere completa e durevole se non è rafforzata da una guarigione spirituale. E quest’ultima può essere ottenuta meglio mediante l’obbedienza alle leggi e ai comandamenti di Dio rivelati tramite le Sue Manifestazioni. Anche i credenti però possono essere d’aiuto guarendo gli altri. Ma il successo dei loro sforzi dipende interamente dalla loro scrupolosa fedeltà agli Insegnamenti nonché dal modo in cui li trasmettono agli altri. Secondo Bahá’u’lláh l’uomo non può essere guidato solamente e direttamente da Dio; deve invece cercare la guida tramite i Suo Profeti. Purché tale principio sia chiaramente compreso e spiegato, il Custode non vede perché gli amici non debbano cercare di guarire gli altri con mezzi spirituali. Ma tale cura deve essere fatta in nome di Bahá’u’lláh e in conformità con i Suoi insegnamenti, perché Dio e Dio solo è il Supremo e Onnipotente Medico e tutti gli altri sono solo strumenti nelle Sue mani.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 23 maggio 1935, Spiritismo, ecc. p. 22, n. 37) 930. Cura delle malattie - Non esistono “guaritori bahá’í” «Il Custode non sa nulla del suo metodo di cura e non gli interessa di scendere nei dettagli, perché non ha tempo per questi problemi. Ma per guidarla può esporre alcuni principi generali: non esistono guaritori bahá’í o metodi di cura bahá’í. Nel Suo Libro Santissimo (l’Aqdas) Bahá’u’lláh dice di consultare i migliori medici, in altre parole medici che abbiano studiato un sistema medico scientifico; non ci ha mai fatto credere che ci guarirà per mezzo di “guaritori”, bensì mediante la preghiera e l’assistenza della medicina e di terapie approvate. Ora, se il suo metodo di cura non è in contrasto con tali principi, e finché ella non cercherà di sostituire un medico regolare nel tentativo di curare gli altri, ma si limiterà ad aiutarli, mediante suggerimenti costruttivi - o qualunque altra cosa - e non assocerà questo aiuto al fatto di essere un diretto canale della grazia di Bahá’u’lláh, il Custode non vede perché ella non debba continuare ad assistere gli altri. Ma deve decidere in coscienza se, alla luce di quanto è stato detto, è realmente giustificato a proseguire. Pregherà che ella trovi guida e felicità...» (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 8 giugno 1948, Spiritismo, ecc., p. 23, n. 38) 931. Associare direttamente alla Causa tali cose finirebbe col nuocerle «Giudica che l’atteggiamento che ella e l’Assemblea di Caracas avete assunto di fronte alle notevoli capacità curative di... sia giusto. Associare direttamente alla Causa tali cose finirebbe con il nuocere alla sua reputazione e con il presentarla sotto una luce sbagliata, perché i poteri di... - per i quali è certamente difficile trovare una spiegazione logica - non sono comuni fra i bahá’í, ma solo un fenomeno visibile (raramente) fra individui di ambiente religioso. In quanto al dire che essi siano una diretta ispirazione di Bahá’u’lláh, non possono certamente farlo. Possiamo solo essere grati che.. abbia realmente potuto aiutare persone che ne avevano estremo bisogno. Essendo ella una devota bahá’í, non c’è ragione che non debba essere conosciuta come tale; ma certamente ciò non deve essere in alcun modo connesso ai suoi poteri di guaritrice.» (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 30 settembre 1949, Spiritismo, ecc., p. 23, n. 39) 932. Fenomeno non unico «Il Custode ha già sentito parlare di notevoli poteri di guarigione di... e ha scritto agli amici che si sono messi in contatto con lui che egli pensa che ella sia naturalmente libera di usare questi poteri, finora per noi incomprensibili, ma non unici nella storia, per il bene degli altri, ma che è meglio non associare questo fenomeno direttamente con la Fede. In altre parole questa cara anima è bahá’í e siamo tutti orgogliosi che lo sia. Ma ella non deve dare l’impressione di essere una guaritrice bahá’í perché nella Fede non esistono cose del genere; deve dire invece di essere una credente bahá’í che pare Dio abbia voluto benedire con questo prezioso dono personale di essere spesso capace di guarire gli altri.» (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 26 ottobre 1949, Spiritismo, ecc., p. 24, n. 40) 933. Essere capaci di aiutare un’anima sofferente «Il Custode non vede perché ella non debba continuare ad aiutare gli ammalati. Come ha già scritto ad alcuni credenti a questo proposito, finché ella non dice di guarire come bahá’í o perché è bahá’í (e infatti non abbiamo ‘guaritori’ nella Causa), certamente non vi sono obiezioni a quello che fa. Al contrario essere capaci di aiutare un’anima sofferente è un grande dono di Dio.» (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 5 ottobre 1950, Spiritismo, ecc., p. 25, n. 43) 934. Dobbiamo fare in modo che la Fede non sia identificata con queste cose. «Egli pensa che la decisione della vostra Assemblea sulla dimostrazione di una guarigione spirituale durante una riunione bahá’í sia stata giusta. Dobbiamo fare in modo che la gente non sia ufficialmente portata ad identificare la Fede con queste cose. Quello che i credenti fanno in privato, che non contravvenga agli insegnamenti, è affare loro.» (Da una lettera scritta a nome del Custode all’Assemblea Spirituale Nazionale delle Isole Britanniche, 25 giugno 1953. Spiritismo, ecc., p. 25, n. 44) 935. Non deve diventare un guaritore «Egli giudica che ella non debba fare nulla di speciale per il potere che si sente di aiutare gli ammalati. Ciò non significa che non debba servirsene quando se ne presenti l’occasione, come è accaduto di recente. Ma vuol dire che non deve diventare un ‘guaritorÈ come quelli dello Scientismo Cristiano, perché noi bahá’í non abbiamo guaritori.» (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 25 dicembre 1949, Spiritismo, ecc., p. 24, n. 41) 936. Guarigione dello Spirito Santo «Non abbiamo motivo di credere che la guarigione dello Spirito Santo non possa essere attratta da comuni mortali. Ma è una cosa rara, un mistero, un dono di Dio.» (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 26 Mirza 1950, Spiritismo, ecc., p. 24, n. 42) 937. Visitare gli ammalati «Dobbiamo tutti visitare gli ammalati. Essendo afflitti e sofferenti, ricevono un reale aiuto e beneficio dalla visita di un amico. La gioia è un’eccellente medicina per gli ammalati. In oriente vi è l’abitudine di visitare spesso il paziente incontrandolo individualmente. Gli orientali dimostrano la più grande gentilezza e compassione verso gli ammalati ed i sofferenti e ciò ha un effetto maggiore delle medicine. Dovete sempre avere pensieri di amore ed affetto quando fate visita agli ammalati ed ai sofferenti.» (‘Abdu’l-Bahá, The Promulgation of Universal Peace, ed. 1982, p. 204) 938. Per quanto critica e senza speranza sia una situazione, si deve consultare e seguire la terapia di un medico competente «Riguardo alla signorina...., Shoghi Effendi prova inesprimibile gratitudine per tutta la gentile assistenza che avete continuamente prodigata a suo padre in questa certo straziante, anzi, veramente disastrosa situazione che sta affrontando. Per quanto critica e senza speranza possa essere stata considerata dai medici la situazione di sua figlia, Lei ha fatto senz’altro bene a consigliarlo di portarla in ospedale in modo che fosse sottoposta alla migliore terapia che la scienza medica è in grado di offrire. Nel far ciò lei ha agito in piena conformità al consiglio così affettuosamente e ripetutamente dato da Bahá’u’lláh, secondo cui in caso di malattia si deve consultare sempre medici competenti e coscienziosi e seguire la terapia.» (Da una lettera scritta a nome del Custode ad un credente, 18 giugno 1939, Selections from Bahá’í Writings on Some Aspects of Health and Healing, p. 7, giugno 1974) 939. Per una veloce guarigione occorrono forze sia spirituali che materiali «Nel Libro dell’Aqdas Bahá’u’lláh ci esorta a rivolgerci ad un medico e ad attenerci alle sue decisioni quando siamo colpiti da qualunque malattia. Per assicurare una pronta guarigione dei pazienti devono essere utilizzate forze materiali e spirituali; nessun parziale trattamento è sufficiente. Così lei deve pregare per suo figlio ed attenersi anche alle direttive dei medici che lo stanno curando.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 1 giugno 1933) 940. Le malattie fisiche non intaccano l’anima «Riguardo alle sue domande sulla condizione dell’anima durante le malattie, dai passi delle “Spigolature”‘ emerge in modo chiaro che le malattie fisiche, per quanto gravi siano, non portano alcun cambiamento nell’intrinseca condizione dell’anima. Come dice Bahá’u’lláh: “Lo spirito è stabile ed invariabile nel suo rango”. Il velo e l’ostacolo che s’interpone fra l’anima ed il corpo durante una malattia è la malattia stessa. Essa rivela un’instabilità nell’organismo, una mancanza di equilibrio nelle forze essenziali per il normale funzionamento del corpo umano.» (Da una lettera dell’8 Mirza 1936 scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente) 941. I bahá’í devono evitare di debilitarsi fisicamente e di subire crolli «...I bahá’í, malgrado il desiderio di offrire se stessi fino all’ultima briciola delle loro forze per servire la Causa, devono guardarsi dal debilitarsi completamente e dal subire crolli. Talvolta ciò può fare più male che bene, perché sono strettamente legati alla vita di altri... Non vi è dubbio che esista l’espiazione in conto di altri e le nostre sofferenze, talvolta, si accettano come un sacrificio a favore del prossimo. Ma dove tracciare la demarcazione è un mistero. Se Lei avesse più cura della sua salute ed accrescesse le sue riserve di energie, sarebbe certamente meglio per lei e per il suo lavoro. Allora il suo sensibile cuore che si strugge, nonostante possa ancora spesso soffrire per e con gli altri, sarà in grado di resistere meglio alle prove senza che Lei si estenui, cosa che non giova certamente al suo lavoro per la Causa.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 25 ottobre 1949) 942. La guarigione spirituale del mondo di oggi è la sua primaria necessità - I bahá’í sono il lievito che deve far fermentare le masse «Per quanto grande possa essere la necessità di guarigione fisica, il supremo bisogno del mondo di oggi è la guarigione spirituale. La vita su questa terra è così relativamente breve e, allo stato attuale, carica di mille difficoltà e pericoli; invece, nel suo vero senso, la vita è eterna, e per essa la gente necessita di preparazione in questa epoca turbolenta. Il Suo lavoro per migliorare la salute della gente è una maniera meritoria di servire l’umanità, ma non lo si può mai paragonare al lavoro di illuminare le anime e le menti degli uomini con la Luce di Bahá’u’lláh. Il mondo brulica di milioni di persone ed i bahá’í sono un pugno, eppure sono il prezioso lievito che deve far fermentare le masse.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 8 maggio 1942) 943. Alcune malattie sono legate allo sviluppo spirituale del malato o di quello dei suoi cari «Il diletto Custode mi ha chiesto di assicurare lei ed i genitori del bambino che pagherà per la sua guarigione, fisica e spirituale. È difficile per noi comprendere queste disgrazie quando ci colpiscono. Coloro che sono saldi nella Fede sanno che la mano di Dio li protegge, e se qualche calamità di questa natura capita loro, certamente ci sarà una ragione, che può avere a che fare con lo sviluppo spirituale dell’interessato, con lo sviluppo spirituale ed il benessere dei suoi cari, o perfino col commuovere il cuore di non bahá’í, che saranno toccati dallo Spirito Divino per il modo in cui il bahá’í affronta una simile prova.» (Da una lettera scritta a nome di Shoghi Effendi ad un credente, 23 luglio 1953) 944. La sofferenza fisica è necessaria all’esistenza ed è inevitabile «Riguardo alla Sua domanda sul significato della sofferenza fisica e la sua relazione con la guarigione mentale e spirituale: la sofferenza fisica è una necessaria compagna di tutta l’esistenza umana e, come tale, è inevitabile. Finché vi sarà vita sulla terra, in varie forme e gradi, vi sarà anche sofferenza. Ma, pur essendo un’ineluttabile realtà, può nondimeno essere utilizzata come mezzo per giungere alla felicità. Questa è l’interpretazione di essa data da tutti i profeti e santi, i quali - pur tra dure prove e dolori - si sentirono felici e contenti e sperimentarono quanto c’è di meglio e di più santo nella vita. La sofferenza è un memento ed una gioia. Ci stimola a meglio adattarci